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PAESI NON ALLINEATI
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Probabilmente le future generazioni guarderanno attonite al XXI secolo, il cui inizio è stato segnato dal più brutale, egemonico, razzista e fondamentalista degli imperi, con il fine di imporre una strategia geopolitica che ha come bersaglio la vita umana, in modo da rendere chiaro chi comanda e chi dovrà obbedire nel mondo ricostruito su misura per lui.
Washington, dividendo il mondo tra "chi sta con me e chi sta contro di me", si è proposta – e lo ha fatto sapere il 16 marzo di quest’anno con la versione aggiornata della sua Strategia per la Sicurezza Nazionale – di fare del Sud il terreno di caccia da dove estrarre le sempre più scarse risorse naturali di cui necessita la sua società dei consumi e, come già fece il vecchio colonialismo, ridurre in schiavitù chiunque non sia statunitense o parte delle sue alleanze nel Nord Industrializzato.
Le guerre genocide e d’aggressione scatenate impunemente contro Afganistan, Iraq, Libano e le pericolose minacce contro Iran, Zimbabwe, Corea del Nord, Cuba e Venezuela, stanno lì ad indicare che gli USA non si fermeranno fino a quando non avranno raggiunto il loro obiettivo di dominare il mondo, anche se per fare ciò dovranno incendiarlo come Nerone con Roma.
Tutte ragioni sufficienti per ricordare la responsabilità storica che si assume oggi il Movimento dei Paesi Non Allineati (MNOAL), la cui attualità non è mai stata ovvia come oggi. Se la sua nascita nel secolo scorso fu segnata dall’esistenza di due blocchi contrapposti e antagonisti, la scomparsa di uno di questi rende ancora più importante il suo ruolo nello scenario mondiale.
Il MNOAL sorse negli anni Sessanta del XX Secolo come alternativa al bipolarismo mondiale, ai blocchi ed ai patti militari, che rappresentavano allora un fattore di dissuasione tra le grandi potenze.
L’istinto di conservazione e la saggezza collettiva dei leader dei giovani Stati indipendenti furono elementi che propiziarono la formazione di questo eterogeneo Movimento, chiamato a rappresentare l’immensa maggioranza dei poveri e dei diseredati della Terra.
Ma il MNOAL ha incontrato non pochi ostacoli sin dalle sue origini, non solo da parte degli interessi che si opponevano alla sua potenziale forza di concertazione nell’arena internazionale, ma anche da parte di alcuni che, dal suo interno, cercarono di spogliarlo o svuotarlo del suo contenuto fondativo affinchè non costituisse una forza di difesa del Terzo Mondo, ma un’organo subalterno alle grandi potenze.
BANDUNG, IL PRECEDENTE NECESSARIO
Non c’è dubbio che a metà del secolo scorso il mondo assistette ad un cambiamento di notevole portata: la fine del colonialismo e l’irruzione nello scenario politico internazionale di un crescente numero di nazioni liberate dell’Asia e dell’Africa, che apportarono tutto il loro vigore e le loro idee di emancipazione.
La sconfitta del nazifascismo, il crollo del sistema coloniale e l’apparizione di una comunità di paesi socialisti europei guidati dall’URSS, spinsero l’imperialismo nordamericano a lanciarsi febbrilmente alla ricerca di alleati per costituire assieme patti militari, con cui fermare la decisione irriducibile di quelle giovani nazioni di costruire società nelle quali venissero sepolti l’ostracismo politico ed il sottosviluppo economico, retaggi della loro condizione coloniale.
Quel contesto favorevole indusse i primi paesi decolonizzati dell’Asia: India, Indonesia, Ceylon (oggi Sri Lanka), Paquistan e Birmania (oggi Myanmar) a effettuare una riunione preparatoria, svoltasi a Colombo nel 1954, con l’obiettivo di convocare una prima Conferenza Afro-Asiatica, tenutasi nella città indonesiana di Bandung, non lontano dalla capitale Giakarta.
L’appuntamento venne fissato per il 18 aprile 1955, quando per la prima volta nella storia un’ampia rappresentanza dei paesi africani e asiatici allora già indipendenti si riunirono fuori dal controllo delle potenze coloniali. Le nazioni partecipanti furono 29, in rappresentanza di una popolazione di 1.550.000.000, che non poteva essere ignorata.
Sia i paesi convocanti, come Repubblica Popolare Cinese, Cambogia, Laos, Vietnam del Nord, Vietnam del Sud, Nepal, Thailandia, Giappone, Filippine, Afganistan, Egitto, Iraq, Giordania, Libano, Arabia Saudita, Siria, Turchia, Yemen, Libia, Etiopia, Liberia e Ghana, decisero di negare la partecipazione ai fantocci di Taiwan, ai sionisti israeliani ed ai razzisti sudafricani, che rappresentavano la più sordida essenza dell’imperialismo.
Vennero invitati i movimenti di liberazione d’Algeria, Tunisia e Marocco.
