Gli eventuali errori sono da attribuirsi all'inesperienza del traduttore

 

 

Qui sta la tua opera,

qui sta il tuo popolo


Discorso pronunciato dal Comandante della Revolución Ramiro Valdés, nell'atto centrale per il 50esimo anniversario della caduta in combattimento del valente lottatore rivoluzionario Ciro Rotondo

 

 


Compagni della presidenza;

Artemiseños:

Il popolo rivoluzionario di Artemisa, i suoi amici e fratelli di lotta, abbiamo voluto ricordare in questo giorno, quando si compiono 50 anni dalla sua eroica caduta in combattimento,  quell'affettuoso figlio di questa terra e di tutta la Cuba che è Ciro Rotondo García.

Il 29 novembre 1957, quando quasi finivamo il primo anno di guerra nella Sierra Maestra, soffrimmo questa irreparabile perdita.

In Mar Verde, all'ovest del Pico Turquino, la Colonna dell'Esercito Ribelle al comando del Che sosteneva in quei giorni duri combattimenti di fronte ad una delle truppe più aggressive e sanguinarie su cui contava la tirannia. Quelle forze si addentravano anche nelle montagne, assassinavano contadini, bruciavano capanne e tentavano di operare contro i nostri combattenti avvalendosi della loro superiorità in numero ed armamento.
 

Ciro Redondo García (1931-1957)

Nato ad Artemisa il 9 dicembre del 1931.
Milita nel movimento giovanile del Partito Ortodoxo, lo stesso di
Fidel Castro. Il 26 luglio del 1953 partecipa all'assalto al "Cuartel Moncada". Dopo il fallimento dell'azione, riesce a fuggire e a nascondersi nella località "Cueva del Muerto", nella zona di Siboney insieme con un altro combattente (Marcos Martí). Scoperti, sono catturati e il suo compagno è barbaramente assassinato, per le proteste di una guardia che non ne poteva più di tanta violenza, a lui non tocca la stessa sorte, ed è portato in prigione. E' condannato a 10 anni da scontare nel Carcere Nazionale per Uomini dell'Isola dei Pini.
Trascorsi quasi due anni, è liberato assieme a tutti i suoi compagni in virtù della legge di amnistia che Batista è obbligato a promulgare sotto la pressione delle masse popolari.
Nel gennaio del '56 è detenuto nuovamente e schedato dal Servizio Segreto Militare. Da Artemisa si trasferisce all'Avana e nel marzo dello stesso anno parte per il Messico per unirsi al gruppo che, diretto da Fidel, si stava preparando in vista del ritorno a Cuba per iniziare la lotta armata sulla Sierra Maestra.

Il due dicembre del '56 partecipa alla spedizione del "GRANMA" e sbarca con altri 81 uomini a Playa los Colorados, nel municipio di Niquero. Il 5 dicembre, il nucleo iniziale dell'Esercito Ribelle è attaccato e disperso in tanti piccoli gruppi. Solo alcuni cadono in combattimento, molti sono trucidati al momento della cattura, altri si perdono e tornano alle loro case.
Ciro si ritrova in compagnia di Raúl Castro, Efigenio Ameijeiras, René Rodríguez e Armando Rodríguez. Dopo 13 giorni di marcia estenuante, con l'aiuto di alcuni contadini, questo gruppo si ritrova con quello di Fidel che, era composto di soli tre uomini. In otto, con sette fucili decidono di iniziare la lotta armata. Qualche giorno dopo un terzo gruppo si unisce a loro. Tra questi uomini si trovano: Juan Almeida,
Camilo Cienfuegos e Ernesto Guevara .

Nei primi giorni di luglio del '57 entra a far parte della colonna n° 4 al comando del "Che", con il grado di capitano.
Ciro Redondo cade in combattimento il 29 novembre, mentre difende la sua posizione assieme al Capitano Camilo Cienfuegos.
Il due dicembre del '57, anniversario dello sbarco del "Granma", su proposta del Comandante Ernesto Guevara, Ciro è nominato Comandante dell'Esercito Ribelle. In seguito, per rendere omaggio alla sua esemplare figura rivoluzionaria, si decise che la Colonna n°8 portasse il suo nome. Questa Colonna, al comando del "Guerrillero Eroico", con una marcia spettacolare di centinaia di chilometri sarebbe arrivata fino a Santa Clara, dove venne combattuta la battaglia decisiva per la vittoria della Rivoluzione.

