|7 agosto 2006 | Gennaro Carotenuto www.gennarocarotenuto.it|
[] Qualcuno scrive che a Cuba bisognerebbe trovare la maniera di non buttare il bambino (salute e educazione per riassumere) con l'acqua sporca che sarebbe la Rivoluzione.
Ammesso e per nulla concesso che la Rivoluzione sarebbe acqua sporca e ammesso e per nulla concesso che le due cose siano scindibili, chi dovrebbe salvare la vita al bambino? Le stratificazioni generazionali di fuoriusciti da Miami? I torturatori e pescecani della prima ora insieme alle distinte e meno impresentabili ondate successive?
Avrete notato che il nostro amico (di questo sito) Omero Ciai, in questi giorni scrive di Argentina o di Cuba, firmandosi come "nostro inviato a Miami". Sempre eloquente. Ovvero, per scrivere della presunta fine della Rivoluzione si va a parlare proprio con quelli che in 47 anni non hanno mai beccato una previsione, per non parlare poi del terrorismo che quando colpisce Cuba è sempre benedetto da Langley.
Sarebbero questi, che non aspettano altro che di (ri)appropriarsi di un'isola della quale si sentono i padroni che dovrebbero salvare materialmente il bambino non facendo schizzare in alto la mortalità infantile ai livelli della Louisiana o dell'Arkansas? Sarebbe il governo degli Stati Uniti, che pensa che il profitto sia il massimo valore morale, a salvare la sanità pubblica a Cuba? Sarebbe il FMI, immediatamente chiamato da qualunque possibile governo di transizione a proteggere l'educazione nell'isola? Quello stesso FMI che mai nella propria storia ha "consigliato" di aumentare le spese in educazione?
Chi vuol essere ingenuo può esserlo. Dagli Stati Uniti non sono disposti ad accettare nessuna soluzione socialdemocratica per Cuba. Puntano (come sempre) al "todo o nada", anche a costo di fomentare una guerra civile come già a Playa Girón.
Puntano allo smantellamento totale del sistema, perché il problema è il bambino non meno dell'acqua sporca. Il problema, per gli Stati Uniti, sono generazioni di cubani sane ed educate in grado di prendere per mano il proprio destino. Il problema è l'indipendenza e il colonialismo. Come ovunque.
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