1. Devo parlare male di Hugo Chavez perché
recuperail
ruolo dello stato, squalificato e sepolto per colpa nostra da
tempo.
2. Devo parlare male di Hugo Chavez perché si nomina
antimperialista ed è questo un tema proibito nei mezzi di
comunicazione da molto tempo
3. Devo parlare male di Hugo Chavez perché fonda un nuovo Partito,
quando martelliamo tutti giorni che tutti i partiti sono uguali,
che sono negativi, che sempre riflettono solo gli interessi di
piccoli gruppi.
4. Devo parlare male di Hugo Chavez perché recupera il ruolo della
politica quando tutto il lavoro quotidiano dei mezzi di
comunicazione è per dire che la politica è irrecuperabile, che
solo vale la pena interessarsi dell’economia.
5. Devo parlare male di Hugo Chavez perché vende petrolio
sussidiato ai paesi che non possono pagare il prezzo del mercato
–anche ai poveri degli Stati Uniti-, il che evidentemente ferisce
le leggi del mercato, che sono tanto protette dai mezzi di
comunicazione.
6.
Devo parlare male di Hugo Chavez perché è un cattivo esempio per i
militari, che solo devono intervenire nella politica quando sia
necessario un colpo militare e mai per difendere gli interessi
della nazione.
7. Devo parlare male di Hugo Chavez perché attacca i mezzi di
comunicazione privati e rinforza quelli pubblici. Perché ha
sconfitto l’analfabetismo in Venezuela, tema sul quale dobbiamo
stare zitti. Perché diminuirà nel 2010 la giornata di lavoro a 6
ore e questo tema è odiato dai datori di lavoro.
8. Devo parlare male di Hugo Chavez perché così mi identifico con
gli interessi del padrone del mezzo di comunicazione dove lavoro,
garantisco l’impiego, rinforzo i partiti e le imprese alleate
degli stessi padroni.
9. Devo parlare male di Hugo Chavez perché fa in modo che si torni
a parlare del socialismo, dopo tutto il lavoro che ci ha dato
cercare di seppellire questo sistema, nemico del capitalismo, nel
quale siamo profondamente integrati.
10. Devo parlare male di Hugo Chavez (e di Evo Morales e di Lula e
di tutti i non bianchi), perché loro vorranno dirigere i paesi, i
giornali, le emittenti televisive, le imprese, il mondo. Sarà la
nostra fine.
*
l’autore è professore dell’Università dello Stato di Rio de
Janeiro (UERJ), coordinatore del Laboratorio delle Politiche
Pubbliche della UERJ-preso da Visiones Alternativas