Il NED (National Endowment for Democracy) è un ente che
ha visto la luce nel 1983, grazie al presidente Ronald Reagan e al Congresso
degli Stati uniti, con la finalità di offrire sostegno a quelle istituzioni
estere che il governo federale, per la sua posizione ufficiale, non poteva
aiutare, ad esempio i partiti politici di opposizione. In apparenza, il Ned è
una fondazione privata, non governativa e senza scopo di lucro, e perciò
sostiene questo tipo di istituzioni estere con il sotterfugio di fornire fondi
privati e non governativi. In realtà si tratta di una finzione, poiché il Ned,
malgrado sia a prima vista un ente privato, riceve un finanziamento annuale dal
Congresso. La finzione ha una sua particolare importanza, naturalmente, perché
nella maggior parte dei paesi, e anche negli Stati uniti, esistono leggi severe
che controllano le attività dei cittadini che ricevono finanziamenti da un
governo straniero. Negli Usa, tanto per fare un esempio, ogni individuo o ente
«soggetto a controllo estero» deve essere registrato presso il dipartimento di
giustizia, e inviare ogni sei mesi una relazione sulle proprie attività,
comprese quelle finanziarie.
Ormai da molti anni il governo degli Stati uniti predispone in tutto il mondo
interventi che hanno lo scopo di influenzare certi elementi delle diverse
società civili, ad esempio la stampa, i partiti politici, le unioni sindacali e
così via, per spingerli in una determinata direzione, sia essa a favore delle
scelte politiche sostenute dagli Stati uniti oppure a sostegno dell'opposizione
ai governi di quei paesi, quando non al loro rovesciamento. Fino a qualche tempo
fa, come è noto, il ruolo chiave in questo senso era giocato dalla Cia e
dall'Agenzia Usa per lo sviluppo internazionale (Usaid, Agency for
International Development). Nel 1983 queste istituzioni confluirono nel Ned.
Da allora, Usaid opera come canale trasparente: quando un'istituzione riceve
finanziamenti da Usaid, si sa che essi provengano dal governo Usa. Il Ned, come
già detto, opera in un mondo immaginifico e pieno d'ombre, continuando peraltro
a dichiararsi una fondazione privata che elargisce denaro privato, sebbene
nessuna delle due affermazioni sia vera.
Decisioni sconclusionate
La fondazione ha un suo consiglio, che a volte prende decisioni sconclusionate.
In alcune occasioni ha sostenuto cause che contrastavano apertamente con le
politiche statunitensi, finendo col compromettere gli obiettivi Usa e provocando
confusione tra gli osservatori stranieri, perfettamente consapevoli che il Ned
è, a tutti gli effetti, un'agenzia del governo Usa.
Ne è esempio un episodio avvenuto a Panama durante le elezioni del 1984, quando
il Ned decise di finanziare un candidato sostenuto dai militari, Nicolás Ardito
Barletta, in aperta contrapposizione con la politica governativa statunitense.
Non solo gli osservatori panamensi, ma perfino i funzionari dell'ambasciata Usa
a Panama non riuscivano più a capire chi comandasse.
Una delle iniziative più bizzarre del Ned si è avuta a metà degli anni Ottanta,
quando il maggiore sindacato Usa, l'Afl Cio, uno dei principali beneficiari del
Ned, approvò un finanziamento di 1,5 milioni di dollari per la «difesa della
democrazia» in Francia. Agli occhi della maggior parte degli osservatori, la
democrazia in Francia non appariva affatto in pericolo, ma il direttore dell'Afl
Cio di Parigi, responsabile all'epoca delle relazioni internazionali, affermò:
«la Francia... è minacciata dall'apparato comunista. Il pericolo è chiaro e
attuale se ci proiettiamo nei prossimi dieci anni».
Considerato il tipo di mentalità, non sorprende che uno dei gruppi francesi che
ha ricevuto il finanziamento del Ned sia stato l'Union Nationale
Interuniversitaire, un sindacato interuniversitario da molti considerato un
vivaio dell'estremismo di destra e sospettato di legami con il terrorismo.
Quando le attività francesi del Ned vennero rese pubbliche da un quotidiano
locale, il governo Usa si dissociò dall'intera operazione. Ciò nondimeno,
l'episodio evidenzia chiaramente il rischio di consentire al Ned di perseguire
la sua soggettiva politica estera con i soldi dei contribuenti.
