SIP: bavaglio di

libera pressione

 

 

| 17 ottobre 2006 | J.Steinsleger www.granma.cubaweb.cu |

 

 

Se la Società Interamericana della Stampa (SIP) fosse un'entità realmente impegnata con la libertà, l'indipendenza e la democrazia, l'edificio che ospita la sua sede, a Miami, dovrebbe chiamarsi Gregorio Selser (1922-1991) invece di Jules Dubois, sordido ufficiale della CIA che tracciò i suoi principi e la sua dottrina.

Gregorio Selser - argentino 1922-91Selser e Dubois. Due modi di intendere il giornalismo e l'informazione. Selser, strappando i veli del potere. Dubois legittimando le sue falsità. Selser, al servizio dei popoli. Dubois, al servizio dell'impero. Con Selser, il giornalismo onesto scoprì come si fabbricano le notizie. Con Dubois, il giornalismo canaglia imparò ad occultare la verità attraverso la bugia.

Dalla Cuba del tiranno Fulgencio Batista (dove, nel 1943, nacque la SIP) ai nostri giorni, non ci fu despota, colpo di Stato o intervento militare degli Stati Uniti che non ricevesse appoggio dalla SIP. Sessantatre anni di ignominia che i muri dell'America Latina seppero tante volte riassumere: "Ci pisciano, e la stampa dice che piove".

Destinata per statuto a "... servire, allo stesso modo, i suoi soci del nord, centro e sud America", la SIP adotta solo risoluzioni attinenti la preservazione della "libertà di stampa" al sud del Rio Bravo e nelle Antille. Le sue dichiarazioni sono in sintonia col Dipartimento di Stato, l'OSA ed il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR), e la sua "indipendenza" consiste nel diffamare qualunque sforzo, grande o piccolo, dei nostri popoli quando tentano di darsi istituzioni partecipative o sorgono situazioni che pongano in discussione qualunque impresa ascritta alla sua orbita.

I magnati della SIP comprano, vendono, diffondono, editano, trasmettono o pubblicano l' "informazione" come conviene alle "leggi del mercato" ed ai suoi interessi di casta e classe. Ciò nonostante, nella sua "Breve storia della SIP", Selser registra le eccezioni di rigore, tali come quelle dello scrittore e giornalista venezuelano Miguel Otero Silva, proprietario de El Nazional di Caracas.

Nella riunione di Montevideo (1951), Otero Silva osservò che gli statuti della SIP, approvati un anno prima nell'Assemblea di New York, violavano "... le sue norme più fondamentali dandogli il carattere che ora ha: un'entità esclusivamente patronale di scambio commerciale, strettamente controllata dai venditori di carta, le agenzie d'informazione ed i cercatori di avvisi che risiedono negli Stati Uniti. Nulla di più inopportuno, in questo ambiente, che un giornalista".

Selser ricorda che sebbene Otero Silva si dichiarasse antiperonista e contrario alle misure che il governo argentino aveva adottato dopo la chiusura del quotidiano La Stampa, si indignò per la condotta dei suoi colleghi della SIP, restii a dibattere coi delegati di Perón.

Il venezuelano osservò "... l'atteggiamento della maggioranza dell'Assemblea, respingendoli senza sentirli, violando nuovamente gli statuti nel non riconoscere le loro credenziali, schivando vigliaccamente la polemica con chi non aveva ragione, servì per farli apparire, di fronte a molti, con una ragione che non avevano... mentre era dedicato 80 o 90% del suo contenuto a raccontare minuziosamente gli oltraggi commessi da Perón contro la libertà di espressione, si stendeva un pietoso e complice velo sulle dittature latinoamericane".

Nella relazione che Otero Silva definì "tendenziosa" appare il tiranno Somoza "... come un angelo tutelare della libertà di pensiero; lì si mettono come archetipi della democrazia il cileno González Videla ed i dittatori boliviani e, arrivando a Santo Domingo, la relazione usa il seguente mostruoso eufemismo: 'Le condizioni non sono propizie per la libertà di espressione'... Dava vergogna vedere in quell'assemblea, di Montevideo, gli sbirri intellettuali di Rafael Leónidas Trujillo bramando in tribuna per dire che Perón era un tiranno e che nel loro paese, invece, si godeva di un'assoluta libertà di pensiero".

