L'amministrazione di George Bush ha
provato perfino, a un certo punto, a sostenere che il Cigb, il Centro di
ingegneria genetica e biotecnologia dell'Avana si occupasse di armi chimiche e
biologiche. Le famose armi di distruzione di massa buone per giustificare
qualsiasi «guerra preventiva». I cubani ridono delle ricorrenti stupidità, che
però sono anche provocazioni da non sottovalutare, provenienti da Washington. Al
Cigb si lavora per la vita, per rendere possibile all'uomo di di vivere più a
lungo e meglio, non per la morte.
All'ingresso del grande complesso, attende il professor Manuel Raices
Perez-Castañeda, il suo responsabile. Davanti a un plastico che ricostruisce
strutture e storia del Centro, dice che è la prima volta che si consente ai
giornalisti di entrare.
Per cominciare spiega che «lo sviluppo della biotecnologia a Cuba iniziò nel
1980, quando dopo 20 anni di rivoluzione avevamo già raggiunto un alto grado di
controllo sulle malattie infettive grazie a un capillare sistema sanitario». Ma,
continua, «il cancro, le malattie cardiovascolari, o altre legate
all'invecchiamento continuavano a pesare sugli indici di mortalità». Di qui
l'impulso alla biotecnologia. «Riuscimmo per prima cosa a produrre
l'interferone, che a quei tempi sembrò una molecola miracolosa capace di
incidere soprattutto su malattie virali e su alcuni tipi di tumore. Nell'83
riuscimmo a clonare l'interferone cellulare e dall'84 cominciammo a produrlo per
via ricombinante. Con la biologia molecolare Cuba iniziò a considerare la
biotecnologia come un fattore strategico, tanto è che il governo decise di
stanziare consistenti risorse umane ed economiche per costruire e mettere in
piedi questo Centro e gli altri 52 più piccoli in funzione nell'isola».
Dopo 20 anni i risultati sono «enormi»: « Ad esempio lo sviluppo di vaccini come
quello dell'epatite B e di sistemi diagnostici d'avanguardia così come di
strumenti per il trattamento dei tumori. E inoltre lo sviluppo della
biotecnologia animale, vegetale, industriale e ambientale... Risultati che
finora commercializziamo con 44 altri paesi. Vi faccio un esempio del livello di
eccellenza della nostra biotecnologia: il diabete del piede, che in fase
degenerativa non ha altra alternativa, nel mondo, dell'amputazione, da noi viene
curato e chi nè è vittima esce camminando sui suoi due piedi».
Entriamo nell'unità di chimica-fisica. «Questo è uno dei gruppi di lavoro più
importanti del Cigb poiché basa le sue investigazioni sulla caratterizzazione
molecolare delle molecole, consentendoci poi di modificarle», dice.
E' qui che si studia l'elisir della lunga vita? "E' molto probabile che l'essere
umano possieda oggi la capacità fisiologica di arrivare ai 120 anni se conduce
una vita in condizioni appropriate - risponde il professor Raices -. Ma noi
crediamo che questo potenziale attraverso la biotecnologia possa aumentare,
ovvero che si possa spostare la frontiera dei 120 anni molto più in là. Oggi
stiamo conoscendo tutti i meccanismi delle malattie, stiamo manipolando geni,
stiamo sapendo in che modo è possibile prevenire una malattia, in che modo
lavorare nel disegno di nuovi organi e non è neppure lontano il giorno, anzi io
credo sia molto vicino, in cui potremo sostituire geni non più funzionanti con
dei nuovi geni. Non è fantascienza sostenere la probabilità che una volta
conosciuti e applicati tutti questi strumenti l'uomo possa arrivare a vivere 3 o
400 anni, e anche fino a 1000».
L'immortalità? «Sì, praticamente l'immortalità - conclude, con un'opportuna
precisazione -. Anche se bisognerà vedere se dal punto di vista etico ci
interesserebbe vivere 1000 anni. A parte le enormi problematiche dal punto di
vista scientifico, sociologico, economico, etico di una simile prospettiva,
forse sarebbe noioso, no?».