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22 febbraio 2007 - A.Morales www.granma.cu (PL) |
Rigoberta Menchú, da bambina di Chimel a candidata presidenziale
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Rigoberta è nata il 9 gennaio 1959 nel villaggio Laj Chimel, comune di San Miguel Uspantan, nel dipartimento di Quiché (nord-ovest).
Suo padre, Vicente Menchú Perez, era un dirigente contadino. Sua madre, Juana Tum K’otoja’, oltre a coltivare la terra faceva la levatrice.
Ha vissuto i suoi primi anni nel suo villaggio in una regione tanto bella quanto povera dell’altopiano. In onore a questo luogo Rigoberta ha intitolato "La Bambina di Chimel" un libro di racconti, leggende e nostalgie del Guatemala indigeno, scritto con Dante Liano.
Un’altra parte della sua infanzia la trascorse insieme alla sua famiglia nelle migrazioni temporali verso le proprietà della costa sud, insieme a migliaia di contadini senza terra o con piccoli appezzamenti improduttivi.
Dopo aver conosciuto lì i lavori del raccolto del caffé, del cotone, della canna da zucchero e altri prodotti per l’esportazione, si è trasferita nella capitale del paese dove per anni ha fatto la domestica.
Il 31 gennaio 1980 suo padre morì nell’attacco e incendio provocato dalle forze di sicurezza nell’ambasciata della Spagna, che era stata occupata da contadini del Quiché per denunciare gli eccessi commessi dall’esercito.
Quattro mesi prima suo fratello maggiore, Patrocinio, era stato sequestrato dai militari e poi torturato e assassinato. Una sorte simile toccò a sua madre il 19 aprile 1980. È ancora ignoto il luogo che custodisce le sue spoglie.
Rigoberta, chiamata Limin in famiglia e nella sua comunità, si vide costretta a esiliarsi in Messico nel 1981. Lì si è fece carico di denunciare il genocidio commesso in Guatemala e di promuovere il riconoscimento e rispetto dei diritti dei popoli indigeni.
Sin dal 1982 partecipò alle sessioni annuali della Sotto-Commissione di Prevenzione delle Discriminazione e di Protezione delle Minoranze della Commissione dei Diritti Umani dell’ONU.
Poi, insieme ad altre personalità come Frank La Rue, Raúl Molina, Rolando Castillo Montalvo e Marta Gloria Torres entrò a far parte della Rappresentanza Unitaria dell’Opposizione Guatemalteca.
Questa entità conseguì lo status di osservatore alle Nazioni Unite, il che ha permesso di far conoscere alla comunità internazionale ciò che veramente stava accadendo nel paese durante il conflitto armato interno.
Nel 1983 la lunga intervista rilasciata all’antropologa Elizabath Burgos, intitolata "Mi chiamo Rigoberta Menchú e così ho preso coscienza" ottenne il Premio Casa delle Americhe, raggiungendo grande diffusione internazionale.
Rigoberta tentò di tornare in Guatemala nel 1988, ma venne detenuta nell’Aeroporto La Aurora, interrogata dalla polizia e poi espulsa dal paese.
Il suo contributo alla preservazione dell’eredità culturale indigena ed al rispetto ai diritti fondamentali alla vita, alla terra, alla salute e all’educazione le hanno fatto meritare il Premio Nobel della Pace nel 1992, fatto che ha dato una dimensione universale alla sua lotta.
Con le risorse finanziarie che ha ricevuto da questo riconoscimento ha stabilito la Fondazione Rigoberta Menchu Tum con sede in Guatemala e uffici nelle città di Messico e New York.
La missione di questa organizzazione è contribuire al recupero e arricchimento dei valori umani per costruire un’etica globale di pace sulla base della diversità etnica, politica e culturale.
Rigoberta è diventata un riferimento mondiale per quel che riguarda la lotta per la difesa dei popoli originari in tutto il pianeta, particolarmente di quelli latinoamericani.
Dopo la firma degli Accordi per la Pace Ferma e Durevole nel Guatemala (dicembre 1996) è tornata in questa nazione dove risiede attualmente.
Nel 2004 ha accettato la carica onorifica di Ambasciatrice di Buona Volontà per gli Accordi di Pace, offerta dal governo di Oscar Berger.
Il 12 febbraio di quest’anno ha lanciato il movimento politico Winaq per promuovere la sua candidatura presidenziale, che è stata difesa 10 giorni poi nell’alleanza con il partito Incontro per Guatemala.
La sua partecipazione alla contesa elettorale dà un nuovo carattere a questo processo perchè per la prima volta si apre ai popoli indigeni l’opportunità di partecipare direttamente all’esercizio del potere dopo quasi 500 anni di esclusione ed emarginazione.
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