CUBA: IL CHE E  

 

L’INDIPENDENZA  

11 ottobre 2007 - M.Castagnedi www.radiocittaperta.it    
 

 
 

Tra le decine e decine di eventi, commemorazioni e manifestazioni in tutto il mondo, la principale cerimonia in ricordo del Comandante Ernesto Che Guevara é avvenuta l’8 ottobre nella città cubana di Santa Clara, luogo dell’ultima battaglia vittoriosa della guerriglia rivoluzionaria cubana contro il  criminale regime batistiano.

 

Era la settimana conclusiva del dicembre 1958 e la colonna “Ciro Redondo” al comando del Che, dopo aver fatto deragliare il treno blindato carico di armi e di soldati inviato da Batista dall’Avana, il giorno 30 dicembre prese d’assedio la caserma della città dove erano asserragliati gli ultimi 600 soldati governativi. 

 

In quella battaglia finale morì Roberto Rodriguez, detto “El vaquerito”, giovanissimo comandante 22enne del plotone suicida, quello che apriva la strada nelle battaglie più dure. “E' come se mi avessero ucciso cento uomini”, disse il Che in quell’occasione. Poi fu la vittoria definitiva contro i batistiani e tre giorni dopo le colonne del Che e di Camilo Cienfuegos entravano trionfalmente nell’Avana liberata.

 

Dunque Santa Clara città simbolo del Che a Cuba e nella grande plaza de la revolucion a lui intitolata, il Che osserva idealmente dall’altezza della sua grande statua in bronzo di 6 metri il vasto perimetro della piazza che circonda il mausoleo e il museo dove dall’ottobre del 1997 sono tumulati i  resti del rivoluzionario  ritrovati in Bolivia nell’estate di quell’anno. 60mila persone sedute nella piazza, con orchestre, balletti, poesie, fiori e bandiere sotto lo scintillante sole del primo mattino. Per prima viene diffusa la voce di Fidel quando lesse, dopo la morte del Che, la lettera d’addio che egli aveva lasciato: un testo semplice, schietto e sentito, come era nello stile di Ernesto Guevara scrittore, ma anche una eredità di lotta e di lealtà come esempio per tutti.

 

Alla presenza della figlia del Che Aleida, di Raul Castro da 15 mesi reggente del governo cubano durante la malattia e convalescenza di Fidel, del ministro della cultura Abel Prieto e di altri dirigenti politici, il discorso ufficiale é stato pronunciato da Ramiro Valdes Menendez oggi ministro delle Comunicazioni ma all’epoca uno dei comandanti della rivoluzione e compagno di lotta del Che.

 

Ramiro Valdes ha detto che le ragioni e i motivi di ribellione di Ernesto Che Guevara e della rivoluzione cubana di ieri, sono tutt’ora validi e vigenti oggi perché nonostante le vittorie e i successi sociali cubani, le minacce e gli attentati dell’imperialismo statunitense  e sopratutto della attuale amministrazione Bush contro Cuba non sono cessati, così come il mondo rimane pesantemente oppresso da un sistema politico-economico insostenibile che produce sfruttamento planetario su molte centinaia di milioni di esseri umani in condizioni di fame, malattie, ignoranza e di lavoro scarso e in condizioni subumane.

 

Dopo l’intervento di Valdes la manifestazione é poi continuata con la graduazione di 250 piccoli pionieri della scuola media col fazzoletto azzurro in memoria del Che, figurazioni di danza e balletto e con una grande orchestra popolare e guajira che ha intonato la celebre canzone “Hasta siempre” del famoso compositore Carlos Puebla sotto lo sguardo di quella statua del Che, in uniforme di battaglia con la carabina in una mano e l’altra bendata  dopo una ferita,  rivolta in direzione sud-sud-est cioé verso il vicino massiccio montagnoso dell’Escambray, luogo di battaglie nella sua Cuba patria d’adozione, e verso la lontanissima Argentina sua patria di nascita.

 

Da Cuba alla Bolivia, da Santa Clara a La Higuera il luogo dove 40 anni fa il Che fu atrocemente assassinato a freddo dopo 20 ore dalla cattura su ordine della CIA.

