L'ingloriosa
storia di
un marinaio
americano
20 marzo 2006 - PL -
Sobri i marinai nordamericani sono pericolosi,
ubriachi insopportabili. Cuba che li ha conosciuti in entrambi gli stati ed ha
assistito all'inaudita esperienza di vederli profanare il suo simbolo più alto.
Nella notte dell’11 marzo 1949 uno di loro, ubriaco, si arrampicò sulla statua
di José Martí nel Parque Central ed orinò sull'apostolo dell'indipendenza
cubana.
Ai piedi del monumento, i suoi compagni di divertimenti ridevano, fino a che dai
bar confinanti, i cittadini cominciarono a lanciar loro bottiglie e bicchieri.
La polizia protesse i marinai e caricò i passanti che tentavano di saldar loro i
conti.
Un fotografo occasionale catturò la ripugnante scena e trasmise alla posterità
l'attestazione dei limiti ai quali possono arrivare i soldatini dell'impero. Il
giornale “All'erta” acquisì i negativi ed ebbe pressioni ed offerte affinché
consegnasse le foto.
Sabato 12 marzo il quotidiano “All'erta” commosse L'Avana con le grottesche
immagini di un marinaio americano, in completa uniforme ed assolutamente
ubriaco, che pisciava sulla statua di José Martí.
Benché
non fosse giorno di lezione, gli universitari diretti da Alfredo Guevara,
Baudilio Castellanos e Fidel Castro, dirigenti della Federazione Studentesca
Universitaria e Lionel Soto, Segretario Generale della Gioventù Socialista
nell'Università, organizzarono una mobilitazione per protestare e lapidare
l'ambasciata americana.
Su suggerimento di Fidel Castro, la manifestazione si diresse al Ministero del
Governo, dove egli stesso denunciò il ministro per la tolleranza mostrata
consegnando i marinai alla polizia militare del “Destroyer Rodman” al cui
equipaggio essi appartenevano.
Da parte sua, Alfredo Guevara riuscì ad introdursi nel Ministero di Stato dove
l'ambasciatore, Thomas Butler, accorse a presentare le scuse al governo cubano
che di certo non le aveva chieste e molto meno reclamate.
In mezzo alla pappardella dell'ambasciatore che senza parlare spagnolo né
ricordare di chi fosse la statua profanata , pretese di diminuire la colpa dei
militari ubriachi, ricordando quante cose avevano fatte i marinai nordamericani,
al comando di Teodoro Roosevelt, per l'indipendenza di Cuba, affermazione
energicamente rifiutata da Guevara.
La cittadinanza e le organizzazioni civiche, dirette dai lavoratori del
quotidiano che aveva rivelato l'ignominia, gli studenti universitari e diverse
organizzazioni civiche, si mobilitarono per risarcire José Martí, la cui statua
fu lavata, disinfettata e coperta di fiori.
Ufficialmente l'incidente fu archiviato, il “Destroyer Rodman” tolse le ancore.
Non ci fu protesta ufficiale. Il governo nordamericano non si diede per
informato. Non si seppe mai il nome del marinaio, perché non si fece nessun
verbale.
Il tempo passò ed i giovani che assunsero allora la difesa dell'onore
dell'apostolo dell'indipendenza di Cuba, comandati da Fidel Castro, fecero la
rivoluzione di cui quell'uomo, Josè Martì, anima visibile di Cuba, fu l'autore
intellettuale.
Ig/Jorge Gómez
Barata-preso da Argenpress
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