29 luglio 2006 - N.L.Cotayo, J.M.Blandino www.granma.cu

 


 Terroristi in

"Candela"

Il Piano Patty della CIA puntava ad assassinare
, il 26 luglio 1961, Fidel, Raúl e molti altri dirigenti, compresi soldati nordamericani. La Sicurezza cubana l'impedì risolvendo il Caso Candela.

 

Omaggio alle vittime cubane del terrorismo

 

L' 11 agosto 1961, il periodico Sierra Maestra, organo della Rivoluzione nella provincia di Oriente, pubblicava un commovente reportage che denunciava la partecipazione del governo degli Stati Uniti, in particolare la Base Navale yankee di Guantanamo, in un vasto piano terroristico diretto a distruggere il processo rivoluzionario cubano. Il giorno dopo i giornali Hoy e Rivolucion, principali quotidiani di allora,  informavano ampiamente  sul tema e  anche tutta la stampa nazionale e straniera non subordinata all'impero nordamericano.

Tuttavia, la discrezione che impongono questi casi ha impedito menzionare determinati aspetti dell'estesa cospirazione controrivoluzionaria, specialmente quelli riferiti al lavoro degli Organi di Sicurezza dello Stato. Nel 45esimo anniversario della vittoriosa conclusione del caso Candela, Granma pubblica elementi fino ad ora inediti, come modesto riconoscimento agli anonimi protagonisti di quella battaglia. Di vari di essi, perfino oggi, é solo possibile divulgare i loro nomi di battaglia.
 


L'IMPERO TENTA LA RIVINCITA
 


Correva la fine del mese di aprile 1961, pochi giorni dopo la vittoria di Playa Girón, e distruggere la Rivoluzione continuava ad essere un'ossessione per le autorità degli Stati Uniti.

Ansiose di prendersi una rivincita ma contemporaneamente coscienti dell'appoggio popolare al Governo cubano valutarono, tra le prime alternative, l'assassinio delle sue principali figure, come passo iniziale per sommergere l'Isola nel caos generalizzato e facilitare l'invasione delle forze armate nordamericane. A tal fine non esitarono a promuovere attentati contro la vita dei propri soldati.

L'Operazione Patty è uno dei primi e più pericolosi tentativi diretti a questo scopo. Di ciò rimane prova in numerosi documenti dell'epoca, come i verbali dei quali trascriviamo un frammento:

"Nell'Ufficio Giuridico del Dipartimento di Sicurezza dello Stato, situata in Quinta e 14, Miramar, si presenta davanti al capo della stessa l'agente Lorenzo Hernando Caldeiro, le cui generalità constano nel suo incartamento personale, che testimonia che nel marzo 1961, Ernesto Pujals Mederos (Ernesto) preparò le condizioni per ricevere tre operatori radio addestrati dalla CIA che entrarono clandestinamente nel paese dalla provincia di Camagüey. Che quello assegnato a Pujals si rifugiò, poco dopo, in un'ambasciata, per cui questi sollecitò i servizi di José García Rubio (Tony).

"Dopo la sconfitta sofferta dagli Stati Uniti a Playa Girón, Pujals divenne uno dei principali agenti della CIA in Cuba, insieme a Alfredo Izaguirre de la Riva (Tito) ed Octavio Barroso Gómez (Cesar). I tre si proposero di creare una struttura che facilitasse canalizzare le risorse somministrate dal governo nordamericano. Per questo tennero riunioni con altri dirigenti controrivoluzionari in luoghi pubblici come 23 e 12, 23 e L, eccetera. In una di esse si discusse il piano per effettuare un'azione il 26 Luglio 1961".

A metà di maggio, Izaguirre si reca legalmente a Miami per conoscere di prima mano i nuovi piani e trova la controrivoluzione demoralizzata. Tiene contatti con ufficiali della CIA e viene a conoscenza di progetti per seminare mine in porti cubani, occupare un isolotto vicino all'Isola e continuare le spedizioni di armi. Tutto è subordinato alle decisioni della Casa Bianca.
 


