GUANTANAMO
tutti contro
Dopo l'Onu anche
il premier britannico Tony Blair (e la Farnesina) a favore della chiusura
Ma gli Usa tirano dritto Il segretario alla difesa Rumsfeld respinge le accuse e
ribadisce: Camp Delta è l'unico modo efficace per combattere il terrorismo
18/2/06 R. ES.
È un vero e proprio fuoco di fila quello
che si è scatenato contro il «carcere speciale» di Guantanamo, dove da quattro
anni gli Stati uniti rinchiudono sospetti terroristi senza assicurare il
rispetto dei fondamentali diritti umani o le protezioni garantite dal diritto
internazionale. Dopo la pubblicazione del rapporto delle Nazioni unite, che
esorta Washington a chiudere «senza ulteriore ritardo» la struttura, ieri si
sono levate altre voci - alcune più prevedibili, altre decisamente meno - contro
la detensione di «combattenti stranieri» da parte degli Usa nella base cubana.
La prima bordata è venuta da uno dei più fedeli alleati del presidente George W.
Bush: il premier britannico Tony Blair. Rispondendo ai giornalisti a margine di
un incontro a Berlino con il cancelliere tedesco Angela Merkel, l'inquilino di
Downing Street ha definito Guntanamo «un'anomalia, di cui prima o poi bisognerà
occuparsi». Poche ore prima, un ministro del suo stesso governo - Peter Hain,
responsabile del dicastero per l'Irlanda del Nord - si era spinto ben più oltre.
Riecheggiando le conclusioni del rapporto delle Nazioni unite, Hain aveva detto:
«Guantanamo Bay non dovrebbe esserci e ritengo che dovrebbe essere chiuso».
Stessi toni da Berlino: Karsten Voigt, coordinatore del governo tedesco,
responsabile delle relazioni con gli Stati uniti, parlando con Rbb-Inforadio,
ha affermato che «chiudere Guantanamo prima possibile, ossia, immediatamente»
rientrerebbe negli interessi degli Stati uniti Per Voigt, il centro di
detenzione costruito nella base è «incompatibile con le norme del diritto
vigenti in Europa».
Una convinzione ripresa dal Consiglio d'Europa, che ha espresso soddisfazione e
«pieno sostegno» al rapporto dell'Onu. Il presidente dell'Assemblea parlamentare
del Consiglio d'Europa Réne van der Linden ha dichiarato in un comunicato che
«il governo degli Stati uniti ha tradito i suoi stessi principi fondamentali con
lo zelo con cui ha tentato di perseguire la guerra al terrorismo. Guantanamo è
uno degli esempi più estremi di queste politiche fuorvianti e illegali».
Tanto vasto è il fronte del «no» alla prigione made in Usa sull'isola di Cuba
che persino la Farnesina, normalmente molto timida quanto si tratta di criticare
Washington, ha deciso di uscire allo scoperto. In una nota diffusa ieri sera, il
ministero degli esteri italiano ha voluto sottolineare come «la necessità di
conciliare misure efficaci di lotta al terrorismo con la doverosa salvaguardia
dei diritti e della dignità dell'uomo sia stata in varie occasioni ribadita alle
autorità americane». Lo stesso comunicato prosegue poi su toni più espliciti:
«Anche il futuro di Guantanamo, che rappresenta indubbiamente, come afferma il
primo ministro Blair, un caso anomalo e temporaneo nelle modalità di contrasto
del terrorismo, va visto nel medesimo contesto e nella prospettiva del suo
superamento».
Un vero e proprio coro di condanne, a cui si è poi unita la voce
dell'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu (decisamente più scontata, perché
propria di un uomo da sempre attivo nella lotta ai soprusi e alla violenza di
stato). «Mai avrei immaginato di dover vedere gli Stati uniti e i suoi satelliti
usare esattamente gli stessi argomenti che usava il governo (sudafricano ndr)
dell'apartheid per giustificare le detenzioni senza processo», ha detto il
premio nobel per la pace.
Nonostante questo insieme di critiche, l'amministrazione Usa non sembra disposta
a cambiare di un millimetro la sua politica nei confronti dei «combattenti
stranieri». Una linea ribadita ieri dal ministro della difesa Donald Rumsfeld,
che ha voluto criticare nuovamente il rapporto Onu contro Guantanamo. «Conosco
Kofi Annan e ci sono molte cose sul quale si può essere d'accordo con lui», ha
detto durante un intervento al Consiglio per le relazioni estere. Ma su
Guantanamo, ha sottolineato il capo del Pentagono, «sbaglia di grosso». «Noi non
dovremmo chiudere Guantanamo», ha osservato Rumsfeld. «Ci sono diverse centinaia
di terroristi, gente cattiva, gente che - ha ammonito - se dovesse tornare sul
terreno cercherebbe di uccidere gli americani».