Se la Società Interamericana della Stampa (SIP) fosse un'entità
realmente impegnata con la libertà, l'indipendenza e la
democrazia, l'edificio che ospita la sua sede, a Miami, dovrebbe
chiamarsi Gregorio Selser (1922-1991) invece di Jules Dubois,
sordido ufficiale della CIA che tracciò i suoi principi e la sua
dottrina.
Selser e Dubois. Due modi di intendere il giornalismo e
l'informazione. Selser, strappando i veli del potere. Dubois
legittimando le sue falsità. Selser, al servizio dei popoli.
Dubois, al servizio dell'impero. Con Selser, il giornalismo onesto
scoprì come si fabbricano le notizie. Con Dubois, il giornalismo
canaglia imparò ad occultare la verità attraverso la bugia.
Dalla Cuba del tiranno Fulgencio Batista (dove, nel 1943, nacque
la SIP) ai nostri giorni, non ci fu despota, colpo di Stato o
intervento militare degli Stati Uniti che non ricevesse appoggio
dalla SIP. Sessantatre anni di ignominia che i muri dell'America
Latina seppero tante volte riassumere: "Ci pisciano, e la stampa
dice che piove".
Destinata per statuto a "... servire, allo stesso modo, i suoi
soci del nord, centro e sud America", la SIP adotta solo
risoluzioni attinenti la preservazione della "libertà di stampa"
al sud del Rio Bravo e nelle Antille. Le sue dichiarazioni sono in
sintonia col Dipartimento di Stato, l'OSA ed il Trattato
Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR), e la sua
"indipendenza" consiste nel diffamare qualunque sforzo, grande o
piccolo, dei nostri popoli quando tentano di darsi istituzioni
partecipative o sorgono situazioni che pongano in discussione
qualunque impresa ascritta alla sua orbita.
I magnati della SIP comprano, vendono, diffondono, editano,
trasmettono o pubblicano l' "informazione" come conviene alle
"leggi del mercato" ed ai suoi interessi di casta e classe. Ciò
nonostante, nella sua "Breve storia della SIP", Selser registra le
eccezioni di rigore, tali come quelle dello scrittore e
giornalista venezuelano Miguel Otero Silva, proprietario de El
Nazional di Caracas.
Nella riunione di Montevideo (1951), Otero Silva osservò che gli
statuti della SIP, approvati un anno prima nell'Assemblea di New
York, violavano "... le sue norme più fondamentali dandogli il
carattere che ora ha: un'entità esclusivamente patronale di
scambio commerciale, strettamente controllata dai venditori di
carta, le agenzie d'informazione ed i cercatori di avvisi che
risiedono negli Stati Uniti. Nulla di più inopportuno, in questo
ambiente, che un giornalista".
Selser ricorda che sebbene Otero Silva si dichiarasse
antiperonista e contrario alle misure che il governo argentino
aveva adottato dopo la chiusura del quotidiano La Stampa, si
indignò per la condotta dei suoi colleghi della SIP, restii a
dibattere coi delegati di Perón.
Il venezuelano osservò "... l'atteggiamento della maggioranza
dell'Assemblea, respingendoli senza sentirli, violando nuovamente
gli statuti nel non riconoscere le loro credenziali, schivando
vigliaccamente la polemica con chi non aveva ragione, servì per
farli apparire, di fronte a molti, con una ragione che non
avevano... mentre era dedicato 80 o 90% del suo contenuto a
raccontare minuziosamente gli oltraggi commessi da Perón contro la
libertà di espressione, si stendeva un pietoso e complice velo
sulle dittature latinoamericane".
Nella relazione che Otero Silva definì "tendenziosa" appare il
tiranno Somoza "... come un angelo tutelare della libertà di
pensiero; lì si mettono come archetipi della democrazia il cileno
González Videla ed i dittatori boliviani e, arrivando a Santo
Domingo, la relazione usa il seguente mostruoso eufemismo: 'Le
condizioni non sono propizie per la libertà di espressione'...
Dava vergogna vedere in quell'assemblea, di Montevideo, gli sbirri
intellettuali di Rafael Leónidas Trujillo bramando in tribuna per
dire che Perón era un tiranno e che nel loro paese, invece, si
godeva di un'assoluta libertà di pensiero".