Sin dall'inizio, Cuba è stata l'obiettivo principale delle attività del Ned in
America Latina. Durante gli anni Ottanta e anche oltre, uno dei principali
destinatari della sua generosità era la Canf, Fondazione Nazionale dei
Cubanoamericani, guidata dal famigerato Jorge Mas Canosa, uomo di destra votato
al rovesciamento del regime di Castro. Mas Canosa è noto come amico stretto di
Félix Rodríguez, funzionario e veterano della Cia nonché coordinatore delle
spedizioni aeree dal Salvador verso la rete illegale dei rifornimenti ai contras
di Oliver North. Altra figura chiave in questo quadro è Luis Posada Carriles,
accusato di essere uno degli ideatori dell'attentato a un aereo di linea cubano
che nel 1976 provocò 73 vittime. In un'intervista rilasciata nel 1998 al New
York Times, riconobbe di aver preso parte a numerosi attentati contro
alberghi turistici dell'Avana, che causarono la morte di almeno un turista e il
ferimento di molte altre persone. Il denaro per finanziare l'operazione, disse,
veniva da alcuni dirigenti della Canf.
Oggi il Ned non finanzia più la Canf, che dopo la morte di Jorge Mas Canosa ha
in qualche modo moderato il proprio atteggiamento. Tuttavia è ancora molto
impegnato nel progetto di rovesciare il regime cubano. Nel 1999 ha creato il
Movimento mondiale per la democrazia, che ha immediatamente etichettato Cuba
come uno dei governi più repressivi del mondo. Freedom House, una delle
organizzazioni a cui il Ned destina molti dei suoi finanziamenti, descrive Cuba
come uno tra gli undici «regimi più repressivi» del mondo. In realtà, una
classificazione più obiettiva dei regimi repressivi è apparsa sulla rivista
Parade il 13 febbraio 2005, e non include Cuba neanche tra i primi dieci. Vi
compaiono, invece, l'Arabia saudita e il Pakistan, entrambi stretti alleati
degli Usa. A voler essere coerenti, il Ned dovrebbe impegnarsi anche per
rovesciare quei governi. Sì, per far cadere gli amici del presidente Bush che
occupano la casa reale saudita.
Un governo repressivo
Comunque, a prescindere dal fatto che il governo cubano sia repressivo come o
più di quelli degli alleati statunitensi, resta il fatto che si tratta di un
governo repressivo. A Cuba c'è poco spazio per la libertà di espressione e di
riunione, e ci si può ritrovare in carcere per la più arbitraria delle ragioni.
Ed è naturale che gli Stati uniti vogliano spingere l'isola verso una maggiore
apertura sociale. Il punto è che le politiche adottate dall'amministrazione Bush,
e poi seguite dal Ned, sono profondamente sbagliate, totalmente controproducenti
e portano solo a ulteriori restrizioni.
Ironicamente, le cose avevano iniziato a muoversi nella direzione giusta. Nel
2002 e fino al 2003 abbiamo assistito a un'incoraggiante tendenza verso una
maggiore tolleranza dei dissidenti a Cuba. L'ex presidente Jimmy Carter ne ha
incontrati alcuni durante un suo viaggio sull'isola nel 2002, così come hanno
fatto altri leader internazionali e molti visitatori americani. Qualcuno dei
dissidenti più noti ha avuto anche il permesso di recarsi in viaggio all'estero.
Il governo può non aver apprezzato il Progetto Varela, che chiedeva un
referendum per maggiori libertà politiche e riforme economiche, ma non ha
imprigionato coloro che lo hanno proposto. E quando Carter nel 2002, nel suo
discorso alla nazione cubana, si è richiamato a questo progetto, non solo è
stato trasmesso in diretta dalla televisione nazionale, ma le sue parole sono
state riportate parola per parola dalla stampa cubana.
Cosa non ha funzionato? Perché quell'improvviso cambiamento del 2003? Perché
quell'imprevisto arresto di almeno 75 dissidenti? Gran parte della faccenda è
stata una reazione alle provocazioni crescenti da parte dell'amministrazione
Bush, che continuava a chiedere un cambiamento di regime e a dire che l'appoggio
ai dissidenti sarebbe stato uno dei modi migliori per mettere fine all'epoca di
Castro, un appoggio che in gran parte sarebbe stato fornito tramite Usaid e Ned.
Non sorprende che il governo cubano abbia interpretato questo appoggio come una
provocazione, sovversiva nella sua natura. E, a dirla tutta, quale sarebbe la
reazione del ministro della giustizia Usa e del direttore della sicurezza
nazionale se il capo dell'ufficio per gli interessi cubani a Washington
decidesse di fornire assistenza materiale a gruppi di americani scontenti,
dichiarando che il suo scopo è quello di provocare la caduta del governo
americano e di sostituirlo con un nuovo sistema socialista? Verrebbe
istantaneamente dichiarato persona non grata.
