Miami
è decisamente una città molto particolare, unica sul territorio statunitense. La
maggior parte delle sue istituzioni, dai servizi di polizia, passando dalla
stampa e fino ai pompieri, sono sotto il controllo di una minoranza estremista
d'origine cubana ed estremamente potente. L'obiettivo confessato di questo
settore molto influente, che deriva dall'oligarchia pre-rivoluzionaria, è di
capovolgere, con tutti i mezzi, il governo de La Havana.
L'ultimo scandalo in ordine di tempo è scoppiato nel settembre 2006 quando è
stato scoperto che 50 giornalisti dello Stato della Florida, di cui tre del
giornale El Nuevo Herald, ricevevano in maniera regolare dei compensi da parte
del governo federale in cambio di una partecipazione nei programmi della Radio e
TV Martì dove essi erano incaricati di promuovere la propaganda anti-cubana di
Washington. I programmi di questi due media pubblici, dotati di un budget
annuale di 37 milioni di dollari e destinati ad "accelerare la fine del regime
castrista", sono unicamente trasmessi verso Cuba poiché la legislazione
anti-propaganda statunitense vieta la loro diffusione sul territorio nazionale
[1].
I tre giornalisti del quotidiano El Nuevo Herald, Pablo Alfonso che ha ricevuto
poco meno di 175.000 dollari dal 2001, Wilfredo Cancio Isla stipendiato
all'incirca con 15.000 dollari durante gli ultimi cinque anni, e Olga Condor il
cui assegno si eleva a 71.000 dollari, si occupavano della sezione "Cuba" del
giornale. Essi sono stati tutti licenziati dal Miami Herald di cui erano
dipendenti. Le loro aziende li hanno rimproverati d'esser gravemente venuti meno
all'etica giornalistica. Infatti, accettando di dipendere finanziariamente dal
governo statunitense, questi ultimi ricadevano in un evidente conflitto
d'interessi e si trovavano nell'impossibilità di dare prova d'imparzialità e
d'obiettività nel trattamento dell'informazione [2].
Jesùs Dìaz Jr., presidente e redattore capo dell'azienda The Miami Herald Media
Company alla quale appartiene El Nuevo Herald, ha espresso la sua profonda
delusione e si è dispiaciuto che i suoi professionisti dell'informazione abbiano
violato "la sacra fiducia" che lega il pubblico ed i giornalisti.
"Non credo che noi possiamo garantire l'obiettività né l'integrità se uno dei
nostri reporter riceve un compenso monetario di non importa quale entità […..],
soprattutto se si tratta di una agenzia del governo", ha sottolineato
[3].
Molti altri giornalisti ricevevano una remunerazione da parte dell'Ufficio delle
trasmissioni verso Cuba, tra questi Helen Aguire Ferrè e Ariel Remos di Diario
Las Amèricas, Miguel Cossio, direttore dell'informazione di Canal 41, Juan
Manuel Cao ugualmente giornalista di Canal 41, Ninoska Pèrez Castellòn di Radio
Mambì e Carlos Alberto Montaner, cronista di El Nuevo Herald
[4].
Il governo cubano ha da lungo tempo denunciato che alcuni giornalisti del sud
della Florida erano stipendiati dal governo degli Stati Uniti. Il caso del
reporter Juan Manuel Cao, che ha ricevuto all'incirca 11.400 dollari da parte di
TV Martì, è apparso sui media nel mese di Luglio 2006 quando quest'ultimo ha
vigorosamente interrogato il Presidente cubano Fidel Castro, durante una
conferenza stampa in Argentina. La risposta del Comandante scaturita all'epoca
era: "Chi vi paga dunque per porre questo genere di domande?".
Molti esperti in etica giornalistica, come Ivàn Romàn, direttore esecutivo dell'
Associazione Nazionale dei giornalisti ispanofoni, hanno denunciato questo
conflitto d'interessi tanto grave quanto inaccettabile. "C'è un limite che i
giornalisti non dovrebbero oltrepassare" ha dichiarato. Jon Roosenraad,
professore di giornalismo presso l'Università della Florida che ha dedicato la
propria attenzione su questo caso da scuola. " E' come se un reporter economico
lavorasse part-time […..] per una azienda locale durante le sue ore libere e
ritornasse al suo giornale l'indomani per scrivere sulla "sua" azienda", ha
notato [5].
