L'Avana, 1997. Mezzogiorno del 4 settembre, passeggiata del
Miramar. Fa caldo. E nei bar dei grandi alberghi si serve già mojito
ghiacciato. Musica lieve. Chiacchiere. Un cameriere che s'avvicina
al banco... Bum! La prima esplosione è nella hall del Chateau. Vetri
in frantumi, fumo alto. Pochi secondi, un altro botto: la cafeteria
del Copacabana, duecento metri in là. La terza bomba, al Triton.
Folla in fuga. Urla. Ambulanze. Un corpo a terra, la gola
squarciata: è Fabio Di Celmo, 32 anni, un genovese che vive a
Montreal e sta qui per affari. Muore quasi subito, Fabio. E subito
diventa un eroe nazionale. Un mausoleo. Il martire della Revolución,
«messo a morte dal terrorismo yankee», celebrato in ogni discorso di
Fidel Castro.
C'è un angolo di mondo, Cuba, che ha tutt'un altro Undici Settembre
da piangere. Un altro Bin Laden da cercare. E adesso, pure un
film-denuncia su quell'estate d'attentati che sconvolsero l'Isla
Grande e uccisero il povero Di Celmo. Un film fatto in casa: «Quando
la verità si sveglia... non torna più a dormire» (frase dell' eroe
nazionale José Martí), due ore di fiction girate da un Michael Moore
italiano, il regista catanese Angelo Rizzo.
E recitate da Fidel in persona, che dopo i titoli di testa e prima
del finale interpreta se stesso, un'invettiva contro gli Stati Uniti
e in memoria dei 3.478 morti «a causa del terrorismo anticubano».
Lunedì, Rizzo presenterà un trailer al Festival di Cannes. S'è già
iscritto alla Mostra del cinema di Venezia. E la distribuzione
potrebbe essere di Rai Cinema.
Il 13 agosto, compleanno del Líder Máximo, proiezione in anteprima
all'Avana: «È stato Fidel a volere questo film — racconta Rizzo —.
Gli feci avere la sceneggiatura l'anno scorso, a un congresso.
Mezz'ora dopo, mi fece chiamare dal palco e disse al microfono:
"Appoggiate questo regista italiano". Sul set, s'è presentato un
colonnello del ministero dell'Interno, quello che trattava con gli
americani sul caso del piccolo Elián. Da allora, ho avuto porte
aperte. I migliori attori cubani. Inseguimenti e scontri a fuoco
girati nei luoghi originali, perfino nel campo d'addestramento
"Punto zero" dei corpi speciali, con auto e navi dell'antiterrorismo
e della guardia costiera. Un giorno mi hanno portato anche
l'esecutore materiale degli attentati, Cruz León, che sta in un
carcere cubano condannato a morte.
L'ho filmato in giro per l'Avana mentre spiegava com'era arrivato,
dove aveva piazzato le bombe, com' era scappato...». Rizzo, 47 anni,
è il regista che anni fa, in un documentario sulla strage alla
Questura di Milano, riprese le confidenze dell'anarchico Gianfranco
Bertoli: «Raccontò a me, per primo, d'essere stato in un kibbutz
d'aver lavorato coi servizi segreti israeliani». Ha lavorato per le
reti Mediaset, una sua pellicola fu distribuita dalla berlusconiana
Medusa, nega d'avere firmato un'opera di regime: «Non voglio
dimostrare nulla. Questa è storia. Mi sono stati mostrati documenti,
anche riservati, e li divulgo». Ma le prigioni coi dissidenti, mica
le avete potute visitare... «Non avrei problemi a fare qualcosa sui
diritti umani a Cuba, se mi trovassi in mano materiale che vale».
Il film si basa sulla clamorosa confessione di Luis Posada Carriles,
l'esule anticastrista che vive a Miami, «il Bin Laden dei Caraibi»,
accusato d'una serie di stragi: nel 1998, Posada ammise sul New York
Times d'aver lavorato per la Cia e d'essere la mente dell'attentato
in cui morì Di Celmo. Una rivelazione caduta pressoché nel nulla:
«La storia di Fabio è stata completamente dimenticata — dice dall'
Avana il papà, Giustino Di Celmo, 86 anni, originario di Salerno,
una vita comunista fra Praga e Buenos Aires —. Ne ha parlato Kofi
Annan all'Onu, ma in Italia nessuno. Avevo chiesto aiuto a
Bertinotti, che pensavo fosse un compagno e invece s'è rivelato un
pagliaccio: figurarsi, dice che a Cuba non c'è la democrazia! Allora
mi sono rivolto all'amico Diliberto». Il vecchio Di Celmoè una
specie d'ambasciatore- ombra presso la corte castrista, vede Fidel a
pranzo ogni settimana.
Il 9 aprile s'era candidato col Pdci, numero 6 nel Lazio: «Non sono
passato per poco. Ma almeno ho potuto fare conferenze in Parlamento
con Marco Rizzo, ho mosso interrogazioni». A Mastella, nuovo
ministro della Giustizia, gira una richiesta: «Chieda a Washington
l'estradizione di Posada. Se no, che governo di sinistra è? E se non
ce lo danno, che lo facciano processare in contumacia dal Tribunale
dell'Aja, come i criminali di guerra. Le vittime del terrorismo sono
uguali, in America Latina e in Medio Oriente. E Fabio non è un morto
di serie B».