CANDELA CONTRO PATTY
 


Izaguirre è chiamato a Washington, davanti alla Commissione Taylor, che investiga le cause del "fallimento della Baia dei Porci". Come narrò dopo, lì gli dicono che si tolga della testa l'idea che vengono i marines "in freddo". Da questa e da posteriori conversazioni, deduce che lo si invita a commettere attentati contro Fidel e Raúl, realizzare altri atti di terrorismo e perfino simulare un attacco dell'Esercito cubano alla Base Navale di Guantanamo. Ritorna a Cuba convinto di sapere i desideri dei suoi capi e disposto a soddisfarli.

L' 8 giugno si riunisce, nel suo appartamento dell'edificio Focsa, con altri capoccia controrivoluzionari: si pone in attuazione l'Operazione Patty. Nessuno di essi sospetto che, dopo poche ore, il Comandante Ramiro Valdés Menéndez, a capo dell' appena creato Ministero dell'Interno,  conoscerà ciò che lì si é trattato. Il tenente colonello (R) della Sicurezza dello Stato Israel Behar Dueñas ci racconta come ciò fu possibile:

"Per fortuna, invitarono a cospirare uno degli ufficiali della Marina da Guerra che subì la prigione per opporsi alla tirannia di Batista e che supponevano scontento per essere stato designato amministratore di una piccola fabbrica. Il compagno informa Ramiro che l'orienta nel continuare ad andare avanti. Così nasce l'agente Savú, il principale del caso Candela.

"Gli è indicato non solo di accettare la proposta, bensì dire che conta su altri disposti a cospirare. Così, sotto la direzione di Piñeiro, si cerca un combattente della clandestinità che si faccia passare per deluso dalla Rivoluzione ed altri sullo stesso stile. Savú presenta un capitano della Polizia del Fisco, un tenente della Milizia, per un totale di 15. Diventa qualcuno importante tra questi tipi che dicono avere 200 uomini o più, benché la maggioranza conta solo sulla loro donna, un nipote e basta.

"Ramiro mi comunicò che ero l'ufficiale del caso. Allora Piñeiro mi portò a casa di Savù, ci presenta ed incominciamo a lavorare. Non era la mia funzione abituale, perché in marzo di quell'anno era stato nominato Capo degli Agenti, nonostante la mio poca esperienza come molti altri giovani che stavano lì. Nonostante tutto ogni ufficiale trattava 20 o 25 casi; si lavorava in media 16 ore al giorno, finire presto voleva dire andare via alle dieci di notte.

"Inoltre l'equipaggiamento che avevamo era minimo. Le foto di quella gente riunita in 23 e 12 le prendemmo con una macchina fotografica segreta che per fortuna c'era arrivata poco prima dall'Unione Sovietica, senza quasi toglierle la neve. Sapete come era? In uno dei bottoni di uno speciale paltó, cioè, di un soprabito, si operava con le mani dentro le tasche. Si immagina lei un tipo a Cuba con un soprabito in piena estate?"
 


IL NEMICO MIRA VERSO L'EST
 


Il piano organizzato in Oriente consisteva nello sparare
contro il Comandante Raúl Castro con una mitragliatrice calibro 30, da una casa vicina alla tribuna,  quando questi avesse iniziato il suo discorso durante la cerimonia del 26 di luglio nello stadio "Antonio Maceo" di Santiago di Cuba. Per assicurare la ritirata, due controrivoluzionari avrebbero lanciato granate verso la tribuna ed altri due avrebbero sparato varie raffiche contro il pubblico.

Se non si fosse raggiunto l'obiettivo di uccidere Raul, supponendo che questi si sarebbe immediatamente diretto verso L'Avana ad informare Fidel su quanto successo, si progettava un'imboscata di sei uomini con mitragliette M-3, alla biforcazione delle strade dell'aeroporto e del Morro. Sapevano che in quel posto, per le caratteristiche della via, la velocità degli automezzi doveva obbligatoriamente diminuire e pertanto la scelsero per realizzare un secondo attentato, se necessario.