 

A La Higuera sono saliti dalla città di Valle Grande in diecimila camminando per ore su strade di montagna e salendo in un paesino dove la memoria del Che é oggi vivissima, con un piccolo museo nella stessa piccola scuola del villaggio dove fu assassinato. Grande eco ovunque nei continenti per

 

Il Che, le cui immagini e il cui volto, sono le effigi più diffuse tuttora nel mondo come confermava in un suo programma la televisione spagnola. Chi ama il Che deve passare una volta per la sua plaza a Santa Clara (inaugurata nel 1989 e  ad oggi visitata da 25 milioni di persone), ma i monumenti e le statue in onore del Che si stanno moltiplicando. Ne é stata elevata una enorme in Messico in stile moderno, un’altra é stata inaugurata in Venezuela sulle montagne dove viaggiò nel 1952 il giovane Ernesto col suo grande amico Alberto Granado, un’altro monumento ancora si trova a Rosario nella città natale argentina, e un’altro ancora é sorto nei pressi dell’aeroporto di Valle Grande, in Bolivia, dove in una fossa comune furono ritrovati i resti del Che e di cinque suoi compagni di lotta nel luglio ’97.

 

Il Che aveva ragione e la storia e la realtà lo confermano. Lui, medico ancor prima che combattente rivoluzionario, voleva portare in Bolivia, paese poverissimo, una nuova società e una nuova sanità. Per questo fu  ucciso, ma oggi nella stessa Bolivia operano migliaia di medici cubani che portano sanità e cure a popolazioni in campagna e in montagna che non avevano  mai visto un consultorio o un medico prima.

 

Negli ultimi due anni il governo cubano ha costruito in Bolivia dieci piccoli ma efficienti ospedali in zone rurali.

 

 

In questo ottobre 2007 a Cuba non solo si é celebrato il Che Guevara, ma il giorno 6 é stato anche l’anniversario dell’abbattimento con una esplosione a bordo di un aereo cubano di linea nel cielo delle isole Barbados con la morte di 72 persone, attentato criminale operato dal terrorista Posada Carriles, gia agente della CIA, e sempre a piede libero negli USA anche oggi quando i governi di Venezuela e Cuba ne chiedono l’estradizione.

 

Ma, ancora, il 10 ottobre é un’altra data fondamentale per la storia di Cuba la maggior isola del Caribe in riferimento a quel 10 ottobre del 1868 quando Carlos Manuel De Cespedes nella sua fattoria “La Demajagua” dell’oriente di Bayamo liberò i suoi schiavi e dichiarò l’inizio della Prima guerra di indipendenza cubana contro il dominio coloniale spagnolo. Sono passati oggi 139 anni da quella data storica, le colonie spagnole sono ormai lontane secoli così come i successivi 60 anni di repubblica-protettorato USA a Cuba sono rinchiusi negli archivi e la maggior isola delle Antille é divenuta una repubblica libera e sovrana solo a partire dal 1 gennaio 1959 con trionfo della Rivoluzione di Fidel e dopo difficoltà enormi di allora e anche di oggi col proseguire dello spietato blocco economico nordamericano..

 

Questa é semplicemente a grandi linee la storia di Cuba, qui la conoscono perfettamente tutti gli scolari sin dalle elementari e tutti qui sanno che la battaglia del Che e di Fidel non fu altro che la continuazione e la conclusione di quella lunga lotta per l’indipendenza nazionale cominciata il 10 0ttobre del 1868 da Carlos Manuel de Cespedes e poi proseguita da José Martì e altri patrioti.

 

Tutte queste cose le sanno perfettamente tutti i cubani dai nipotini piccoli ai nonni centenari. Chi non sa quasi nulla di ciò sono... i tanti giornalisti italiani che scrivono, pontificano e vaneggiano dai loro comodi uffici nelle eleganti  sedi dei loro ricchi giornali. Molti giornalisti italiani, ora  tromboni,ora maggiordomi, che insistono a scrivere bestialità su Cuba senza conoscerne quasi nulla della realtà positiva in fatto di stato sociale, cultura e senso di solidarietà internazionale. Opere e misfatti della “seconda casta”, quella giornalistica, ampiamente e riccamente finanziata dalla nota e impresentabile “prima casta”, quella politica.

 

Viva il Che. Più che mai ce n’é bisogno.