30 giugno 2006 - F.Tonello www.ilmanifesto.it

 

 

GUANTANAMO

Quel fuorilegge di Bush, firmato Corte Suprema

 

 

Se un tema grave e serio come l'assetto costituzionale degli Stati Uniti d'America potesse essere riassunto in una sola battuta, si potrebbe dire che ieri la Corte Suprema ha detto all'amministrazione Bush: «Ci hai stufato». Il caso in discussione (Hamdan contro Rumsfeld) riguardava addirittura l'autista yemenita di Bin Laden e quindi la Corte avrebbe facilmente potuto cercare scappatoie tecniche per giustificare la detenzione del prigioniero a Guantanamo; la maggioranza, invece, ha deciso che il problema non riguardava né la prigione in territorio cubano, né la sorte di Hamdan, bensì i limiti costituzionali dell'azione di governo, tema di ben altra importanza, com'è ovvio. Così impostata la questione, la Corte ha respinto le tesi della Casa Bianca con una chiarezza ancora maggiore di quanto avesse fatto nel 2004, in occasione di un'altra sentenza sulla «guerra al terrorismo». Già allora, la corte aveva ribadito che «il sistema di checks and balances sarebbe rovesciato se un cittadino non potesse contestare in tribunale le ragioni fattuali della sua detenzione semplicemente perché il governo rifiuta di discuterne».
La Corte ha mostrato una forte irritazione verso l'amministrazione per il goffo tentativo di toglierle il caso dalle mani: l'anno scorso Bush aveva fatto approvare una leggina ad hoc, il Detainee Treatment Act, che stabiliva che nessuna corte federale dovesse avere giurisdizione sugli eventuali ricorsi di detenuti a Guantanamo. Con la sentenza di ieri, i giudici si sono limitati a ribadire un principio in vigore negli Stati Uniti fin dall'inizio dell'Ottocento: è la Corte suprema a decidere i limiti delle proprie competenze, e non gli altri due rami del governo (come si sa fin dalla sentenza Marbury vs. Madison, del 1803).
Il problema al centro della sentenza Hamdan vs. Rumsfeld era se le corti militari designate dal Pentagono per giudicare i prigionieri a Guantanamo fossero costituzionali. L'amministrazione Bush aveva invocato una sentenza della Corte Suprema del 1942 per giustificare le detenzioni: Ex parte Quirin, che riguardava il caso di otto sabotatori tedeschi infiltrati sul territorio degli Stati Uniti e condannati a morte per spionaggio da un tribunale militare. In quel caso la condanna per impiccagione fu eseguita.
La Corte ha trovato questo precedente legale troppo fragile per giustificare la detenzione a tempo indeterminato e il processo al di fuori del normale sistema giudiziario, sottolineando che «nessun atto del Congresso ha autorizzato le corti militari» che l'esecutivo voleva mettere in piedi. La sentenza redatta dal giudice Stevens riconosce che corti militari sono esistite in varie occasioni nella lunga storia dei conflitti in cui gli Stati Uniti sono stati impegnati, ma queste corti hanno sempre operato secondo regole certe, che si ispiravano ai principi costituzionali sempre validi, mentre «le regole previste per la corte incaricata del processo ad Hamdan» sono palesemente «illegali».
Si sa che ai detenuti di Guantanamo il governo americano rifiuta di concedere lo status di prigionieri di guerra e il trattamento previsto dalla convenzione di Ginevra. È quindi particolarmente importante che la Corte abbia esplicitamente fatto riferimento alla «convenzione di Ginevra firmata nel 1949» dagli Stati Uniti come a un testo che l'amministrazione semplicemente «non può» rifiutarsi di applicare perché questo eccede i suoi poteri costituzionali, tanto più in assenza di un voto del Congresso.
La sentenza di ieri, quindi, più che difendere i diritti di un detenuto di origine araba, mette fine alla pretesa di sopprimere le garanzie costituzionali e aumentare a dismisura il potere della Presidenza perseguito dall'amministrazione Bush-Cheney in nome della «guerra al terrorismo». La sua importanza sta nel ripristinare la normalità dei controlli costituzionali che l'11 settembre 2001 aveva fatto dimenticare per quasi cinque anni. Più che di Guantanamo, si è discusso nel massimo organo costituzionale della democrazia americana di divisione dei poteri. L'assalto alla magistratura, condito con una retorica particolarmente bellicosa, è stato fermato proprio dalla Corte Suprema più conservatrice degli ultimi due secoli.
Si noti che le due nomine recenti compiute da Bush junior alla corte suprema, due giudici vicini alla sua filosofia come Samuel Alito e il nuovo presidente John Roberts, non hanno ribaltato l'equilibrio che la Corte aveva trovato negli ultimi cinque anni, con tre giudici nominati da amministrazioni repubblicane (Stevens, Souter e Kennedy) che ormai votano regolarmente assieme ai progressisti. La maggioranza di cinque voti, almeno fino a che resterà in salute John Paul Stevens che ha 86 anni, continuerà dunque a difendere le libertà civili, dall'Alaska fino a Guantanamo.

