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Esigo fermare l’investigazione
sul mio viaggio a Cuba
Segretario Henry
Paulson
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Moore questa volta prende di mira la sanità Usa
«Sfido Bush ma
vogliono arrestarmi»
Il regista americano applaudito a Cannes: a Cuba ti curano meglio
La buona notizia è che, mentre girava Sicko, implacabile atto d'accusa contro la malasanità americana, si è messo a dieta. «Ho perso dieci chili. Mi sento meglio», annuncia Michael Moore, fiero dello sforzo, lodevole ma certo non ancora sufficiente vista la sua mole XXL. La cattiva notizia è che il regista più scomodo e ironico d'America, da martedì potrebbe traslocare dal dorato clima di Cannes al sole a scacchi di qualche prigione americana: «Stavolta rischio grosso — conferma lui, ieri applauditissimo con il suo documentario —. L'amministrazione Bush ha iniziato un'azione legale accusandomi d'aver rotto l'embargo con Cuba. Se per martedì non riceveranno spiegazioni per loro esaurienti, potrei essere arrestato e il film sequestrato». «Ma Sicko — assicura — si vedrà. Prima di partire ho messo in salvo il negativo e ho stampato un po' di copie da portarmi via».
Di certo, lui non lo ferma nessuno. «Con tutti i documentari fatti per cercare di screditarmi potrei metter in piedi un festival », scherza. Di fatto, le sue denunce non sono mai stato smentite, dalle angherie della General Motors (Roger and Me), al dilagare delle armi per favorire chi le fabbrica (Bowling for Colombine), alle bugie di Bush (Fahrenheit 9/11, Palma d'oro a Cannes nel 2004). Ma con Sicko Moore va a toccare qualcosa di ancora più esplosivo: salute e malattia sono il binomio chiave della vita di tutti. E quello che mostra fa venir voglia di chiamare la Croce Rossa in soccorso di quei 50 milioni di cittadini (un quinto del totale) che, nel Paese più ricco e potente del mondo, non hanno diritto di ammalarsi. E se capita, è a loro rischio e pericolo, perché in America se non hai né soldi né assicurazione, puoi solo morire. Difatti ogni anno 18 mila persone ci lasciano le penne.
Ai poveri, agli anziani non resta che il fai-da-te. Così qualcuno che si è squarciato il ginocchio prende ago, filo ed etere e se lo cuce da solo. Qualcun altro che sul lavoro ha lasciato un paio di dita, valuta i costi di farsele riattaccare: 60 mila dollari il medio, 12 mila l'indice. Vince l'indice. Ma anche chi è assicurato non se la passa molto meglio, la lista delle cure non previste è infinita. A varare questo sistema tutto privato è stato nel '71 Nixon. Hillary Clinton, che aveva tentato di virare la situazione, ha dovuto desistere. E quindi a sua volta ha accettato le «mance» che le potenti lobby assicurative e farmaceutiche hanno distribuito ai membri del Congresso per far passare nel 2003 una nuova legge a loro ancora più favorevole. Inutile dire che l'assegno più alto, 890 mila dollari, era per Bush.
«Nelle classifiche dell'Organizzazione Mondiale della Sanità gli Usa sono al 37º posto, dopo viene la Slovenia — avverte Moore —. A confronto il Canada è un mondo felice. Per non parlare della Gran Bretagna e della Francia, quest'ultima in testa alla classifica Oms. Eden inimmaginabili, dove vige quella che, con disprezzo negli Usa chiamano "medicina socialista"». E proprio nella patria di quel tipo di assistenza sociale, la tanto demonizzata Cuba, Moore approda con un gruppetto di volontari di Ground Zero, pompieri, medici, infermiere che per aver scavato tra quelle macerie contaminate si sono ritrovati con seri problemi respiratori: «Li hanno decorati come eroi, ma una volta malati il governo ha voltato loro le spalle», denuncia Moore.
Ma anche in America si dice esita un posto dove curarsi gratis. «A Guantánamo il governo assicura di elargire cure di qualità ai prigionieri. Mi sono detto: andiamoci. Se là curano gratis quelli di Al Qaeda, certo cureranno anche i nostri valorosi soccorritori». Ma giunti alla base, nessuno risponde. E allora, visto che è a due passi, via all'Avana. Nel moderno ospedale della capitale i profughi americani vengono accolti e curati gratis. Non solo, lì fanno scorta di medicine: 5 cents per un flacone che negli Usa si paga 120 dollari. Prima di partire, vengono salutati dai locali vigili del fuoco perché «noi pompieri siamo tutti una famiglia ». «Spero che questi stimoli servano a riflettere su chi siamo, su cosa è diventato il nostro paese. Questa non è l'America. Non possiamo aspettare altri 10 anni per avere una miglior copertura sanitaria, né per diventare persone migliori».
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Michael Moore, la prossima
vittima del bloqueo?
La domanda che funge da titolo a questo articolo ha una risposta
affermativa: Michael Moore, il famoso cineasta statunitense, può trasformarsi in
una vittima del bloqueo, che i governanti del suo paese hanno imposto contro
Cuba, un'azione criminale che è costata molto vite e che provoca gravi danni
agli abitanti dell'Isola e che nel campo della cultura si è accanita più di una
volta con gli stessi cittadini nordamericani. |
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Gli USA mettono sotto inchiesta il
regista Moore per il suo viaggio a Cuba
Le autorità federali stanno conducendo un'inchiesta per verificare
se il
regista di documentari Michael Moore, che col suo film del 2004 "Fahrenheit
9/11" ha attaccato l'amministrazione Bush, abbia infranto la legge recandosi a
Cuba per girare un nuovo film che si occuperà della Sanità negli Stati Uniti,
secondo quel che risulta da una lettera pubblicata sul sito di Moore.
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