(tratto da www.cubaycuba.net)

 

Nella lotta per tentare di accerchiare la truppa nemica e per respingere i rinforzi che venivano in suo aiuto, cadde in combattimento il capitano Ciro Rotondo.

Come scrisse il Che in lettera a Fidel, raccontandogli i fatti, Ciro morì eroicamente di fronte ai suoi uomini, quando tentava di forzare le linee nemiche. Su proposta dello stesso Che, il Comandante in Capo lo promuoverà postumamente al grado di Comandante dell'Esercito Ribelle.

Fu uno dei primi artemiseños che, appena avvenne l'infame colpo batistiano del 10 marzo, si unì alle incipienti cellule che, in modo risoluto ed indipendente, furono organizzate da alcuni militanti della Gioventù Ortodossa di questo paese per affrontare la tirannia che, quasi immediatamente, troveranno in Fidel la guida ed il piano rivoluzionario che stavamo cercando.

Combatté nel Moncada, scampò quasi miracolosamente ad essere assassinato, e risaltò per l'atteggiamento energico davanti al tribunale che giudicò quei fatti. Passò per la scuola del presidio in Isola dei Pini e lì sviluppò il suo pensiero politico radicale sotto gli insegnamenti di Fidel. Stette nell'esilio in Messico, venne nel Granma, fu uno dei dodici a cui, un giorno, si vide ridotta la nostra truppa nella Sierra, e fino al momento del suo ultimo combattimento costituì sempre un puntello inalterabile della fiducia nella causa della Rivoluzione, nella giustezza delle sue idee, e nella direzione del Comandante in Capo.

Noi che conoscemmo la sua serietà, la sua disciplina, il suo valore, non abbiamo dubbio che Ciro, come lo fu in guerra, sarebbe stato ugualmente un quadro fondamentale in qualunque dei fronti della Rivoluzione e della lotta contro l'impero, dopo il Primo di Gennaio.

Non è casuale che il suo nome intestasse la Colonna Invasora numero 8, che unita all'Antonio Maceo di Camilo, sarebbe andata fino al centro del paese e lì realizzato un degno contributo per portare a termine il piano strategico dell'Esercito Ribelle e assecondare le azioni decisive che, nel teatro orientale, sviluppavano Fidel, Raúl ed Almeida di fronte al grosse delle truppe di operazioni della tirannia.

Ricordiamo come sempre, con emozione, quella storia che si allontana da noi nel tempo, ma che, quanto più distante, sembra avere un senso ed un messaggio più attuali per i giorni che viviamo.

Mezzo secolo può essere scenario di cambiamenti tanto straordinari come quelli che ha sperimentato il nostro paese. Può essere un tempo sufficientemente lungo come per presenziare alla conquista finale della nostra indipendenza ed lo scontro vincente e tenace all'impero che ha trattato e tenta, invano, di strapparcela. Un periodo nel quale abbiamo visto crescere il nostro popolo fino ai vertici della dignità e dell'internazionalismo.

In cinque decadi sono passate anche generazioni ed entrate in scenario altre notizie. Ma 50 anni non cambiano la nostra scelta come popolo e come nazione davanti alla storia, non cambiano la nostra sfida né modificano la realtà che in Cuba ha avuto e c'è una sola Rivoluzione da Yara fino ad oggi.

La Rivoluzione cubana, da questa prospettiva, ha dovuto tenere sempre un impegno di fronte a difficoltà che, a momenti, potevano sembrare insuperabili.

I rivoluzionario cubani, in tutte le epoche, ebbero sempre ad imporsi alla mancanza di risorse, davanti ad avversari potenti che disponevano di tutto, meno di ragione e di morale.

Lo svantaggio di mezzi non fu mai motivo perché i veri rivoluzionario smettessero di assumere i compiti del momento, e sì giustificazione vergognosa dei codardi che non seppero essere all'altezza del momento.

Oggi evochiamo Ciro, e che cosa avevamo quando qui cominciamo a fare i primi passi? Che cosa avevamo il 26 Luglio? Che cosa avevamo in Messico ed i suoi giorni di preparazione e di fame? Che cosa avevamo nei giorni della spedizione del Granma? Che cosa avevamo quando finalmente potemmo raggrupparci e salire alle montagne, di fronte ad un esercito professionale e forze repressive che sembravano infinitamente superiori? Con quali risorse contava Ciro quando avanzò all'offensiva sulla truppa nemica?