 

 

 

New York 30 giugno 2006 - F.Pantarelli www.ilmanifesto.it

 

 

GUANTANAMO

La Corte suprema dà torto a Bush. Le commissioni speciali istituite per i detenuti di Guantanamo violano sia la legge americana che le Convenzioni di Ginevra, dice l'alta Corte: e nel crearle il presidente è andato oltre i suoi poteri
 

 

Il sistema di commissioni militari creato per giudicare i detenuti di Guantanamo è contrario alla legge americana e alle Convenzioni di Ginevra: questo è il cuore della sentenza emessa ieri dalla Corte Suprema degli Stati uniti, che in pratica demolisce il castello costruito dall'amministrazione Bush per dare una giustificazione legale allo scandalo di Guantanamo. Per la precisione, la Corte ha sentenziato che nel creare quei tribunali speciali, in cui non è garantita la protezione legale normalmente offerta dai tribunali militari, il presidente George W. Bush è andato oltre i suoi poteri.
Le commissioni militari furono create subito dopo che - con l'invasione dell'Afghanistan - i prigionieri cominciarono ad affluire a Guantanamo, una piccola parte di loro catturati dai soldati americani e i più (oltre il 90 per cento) «consegnati» da gente che voleva intascare i dollari generosamente offerti. L'amministrazione dichiarò che non si applicavano loro le Convenzioni sui progionieri di guerra e scartò sia l'idea dei tribunali civili sia quella delle corti marziali militari. Coniò il termine «combattenti nemici» e decise che a processarli dovevano essere per l'appunto le commissioni militari, un ibrido. Anche così, però, la cosa non funzionava, tanto che a tutt'oggi sono stati solo dieci (su un totale di settecento, atualmente ridotti a 450 circa) i detenuti entrati nella procedura delle commissioni militari.
Fra questi dieci c'è Salim Ahmaed Hamdan, un uomo di 36 anni indicato come ex autista di Osama bin Laden: il «caso» su cui la Corte Suprema si è appena pronunciata si chiama «Hamdan contro Rumsfeld», cioè il segretario della Difesa. A Hamdan è stato assegnato un avvocato d'ufficio nella persona dell'ufficiale di marina Charles Swift, con il compito di convincere il suo assitito a dichiararsi colpevole e patteggiare la pena con la commissione militare. Swift invece finisce per contestare la legittimità delle commissioni militari. La sua battaglia lo porta alla Corte d'Appello federale, che si schiera dalla parte di Bush: sicché Swift - che nel frattempo ha studiato l'arabo e la tradizione islamica per «comunicare al meglio» col suo assistito e ha creato una specie di team di giuristi di grande valore - si rivolge alla Corte Suprema, il cui presidente intanto muore e al suo posto Bush ha nominato John Roberts, cioè uno dei membri della Corte d'Appello che si è già pronunciata contro il suo assistito Hamdan (e infatti, come vuole la prassi, non si è espresso nel verdetto di ieri).
La Corte Suprema ha dato ragione a Hamdan con cinque voti contro tre. Si pronunciano a favore i quattro liberal: Paul Stenvens che ha scritto la sentenza, David Souter odiatissimo dai repubblicani perché è stato nominato da Bush padre e poi lo ha «tradito», Ruth Bader Ginsburg e Stephen Breyer, ai quali si aggiunge il fluttuante Anthony Kennedy. Votano contro il «re» dei conservatori Antonin Scalia, Clarence Thomas che ha compiuto l'inusuale gesto di leggere in aula le sue motivazioni «di minoranza» e Samuel Alito, l'ultimo nominato da Bush.
Ieri mattina dunque Charles Swift ha sceso la scalinata dell'edificio della Corte Suprema sventolando la sentenza, ma il suo entusiasmo è stato piuttosto contenuto, come si conviene a un militare. «E' una vittoria di tutti gli americani perché significa che non dobbiamo avere paura di ciò che siamo. Come ufficiale ho grande rispetto per il presidente Bush, ma credo che sia mio dovere far presente quanto il comandante in capo sbaglia».
Una vittoria di tutti, perché la sentenza va ben oltre il caso di Salim Ahmed Hamdan. A saltare è infatti l'intero concetto dei «nemici combattenti» e di come devono essere trattati. Se infatti è vero che il quesito posto alla Corte Suprema riguardava specificamente la legittimità delle commissioni militari e quindi la sentenza di ieri non accenna a quelli che sono detenuti senza ancora sapere il perché, è anche vero che da questa sentenza la posizione dell'aministrazione Bush esce enormemente indebolita. Del resto, non era stato proprio il presidente a ripetere svariate volte nelle ultime settimane che lui Guantanamo «voleva chiuderla» e che «aspettava la Corte Suprema», come se l'esistenza di quella prigione dipendesse dai giudici?
Il presidente Bush ieri ha commentato in modo evasivo la sentenza: ha detto che esaminerà «molto seriamente» la sentenza e «lavorerà con il Congresso» per trovare una soluzione. Già, il Congresso. Finora il suo sostanziale esautoramento ha avuto la complicità dei suoi stessi membri (principalmente repubblicani ma anche democratici) che hanno di fatto abdicato alle prerogative di controllo dell'esecutivo che la Costituzione assegna loro.

