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economico degli Stati Uniti
Il ministro cubano degli Esteri, Felipe Pérez Roque, ha affermato che i danni provocati, a Cuba, dal blocco degli Stati Uniti ammontano già a più di 89000 milioni di dollari. Pérez Roque ha rivelato questo dato presentando alla stampa, a l'Avana, la relazione sulla risoluzione 6111 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unita "Necessità di mettere fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d'America contro Cuba" compreso nel programma dell’Assemblea e che verrà analizzato il prossimo 30 ottobre. Dal trionfo della Rivoluzione cubana, il 1 gennaio 1959, il governo nordamericano cominciò l'assedio economico che compie già quasi cinque decadi. Ha ricordato che l'anno scorso, l'Assemblea Generale ha dato un'opprimente sconfitta al blocco quando 183 nazioni hanno votato a beneficio della sua eliminazione, solo quattro si sono opposte ed una si é astenuta. Il ministro cubano ha riferito che dal 1992, quando si é presentata per la prima volta questa relazione, l'appoggio della comunità internazionale è andato aumentando e risulta un segnale inequivocabile dalla coscienza mondiale sugli effetti negativi del blocco contro Cuba. Ha anche sottolineato l'ampio rifiuto internazionale che questa politica genera per le sue misure extraterritoriali, al sanzionare paesi terzi quando negozino con L'Avana. Pérez Roque ha denunciato che, nell'ultimo anno, l'applicazione di queste misure coercitive da parte del governo nordamericano sono arrivate a livelli di schizofrenia e si sono implementate con particolare accanimento contro imprese ed entità che negoziano con l'isola. Il rapporto dettaglia l’incremento dei danni in ogni settore dell’economia cubana e la sofferenza che causa al nostro popolo la recrudescenza delle misure.
Una volta conclusasi la presentazione del documento, Pérez Roque ha invitato i rappresentanti di diversi settori dell’economia, la salute, lo sport, educazione, il trasporto, la cultura, la biotecnologia e un leader sportivo delle olimpiade speciali internazionali a esporre alla stampa le loro esperienze riguardo i danni nei loro settori. Hanno particolarmente colpito i presenti gli interventi dei dottori Herminia Valenzuela, del cardiocentro infantile William Soler, e Alexander Marmol, dell’Istituto di Nefrologia. Bambini e malati renali soffrono e muoiono ogni anno. Gli esempi sono stati drammatici.
I giornalisti stranieri hanno chiesto a Pérez Roque le sue opinioni su vari temi. A una domanda su quanto ritiene che perdono gli Stati Uniti per l’imposizione del blocco, ha detto: "Credo che l’elemento principale che loro devono avere presente non sia quello che perdono ma quello che ci fanno soffrire a noi, ai suoi cittadini e ai cittadini del resto del mondo. Quella sarebbe una ragione più che sufficiente, io direi quella principale, per rinunciare a una politica assurda, criminale, illegale che ha un enorme rifiuto mondiale e che pone in ridicolo un paese che chiama se stesso il campione dei diritti umani".
Rispondendo ad altra domanda, ha affermato che Cuba è disposta a mantenere un dialogo con gli Stati Uniti sulla base del rispetto della sua sovranità e diritti. Altrimenti l’Isola continuerà a resistere 1.000 anni il blocco. Il blocco va eliminato già, immediatamente e incondizionatamente perchè una violazione dei diritti del popolo cubano, della legge internazionale e dei diritti del popolo degli Stati Uniti.
"Il governo degli Stati Uniti - ha continuato- non ha una ragione per giustificare la politica del blocco, una politica di genocidio contro un popolo, il tentativo di sottomettere per fame e malattie un piccolo paese che non costituisce una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e che costituisce un modello per molti popoli della terra che ammirano la nostra resistenza e l’opera che abbiamo costruito, imperfetta, con molto da fare ancora, ma che oggi desta un riconoscimento internazionale. Altrimenti Cuba non avrebbe ottenuto 183 voti dei 192 membri delle Nazioni Unite", ha concluso. Al contempo ha condannato la ferocia del blocco che cerca di far arrendere, per fame e malattie, il popolo cubano.
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