«Una decisione ingiusta, dovuta alle forti
pressioni della Fondazione cubano americana. Siamo disgustati». Così Roberto
Gonzalez, difensore di René Gonzalez - suo fratello - commenta al telefono il
rigetto del ricorso presentato da los Cinco: 5 cubani condannati all'ergastolo
per cospirazione contro gli Stati uniti e detenuti da 8 anni nelle carceri
nordamericane. Una possibilità, quella del rigetto, comunque ipotizzata dalla
difesa. «La Corte che aveva accolto il nostro precedente ricorso - spiega
l'avvocato Hernandez - ha deciso solo su un punto: l'evidente ostilità del
tribunale di Miami, e la necessità di spostare il processo. Ora che questo è
stato negato, il fascicolo torna a quella corte, a cui chiederemo di decidere in
merito agli altri 4 punti, inerenti l'accusa di cospirazione e di omicidio». E
in caso di ulteriore rigetto? «Ci rivolgeremo alla Corte suprema. - risponde il
legale - Il processo può diventare infinito, per questo è importante la
solidarietà internazionale».
Un appello che l'avvocato aveva già rivolto a giugno quando, - su invito
dell'associazione Italia Cuba di Roma -, era venuto in Italia per incontrare
esponenti governativi. In quell'occasione, aveva parlato con il manifesto del
«pesante clima politico che rende impossibile l'esercizio del diritto per gli
imputati», e chiesto al neogoverno di centrosinistra di adoperarsi per la
liberazione dei Cinque presso gli Stati uniti. «Con Bush - afferma il penalista
- la chiusura è totale. Alcuni deputati sono venuti a Cuba, e il consiglio
comunale della città di Detroit ha chiesto la liberazione dei nostri compagni,
ma per il resto,niente». E intanto, quella di Gerardo, Ramon, Fernando, Antonio
e René, rischia di diventare una detenzione infinita, crudelmente sospesa
nell'altalena di rigetti e ricorsi. I cinque vengono arrestati a Miami nel '98.
Ammettono di essere agenti segreti: infiltrati fra gli anticastristi della
Florida, ossessionati dalla destabilizzazione di Cuba. Negano, però, di aver
cospirato contro gli Stati uniti a cui,anzi, hanno offerto collaborazione tra
intelligence. «Il paradosso - spiega ll'avvocato - è proprio questo: gli Stati
uniti fanno un gran baccano sulla guerra al terrorismo, e poi tengono in carcere
5 agenti che si adoperavano per prevenire gli attentati. E' la dimostrazione di
una giustizia a senso unico». E a Cuba, invece, come funziona il sistema
giuridico? Con quale metro valuta, l'avvocato Gonzalez, le accuse rivolte dai
fuoriusciti? «Cuba ha molti problemi - risponde il legale - che si sono
moltiplicati per via delle difficoltà economiche dovute all'embargo imposto
dagli Stati uniti. Non è facile opporsi per così tanto tempo alla più grande
potenza del mondo. In questo senso, se manca l'elettricità negli ospedali,
mancherà nche in una prigione. Se mancano i mezzi per curare un bambino,
scarseggeranno anche quelli per curare i detenuti. A Cuba, però, le persone
hanno dei diritti, compreso quello alla difesa e al rispetto della propria
dignità. Negli Stati uniti, invece, hanno solo possibilità: hai diritto a usare
il telefono, ma non puoi farlo se non hai soldi, hai diritto al lavoro, ma non
lo trovi, hai diritto a studiare, ma non puoi permettertelo».
E le violazioni dei diritti umani, di cui parlano gli anticastristi? «Ancora di
recente - riprende il legale - i famigliari di alcuni terroristi sono venuti in
visita ed hanno avuto i permessi come gli altri. Mio fratello, invece, non ha
mai avuto il permesso di incontrare la moglie e sua figlia piccola. Gli avevano
proposto un accordo a termine: confessa e avrai le visite. Lui ha rifiutato, e
sua moglie è stata espulsa e non ha più potuto rientrare».
Un accanimento, quello contro i Cinque, che ha provocato le proteste di Amnesty
international e della Commissione per i diritti umani contro la tortura. Sono
organismi che non parteggiano per Cuba - precisa l'avvocato - questo dovrebbe
convincere anche chi non condivide il nostro sistema sociale a esprimere
solidarietà ai Cinque. Però sono ancora pochi quelli che osano opporsi alla
superpotenza Usa. Ma - riprende l'avvocato -, per tornare a Cuba, il servizio
legale è pubblico. Anche se hai cercato di uccidere Fidel, un avvocato lo paghi
400 pesos e vieni difeso».
Un esempio? «Di recente ho difeso due trafficanti di esseri umani, arrivati da
fuori. Un reato da ergastolo, che sono riuscito a far ridurre a vent'anni.
Difendendo una persona, qualunque essa sia, io difendo la legge, e dunque tutelo
me stesso». Inoltre, a Cuba, «l'ergastolo è stato abolito nel '92, e a trent'anni
di pena è possibile uscire dal carcere. Anche prima, in base a una continua
valutazione in vista del recupero sociale del reo. Molti reati, in vigore prima
degli anni '80, sono stati depenalizzati, in carcere si ha diritto a colloqui
intimi con i famigliari...». La pena di morte? «Non esiste più per i reati
comuni» e per il resto «si è stabilita una moratoria». Cuba, però, «ha il
diritto di difendersi. Gli Stati uniti organizzano riunioni sulla transizione a
Cuba. minacciano ne minacciano la sovranità nazionale».