Annualmente Cuba importa circa 1600 milioni di dollari in prodotti
alimentari in condizioni molto difficili per gli effetti del blocco
stabilito dal governo degli Stati Uniti. Ciò nonostante si prevede che,
gli acquisti all'estero, continuino a crescere al fine di migliorare ed
incrementare la somministrazione di alimenti al popolo, nella
maggioranza dei casi a prezzi sovvenzionati mediante la tessera.
Quanto affermato é stato ratificata da Pedro Álvarez Borrego, presidente
di ALIMPORT, nella giro di negoziazioni che dirigenti di questa ditta hanno
sostenuto con impresari, del settore agricolo, statunitense.
Le operazioni unidirezionali con ditte USA (é proibito acquistare a Cuba) continuano ad eseguirsi in un ambiente restrittivo, tra
altre ragioni, per l'impossibilità di accedere al finanziamento pubblico
e privato nordamericano.
Per l'assessore commerciale Kirby Jones, partecipante alle conversazioni
con ALIMPORT, le limitazioni non rispondono alla logica di quanto
stabilito "perché è legale vendere prodotti agricoli e alimentari a
Cuba. E' stato approvato dal Congresso e dal Presidente; tuttavia, in
termini pratici l'Esecutivo fa sì che l'applicazione della legge risulti
della massima difficoltà" ha commentato l'anche presidente
dell'associazione commerciale USA - Cuba.
In dichiarazioni alla stampa, Kirby si é riferito a "i molti che negli
USA vogliono togliere il blocco"; poco a poco, ha osservato, stiamo progredendo ma ancora risulta un processo politico molto difficile.
Lo specialista che ha alluso alle posizioni contrapposte dentro il
Congresso statunitense in relazione al tema, ha considerato che i
meccanismi per realizzare le vendite "sono molto rari; con nessun altro
paese bisogna utilizzare banche di terzi", ha esemplificato.
A causa delle proibizioni di viaggio, William Hawks non era mai stato a
L'Avana, ora lo é a capo della delegazione dello stato del Mississippi
nei contatti con ALIMPORT. Come ha detto all'inaugurazione dell'evento:"siamo pienamente impegnati col porre fine alle barriere politiche che
separano i nostri due paesi". La libertà di commercio e di viaggiare dei
cittadini nordamericani, ha considerato, è un diritto che deve
permettersi ed incoraggiare da parte di entrambi i governi.
John Newcombe, un altro membro della comitiva del Mississippi, ha
osservato che il blocco non sola pregiudica il popolo cubano, ma anche
gli allevatori nordamericani. Prima del blocco Cuba era il
nostro principale mercato di riso e vogliamo riscattarlo. In uguale
senso si é pronunciato Marvin Lehwer, della federazione dei risieri USA.
Dobbiamo esportare, ha informato, tra il 45 ed il 50% dei nostri
raccolti, ma il commercio internazionale del riso è dominato da molte
restrizioni alle importazioni; cosicché ci sono molto pochi mercati
aperti. Questo non è il caso di Cuba, ha osservato. Inoltre "per i suoi
livelli di acquisto risulta uno dei più importanti consumatori del
continente americano ed é molto poco probabile che quella tendenza cambi
in futuro".
In circostanze commerciali normali, ha evidenziato, Cuba di punto in
bianco potrebbe essere nuovamente il maggiore mercato di riso degli
Stati Uniti, e bisognerebbe vedere, contemporaneamente, l'effetto
moltiplicatore di questi commerci, perché non solo rappresenterebbe per
noi l'entrata di milioni di dollari ma anche la possibilità di generare, negli USA,
più impiego.
Un scambio bilaterale normalizzato, ha notato, permetterebbe a Cuba di
generare più valuta e in tal modo aumentare la capacità di acquisto di
alimenti per la sua popolazione e per i turisti.
Tra i molteplici intoppi esistenti, il presidente di ALIMPORT ha osservato
che la proibizione di accesso al finanziamento pubblico e privato
nordamericano (una pratica comune nel commercio mondiale) ha
notoriamente influenza sul concetto di Rischio Paese; ciò incrementa i costi
finanziari delle transazioni tra il 3% ed il 5% e perfino più. Solo per
questo dato il danno, nel 2006, é stato, approssimativamente, di circa 21,8
milioni di dollari.
Dette restrizioni, col loro conseguente effetto sulla liquidità, hanno
provocato che vari fornitori tradizionali, per coprirsi dalle loro
possibili perdite, sollecitino forme di pagamento che garantiscano
maggior sicurezza nelle riscossioni, ciò che rincara le operazioni.
Durante il 2006 negli acquisti dagli Stati Uniti, ALIMPORT ha dovuto
immobilizzare fondi per un periodo da 10 a 15 giorni prima
dell'accoglienza delle merci, ha indicato Pedro Álvarez.
Inoltre, non potendo realizzare pagamenti in dollari USA a terzi paesi,
le banche cubane devono comprare monete di rimborso per ognuna di queste
operazioni, con le conseguenti perdite per il dato del rischio
cambiario. ALIMPORT, ha segnalato il suo presidente, stima che durante
l'anno anteriore il danno per questa causa é stato dell'ordine dei 30
milioni di dollari.
Álvarez, ha puntualizzato gli effetti di molte altre restrizioni; ha
ricordato che la ritenzione dei pagamenti cubani, nel 2004, da
parte dell'OFAC (Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri, del
Dipartimento del Tesoro USA), ha creato una gran insicurezza nelle
consegne di una parte delle forniture destinate al paniere base della
popolazione.
Come conseguenza, ha sottolineato, é stato necessario destinare circa
300 milioni di dollari per realizzare acquisti da altre origini, perfino
lontane, con danni addizionali dovuti ai lunghi trasferimenti e agli alti
noli.
Ora, ha notato, é in corso un altro tentativo dell'estrema destra USA
per ostacolare la normalizzazione delle relazioni: quello denominato
Comitato di Azione Politica per la Democrazia a Cuba, il quale si
incarica di disincentivare l'azione dei legislatori federali che appoggiano
le relazioni, senza restrizioni né condizionamenti, tra i due paesi.
Álvarez che ha ripetuto il proposito di chiudere contratti per più di
100 milioni di dollari nell'attuale incontro con impresari statunitensi,
ha annunciato che ALIMPORT negozierà le consegne del primo quadrimestre
del 2008, durante la XXV Fiera Internazionale di L'Avana, convocata per
inizi del prossimo novembre.