Simultaneamente pianificarono attaccare, con un mortaio
e con un cannone senza rinculo, la raffineria di petrolio "Hermanos Díaz", in Santiago di Cuba, ed un'ora dopo fare fuoco, dall'azienda agricola El Cuero, contro la Base Navale di Guantanamo  ubicata a poco più di un chilometro ad ovest di detta installazione; con almeno quattro mortai che avrebbero dovuto sparare sei obici ognuno. Allo stesso tempo si proponevano tirare cinque volte, con un altro mortaio, contro una batteria di artiglieria cubana ubicata lì vicino, in modo che ambedue le basi respingessero la supposta reciproca aggressione.

Sapevano che il massacro che si proponevano realizzare nello stadio di Santiago sarebbe stato visto in tutto il paese e avrebbe provocato una gran commozione nazionale, perché la cerimonia, come è abituale in questi casi, sarebbe stata trasmessa dal vivo per televisione.

La CIA si sarebbe incaricata di preparare e diffondere nel mondo la sua versione degli avvenimenti, secondo la quale i capi cubani, accecati dall'assassinio di Raúl, avevano ordinato di attaccare la Base Navale. Contemporaneamente, azioni terroriste in altre province avrebbero fatto sì che ciò sembrasse un'insurrezione generalizzata. Era il pretesto tanto cercato, da parte delle forze armate degli Stati Uniti, per l'aggressione militare diretta contro Cuba.

Tra le proposte che sorsero, c'era quella di realizzare, quello stesso giorno 26, un attentato contro la vita del Comandante in Capo, durante l'atto nella Piazza della Rivoluzione capitolina, e per questo dissero di poter contare su un mortaio da 82 millimetri. Il gruppo di Las Villas si incaricava di realizzare attentati contro le autorità della provincia, far saltare ponti ed attaccare installazioni pubbliche. Impegni simili furono presi dai controrivoluzionari di Camagüey. Una relazione redatta dal Dipartimento di Sicurezza dello Stato racconta ciò che segue:

"Pedro Monterrey (Perucho) sostituisce in Oriente l'agente della CIA José A. Rosabal Rosabal (
El Zorro o El Viejo) che si trova rifugiato nella Base Navale di Guantánamo. Monterrey, al sapere dei piani dall'agente della CIA che è arrivato da L'Avana per viabilizzarlo, mobilita gli elementi coi quali mantiene relazioni e lo comunica a Rosabal che accetta far parte della cospirazione ed offre portare le armi promesse dai capi della Base Navale".

Al riguardo 
Behar aggiunge:

"Poiché Santiago di Cuba e Guantanamo avevano il peso principale delle azioni, inviarono là  Dolan, anche conosciuto come "Comandante Ramos", per coordinare i piani. Ma egli era in realtà un uomo di Savú, un agente della Sicurezza".

Il supposto "Comandante Ramos", prima di stabilire contatto coi contrarivoluzionari, lo fa col capitano Joaquín Méndez Cominches, capo della Sicurezza dello Stato in Oriente. Su ciò ci parla l'allora coordinatore provinciale del Controspionaggio, capitano (R) Luis Felipe Gutiérrez Sánchez:

"Il mio capo, José García, che tutti conoscono per Pepe, mi dice che, per ordine di Méndez Cominches, devo designare due agenti affinché lavorino col compagno arrivato da L'Avana. Do il compito a "El Negro" e "Luis Rodríguez".

 

Dopo continua aiutandoci l'attuale generale di brigata Pedro Pupo Pérez.

"El Negro e Luis hanno relazioni con un disegnatore che collabora con la controrivoluzione, e propongono che questo faccia degli schemi delle azioni previste nello stadio, l'aeroporto e la Base Navale di Guantánamo. Così riusciamo a conoscere con precisione detti piani".

Inoltre questi compagni s'ingegnano per essere selezionati come armieri della mitragliatrice che dovrebbe sparare contro Raúl il 26 di luglio.
 

