Gerardo
Hernandez considera che dopo 10 anni di prigione negli Stati Uniti ha pagato per
il suo lavoro come agente non dichiarato del Governo di Fidel Castro.
Per questo motivo si aspetta che una Corte di Appello annulli i due ergastoli ai
quali è stato condannato nel 2001 a Miami, come ha detto questa settimana a
Reuters in un'intervista telefonica da una prigione in California, per saziare
la sete di vendetta degli esiliati cubani, che stava controllando.
Negli Stati Uniti è stato accusato di cercare di infiltrarsi in obiettivi
militari e di facilitare la caduta di due aerei da turismo del gruppo “Fratelli
al Riscatto” da parte di un MIG cubano, fatto in cui sono morti i suoi quattro
occupanti.
A Cuba, però, Hernandez e gli altri quattro agenti arrestati nel 1998 sono stati
decorati da Fidel Castro come eroi della repubblica per infiltrare i gruppi dei
terroristi.
“Speriamo che la corte riconosca che l’accusa di spionaggio e quella di
abbattere gli aeroplani non ha nessuna prova accertata ed, essenzialmente, ci
lasci con l’accusa di cospirazione, con una sentenza di 10 anni”, ha detto dalla
prigione di Victorville.
“È molto differente che essere condannato all’ergastolo per qualcosa che non hai
commesso”, ha aggiunto Hernandez, di 42 anni, in un'intervista realizzata in
inglese dopo aver ottenuto l’autorizzazione delle autorità penitenziarie degli
Stati Uniti.
Una corte di appello ad Atlanta ha programmato per il 20 agosto una vista orale
che potrebbe riaprire il caso.
Dopo
il loro arresto il 12 settembre 1998 da parte di agenti dell’FBI di Miami, la
procura degli Stati Uniti li ha accusati di tentare di infiltrare obiettivi
militari alla ricerca di segreti. Uno di loro lavorava come uomo delle pulizie
nella base di allenamento navale a Boca Chica, vicino a Cayo Hueso.
Tutti hanno ammesso che ricevevano ordini da Cuba.
“Lo abbiamo sempre riconosciuto. È corretto, stavamo lavorando per Cuba”, ha
detto Hernandez.
“Per questo motivo saremmo potuti essere condannati ad un massimo di 10 anni”,
ha aggiunto.
La procura non ha potuto dimostrare che Hernandez ha aiutato Cuba ad abbattere i
due aerei da turismo di “Fratelli al Riscatto”.
Secondo Hernandez, l'operazione per lanciare volantini su L'Avana era stata
annunciata dal gruppo di esiliati in una conferenza stampa.
Nonostante, è stato condannato nel 2001 da un tribunale di Miami, bastione degli
esiliati cubani dove i giudici, ha commentato, non hanno potuto nascondere
l'ostilità verso il Governo comunista di Cuba.
Un pannello della corte di appello di Atlanta ha annullato le sentenze nel 2005,
perché, hanno detto, a Miami i pregiudizi contro Castro non hanno garantito un
giudizio giusto.
L’anno scorso la decisione non è stata presa in considerazione, proprio da
questo stesso tribunale.
Secondo Ricardo Alarcon, il presidente del Parlamento cubano e principale
assessore di Castro nella sua politica verso gli Stati Uniti, Hernandez e gli
altri agenti sono stati vittime della complicità di Washington con gli esiliati
cubani di Miami.
“Se ci fosse un governo decente a Washington la condotta corretta sarebbe
ritirare tutte le accuse, chiedere perdono e finirebbe tutto”, ha detto questa
settimana in un'intervista a L'Avana.
Per Hernandez, questo anno la messa in libertà su cauzione dell'ex agente cubano
della CIA, Luis Posada Carriles, accusato dell'esplosione nel 1976 di un
aeroplano cubano con 73 persone a bordo, dimostra che la giustizia statunitense
è permeabile ad influenze politiche.
“In questo paese, se sei un terrorista contro Cuba non c'è problema. Quelli sono
“i terroristi buoni del Governo degli Stati Uniti” o “militanti anticastristi”,
come li chiamano”, ha aggiunto.
Manuel il
disegnatore
Per Hernandez che viveva a Miami sotto la copertura di un disegnatore grafico
chiamato Manuel Viramontes, la cosa peggiore dei suoi 10 anni di prigione è
stato il fatto di non vedere sua moglie Adriana Perez, a chi gli Stati Uniti
hanno negato il visto in sette opportunità.
“Mi stanno condannando a non vederlo per tutta la vita”, ha detto la Perez, che
è un'ingegnere chimico di 37 anni, in un'intervista a L'Avana.
“È una forma di pressione, per cercare di debilitarli (...) Qualcosa che non
hanno potuto ottenere con nessuno di loro”, ha commentato e ha detto che in
settembre tornerà a chiedere un visto per visitare suo marito.
Hernandez ha segnalato che passa il suo tempo nella prigione scrivendo lettere
ai familiari, agli amici ed ai simpatizzanti. Ha diritto a 300 minuti mensili di
chiamate telefoniche, ma non gli permettono di usare la posta elettronica come
al resto dei carcerati.
Secondo la sua biografia ufficiale, ha studiato relazioni internazionali a
L'Avana, ha combattuto in una brigata di carri armati nella Guerra di Angola e
svolgeva pericolose missioni negli Stati Uniti dalla metà della decade degli
anni 90.
Con notizia
addizionale di A.Boadle ed E.Israel a L'Avana- tratto da
www.freethefive.org
tradotto da Ida Garberi
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