 

 

Washington 29 giugno 2006 - www.repubblica.it

 

 

GUANTANAMO

Sono "illegittime" le commissioni istituite dal Presidente. I giudici: "La procedura viola la Convenzione di Ginevra". La Corte Suprema boccia i 'tribunali speciali' di Bush. La decisione, a maggioranza, è un duro colpo alla politica della Casa Bianca

 

 

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha bocciato le scelte del presidente George W.Bush sui tribunali militari speciali per i detenuti di Guantanamo e ha sentenziato che le procedure adottate per processare i prigionieri violano le norme della Convenzione di Ginevra.

"La nostra conclusione - si legge nella sentenza della Corte - è che la commissione militare non ha il potere di andare avanti perchè la sua struttura e le sue procedure violano sia la legge militare statunitense che il trattato internazione sui diritti dei prigionieri di guerra", ovvero la Convenzione di Ginevra. "I tribunali militari - continua la sentenza - sollevano preoccupazioni sulla separazione dei poteri al più alto livello".

La decisione della Corte riguarda il caso dello yemenita Salim Ahmed Hamdan: detenuto a Guantanamo, è stato l'autista di Osama bin Laden e per sua stessa ammissione è stato membro di Al Qaeda. Dopo essere stato incriminato per "cospirazione" di fronte alla commissione militare di Guantanamo, ha sfidato con i suoi legali la legittimità di questa corte. Ora il suo caso è stato rinviato a una Corte d'appello federale.

I giudici hanno deciso a maggioranza (cinque voti contro tre, con il presidente della Corte Edwards che si è astenuto per essersi già espresso in precedenza sul caso) che Bush non aveva l'autorità di istituire tribunali militari per giudicare i presunti terroristi rinchiusi a Guantanamo. Le motivazioni della sentenza sono state scritte dal giudice John Paul Stevens, il più 'liberal' tra i membri della Corte. Il voto è stato in bilico fino all'ultimo: un eventuale 4-4 avrebbe confermato le decisioni della Casa Bianca. Invece il moderato Anthony Kennedy si è unito ai membri 'progressisti' del massimo organo giudiziario americano e ha determinato la sconfitta per la Casa Bianca e il Pentagono.

A Guantanamo sono detenute circa 450 persone. Di queste solo 10 sono state incriminate formalmente di fronte al tribunale speciale: nessuno è incriminato per coinvolgimento diretto negli attentati dell'11 settembre. La decisione di oggi è un duro colpo per la politica contro il terrorismo messa in piedi dall'amministrazione Bush e obbliga ora la Casa Bianca e il Pentagono a ripensare l'intera procedura.
 

 

29 giugno 2006 - www.unita.it

 

 

GUANTANAMO

La Corte suprema a George Bush: é illegale

 

 

Ora George Bush non potrà far finte di niente. La Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che nell'istituire una giustizia militare speciale per i detenuti di Guantanamo, l'amministrazione Bush ha violato la Convenzione di Ginevra.

Con una sentenza attesa da mesi, il massimo organo giudiziario americano ha bocciato così i tribunali militari istituiti nella base di Guantanamo Bay, a Cuba, per processare i sospetti terroristi. Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, si legge nella sentenza della corte, è andato al di là della propria autorità nel negare ai detenuti le garanzie previste dal sistema giudiziario americano. Le motivazioni della sentenza sono state scritte dal giudice John Paul Stevens, il più "liberal" tra i membri della Corte, e obbliga ora Casa Bianca e Pentagono a ripensare l'intera procedura.

La sentenza riguarda il caso specifico di Salim Ahmed Hamdan, uno yemenita detenuto a Guantanamo da quattro anni con l'accusa di essere un militante di al Qaeda. Hamdan, che sarebbe stato l'autista di Osama bin Laden, il mandante delle stragi terroristiche dell'11 settembre 2001, si è dichiarato innocente e chiede che le prove della sua detenzione siano esaminate da una corte civile. Di fronte ai tribunali militari di Guantanamo - un istituto resuscitato dalla Seconda Guerra Mondiale - i detenuti non hanno diritto a essere rappresentati da un legale: i loro interessi vengono difesi da legali militari nominati d'ufficio.

Il caso, portato all'esame della Corte Suprema, è uno dei più importanti degli ultimi cinquant'anni ed entra nel delicatissimo ambito della definizione dei poteri presidenziali in tempo di guerra. Il giudizio della Corte riguarda soltanto il nodo dei tribunali militari, che dovranno essere rivisti, e non la questione più generale della chiusura del carcere, invocata dalla comunità internazionale. La decisione segna comunque un duro colpo per la strategia seguita dalla Casa BIanca nella guerra al terrorismo lanciata dopo l'11 settembre.

Dei 460 prigionieri di Guantanamo, solamente dieci, fra cui Hamdan, sono stati incriminati formalmente. Ma la sentenza di oggi annulla la formulazione dei capi d'accusa da parte delle commissioni militari istituite dal Pentagono.