Uno degli aspetti ancora più cruciali del giro di vite è stato l'avvio della
strategia Usa degli attacchi preventivi e l'inizio della guerra in Iraq. Ai
cubani è sembrato che gli Stati uniti avessero chiaramente deciso di attuare una
politica di azioni militari contro ogni stato ritenuto una possibile minaccia
nei loro confronti, ignorando organizzazioni e leggi internazionali. È tempo,
hanno concluso i cubani, di chiudere i boccaporti. «Chi lo sa?, mi ha detto un
cubano, la prossima volta potrebbe toccare a noi».
Anche in quest'ottica, il giro di vite e l'arresto dei dissidenti sono stati una
reazione esagerata da parte cubana. Hanno indebolito il sostegno all'isola da
parte dell'Unione europea e di altri paesi, cosa di cui Cuba proprio non aveva
bisogno, soprattutto se teme qualche tipo di incursione militare da parte degli
Stati uniti.
Attività controproducenti
Il punto è che se il giro di vite cubano non ha fatto gli interessi dell'isola,
la politica statunitense - e le attività del Ned - sono state decisamente
controproducenti per gli interessi Usa. Il modo migliore per portare Cuba verso
una maggiore apertura sociale è di ridurre le tensioni, aumentare il dialogo e
allargare i contatti. La vecchia strategia dell'embargo, delle pressioni e delle
operazioni per rovesciare il regime non ha funzionato, malgrado sia in piedi da
tempo, e i trucchi ancor più aggressivi dell'amministrazione Bush e del Ned non
funzioneranno oggi. Anzi, sono riusciti soltanto a capovolgere la tendenza verso
una maggiore tolleranza dei dissidenti e a spedire in carcere tanta brava gente.
Esattamente il contrario dell'obiettivo cui dovrebbero mirare gli Stati uniti.
Stessa sorte sembra investire il Venezuela, l'altro stato dell'America Latina
nel quale il Ned ha le maggiori implicazioni. Nelle dichiarazioni pubbliche
relative alle sue attività in questo paese, l'organizzazione ricorda il sostegno
offerto a vari gruppi locali impegnati per la democrazia. Di fatto, tuttavia,
molti di coloro che hanno sostenuto il fallito colpo di stato dell'12 e 13
aprile 2003, che mirava a rovesciare il presidente Chávez, ricevevano
sovvenzioni proprio dal Ned. Ciò non significa necessariamente che dietro il
complotto ci fosse la fondazione Usa. I legami con le persone che parteciparono
al golpe, però, hanno inevitabilmente suscitato questo sospetto nel governo
venezuelano, che spesso ha accusato l'ambasciata americana di aver avuto un
ruolo diretto nell'incoraggiarlo.
Più recentemente, il Ned ha finanziato diversi gruppi venezuelani coinvolti
nell'organizzazione del referendum revocatorio dell'agosto 2004; gli oppositori
del governo, e apparentemente anche gli Usa, credevano che la consultazione
avrebbe messo fine alla presidenza di Chávez. Invece così non è stato, e Chávez
ha vinto anche facilmente. I fatti mostrano ancora una volta, e con chiarezza,
che mentre gli Stati uniti si oppongono a Chávez, e mentre il Ned agisce contro
di lui nella convinzione che rappresenti un pericolo per il sistema democratico,
egli viene democraticamente eletto dal popolo del Venezuela, vince il referendum
revocatorio, e ora, secondo gli ultimi sondaggi, è sostenuto da circa il 70% dei
suoi cittadini, quando solo il 39% degli americani approva l'operato di George
Bush.
È tempo ormai che gli Stati uniti lascino perdere i metodi da guerra fredda che
ancora praticano nei confronti di Cuba e del Venezuela. Piuttosto che cercare di
rovesciarne i governi, potrebbero ottenere di più avviando con questi paesi un
dialogo costruttivo e ragionevole. Il Ned è un passo indietro verso la Guerra
fredda, e le sue attività minano la volontà stessa degli Stati uniti di contare
su una leadership illuminata ed efficiente. Come dice il vecchio adagio, sarebbe
ora di consegnare il Ned alla pattumiera della storia.
* Capo dell'Ufficio di interessi degli Usa a l'Avana durante la presidenza
Carter e ora membro senior del Center for International Policy di Washington e
professore associato presso la Johns Hopkins University di Baltimora.
Tratto dal n. 93 di Latinoamerica, in vendita
in tutte le librerie Feltrinelli o online
presso www.giannimina-latinoamerica.it
|