Per Amnesty international Camp Delta va
chiuso subito, senza se e senza ma. Con Rob Freer, che per l’Organizzazione
internazionale con sede a Londra si occupa di Stati Uniti e del carcere di
Guantanamo, abbiamo discusso al telefono di come l’Amministrazione Usa potrà
venir fuori dal «buco nero» creato con la detenzione illegale di centinaia di
sospetti terroristi.
Cinque anni di Guantanamo. Cosa è
cambiato dall’apertura del carcere statunitense dove l’Amministrazione Bush ha
rinchiuso centinaia di «nemici combattenti»?
La cosa terribile è che poco o nulla è cambiato: i detenuti non
hanno ancòra accesso ai tribunali federali statunitensi, ma sono soggetti alle
cosiddette Commissioni militari. In cinque anni Guantanamo è diventato il
simbolo dell’abuso di potere perpetrato da un governo che ha reagito all’11
settembre con una violazione sistematica dei diritti dell’uomo. Per questo
chiediamo l’immediata chiusura della prigione. Il governo statunitense continua
ad affermare che i sospetti terroristi sono trattati umanamente, ma dalle
testimonianze che abbiamo emerge il contrario. Inoltre Bush fa rientrare nei
trattamenti leciti le «tecniche dure d’interrogatorio» approvate dal Congresso,
che però rispetto agli standard legali internazionali si configurano come
tortura. E la detenzione a tempo indeterminato senza alcun capo d’accusa
formale, regime a cui è sottoposta la quasi totalità degli internati,
rappresenta di per sé un abuso.
Crede che Bush darà davvero inizio ai
processi militari?
La stesura delle regole che governerà le nuove Commissioni -
modificate dopo l’approvazione di un’apposita legge da parte del Congresso -
deve ancòra essere terminata. L’Amministrazione conta di iniziare i processi
entro l’estate prossima, probabilmente mettendo alla sbarra i dieci detenuti
finora formalmente incriminati. Ma il pericolo è che si tratti di processi
politici, manipolati dal governo. Un’anticipazione l’abbiamo avuta con il
trasferimento a Guantanamo - da prigioni segrete gestite dalla Cia - di 14
uomini che l’Amministrazione considera coinvolti negli attentati dell’11
settembre: sono stati portati lì poco prima della discussione della norma che ha
approvato le Commissioni, proprio per avere l’ok del Congresso a quella legge
che viola il diritto umanitario.
Il presidente Usa ha dichiarato che con la
legge istitutiva delle Commissioni «l’America riafferma la propria
determinazione a vincere la guerra al terrorismo».
Se per questo ha anche sostenuto che le Commissioni sono in
linea con il diritto internazionale. Ma in realtà la detenzione indefinita e
segreta di esseri umani è del tutto illegale, viola i diritti umani e le
convenzioni internazionali. I carcerieri possono fare ai prigionieri qualsiasi
cosa. Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo se un governo avesse catturato
cittadini statunitensi, li avesse imprigionati su un’isola in mezzo all’oceano.
Il rispetto del diritto è il prerequisito essenziale per qualsiasi strategia
antiterrorismo che funzioni. Con la strategia adottata dal governo Bush, al
contrario, saremo tutti noi a pagare il prezzo di questa barbarie.
Si parla di una exit strategy
dell’Amministrazione anche per Guantanamo: processi esemplari e
spettacolari per il gruppetto di detenuti con qualche legame terroristico
accertato, tutti gli altri rispediti nei loro paesi, gradualmente, alla
chetichella, come già sta avvenendo.
In effetti lo stesso Bush ha già dichiarato, nei mesi scorsi, di
voler chiudere Guantanamo. È chiaro che l’Amministrazione si sta ponendo il
problema, anche per il grande clamore che l’opinione pubblica ha sollevato su
questo scandalo. In passato i reati di terrorismo sono stati trattati negli Usa
dalle corti federali e Washington ha sia le risorse che la capacità di giudicare
secondo i principi del giusto processo i sospetti terroristi. L’unica exit
strategy possibile è quindi per noi l’immediata chiusura del carcere e un
processo degno di tale nome anche per i terroristi più pericolosi come Sheik
Mohammed.
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