Un altro atteggiamento di gagliardia imprenditoriale, raccolta da Selser, è la rinuncia presentata all'entità, nel 1958, da uno degli ex presidenti della SIP, il messicano Miguel Lanz Duret (1909-59), direttore de "L'Universal", quando seppe che la SIP aveva sollecitato la sua iscrizione come corporazione, dando come sede la città di Dover, contea del Kent (Delaware).

Lanz Duret allegò che "... la SIP andava a dipendere, a tutti gli effetti giuridici e legali, dalle leggi nordamericane, smentendo così la sua supposta indipendenza e violando nei fatti la raccomandabile extraterritorialità che gli conferiva, per esempio, una sede annuale mobile, distinta dalla nordamericana".

Ma la SIP sperimentò la prima grande denuncia internazionale, il 23 maggio 1959, quando in lettera pubblica al direttore della rivista "Bohemia" Che Guevara qualificò di "miserabile gangster" l'addetto della sezione internazionale:

"Succede — disse il Che — che Jules Dubois, l'United Fruit ed altre compagnie frutticole, minerarie, del bestiame, telefoniche o elettriche, in una parola sfruttatrici del popolo, hanno ordinato scatenare la classica cortina di bugie salariate." Allora, Dubois si mise in azione.
 


II
 


Formattata dai "padroni della stampa" (voce creata dal leggendario investigatore statunitense George Seldes 1891-1995) la SIP da mezzo secolo sta assolvendo, investigando o condannando che cosa dobbiamo intendere per notizia, informazione, democrazia e libertà di espressione.

Dopo il rumore e l' approvazione dell'intervento yankee in Guatemala (1954) ed il rovesciamento, un anno dopo, di Perón, i giornali affiliati alla SIP caricarono contro la Rivoluzione cubana (1959). Nell' ottobre 1961, per esempio, Washington decise che le relazioni del governo argentino con Cuba dovevano rompersi.

Rispettando il suggerimento, "La Nacion" di Buenos Aires, pubblicò la foto di Jules Dubois (presidente della Commissione della Libertà di Stampa della SIP) che esibiva alcuni misteriosi documenti ottenuti surrettiziamente"... dall'ambasciata cubana in Argentina". Arturo Frondizi (che non era "di sinistra", ma il presidente di un paese sovrano) protestò davanti al segretario di Stato, Dean Rusk, e qualificò la manovra come "grossolana provocazione".

Rimproverato da Rusk, l'agente Dubois riconobbe la falsità. L' "etica informativa" de "La Nacion" venne posta a nudo. Quarantaquattro anni dopo, il presidente Néstor Kirchner manifestò in risposta velata alle costanti pressioni del portavoce storico dell'oligarchia argentina: "Non può essere che chi venga a dire come funziona la libertà di stampa siano quelli che ammazzarono per imporre le loro idee, assassinarono e sequestrarono" (4/03/05).

Kirchner (che neanche è "di sinistra", ma governante di un paese sovrano) andò ad ingrossare l'elenco capeggiato dai presidenti Fidel Castro, Hugo Chávez ed Evo Morales, che felicemente non capiscono il concetto di "libertà di stampa" della SIP.

Ma in giorni passati, quando Kirchner discusse le falsità di Joaquín Morales Solá, (nave scuola del giornalismo canaglia) commise un errore di date. Per che motivo. Lavandosi in acqua santa, Morales Solá raddoppiò i suoi attacchi e scrisse: "Kirchner capisce sole due classi di giornalismo: uno è l'incondizionato a lui, per le ragioni che furono, ed il resto appartiene ad un'opposizione che deve sparire" ("La Nacion", 1/10/06). Cinicamente, Morales Solá associò il governante col nazista Goebbels e suggerì ai suoi lettori di consultare "nelle emeroteche" se avesse scritto un qualche cosa nella data citata dal presidente. Aveva ragione: che tipo di consulente alle comunicazione ha Kirchner? Altrimenti, avrebbe citato gli smisurati elogi di Morales Solá al generale torturatore e genocida Antonio D. Bussi, capo della quinta brigata dell'esercito nella provincia di Tucumán (La Gaceta di Tucumán, 8/6/76).

