Cuba ha vinto l’ennesima battaglia all’Onu contro
gli Stati Uniti, ottenendo 183 voti a favore della risoluzione di condanna al
blocco unilaterale. Astenuta la Micronesia, contrari ovviamente gli Usa e
Israele; contrari, ridicolmente, le Isole Marshall e Palau. La risoluzione è
stata presentata ieri di fronte ai delegati dell’Assemblea generale delle
nazioni Unite e chiede di porre fine al pluri decennale blocco statunitense allo
sviluppo dell’isola. Il ministro degli Esteri cubano, Felipe Pérez Roque, ha
attaccato il vergognoso inasprimento delle sanzioni unilaterali statunitensi
raccolto nel cosiddetto ‘Piano Bush’ raccogliendo applausi a scena aperta.
Presentando la risoluzione denominata “Necessità di porre fine al blocco
economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti d’America contro Cuba, il
capo della diplomazia di L’Avana ha sottolineato come il blocco, mai sostenuto
dalla comunità internazionale, non va a colpire i soli interessi cubani, ma si
riflette negativamente su tutti i paesi che vogliono stabilire un rapporto di
natura economico commerciale con l’isola caraibica. Al di là delle cifre esposte
– i danni economici provocati dai 48 anni di blocco Usa sono stati stimati
attorno alla cifra di 86mila milioni di dollari - la risoluzione cubana mira al
centro della questione, oggi più pressante che mai, della generale impotenza
delle Nazioni unite di fronte all’imposizione verbale e sostanziale delle
strategie unilaterali della Casa Bianca. Un’arroganza ancora più evidente
durante il doppio mandato dell’attuale presidenza Bush.
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