Quando Fidel parla della forza decisiva delle idee, della morale, della determinazione e la volontà di lotta di un popolo, sta esprimendo la più profonda delle verità.

Non facciamo semplificazioni storiche. Non pretendiamo uguagliare meccanicamente situazioni diverse. Non ignoriamo la complessità dei nostri compiti di oggi, in un mondo in crisi, di fronte all'ostilità rabbiosa e al pericoloso avventurismo dell'ultradestra yankee, e davanti alla necessità, allo stesso tempo, di riordinare e migliorare tutto ciò che non va bene nel nostro funzionamento interno. Niente di ciò ci risulta estraneo, come é ben analizzato da Fidel nelle sue Riflessioni e come sintetizzò strategicamente Raúl nelle sue parole del passato 26 di Luglio.

Quello che diciamo è che il nostro lavoro politico si misurerà dalla sua capacità di tradurre, alle condizioni di oggi, lo spirito che segnò il cammino dei rivoluzionari cubani durante la storia.

Non è strano che i nostri avversari non si plachino un solo secondo nell'impegno di tentare di scoraggiarci, smobilitarci, disunirci e seminare la sfiducia nella capacità della direzione rivoluzionaria di dare risposta alle aspettative del paese.

Noi ci fidiamo delle idee perché ci fidiamo del popolo, nei suoi valori, nella sua saggezza, nel lascito che é passato di generazione in generazione. La risposta ai problemi di oggi sta nelle radici della nostra storia.

Non si spiega Ciro Rotondo, senza le tradizioni di patriottismo e ribellione di questo pezzo della nostra terra, che seppe ribellarsi contro la schiavitù, combattere per l'indipendenza ed essere scenario di dure battaglie sociali ed operaie contro l'oppressione e la tirannia durante molte decadi.

Non possono neppure spiegarsi la resistenza e le imprese di cui il nostro popolo é stato protagonista nella Rivoluzione, senza capire che questo popolo è figlio di due simboli: di Martí e di Maceo.

Ricordiamo oggi l'Apostolo, quando un tradimento gli fece perdere praticamente tutte le risorse su cui contava per iniziare la guerra, e che due giorni dopo l'innalzamento del 24 Febbraio 1895, senza mezzi sufficienti per la spedizione che doveva portare il Titano di Bronzo ed i suoi compagni dal Costa Rica, ricorda in lettera a Maceo che: "il patriottismo di Lei, che vince le pallottole, non si lascerà vincere dalla nostra povertà,— per la nostra povertà, abbastanza per il nostro dovere". E dopo Martì riaffermava la sua fede nella capacità dei cubani aggiungendo: "Ora solo necessita capeggiare. Non andiamo a domandare, bensì a rispondere. L'esercito sta là. La direzione può andare in un'unghia. Questa è l'occasione della vera grandezza".

Oggi, all'inizio del secolo XXI, di fronte al Nord insolente, davanti all'America Latina che intraprende la sua marcia bolivariana: è anche questa l'occasione della vera grandezza!

Ciro Rotondo: qui sta la tua opera, qui sta il tuo popolo.

Qui stanno i tuoi compagni, che continuano la lotta.

Qui stiamo, con la memoria di tutti quelli che, come disse il poeta, misero il sangue di Artemisa nella bandiera.

Qui sta il tuo ricordo, vivo, con quello di tutti coloro che diedero le loro vite per una Patria degna, giusta e sovrana.

Non solo ti ricordiamo con ammirazione, ma veniamo a rinnovare, con te, l'incrollabile giuramento del nostro popolo:

Portare la causa della Rivoluzione fino alle sue mete più alte e sempre avanti! Lo giuriamo!

Vincere con coraggio, morale ed intelligenza le carenze di risorse che ci possono affrontare! Lo giuriamo!

Fare di Cuba, ogni giorno più, la forza politica e militare che impedisca agli yankee di impadronirsi di lei! Lo giuriamo!

Essere fedeli fino all'ultimo respiro a Fidel, a Raúl, al nostro Partito ed al nostro popolo! Lo giuriamo!

FINO A LA VITTORIA SEMPRE!

PATRIA O MORTE!

VINCEREMO!