La Conferenza passò senza dubbio alla storia come l’antecedente del Movimento dei Paesi Non Allineati. Bandung fu un momento chiave per il processo di decolonizzazione e di difesa dei legittimi interessi delle nazioni del Sud.
Fu rilevante il ruolo giocato dai presidenti Jawaharlal Nehru (India); Gamal Abdel Nasser (Egitto) e Ahmed Sukarno (Indonesia), che esposero chiaramente concetti come quello di sovranità e sviluppo indipendente come obiettivi storici dell’incontro. Inoltre la Repubblica Popolare Cinese ricevette a Bandung l’appoggio e il riconoscimento delle nazioni afroasiatiche come unica rappresentante del popolo cinese.
Vennero infine adottati, come principi irrinunciabili di questo mondo appena liberatosi dagli artigli del colonialismo, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriali; l’uguaglianza tra razze e nazioni; la non aggressione; la non ingerenza negli affari interni di ogni paese e la coesistenza pacifica. Principi, fra gli altri, che divennero poi quelli fondativi del Movimento dei Paesi Non Allineati e che costituiscono ancora oggi e a maggior ragione il motivo della sua lotta ed esistenza.
Pochi anni dopo Bandung trionfò a Cuba la Rivoluzione, definita come "l’ingresso dell’America Latina nel circuito della storia contemporanea". Non è un caso che Cuba sia stata tra i paesi fondatori del MNOAL, quando questo nacque a Belgrado nel 1961.
BELGRADO, LUOGO DI NASCITA DEL MNOAL
Il dopoguerra lasciò in eredità lo sviluppo di un mondo bipolare, a partire dall’associazione di un gruppo di paesi ai due blocchi militari che emersero in questa fase, la NATO e il Patto di Varsavia, che svilupparono strategie politico-militari contrapposte e coesistettero in un equilibrio complesso.
Fu in questo contesto che i paesi sottosviluppati, in maggioranza quelli africani e asiatici, sentirono la necessità di unire gli sforzi nella difesa comune dei loro interessi, per consolidare le loro indipendenze e sovranità e per riscattare culturalmente ed economicamente i loro popoli, oltre ad esprimere un forte impegno per la pace dichiarandosi "non allineati" con nessuno dei due nascenti blocchi militari.
Naturalmente il patto non fu esente da pericoli ogni volta che alcuni pretesero di costituirsi in una forza equidistante, in una "terza via" senza precisare indirizzo ed obiettivi; secondo loro il MNOAL sarebbe dovuto diventare una specie di limbo politico per i paesi del Terzo Mondo.
La leadership di alcuni statisti, tra i quali Fidel, avvertì che questa posizione non era altro che una specie di travestimento per distogliere il Terzo Mondo dai suoi obiettivi di giustizia sociale, indipendenza, sovranità ed autodeterminazione.
Come abbiamo già espresso, la riunione di Bandung viene considerata come il precedente più immediato della creazione del Movimento dei Paesi Non Allineati (MNOAL), sorto sei anni dopo con un’adesione geografica più ampia nella riunione di Belgrado, svoltasi tra il 1º e il 6 settembre 1961 con la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo di 25 paesi e i delegati osservatori di altri 3.
In questa riunione vennero adottati come principi fondativi del MNOAL i noti Dieci Principi di Bandung: rispetto dei diritti umani fondamentali e degli obiettivi e principi della Carta dell’ONU, rispetto della sovranità ed integrità di tutte le nazioni, riconoscimento dell’uguaglianza di tutte le razze e di tutte le nazioni, grandi e piccole; non intervento e non interferenza negli affari interni degli altri paesi, rispetto del diritto alla difesa di ogni nazione, individualmente o collettivamente, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite; astensione dall’uso di patti di difesa collettiva al servizio degli interessi particolari di qualsiasi grande potenza, assieme all’astensione di ogni paese dall’esercizio di pressioni su altri; astensione dal compiere atti o minacce d’aggressione e dall’utilizzare la forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi paese; soluzione pacifica di tutti i conflitti internazionali, in conformità con la Carta dell’ONU; promozione degli interessi reciproci e della cooperazione, del rispetto della giustizia e degli obblighi internazionali.
Sin dalla sua fondazione il MNOAL ha attraversato momenti in cui le manovre dell’impero hanno cercato di distorcerne l’indirizzo.
Il IV Summit svoltosi ad Algeri nel 1973, segnò un nuovo risveglio del Movimento, che si era un po’ afflosciato nello scenario internazionale. La correlazione di forze mise il suo granello di sabbia. Erano gli anni di maggiore vigore della comunità socialista, quando questa si era rinsaldata nell’arena internazionale, quando l’Amministrazione USA era stata sconfitta in Viet Nam ed era in marcia il processo del Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon per evitare l’impeachment; si erano consolidati alcuni movimenti di liberazione in Africa, la dittatura del Portogallo crollava e le sue colonie erano in procinto di liberarsi.