Un altro atteggiamento di gagliardia imprenditoriale, raccolta da
Selser, è la rinuncia presentata all'entità, nel 1958, da uno
degli ex presidenti della SIP, il messicano Miguel Lanz Duret
(1909-59), direttore de "L'Universal", quando seppe che la SIP aveva
sollecitato la sua iscrizione come corporazione, dando come sede
la città di Dover, contea del Kent (Delaware).
Lanz Duret allegò che "... la SIP andava a dipendere, a tutti gli
effetti giuridici e legali, dalle leggi nordamericane, smentendo
così la sua supposta indipendenza e violando nei fatti la
raccomandabile extraterritorialità che gli conferiva, per esempio,
una sede annuale mobile, distinta dalla nordamericana".
Ma la SIP sperimentò la prima grande denuncia internazionale, il
23 maggio 1959, quando in lettera pubblica al direttore della
rivista "Bohemia" Che Guevara qualificò di "miserabile gangster"
l'addetto della sezione internazionale:
"Succede — disse il Che — che Jules Dubois, l'United Fruit ed
altre compagnie frutticole, minerarie, del bestiame, telefoniche o
elettriche, in una parola sfruttatrici del popolo, hanno ordinato
scatenare la classica cortina di bugie salariate." Allora, Dubois
si mise in azione.
II
Formattata dai "padroni della stampa" (voce creata dal leggendario
investigatore statunitense George Seldes 1891-1995) la SIP da
mezzo secolo sta assolvendo, investigando o condannando che cosa
dobbiamo intendere per notizia, informazione, democrazia e libertà
di espressione.
Dopo il rumore e l' approvazione dell'intervento yankee in
Guatemala (1954) ed il rovesciamento, un anno dopo, di Perón, i
giornali affiliati alla SIP caricarono contro la Rivoluzione
cubana (1959). Nell' ottobre 1961, per esempio, Washington decise
che le relazioni del governo argentino con Cuba dovevano rompersi.
Rispettando il suggerimento, "La Nacion" di Buenos Aires, pubblicò
la foto di Jules Dubois (presidente della Commissione della
Libertà di Stampa della SIP) che esibiva alcuni misteriosi
documenti ottenuti surrettiziamente"... dall'ambasciata cubana in
Argentina". Arturo Frondizi (che non era "di sinistra", ma il
presidente di un paese sovrano) protestò davanti al segretario di
Stato, Dean Rusk, e qualificò la manovra come "grossolana
provocazione".
Rimproverato da Rusk, l'agente Dubois riconobbe la falsità. L' "etica
informativa" de "La Nacion" venne posta a nudo. Quarantaquattro
anni dopo, il presidente Néstor Kirchner manifestò in risposta
velata alle costanti pressioni del portavoce storico
dell'oligarchia argentina: "Non può essere che chi venga a dire
come funziona la libertà di stampa siano quelli che ammazzarono
per imporre le loro idee, assassinarono e sequestrarono"
(4/03/05).
Kirchner (che neanche è "di sinistra", ma governante di un paese
sovrano) andò ad ingrossare l'elenco capeggiato dai presidenti
Fidel Castro, Hugo Chávez ed Evo Morales, che felicemente non
capiscono il concetto di "libertà di stampa" della SIP.
Ma in giorni passati, quando Kirchner discusse le falsità di
Joaquín Morales Solá, (nave scuola del giornalismo canaglia)
commise un errore di date. Per che motivo. Lavandosi in acqua
santa, Morales Solá raddoppiò i suoi attacchi e scrisse: "Kirchner
capisce sole due classi di giornalismo: uno è l'incondizionato a
lui, per le ragioni che furono, ed il resto appartiene ad
un'opposizione che deve sparire" ("La Nacion", 1/10/06).
Cinicamente, Morales Solá associò il governante col nazista
Goebbels e suggerì ai suoi lettori di consultare "nelle
emeroteche" se avesse scritto un qualche cosa nella data citata
dal presidente. Aveva ragione: che tipo di consulente alle
comunicazione ha Kirchner? Altrimenti, avrebbe citato gli smisurati
elogi di Morales Solá al generale torturatore e genocida Antonio
D. Bussi, capo della quinta brigata dell'esercito nella provincia
di Tucumán (La Gaceta di Tucumán, 8/6/76).
