Un vuoto che può essere

riempito solo da tutti

 

  www. resistenze.org 28 giugno 2006 - J.R.F.Corzo www.revistasudestada.com.ar n 49

 

Nel suo discorso il cancelliere cubano Felipe Perez Roque dinanzi all'Assemblea Nazionale del Potere Popolare nel dicembre 2005, riferendosi al momento in cui non si potrà più contare sulla leadership storica della rivoluzione, caratterizzava tale situazione come un "buco" che nessuno può riempire e che tenteremo di riempire fra noi tutti come popolo.

L'eccezionale ruolo avuto da Fidel Castro nel processo rivoluzionario cubano è indubitabile. È certo che un tale risultato sarebbe stato impossibile senza l'appoggio incondizionato della maggioranza dei cubani. Ciò non nega l'inestimabile funzione che egli ha rivestito: il fatto di essere stati fortunati testimoni di tutto, non ci dà la sicurezza per pensare che qualcosa di simile possa accadere in qualsiasi momento e ancora meno nel preciso istante della storia nel quale un simile individuo, per legge naturale, debba essere sostituito.

 

Dobbiamo riconoscere che la principale opera della Rivoluzione è l'essere umano che è stata capace di creare. La capacità singolare di Fidel si è moltiplicata però non in un uomo in particolare, bensì in tutto un popolo.

 

La necessità ravvisata da Felipe, ha quindi un suo adeguato complemento nell'esistenza di un popolo colto e rivoluzionario capace di assumere la responsabilità di sostituire il suo leader. Queste sono le importanti premesse affinché questo proposito si compia. Ma Cuba è mentalmente e strutturalmente preparata per questa transizione?

 

Sembra che la risposta sia allo stesso tempo si e no. Non c'è dubbio che il bene chiamato Potere Popolare sia già attualmente una struttura che permette l'ampia partecipazione del popolo all'esercizio del potere. È difficile incontrare qualcosa di simile in qualsiasi altro posto del mondo. Ancor meno è osservare da un'altra parte tanto protagonismo coscientemente assunto da parte del popolo nello sviluppo degli obiettivi di lotta che hanno marcato il ritmo della rivoluzione in ogni tappa.

 

Senza dubbio l’impronta sebbene riconoscibile, nel processo cubano della Istituzionalità tipica del cosiddetto “socialismo reale”, basata su meccanismi tecnocratici e con un esacerbato numero di funzionari e burocrati rendono ancora le strutture cubane non idonee a tale transizione. Il processo di rettifica degli errori, nato a metà degli anni 80’, non è riuscito ancora a superare del tutto questa situazione.

 

A ciò si è accompagnata una certa passività mentale da parte di funzionari, di specialisti e dalla popolazione in generale nel momento di pensare con la testa propria e di incorporare proprie proposte e di prendere decisioni strategiche fondamentali. Lo stesso Fidel ha richiamato l’attenzione su questo, come quando menzionò il timido risultato raggiunto dagli economisti nel ricercare i cambiamenti necessari all’industria zuccheriera

 

Questo e molti altri problemi sono stati individuati per fortuna, da Fidel, e sotto la sua direzione si è cercato di porvi rimedio. Però quali garanzie esistono che, date le attuali strutture mentali e istituzionali, qualcuno possa, dotato pure di non poche qualità, supplire con l’efficacia necessaria a questa pluralità di funzioni essenziali che Fidel ha racchiuso in sè? La possibilità che non riesca è reale e il pericolo che ciò comporta è immediato. Non possono essere, in questo senso, più eloquenti le parole del leader massimo della Rivoluzione quando recentemente ha detto: “È tremendo il potere che ha un dirigente quando gode della fiducia delle masse (…) E sono terribili le conseguenze di un errore di coloro che hanno più autorità, e questo è successo più di una volta nei processi rivoluzionari.”

 

Si rende allora necessario creare da subito un antidoto perchè queste “terribili conseguenze” non abbiano mai luogo a Cuba. Ciò presuppone un’importante componente educativo per attivare di più il pensiero propositivo dalle basi sociali e anche il perfezionamento strutturale della società cubana, che permetta che le proposte vengano realizzate realmente.

 

Il socialismo cubano con i suoi successi ed anche con le sue incertezze, deve trovare propri meccanismi di autocorrezione che, per quanto più remota appaia ora questa possibilità, evitino in tempo cambiamenti di viaggio inconsulti. A questo ci obbliga la amara esperienza recente di rivoluzioni frustrate.

 
 

*È ricercatore titolare dell’Istituto di Filosofia, Facoltà dell’Avana,e professore ricercatore titolare alla Facoltà di Filosofia dell’Università Autonoma di Puebla.

 

Traduzione dallo spagnolo di Paolo Teobaldelli per resistenze.org