Ad Algeri venne approvata la creazione del Burò di Coordinamento, stabilito a livello ministeriale per dare continuità al lavoro dell’organizzazione tra un summit e l’altro. Tra le sue funzioni ci sono anche quelle di verificare ed armonizzare l’opera dei Gruppi di Lavoro, di Contatto, Speciali e dei Comitati.
Il Burò di Coordinamento si riunisce a New York ed ha il compito di promuovere l’azione unitaria in seno dell’organismo internazionale ed altri forum su temi di interesse comune.
Anche il VI Summit all’Avana fu un evento storico per il Movimento, essendo la prima volta che un evento di questa portata si svolgeva in America Latina e sotto la direzione di Fidel, uno dei leaders storici del Movimento, tenace e instancabile combattente per il consolidamento della cooperazione Sud-Sud, della solidarietà e dell’internazionalismo.
Poi, alla fine degli anni Ottanta, quando la caduta del campo socialista era imminente e si intravedeva la disintegrazione dell’Unione Sovietica, si sentirono ancora le voci di coloro che sin dalla sua nascita hanno tentato di fermare il Movimento. Allora parlarono della necessità di "democratizzarlo" e di "adeguarlo alle circostanze".
Si pretendeva di dimostrare che l’eliminazione di uno dei due blocchi militari e la presunta fine della Guerra Fredda erano argomenti sufficienti per dare il colpo di grazia al MNOAL, che sin dall’inizio fu un sassolino nella scarpa dell’impero e del Nord industrializzato.
Si cercava di ridurre la sua esistenza all’originaria opposizione ai blocchi militari. Quarantacinque anni dopo la sua creazione gli obiettivi fondativi del MNOAL non sono stati raggiunti. Al contrario la pace è sempre più minacciata e ci sono più ogive nucleari nelle mani delle grandi potenze. Se lo squilibrio nei rapporti economici affonda l’umanità nella povertà e intere popolazioni rischiano di morire di fame o malnutrizione, se l’ONU è minacciata dai diktat dell’egemonismo mondiale guidato da Washington, il MNOAL va rafforzato.
Didier Ratsiraka, allora presidente del Madagascar, quando salì sul palco del Summit belgradese del 1989, affermò: "non siamo venuti a Belgrado per seppellire il Movimento. Intanto Robert Mugabe, dopo aver criticato la tesi che si tentava di imporre, avvertì che "Il programma del Movimento è incompiuto. L’autodeterminazione dei popoli, principio centrale del Movimento, non è stata completamente realizzata. Rajiv Ghandi, dell’India, chiamò a porre fine ad ogni forma di dominazione imperiale e Cuba, rappresentata dal suo primo vicepresidente Raúl Castro, ribadì la nostra posizione di non laciarsi ingannare da quel presunto alito di pace del quale alcuni parlavano, mentre in realtà il mondo era nel bel mezzo di una profonda crisi.
Nonostante i desideri imperiali, il Summit di Belgrado evidenziò con molta forza la decisione di resistere ed impedire che i Non Allineati venissero fatti deviare dal loro indirizzo naturale.
Il 13º Summit svoltosi a Kuala Lumpur, in Malaysia nel febbrario del 2003, ha contribuito ad un altro salto qualitativo nella marcia del Sud per conquistare i suoi diritti e difendere i suoi interessi. Lì sono stati fatti nuovi passi in direzione della sua rivitalizzazione, percorso che dovrà continuare nella sua 14º edizione, fissata all’Avana tra l’11 e il 16 di questo mese.
Il Movimento dei Paesi non Allineati ha adesso davanti a sè le sfide più grandi. Dalla sua forza e sopravvivenza dipende in gran parte se l’immensa maggior parte del pianeta si salverà o meno dal ritorno al suo stato originale di fonte di schiavi e ricchezze per le nuove metropoli.
Diventa quindi irrimandabile fare passi avanti su un’agenda che sbarri il passo all’egemonismo e all’unilateralismo e che possa far fronte alle nuove e vecchie sfide affinchè più presto che tardi diventino realtà la dignità piena dell’essere umano, l’equità, la solidarietà, la giustizia, la pace e lo sviluppo di tutti i popoli.
La democratizzazione e la riforma delle Nazioni Unite, un maggiore sostegno ai principi del diritto internazionale, al multilateralismo come strumento di soluzione dei problemi fondamentali della pace e della sicurezza internazionale, la neutralizzazione dei tentativi di creare e imporre concetti contrari agli interessi dei paesi in sviluppo, sono tutte priorità di questa nuova fase del Movimento.
Il Summit
dell’Avana deve diventare un momento di consolidamento degli sforzi che si
stanno facendo per rafforzare e rivitalizzare questo insostituibile gruppo di
concertazione, che rappresenta la realtà e la speranza dell’immensa maggioranza
della popolazione del pianeta, proprio quella alla quale si tenta di imporre il
peggio della politica egemonica dell’imperialismo.
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