Papà Raul? «Un uomo meraviglioso»

Parla Mariela Castro, sessuologa

 

 

 

| Avana 3 dicembre 2006 | C.Coronati|

 

 

Entro dicembre il parlamento cubano dovrebbe approvare un progetto di legge «d'avanguardia» che consentirà ai transessuali di cambiare sesso. E come tutta la sanità, anche l'operazione chirurgica e l'assistenza psicologica saranno gratuite. Poi pare che si comincerà a discutere sull'opportunità di legalizzare i matrimoni gay, ma soprattutto le unioni consensuali, che secondo le la mentalità e i costumi dell'isola, anche fra le coppie eterosessuali, sono molto più frequenti.
Il cambio d'identità sui documenti è da tempo possibile: se Mario (Mario come il personaggio della telenovela gay che ha appassionato e diviso l'isola) decide di chiamarsi Lola, basta che si rechi in circoscrizione con 4 foto recenti. Per il cambio di sesso vi è già la lista d'attesa come ci dice Wendy, la bionda receptionist in minigonna che ci accoglie al Cenesex (Centro nazionale di educazione sessuale) e che sarà tra i primi a sottoporvisi.
«Voglio portare la rivoluzione che mio zio Fidel e mio padre Raul fecero 47 anni fa sul terreno della sessualità», dichiara Mariela Castro Espìn, 43 anni, 3 figli, sessuologa, direttrice del Cenesex e principale promotrice del progetto di legge.
Incontriamo la figlia di Raul Castro e Vilma Espìn (la potente presidente della FMC, Federazione delle donne cubane), alla fine della giornata di lavoro nel giardino del suo ufficio all'Avana.


Le dispiace se prima parliamo un po' di suo padre?
Un padre meraviglioso, attivo, spiritoso, rispettoso, presente. Da piccola, pur essendo già ministro della difesa, mi accompagnava a scuola ogni mattina e assisteva alle riunioni con i maestri. Non parlo di lui sul piano politico, del quale peraltro io sono molto orgogliosa e convinta che saprà portare avanti gli obiettivi della rivoluzione, ma insisto che sul piano umano la sua allegria e la sua simpatia, i suoi scherzi e il suo affetto ci hanno sempre accompagnato. Nella vita pubblica appare assai riservato e schivo, ma in quella privata è un uomo molto diverso.


Tornando al suo lavoro, lei sta provando a rettificare uno dei più gravi errori commessi, almeno agli inizi, dalla rivoluzione guidata anche da suo padre contro gli omosessuali?
Sì, quello fu uno degli errori della rivoluzione, fine anni '60 e inizi dei '70. Anche se non fu tanto il frutto di una politica esplicita bensì di attitudini socio-culturali storiche derivate dalla nostra eredità culturale spagnola.


Parliamo di machismo?
Viene usato il termine machismo, ma si tratta di un fenomeno molto più complesso che fa sì che, anche a Cuba, la donna non venga considerata importante quanto l'uomo e gli omosessuali delle persone decenti. Più tardi gli errori furono superati, ma ciò non significa che i costumi, il modo di pensare omofobico e anche le discriminazioni rispetto alle donne siano stati cancellati dalle politiche che favoriscono l'equità di genere, l'uguaglianza dei diritti della donna, il rispetto dei diversi orientamenti sessuali. Anche se il superamento di questi problemi a livello politico e legislativo è un fatto, non vuol dire che i problemi siano risolti alla radice: c'è ancora molto lavoro da fare.


Se il parlamento approverà la sua legge, Cuba sarà all'avanguardia su queste tematiche non solo in America latina ma anche nel resto del mondo e in Europa. Più avanti della stessa Spagna di Zapatero...
Non mi interessano i paragoni. Io plaudo a tutto quello che viene fatto nel mondo per il bene di queste persone. Posso dire che noi abbiamo scelto di iniziare dai transessuali perché sono i più vulnerabili, hanno più necessità dal punto di vista della salute fisica e psicologica.


Lei ha detto che per portare avanti questa battaglia è stata decisiva la protesta di un paio d'anni fa proprio qui davanti al Cenesex di un gruppo di transessuali, dopo una reazione spropositata della polizia contro di loro, in due zone dell'Avana dove si riunivano e si prostituivano, di fronte alle lamentele della popolazione, dei turisti e della Gioventù comunista...
Sì, invece di cercare risposte più logiche, i compagni poliziotti arrestarono, in modo del tutto arbitrario, chiunque sembrasse un trans, gay o lesbica. L'indomani, una volta liberi, le vittime della retata vennero da noi ad esigere il rispetto dei loro diritti.