Un altro capitolo del terrorismo informativo della SIP ebbe luogo
prima, durante e dopo il governo di Unità Popolare in Cile.
Secondo investigazioni del Senato degli Stati Uniti, il chiamata
Comitato dei 40 autorizzò la CIA ad un'operazione segreta di
propaganda, il 14 settembre 1970. Meno di una settimana dopo, la
SIP emise, a Washington, un comunicato che denunciava le minacce
alla "libertà di stampa" in Cile "... da parte dei comunisti e dei
suoi alleati marxisti". Porta voci? L'ineffabile quotidiano "El
Mercurio", diretto da Agustín Edwards, uno degli invitati di onore
alla 62° Conferenza della SIP che termina di svolgersi in
Messico.
Nel 1970, Edwards arrivò a Washington per cercare l'appoggio degli
Stati Uniti per un piano destinato ad impedire l'elezione di
Salvador Allende. Il 15 settembre, un giorno dopo che il Comitato
dei 40 diede la sua approvazione per la campagna antiallendista,
Edwards si riunì con Richard M. Helms, direttore della CIA.
Il 22 settembre, "El Mercurio" pubblicò un editoriale nel quale
sosteneva che "la sopravvivenza dei diritti individuali era la
questione più importante che doveva decidere il popolo cileno".
Secondo la relazione del Senato, gli agenti della CIA tra il
personale del giornale "... permisero all'ufficio di generare più
di un editoriale giornaliero, secondo i lineamenti fissati
dall'agenzia". Due giorni dopo, l'agenzia spagnola di notizie EFE
in Santiago inviò una nota in tutta l'America Latina, nella quale
informava della manifestazione antiallendista di un gruppo "... in
costante crescita": il gruppo fascista Patria e Libertà,
finanziato dalla CIA. In base alla relazione del Senato,
l'articolista Walter Pincus, del Washington Post, assicurò che EFE
riceveva un sussidio dalla CIA per le sue operazioni in America
Latina: 18 giornalisti cileni, sotto controllo diretto della CIA,
sistemati in importanti posti amministrativi nei mezzi
informativi.
D'altra parte, la CIA creava l'agenzia Latin stabilita,
teoricamente, da "13 giornali latinoamericani della SIP". Latino
contrattò con Reuters, agenzia di notizie britannica, affinché
amministrasse l'operazione. La CIA voleva avere un competitore
latinoamericano per l'agenzia cubana Prensa Latina. Secondo la
relazione del Senato, Latin trasmise 726 articoli, editoriali e
note del tipo "sottomarini sovietici di fronte alle coste del
Cile."
III
Ora non ci sono "sottomarini sovietici di fronte alle coste del
Cile" (come gli onorevoli quotidiani della SIP "informavano" negli
anni 1960 e 1970) né a Mosca i comunisti fanno colazione con
bambini importati dal Guatemala (come in quelli del 1940 e 1950).
Dichiarazioni come quella di Chapultepec sulla "libertà di
espressione" non permettono tale falsità. Sottoscritta dalla SIP,
nel 1994, e ratificata nella sua 62° Assemblea annuale che si
riunì,
due settimane fa, in Messico, la dichiarazione abbonda di principi
come quello n° 9 che dice: "la credibilità della stampa è legata
all'impegno con la verità, alla ricerca di precisione,
imparzialità ed equità, con una chiara differenziazione tra i
messaggi giornalistici e commerciali".
Fedele alla causa, "El Mercurio" di Santiago pubblicò allora un
esteso documento circa la "alleanza militare Chávez - Evo" (Morales).
Il quotidiano c'informa che "... Venezuela e Bolivia firmarono un
ampio ed ambiguo accordo per costruire più di 20 basi militari
alla frontiera che la Bolivia condivide con cinque paesi, tra
essi, il Cile" (8/10/06).
Questa volta il giornale omise riferirsi alla presenza di
sottomarini venezuelani di fronte alle coste della Bolivia, paese
che non ha mare... verità? tuttavia, i sagaci reporter mercuriani
appuntarono che un "esperto in intelligence" li avrebbe informati
circa la "... instabile situazione in Bolivia e, ovviamente,
Chávez vuole assicurarsi che Morales si mantengano al potere".