TORRENTE DI ARMI YANKEE
 


Ha inizio quello che la Sicurezza dello Stato orientale denomina caso Vedado a cui partecipano inoltre altri agenti di Santiago, tra essi il conosciuto "Salvador". Subito notarono che la Base Navale nordamericana stava consegnando grandi quantità di armi
, che si trovavano nascoste in diversi luoghi, alle organizzazioni controrivoluzionarie.

Sapevano che per ordine della CIA detto armamento non poteva essere utilizzato in azioni sporadiche ed era necessario averle sotto controllo. Lavorarono rapidamente nell'ubicazione di questi mezzi e  riuscirono
perfino a trasportare parte di esse in posti scelti dalla Sicurezza dello Stato. Lo fece, in Guantánamo, anche l'agente "Silverio", designato da prima per indagare sul caso La Dolorita. Ignorava che lavora con tre compagni che per lui erano connotati controrivoluzionari.

 

Behar ricorda quei giorni:

"Il
'Comandante Ramos', per la controrivoluzione, a forza di smargiassate, praticamente si fa capo del gruppo di Santiago ed inoltre preme su Rosabal, l'agente della CIA nascosto nella Base, affinché esca o lo detronizza".

Rosabal coordinava col capo della Base, capitano di vascello Cael B. Schenweiss, e col servizio di Spionaggio Navale, l'operazione di fornitura di armi. Questa volta non si sarebbe eseguito via marittima, come in occasioni anteriori, bensì attraverso il vicino filo spinato che costeggia l'installazione all'est, in un posto molto poco transitato e di difficile accesso. Il  pomeriggio della data concordata, 17 Luglio, stanno sulla spiaggia Tortuguilla, pronti per partire verso il punto indicato, una jeep ed un camion carico di sabbia dove si sarebbero occultate le armi. Ma tutto si pospone al giorno dopo.

A mezzogiorno del 18 luglio ripetono l'operazione. Quando arrivarono al posto concordato le armi erano già state trasportate in territorio cubano. Lì stava il sergente Smith, delle forze armate nordamericane, ed un gruppo di controrivoluzionari, tra essi Rosabal. Parte del carico é posizionato al centro del camion e coperto con sabbia. Il resto l'occultano nella sterpaglia per trasportarlo posteriormente, perché in totale sono più di due tonnellate di materiale da guerra.

I cinque controrivoluzionari vanno col loro mortifero carico verso l'azienda La Perla, in Alto Songo, dove lo mascherano sotto la stessa sabbia che hanno trasportato. Rosabal li accompagna nel viaggio e decide di rimanere lì fino a che si completi il trasloco.

Il giorno dopo si ripete l'operazione. Questa volta, oltre all'appoggio a terra di militari nordamericani e controrivoluzionari, ospitati nella Base, partecipa anche un elicottero di questa installazione navale il cui equipaggio alla partenza li saluta.
 


UN NUOVO PERICOLO FA VARIARE I PIANI
 


I ricordi del compagno Behar ci trasportano in quei momenti di forte tensione:

"La situazione ci portò a pensare che dovevamo liquidare l'operazione. Perché non si ha un caso tanto per averlo, neppure per ottenere informazione, bensì per evitare l'attività del nemico. Ed in questo
stava in gioco, nient'altro e niente meno,  la vita di Raúl.

"Ma succede qualcosa che fa cambiare i piani. Il nostro principale agente che aveva indicazioni di porre speciale attenzione alle comunicazioni del marconista, mi porta la copia di un messaggio dove dice che alla Base aerea di San Antonio de los Banos quello stesso giorno sono arrivati otto contenitori con
'tabacchi' e non so quanti con ali. Informo immediatamente Ramiro e si verifica che l'informazione è esatta, che si tratta di aeroplani Mig-15. Ignoriamo la via per la quale hanno ottenuto quell'informazione e si decide di proporre a Raúl di non fermare ancora nessuno e continuare investigando.

