I
sospetti, recentemente rivelati, di Robert Kennedy sulla
partecipazione delle bande di origine cubana ed italiana, al servizio
della CIA, nell'assassinio di suo fratello, gettano nuova luce sulla
protezione della famiglia Bush al terrorista
Luis Posada Carriles.
Domenica scorsa il quotidiano Chicago Tribune ha rivelato che Robert F.
Kennedy sospettò — e cominciò ad investigare fin dal primo momento —, il
22 novembre 1963, che l'assassinio del Presidente fosse una cospirazione
di questi gruppi, perché conosceva meglio di tutti le motivazioni che li
muovevano, per aver lavorato con loro per abbattere Fidel Castro e
soffocare la Rivoluzione cubana, dopo il fiasco di Playa Girón, la Baia
dei Porci.
HA DOVUTO STARE IN SILENZIO
Le rivelazioni appaiono in un articolo di questo giornale, domenica 13
maggio, dello scrittore David Talbot, sul suo libro "Brothers: The Hidden
History of the Kennedy Years", pubblicato in questi giorni dalla famosa
editrice "Simón and Schuster".
Robert Kennedy aveva imparato che a Washington la cosa migliore,
quando
si lavorava su qualcosa di importante, era mantenere il segreto. Per
questo motivo non aveva toccato l'argomento per vari anni, dicendo in pubblico che
nulla avrebbe mai
fatto ritornare in vita suo fratello.
Ma, in realtà, da quello stesso
pomeriggio dell'assassinio, è possibile seguire la pista della sua
investigazione, poiché cominciò subito ad utilizzare freneticamente il
telefono dalla sua casa in Hickory Hill ed a convocare lì i suoi
principali aiutanti, per ricostruire i fili del crimine.
L'allora Segretario alla Giustizia concluse che il sentiero dell'attentato
portava ben lontano dall'ex marinaio Lee Harvey Oswald, che era stato già
arrestato. Così si trasformò segretamente nel primo — e più importante —
teorico della cospirazione assassina.
Lo scrittore racconta che fonti della CIA, dalle prime ore del crimine,
cominciarono a disseminare la proprio visione cospirativa con una messa a
fuoco
sulla defezione di Oswald verso l'Unione Sovietica ed il presunto appoggio
di Fidel Castro ad un gruppo segretamente organizzato
dalla Compagnia col codice segreto AMSPEL.
La detta Direzione
Studentesca diffuse una registrazione nella quale si diceva quello che
avevano fatto a Oswald, difendendo il leader cubano a New Orleans. Si
sosteneva che il presunto assassino aveva vincoli con il Comitato del
Giusto Trattamento per Cuba.
Ma Robert Kennedy non credette mai che l'assassinio fosse un complotto
comunista. Egli guardava in direzione opposta, concentrando i suoi
sospetti sulle segrete operazioni anti-Castro della CIA nel torbido basso
mondo in cui egli aveva navigato come uomo leader di suo fratello sul tema
di Cuba. Ironicamente, i sospetti di Robert nacquero
perchè lui aveva
svolto la parte del lavoro che gli era toccata: provocare il rovesciamento di Fidel Castro.
In questo compito che gli fu assegnato dal presidente Kennedy dopo la
fallita invasione, conobbe la cloaca di intrighi costituita dagli elementi
che partecipavano ai complotti per assassinare il Presidente di Cuba. Lo
colpì soprattutto il piano organizzato dalla CIA con la banda cubana e i
capi mafiosi italo-americani John Rossellli, Sam Giancana e Santos
Trafficante.
Questi ed altri padrini erano stati perseguiti con accanimento da Robert
Kennedy nei primi anni cinquanta, come consigliere del Comitato speciale
del Congresso che investigava sul crimine organizzato e nei suoi anni come Segretario
alla Giustizia nel Governo di suo fratello. Sapeva anche come i tre gruppi
odiavano e qualificavano come traditori i Kennedy, per la conclusione
della Baia dei porci nel 1961 e la Crisi dei Missili nel 1962.
IL SOSPETTO E SINISTRO MONDO DI MIAMI
Nel sinistro mondo di spie, di bande e di terroristi cubani di Miami,
Robert Kennedy accumulò rapidamente prove sui propri sospetti, da quel 22
novembre e negli anni successivi, sino al suo stesso assassinio, il 5
giugno del 1968. Egli riuscì a riunire un impressionante gruppo di prove
che avallavano le sue motivazioni.
Le prove più recenti apparse e rese evidenti anche dalle testimonianze nel
Congresso sono documenti del governo già non più segreti,
avallate dalla confessione-rivelazione della presunta spia, morta solo
quattro mesi fa, Howard Hunt. L’organizzatore degli "idraulici del
Watergate" ha ammesso nel suo libro postumo "American Spy", che la
Compagnia poteva essere coinvolta nell’assassinio presidenziale. In una
nota manoscritta e in una registrazione lasciata poco prima della morte,
Hunt ammette che nel 1963 aveva partecipato a una riunione dei membri
della CIA, in una casa di sicurezza di Miami, dove si era discusso un
attentato contro il Presidente Kennedy.
