I
profondi, e nefasti,
cambiamenti nella geopolitica mondiale prodotti dall’amministrazione Bush
in questi ultimi anni avrebbero dovuto portare l’inquilino della Casa
bianca a rivedere la strategia statunitense per il futuro. Questo è quello
che si sarebbero aspettati molti milioni di esseri umani che in questi
anni hanno duramente sofferto per le decisioni unilaterali del presidente
statunitense. Invece, Bush conferma, aggiornandola, la sua strategia della
“guerra preventiva” per la sicurezza nazionale degli Usa.
A molti osservatori di cose internazionali questa scelta non è arrivata
inaspettata, anche se la sua gravità non è per questo meno forte. In
questa sede vogliamo però ragionare di come Cuba sia sempre al centro
dell’attenzione ossessiva, maniacale, dell’amministrazione statunitense.
Anche per Cuba la conferma di essere all’interno dell’Asse del Male
statunitense non è giunta inaspettata, ovviamente non per le bugie che
Bush adduce. Infatti, per chiunque abbia avuto modo di recarsi a Cuba, e
per chi non si rifiuta di ragionare in modo non pregiudiziale nei
confronti del governo cubano, non sfugge che i diritti fondamentali di
ogni essere umano sono ampiamente garantiti e sostenuti dal governo
rivoluzionario. Poi si ricorre ai cosiddetti “dissidenti”, per i quali si
dice che il governo di Fidel Castro rende impossibile la vita, soprattutto
nell’esercizio della loro “dissidenza”. In realtà le cose stanno molto
diversamente. Molti di questi “dissidenti” (anche se il numero complessivo
della “dissidenza” è molto esiguo) per loro stessa ammissione sono sul
libro paga della Cia, non ultimi coloro che, con il consenso del governo
cubano, posero in essere, non molto tempo fa, un loro convegno, con oltre
100 giornalisti di tutto il mondo a seguire i lavori, e molto sostenuto in
Italia anche da una parte della sinistra. Proprio quel convegno a cui una
parte considerevole dell’opposizione interna al governo guidato da Fidel
Castro, evidentemente molto più coerente di tanta sinistra nostrana,
rifiutò di parteciparvi perché la commistione con l’imperialismo
statunitense e l’evidente svendita della propria nazione ai dollari a
stelle e strisce era troppo palese e la collaborazione con la Cia
formalmente dichiarata.
La scelta di Bush, dunque, non coglie impreparata Cuba e molti osservatori
internazionali. Infatti, da molto tempo Bush ha ripreso un’attività molto
forte nei confronti dell’isola caraibica al fine di cercare di
destabilizzarla attraverso qualsiasi mezzo ed espediente. Tutti noi
ricordiamo il voluminoso documento di 500 pagine nel quale
l’amministrazione statunitense ha messo nero su bianco come dovrà (dal
loro punto di vista) essere la cosiddetta transizione democratica a Cuba.
Un documento “agghiacciante” per chiunque abbia ancora un minimo senso del
rispetto del diritto internazionale e del diritto innato di ogni popolo
alla propria autodeterminazione. Con quel documento, invece, gli Usa
ripropongono, aggiornandola, la loro strategia di affossare illegalmente
la Repubblica cubana, nata dalla Rivoluzione del 1959.
Niente di nuovo verrebbe da dire, infatti è dal 1959 che gli Usa tentano
di affossare l’esperienza cubana. Mentre, invece, c’è del nuovo e questo
nuovo è molto, troppo, inquietante. Crediamo che questo documento, lungo e
articolato, dica perfettamente cosa gli Usa vogliono per Cuba e su come
intendono muoversi per ottenerlo. Non è un piano per il domani, ma è un
progetto organico per il futuro. Non dimentichiamoci che la tragedia
internazionale che stiamo vivendo prima con la guerra in Afghanistan, poi
con l’Iraq, e non troppo in lontananza oggi con l’Iran, fanno parte di un
piano complesso e articolato che da oltre venti anni i Neocons
statunitensi hanno esposto pubblicamente, e sempre pubblicamente, lo
stanno perseguendo. Su questo aspetto consigliamo a tutti coloro che
leggono l’inglese di consultare i siti neocons, perché lì sono esposte in
modo organico e coerente questi disegni di guerra e di sfruttamento
imperialista a danno di milioni di esseri umani.
Nel documento sopra citato, Bush e i neocons hanno prospettato anche un
intervento militare quale ‘estrema ratio’ per abbattere il governo cubano.
Follie? Non proprio.