"Mi tocca andare a Santiago. Mi intervisto in primo luogo con l'ufficiale che attende al caso e con Méndez Cominches, che quella stessa mattina mi porta a casa di Raúl. La conversazione fu così:

"— Avete analizzato bene il problema?

"— Sì.

"— La direzione della Rivoluzione sa questo?

"— Sì.

"— Avete tutto garantito?

"— Sì. Guardi, la casa la cercarono loro ma l'abbiamo controllata e anche l'arma; gli uomini che sparano con la mitragliatrice sono gente nostra.

"— Sta bene, non ci sono problemi, vi autorizzo a proseguire l'investigazione, ma vi avverto di una cosa: se incominciano gli spari, io non mi butto al suolo in mezzo all'atto.

"Mi ricordo perfettamente queste parole. Non si tratta di una conversazione qualsiasi, è la prima volta che parlai con Raúl. Ritorno con la notizia e continuiamo a lavorare ancora più intensamente."
 


IL POPOLO SCOPRE IL NEMICO
 


I controrivoluzionari arrivano senza novità all'azienda La Perla. Ciò nonostante, una cederista, vicina del posto, nota qualcosa di strano ed informa subito il capo del posto di polizia in Alto Songo, che invia un veicolo con quattro miliziani.

Il fratello del padrone della proprietà li vedi avvicinarsi ed avvisa i cospiratori. Il camion con le armi si ritira rapidamente per un'altra strada mentre la jeep rimane lì per depistare. Nonostante ciò i miliziani decidono di perquisirla, trovano una scatola di pallottole e fermano uno dei suoi occupanti, perché l'altro era fuggito verso Guantánamo. Dopo minuziosi controlli scoprono entrambe le armi di contrabbando in questa ed in un'altra azienda vicina. Rosabal riesce a sfuggire verso Santiago di Cuba, dove è arrestato poco dopo. Behar ci dice al riguardo:

"Tutto successe senza nessun avviso, non avevamo informazione di quanto accaduto. E davanti a questo fatto fortuito si decise di operare immediatamente. Izaguirre lo fermammo nella cantina del Focsa quando andava a prendere la sua auto; e tanta fu la premura che il compagno che andò ad arrestarlo non notò che era disarmato ed invece Izaguirre aveva una pistola, per fortuna non fece la minima resistenza. Non sapevamo neppure che andava ad un incontro concordato col marconista. Questo era un tipo ben addestrato dalla CIA, notata la situazione riuscì a rifugiarsi in un'ambasciata.

"Quel giorno ed i seguenti la maggior parte degli implicati furono catturati, qualcosa di molto difficile perché disponevamo di pochi compagni. Fortunatamente avevamo già scoperto chi offrì informazioni sugli aeroplani ed i suoi complici e tutti furono catturati lo stesso giorno 19.

"Dei principali cospiratori in l'Avana  mancava solo un certo Cesar — del quale non avevamo che una descrizione di Savú — e Pujals che si era recato, legalmente
il 12 luglio, negli Stati Uniti. Benché non pensavamo che ritornasse, si attuò una discreta vigilanza alla casa dei suoi parenti, e lì, dopo varie settimane, per nostra fortuna lo sorprendemmo niente meno che con Octavio Barroso, il famoso Cesar".

In Las Villas, Camagüey e particolarmente in Santiago e Guantanamo, dove stavano la maggior parte di quelli implicatati, bisognava agire con la celerità che il momento esigeva. Così lo ricorda il generale di brigata (r) Abel M. Guevara Heredia:

"Allora io appartenevo alle Operazioni della Direzione Provinciale della Sicurezza dello Stato in Santiago. Si fece una gran quantità di arresti lavorando nei giorni seguenti tutte le 24 ore, sotto gli ordini diretti di Méndez Cominches.

"Oltre alle armi di Songo, si trovano molte altre. In casa di 'La Curita', uno dei cospiratori più eccellenti, trovammo vari M-3, due bazooka e molti altri mezzi; quel posto si trova a cento metri dallo stadio dove era previsto realizzare l'atto. Negli interrogatori si seppe che tra i piani di questi individui c'era, una volta che avessero trionfato, assassinare tutti i rivoluzionari di Santiago. Non so come pensavano di fare per ammazzarne centinaia di migliaia".