Senza esitazione, il Gruppo dei Giornali de Las Americas (GDA,
Miami, 1994) della SIP sventolavano simultaneamente un articolo
intitolato "Crisi e disunione in Bolivia". Pressioni al Governo
del Cile affinché ritiri il suo eventuale appoggio all'entrata del
Venezuela al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite? Il
volatile, classista e liberissimo concetto di "libertà" della SIP,
risulta tanto ampio che si adatta al preambolo della Dichiarazione
di Chapultepec: "la libertà è una" e, a volte, "multipla".
Nell' ottobre 2003, per esempio, l'allora consigliera per la
Sicurezza Nazionale Condoleezza Rice ordinava, via teleconferenza
all'Assemblea Generale della SIP, di appoggiare il governo
costituzionale di Gonzalo Sánchez de Losada che i boliviani
volevano dimissionare dopo l'assassinio di più di 80 persone a
causa della repressione poliziesca.
Ugualmente, nel marzo 2005, l'uruguaiano Danilo Arbilla (ex
presidente della SIP) accusò il Governo argentino "di maneggiare
la pubblicità in maniera selettiva". Gli suggeriva procedere come
il Governo del Cile, concedendo il 77% della pubblicità ufficiale
a "El Mercurio" ed ad altri mezzi del gruppo COPESA?
Arbilla disse che Kirchner trattava "con disprezzo il
giornalismo". Amnesia? Coautore del decreto che nel giugno 1973
proibì in Uruguay la divulgazione di ogni tipo di informazione
"... che possa perturbare la tranquillità e l'ordine pubblico"
(sic), Arbilla si distinse come capo della stampa del presidente
golpista Juan María Bordaberry: chiuse 173 mezzi di comunicazione,
sequestrò la rivista "El Correo" dell'Unesco e tacque il brutale
assassinio di Julio Castro, direttore di "Marcha".
Nella pagina Web della SIP raffigura una lirica introduzione alla
"Banca dati delle leggi della stampa" firmata da Arbilla. Il
prestanome cita John Locke e finisce con una frase di James
Madison: "È il popolo quello che può censurare e mai il governo
censurare il popolo". Arbilla conclude: "Ed effettivamente è così:
dove si è visto che i mandatari possano censurare i suoi
mandanti".
La SIP assicura stare contro le "azioni penali a giornalisti che
informando scoprano atti di corruzione" , come disse, un paio di
anni fa, l'argentino Ricardo E. Trotti (un altro dei suoi
dirigenti) nel Tecnologico di Monterrey. Bene. Ma omise il caso
del magnate Ramón Báez, della Repubblica Dominicana, padrone dei
quattro principali giornali, 70 stazioni di radio e tre
televisioni ed accusato di frode nei confronti di istituzioni
creditizie per un totale di 2800 milioni di dollari.
Dio li crea... ed il terrorista mediatico Carlos Alberto Montaner
li giustifica. Benché in varie occasioni, i padroni della SIP
hanno dovuto richiamare Montaner affinché nelle sue conferenze
moderi il suo servilismo nei confronti dei governi di Washington
ed una venalità che neppure le cluster bombs che distruggono
bunker sotto terra possono porre rimedio.
Ma alla SIP piace l' "etica" del Montaner e dei giornalisti
"indipendenti" che con fondi federali degli Stati Uniti difendono
la "libertà" a Cuba. E, con essi, il decadente olimpo di intellettuali
a contratto che secondo l'analista Hugo Pressman
consentono di essere violati nella supposizione che"...così si migliora
la sessualità ed autostima della vittima".
Nel decennio 1970 l'Unesco sostenne il diritto dei popoli
all'informazione. Soffocato dal potere mediatico globale, il
dibattito fu congelato. Oggi, la Commissione dei Diritti umani
dell'ONU studia l'impulso giuridico di un nuovo diritto: il
diritto alla verità. Un ideale completamente estraneo alla SIP il
cui proposito, come abbiamo visto, consiste nel domandare ai suoi
padroni che cosa deve informare.
(tratto da La Jornada)