LA MAFIA DI CHICAGO E QUELLA DI MIAMI
La notte del omicidio, Robert Kennedy telefonò a Chicago a Julius
Draznin che era un esperto in corruzione nei sindacati, per domandargli su
una possibile connessione a Dallas con la Mafia. Chiamò anche il suo
investigatore stella della Segreteria alla Giustizia, Walter Sheridan, che si
trovava a Nashville in attesa del processo contro l'antica nemesi di Robert,
il dirigente dei camionisti, Jimmy Hoffa.
Se Kennedy aveva alcuni dubbi sulla partecipazione della Mafia nell'omicidio, li dissipò due giorni dopo, quando Jack Ruby sparò contro
Oswald nella cantina della stazione di polizia dove era incarcerato il
presunto assassino di suo fratello.
Sheridan gli forni rapidamente prova che Ruby era stato pagata a Chicago
da uno stretto socio di Hoffa, Allen M. Dorfman, consigliere capo del
Fondo di Ritiro dei Camionisti e figliastro di Paul Dorfman, dirigente
del lavoro e principale legame con la Mafia di Chicago.
Pochi giorni dopo, Draznin, uomo di Kennedy
dell'antico feudo di Al Capone, fornì più prove con una relazione completa circa i legami di Ruby con la Mafia.
Quando gli portarono la lista delle chiamate che Ruby aveva fatto nei
giorni dell'assassinio, disse al suo aiutante Frank Mankiewicz che la
lista sembrava:"Un duplicato di quelle della gente che io chiamavo per
testimoniare davanti al Comitato che investigava il crimine organizzato".
Riguardo alla CIA Robert sapeva che il direttore, John McCone, non la
controllava. Richard Helms era colui che stava a capo dell'Agenzia, commentò
con un altro aiutante, John Seigenthaler.
Lo stesso giorno 22 ebbe una rivelatrice conversazione con Enrique Ruiz
Williams, un amico, veterano dell'invasione della Baia dei Porci che
lasciò meravigliato quando gli disse:"Uno dei tuoi colleghi lo ha fatto!
La CIA e i gruppi cubani nemici di Castro stavano cercando di collegare
l’assassinio con il regime dell’Avana"
Per Williams era chiaro che Robert Kennedy non accettava la versione.
perché prove recenti suggerivano —
annota Talbot — che Robert aveva ascoltato il nome di Oswald molto tempo
prima che che apparisse in tutti i media del mondo e che
collegava quell'uomo con la guerra sotterranea del Governo nordamericano
contro Cuba. Col suo arresto a Dallas, apparentemente Kennedy comprese che
la campagna clandestina contro Castro si era trasformata in un boomerang
contro suo fratello.
Membri della famiglia ed anche intimi amici dicono che alla fine
di quella settimana dell'attentato, Robert cavillava
sulla morte del fratello. Disse quel giorno che John era stata vittima
di un potente complotto che era cresciuto al margine di una delle
operazioni segrete anti-Castro. Non si poteva fare niente a quel punto,
diceva, e la giustizia doveva aspettare che lui potesse andare alla Casa
Bianca.
Per anni Kennedy
offerse materiali di routine alla Relazione Warren e alla teoria del
tiratore unico, ma in privato continuò a lavorare accuratamente per
chiarire la morte di suo fratello, preparandosi a riaprire il caso quando
avesse il potere per farlo.
Lasciò il
Dipartimento di Giustizia nel 1964 e fu eletto nel Senato per New York.
Poi andò in Messico dove cercò informazioni su un misterioso viaggio di
Oswald nel settembre del 1963, due mesi prima del crimine.
Mankiewicz e lui
giunsero alla conclusione che probabilmente si era trattato di un
complotto che aveva vincolato la Mafia, gli esiliati cubani e la stessa
CIA. Nel marzo del 1968, durante la sua campagna come candidato alla
presidenza, partecipò a un tumultuoso incontro con gli studenti a
Nortridge, in California, che gli chiesero chi aveva ucciso il presidente
e che si aprissero gli archivi.
Robert sapeva che se
avesse parlato, il tema avrebbe dominato la campagna invece di altri
importanti come il Vietnam o la segregazione razziale nel paese. ma egli
parlava sempre con gli studenti con sorprendente sincerità e lasciò
stupefatto Mankiewicz rispondendo che, senza dubbio, avrebbe riaperto il
caso. "Nessuno è più interessato di me", disse.
UN'ALTRA VOLTA LA CIA
Forse stava firmando la sua sentenza di morte. Due mesi dopo, cadrà
anch'egli assassinato.
E' stato recentemente scoperto che il gruppo di ufficiale CIA sospettato
dell'assassinio del Presidente, era presente,
al di fuori delle
funzioni di lavoro,
nell'
hotel dove fu assassinato Robert, il candidato sicuro di ottenere la
presidenza.
Quando si ricorda che l'ufficiale addetto al lavoro sporco contro Cuba fu,
per lungo tempo, George Bush padre; quando si ricorda che Bush padre era
il vicepresidente all'epoca dello scandaloso traffico di armi con
droga in America Centrale, di ciò che sa il terrorista reo confesso e
latitante alla giustizia Posada Carriles; quando si ricordano tanti altri
inconfessabili crimini della banda del CIA-GATE, si capisce meglio perché
Luis Posada Carriles - anche lui sospettato per l'assassinio Kennedy, che
quel giorno era a Dallas come segnalato dalla Relazione del Congresso
che ha svolto le investigazioni - possa ricattare George Bush figlio.
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