Nella mente di Luis Felipe Gutiérrez rimane un fatto specialmente paradossale:

"Per tutto ciò che stava accadendo, la polizia, le milizie ed il popolo in generale stavano sul chi vive, tutto il mondo attento a qualunque segno sospetto, e la nostra gente aveva molte armi conservate, di quelle raccolte ai controrivoluzionari. Ci preoccupava che qualcuno scoprisse uno di questi nascondigli, avremmo perso la casa ed inoltre si sarebbe creata una situazione difficile per uno o più agenti.

Si decide di caricare tutto su un camion e lasciarlo 'abbandonato' nella strada per Siboney, di fronte alla guardiola di un centro di lavoro. I nostri compagni rimangono nascosti vicino, vigilando, fino a che il custode scopre il carico, avvisa la polizia e tutto quello rimane a buon rendere".
 


LA "MORTE" DEL COMANDANTE RAMOS
 


Il giorno 20 luglio, tre individui sequestrano a punta di pistola un'imbarcazione nel porto di Santiago di Cuba. I proprietari denunciano immediatamente il fatto, la Polizia Marittima inizia l'inseguimento ed aprendo il fuoco fa a pezzi la lancia. Su questi fatti ci parla il tenente colonnello (r) Mario Jiménez Mondelo.

"Poiché avevo un fisico simile al 'Comandante Ramos', Méndez decise che io occupassi il posto di questo supposto capoccia durante l'esecuzione del piano per farlo sparire senza lasciare traccia. Non fu facile, perché la gente del quartiere ci rincorse con brutte intenzioni per evitare che ci portassimo via la barca ed io non riuscii inizialmente a strapparla".

I supposti controrivoluzionari arrivarono sani e salvi all'altra riva dove li aspettavano i loro compagni. Mentre, colui che fino a quel momento era il "Comandante Ramos" ritornava a L'Avana. Nel veicolo che  fu lasciato abbandonato al sequestro della lancia, si trovavano numerosi documenti consegnati, a questo agente dalla Sicurezza, da coloro che si credevano i suoi capi. Tra essi c'era una copia del "Piano di Azione Immediata", come
era anche  conosciuta l'Operazione Patty. Con tante contundenti prove, il nostro paese denunciava, un'altra volta, pubblicamente la partecipazione della CIA, lo Spionaggio Navale ed il Pentagono nei criminali piani contro Cuba.
 


UNA BATTAGLIA CHE SI ESTENDE FINO AL PRESENTE
 


Pujals stava negli Stati Uniti quando la CIA si accorse del roboante fallimento dell'Operazione Patty e della cattura di alcuni dei suoi principali agenti a Cuba. Gli fu allora ordinato di ritornare immediatamente nell'Isola per lavorare nell'Operazione Liborio, un nuovo piano di attentati contro la vita del nostro Comandante in Capo. Erano lontani dall' immaginare che li aspetta un altro sonoro fiasco.

Tanti fallimenti portarono i servizi speciali degli Stati Uniti a convincersi che la controrivoluzione interna era molto infiltrata dalla Sicurezza cubana. Davanti a questa realtà optarono per organizzare direttamente i banditi controrivoluzionari mediante agenti infiltrati. Nella provincia di Oriente continuò, svolgendo un ruolo da protagonista in queste azioni, il Servizio di Spionaggio Navale, dalla Base di Guantánamo.

In questa storia che supera già i 45 anni, i falchi imperiali esibiscono un grosso inventario di fallimenti. Se persistono — come minacciano — nel continuare ad inciampare nella stessa pietra, torneranno a portare i ricordi dell'Operazione Patty che finì fulminata dalla sua controparte Candela, ma ora moltiplicata per l'azione di un popolo più rivoluzionario, colto, ben armato e forgiato in mille battaglie.