Non è la prima volta che il governo statunitense remunera abbondantemente
giornalisti affinché essi promuovano la sua agenda politica. Nel 2005, la Casa
Bianca aveva assoldato il celebre giornalista Amstrong Williams con all'incirca
240.000 dollari, affinché difendesse, nel suo programma televisivo diffuso in
tutto il paese, la legge di riforma sull' Educazione [6].
Robert Beatty, vice-presidente in carica degli affari pubblici della Miami
Herald Media Company si è dimostrato intransigente e categorico: "L'etica del
giornalismo non può soffrire d'interpretazioni a geometrie variabili. Quando noi
siamo al corrente di tali intrighi, noi reagiamo con fermezza". Per lui,
l'indipendenza del giornalismo non poteva essere macchiata dalla propaganda del
governo [7].
Ma Beatty aveva sottostimato la potenza ed il potere di coercizione dell'estrema
destra cubana che controlla la vita politica ed economica di Miami. In effetti,
in seguito a forti pressioni, dalle minacce di boicottaggio ad altre azioni più
radicali, i proprietari del Miami Herald hanno deciso di riassumere i tre
giornalisti, e di posare gli occhi sulla scoperta nella loro azienda di altri
sei reporter che si erano resi colpevoli delle stesse malefatte
[8].
Questa decisione spettacolare ha portato alle dimissioni di Jesùs Dìaz Jr., che
ha deciso di trarre le conseguenze da questo mutamento repentino. Il presidente
del giornale ha considerato da parte sua che il fatto di servire gli interessi
del governo costituiva: "una violazione dei principi d'etica giornalistica
largamente accettati ". Egli è stato rimpiazzato da David Landsberg il cui primo
atto è stato di dichiarare che l'azienda non accetterà più, in avvenire, questo
genere di pratiche [9].
Non è la prima volta che il Miami Herald si sottomette e perde la faccia al
ricatto ed alle minacce della destra radicale di Miami, per timore di
rappresaglie. Negli anni '90, il giornale si era piegato alle esigenze di Jorge
Mas Canosa che aveva allora lanciato la campagna "Non credo all'Herald". Il
vecchio presidente della Fondazione nazionale cubano-americana, una
organizzazione estremista implicata nel terrorismo internazionale, aveva
minacciato il giornale di boicottaggio e di azioni ad ampio raggio se non avesse
dato una prova di maggiore fermezza verso il governo cubano.
Questa grave violazione dell'etica giornalistica e della libertà di stampa non
ha commosso la maggior parte del mondo a livello internazionale. Quanto alla
celebre organizzazione francese di "difesa della libertà di stampa",
Reporters sans frontières,
essa è rimasta muta su questo affare per non urtare alcune conoscenze del sud
della Florida [10].
Salim Lamrani, Professore
di spagnolo e giovane ricercatore all'Università Denis-Diderot ( Parigi VII ),
specialista delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Ultima opera pubblicata
: "Cuba a confronto con l'impero : Propaganda, guerra economica e terrorismo di
Stato", edizioni Timelì.
Note:
[1] "Conflicto de intereses en pagos a periodistas locales" di Oscar
Corral, El Nuevo Herald, 8 settembre 2006.
[2] "US ‘Paid Anti-Cuba journalist" , BBC, 8 settembre 2006.
[3] Oscar Corral, op. cit
[4] Ibidem
[5] Ibidem
[6] The New York Times, 8 settembre 2006
[7] Ibidem
[8] "Miami Herald Chiefs Quits Over Cuba Revelations", di Jason deans, The
Guardian, 3 ottobre 2006.
[9] Ibidem
[10] A proposito dei legami tra Reporters sans frontières ed il Dipartimento di
Stato, leggere anche " Il finanziamento di Reporters sans frontières per la NED/CIA",
di Diana Barahona e Jeb Sprague, Voltaire, 7 agosto 2006 , e "Quando Reporters
sans frontières copre la CIA", di Thierry Meyssan, Voltaire, 25 aprile 2005.
Salim Lamrani
Fonte: http://www.voltairenet.org
Link: http://www.voltairenet.org/article144032.html
17.11.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CICE G. O.