Un altro capitolo del terrorismo informativo della SIP ebbe luogo prima, durante e dopo il governo di Unità Popolare in Cile. Secondo investigazioni del Senato degli Stati Uniti, il chiamata Comitato dei 40 autorizzò la CIA ad un'operazione segreta di propaganda, il 14 settembre 1970. Meno di una settimana dopo, la SIP emise, a Washington, un comunicato che denunciava le minacce alla "libertà di stampa" in Cile "... da parte dei comunisti e dei suoi alleati marxisti". Porta voci? L'ineffabile quotidiano "El Mercurio", diretto da Agustín Edwards, uno degli invitati di onore alla 62° Conferenza della SIP che termina di svolgersi in Messico.

Nel 1970, Edwards arrivò a Washington per cercare l'appoggio degli Stati Uniti per un piano destinato ad impedire l'elezione di Salvador Allende. Il 15 settembre, un giorno dopo che il Comitato dei 40 diede la sua approvazione per la campagna antiallendista, Edwards si riunì con Richard M. Helms, direttore della CIA.

Il 22 settembre, "El Mercurio" pubblicò un editoriale nel quale sosteneva che "la sopravvivenza dei diritti individuali era la questione più importante che doveva decidere il popolo cileno". Secondo la relazione del Senato, gli agenti della CIA tra il personale del giornale "... permisero all'ufficio di generare più di un editoriale giornaliero, secondo i lineamenti fissati dall'agenzia". Due giorni dopo, l'agenzia spagnola di notizie EFE in Santiago inviò una nota in tutta l'America Latina, nella quale informava della manifestazione antiallendista di un gruppo "... in costante crescita": il gruppo fascista Patria e Libertà, finanziato dalla CIA. In base alla relazione del Senato, l'articolista Walter Pincus, del Washington Post, assicurò che EFE riceveva un sussidio dalla CIA per le sue operazioni in America Latina: 18 giornalisti cileni, sotto controllo diretto della CIA, sistemati in importanti posti amministrativi nei mezzi informativi.

D'altra parte, la CIA creava l'agenzia Latin stabilita, teoricamente, da "13 giornali latinoamericani della SIP". Latino contrattò con Reuters, agenzia di notizie britannica, affinché amministrasse l'operazione. La CIA voleva avere un competitore latinoamericano per l'agenzia cubana Prensa Latina. Secondo la relazione del Senato, Latin trasmise 726 articoli, editoriali e note del tipo "sottomarini sovietici di fronte alle coste del Cile."
 


III
 


Ora non ci sono "sottomarini sovietici di fronte alle coste del Cile" (come gli onorevoli quotidiani della SIP "informavano" negli anni 1960 e 1970) né a Mosca i comunisti fanno colazione con bambini importati dal Guatemala (come in quelli del 1940 e 1950).

Dichiarazioni come quella di Chapultepec sulla "libertà di espressione" non permettono tale falsità. Sottoscritta dalla SIP, nel 1994, e ratificata nella sua 62° Assemblea annuale che si riunì, due settimane fa, in Messico, la dichiarazione abbonda di principi come quello n° 9 che dice: "la credibilità della stampa è legata all'impegno con la verità, alla ricerca di precisione, imparzialità ed equità, con una chiara differenziazione tra i messaggi giornalistici e commerciali".

Fedele alla causa, "El Mercurio" di Santiago pubblicò allora un esteso documento circa la "alleanza militare Chávez - Evo" (Morales). Il quotidiano c'informa che "... Venezuela e Bolivia firmarono un ampio ed ambiguo accordo per costruire più di 20 basi militari alla frontiera che la Bolivia condivide con cinque paesi, tra essi, il Cile" (8/10/06).

