È morto Pinochet?

Parliamo di Castro

 

 

 

| 13 dicembre 2006 | M.Matteuzzi |

 

 


Il Corriere di Paolo Mieli ha due ossessioni: Israele e Cuba. La difesa sempre e comunque della politica di Israele e l'attacco sempre e comunque del regime di Fidel Castro sono i due must da cui commentaristi e cronisti non possono deflettere. Mai. Fino i limiti del ridicolo, e oltre.
E' morto Pinochet, di cui un giornale democratico non può dire bene, ma in realtà è l'occasione per parlare di Castro. Come e peggio di Pinochet. Ieri il compito è stato affidato al vecchio nuovo filosofo Bernard-Henri Levi che cerca affannosamente di far tornare l'«equazione Castro-Pinochet». Quale equazione? Tutti i numeri sono a favore di Pinochet: 17 anni di regno per Pinochet e 50 per Castro, «15-17 mila persone fucilate» a Cuba contro «le 3200 assassinate» in Cile. Match pari, al massimo, sugli esiliati: «centinaia di migliaia, un numero paragonabile a quello del Cile». Dall' equazione alla sfida finale alle «anime belle», ai «compagni e amici» a darsi da fare perché Fidel «compaia in giudizio per i suoi crimini», senza consentirgli di sfuggire alla giustizia terrena prima che, anche per lui, provveda la provvidenza divina. Perché «essere di sinistra, oggi, all'inizio del XXI secolo, significa trattare allo stesso modo Pinochet-il-bruno e Castro-il-rosso». E Levy lo è.
Ma non ci sono solo gli opinionisti illustri, al Corriere. Anche i cronisti sanno cosa scrivere: su Kissinger, l'anima nera del golpe: «non ci sono prove» e su Nixon, addirittura: «non favorì il golpe ma nemmeno fece nulla per fermarlo». Mieli, oltre che giornalista, non è anche uno storico?
Le amnesie però non sono solo degli storici. Per l'occasione della morte dell'assassino cileno La stampa ha riesumato il cardinale Pio Laghi, il contestatissimo nunzio vaticano che durante la mattanza argentina. Intervistato, alla domanda se nella chiesa cilena ci sono stati dei martiri sotto il regime di Pinochet, risponde testualmente: «Non potrei dire questo; ma certamente qualcuno che avrà alzato la voce... Mi ricordo che in Argentina dovetti intervenire perché alcuni sacerdoti e religiosi furono presi di mira (...), per cercare di liberarli. Ma in Cile non credo». Non crede, sua eminenza? Antonio Llidò, desaparecido; Joan Alsina, fucilato; Miguel Woodward, morto sotto tortura; Gerardo Poblete, morto sotto tortura; Esteban Pesle, desaparecido; Omar Venturelli, desaparecido; André Jarlan, assassinato... Forse il cardinale Laghi era troppo impegnato a giocare a tennis con l'ammiraglio Massera e il cardinale Angelo Sodano, nunzio vaticano in Cuile dal '77 all'88, troppo impegnato a intrattenersi con l'amico Pinochet per ricordasi di questi loro preti.