Dopo l’attacco unilaterale
all’Iraq, in violazione di ogni elementare diritto di giurisprudenza
internazionale, e con la ascesa della dottrina della “guerra preventiva”,
ribadita e aggiornata appunto in questi mesi, ogni cosa è possibile per
gli Stati uniti, anche un attacco militare a Cuba. È senza dubbio vero che
il nuovo vento che oggi spira in America Latina mette, per adesso,
relativamente al riparo Cuba dall’aggressività militare degli Usa. Infatti
le conseguenza per gli statunitensi sarebbero enormi se provassero una
simile scelta. Ma resta però un ennesimo dato inquietante, vale a dire che
gli Usa hanno stanziato diverse decine di milioni di dollari, destinati ai
mass-media soprattutto europei, per finanziare e sostenere campagne
mediatiche contro il governo cubano rivolte essenzialmente alle opinioni
pubbliche europee. E noi sappiamo che queste scelte del governo
statunitense hanno colpito nel segno, soprattutto, nei confronti di quei
settori della sinistra europea moderata ma anche, purtroppo, in settori
della sinistra antagonista che si sono schierati con il coro di chi accusa
Cuba di violare i diritti umani. Una copertura “ideologica preventiva” che
potrebbe tornare utile sia in caso di attacco all’isola caraibica nel
segno della difesa di quei presunti diritti violati ma anche per coprire
altre infami politiche contro il diritto del popolo cubano ad
autodeterminare il proprio futuro secondo le proprie convinzioni.
Dunque, da questo punto di vista si ha un nuovo salto di “qualità”
nell’attacco a Cuba da parte dell’imperialismo statunitense e per questo
il nuovo documento della Casa bianca che ribadisce la propria strategia
per la sicurezza nazionale è molto preoccupante. L’obiettivo principale
per adesso è l’Iran ma l’aver inserito anche Cuba nel novero dei paesi che
minacciano la sicurezza nazionale degli Usa è indice della virulenta
pericolosità che incombe sull’isola caraibica.
Dunque che fare? La nostra associazione
ha il compito di porre in essere azioni politiche e di controinformazione
che rendano palesi agli occhi dei cittadini italiani le bugie degli Stati
uniti e le colpevoli adesioni di chi si presta a fare da megafono a quelle
menzogne. Sicuramente occorre coinvolgere, discutere, dibattere con le
forze politiche dell’Unione ben sapendo le divergenze che esistono su
Cuba, occorre cioè posizionare il rapporto con Cuba del nostro Paese fra i
punti dell’agenda politica dei temi internazionali. Occorre quindi che il
No del governo italiano al blocco diventi una scelta politica di legalità
internazionale per cui le tante risoluzioni dell’Onu che condannano gli
Usa a cessare il blocco a Cuba diventino una realtà. Fare opera di verità
su Cuba vuol dire rompere l’ipocrisia di chi afferma che oggi il blocco
Usa non è più una cosa seria che lede il diritto del popolo cubano;
lavorare per far conoscere la verità su Cuba vuol dire coinvolgere nella
discussione il mondo della politica, dell’associazionismo laico e
cattolico, il mondo del movimento contro la globalizzazione per far capire
le nostre ragioni e confrontandoci con le idee e, spesso, con i pregiudizi
degli altri. Occorre aprire, per quello che ci sarà possibile, un dialogo
con la stampa nazionale, occorre evidenziare la libertà “condizionata” che
esiste nei nostri confronti ma, soprattutto, nei confronti di una libera e
concreta informazione nei riguardi di Cuba.
Un compito enorme per noi, titanico, ne siamo perfettamente consapevoli ma
la posta in gioco oggi è grande. Sottovalutare i documenti della Casa
bianca nei confronti di Cuba sarebbe una imperdonabile leggerezza, per noi
ma soprattutto se questa leggerezza fosse assunta anche dai partiti
dell’Unione.
La nostra associazione, lo sappiamo tutti bene, non ha risorse, possiede
un proprio bimestrale che con tanta fatica e passione cerchiamo di far
circolare il più possibile, ma come Cuba, abbiamo una risorsa che, se
adeguatamente valorizzata può essere fondamentale: le persone in carne ed
ossa con la loro passione e il loro amore per Cuba, con la loro
solidarietà internazionalista, con il loro spirito di servizio a sostegno
e difesa delle conquiste rivoluzionarie di una piccola isola dei caraibi.
Abbiamo cioè i nostri 6.000 compagni e compagne iscritte nei circoli in
tutta Italia, cosa che altri non hanno e che vorrebbero avere. Abbiamo,
cioè, un capitale umano che rappresenta un patrimonio enorme che deve
essere sempre più coinvolto, valorizzato e speso nella battaglia politica
e solidale a favore e sostegno di Cuba, del suo governo e della sua
Rivoluzione.
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