Questa volta il giornale omise riferirsi alla presenza di sottomarini venezuelani di fronte alle coste della Bolivia, paese che non ha mare... verità? tuttavia, i sagaci reporter mercuriani appuntarono che un "esperto in intelligence" li avrebbe informati circa la "... instabile situazione in Bolivia e, ovviamente, Chávez vuole assicurarsi che Morales si mantengano al potere".

Senza esitazione, il Gruppo dei Giornali de Las Americas (GDA, Miami, 1994) della SIP sventolavano simultaneamente un articolo intitolato "Crisi e disunione in Bolivia". Pressioni al Governo del Cile affinché ritiri il suo eventuale appoggio all'entrata del Venezuela al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Il volatile, classista e liberissimo concetto di "libertà" della SIP, risulta tanto ampio che si adatta al preambolo della Dichiarazione di Chapultepec: "la libertà è una" e, a volte, "multipla".

Nell' ottobre 2003, per esempio, l'allora consigliera per la Sicurezza Nazionale Condoleezza Rice ordinava, via teleconferenza all'Assemblea Generale della SIP, di appoggiare il governo costituzionale di Gonzalo Sánchez de Losada che i boliviani volevano dimissionare dopo l'assassinio di più di 80 persone a causa della repressione poliziesca.

Ugualmente, nel marzo 2005, l'uruguaiano Danilo Arbilla (ex presidente della SIP) accusò il Governo argentino "di maneggiare la pubblicità in maniera selettiva". Gli suggeriva procedere come il Governo del Cile, concedendo il 77% della pubblicità ufficiale a "El Mercurio" ed ad altri mezzi del gruppo COPESA?

Arbilla disse che Kirchner trattava "con disprezzo il giornalismo". Amnesia? Coautore del decreto che nel giugno 1973 proibì in Uruguay la divulgazione di ogni tipo di informazione "... che possa perturbare la tranquillità e l'ordine pubblico" (sic), Arbilla si distinse come capo della stampa del presidente golpista Juan María Bordaberry: chiuse 173 mezzi di comunicazione, sequestrò la rivista "El Correo" dell'Unesco e tacque il brutale assassinio di Julio Castro, direttore di "Marcha".

Nella pagina Web della SIP raffigura una lirica introduzione alla "Banca dati delle leggi della stampa" firmata da Arbilla. Il prestanome cita John Locke e finisce con una frase di James Madison: "È il popolo quello che può censurare e mai il governo censurare il popolo". Arbilla conclude: "Ed effettivamente è così: dove si è visto che i mandatari possano censurare i suoi mandanti".

La SIP assicura stare contro le "azioni penali a giornalisti che informando scoprano atti di corruzione" , come disse, un paio di anni fa, l'argentino Ricardo E. Trotti (un altro dei suoi dirigenti) nel Tecnologico di Monterrey. Bene. Ma omise il caso del magnate Ramón Báez, della Repubblica Dominicana, padrone dei quattro principali giornali, 70 stazioni di radio e tre televisioni ed accusato di frode nei confronti di istituzioni creditizie per un totale di 2800 milioni di dollari.

Dio li crea... ed il terrorista mediatico Carlos Alberto Montaner li giustifica. Benché in varie occasioni, i padroni della SIP hanno dovuto richiamare Montaner affinché nelle sue conferenze moderi il suo servilismo nei confronti dei governi di Washington ed una venalità che neppure le cluster bombs che distruggono bunker sotto terra possono porre rimedio.

Ma alla SIP piace l' "etica" del Montaner e dei giornalisti "indipendenti" che con fondi federali degli Stati Uniti difendono la "libertà" a Cuba. E, con essi, il decadente olimpo di  intellettuali a contratto che secondo l'analista Hugo Pressman consentono di essere violati nella supposizione che"...così si migliora la sessualità ed autostima della vittima".

Nel decennio 1970 l'Unesco sostenne il diritto dei popoli all'informazione. Soffocato dal potere mediatico globale, il dibattito fu congelato. Oggi, la Commissione dei Diritti umani dell'ONU studia l'impulso giuridico di un nuovo diritto: il diritto alla verità. Un ideale completamente estraneo alla SIP il cui proposito, come abbiamo visto, consiste nel domandare ai suoi padroni che cosa deve informare.

(tratto da La Jornada)