E' trascorso mezzo secolo da quel giorno in cui fu catturata questa immagine,
icona che riassume lo spirito di vittoria della Rivoluzione Cubana.
Il fotogramma fa parte di un documentario di mezz'ora, realizzato dai
giornalisti nordamericani Robert (Bob) Taber e Wendell
Hoffman nel Pico Turquino. La data: 28 aprile 1957. In quei momenti il
nascente Esercito Ribelle del 26 Luglio, comandato da Fidel, era considerato
un gruppo disperso, in fuga o in estinzione. Per la dittatura non esisteva. Un
capo delle Operazioni dell'Esercito, colonnello Barreras dichiarava il 12
aprile di quell'anno che uno o più aeroplani da ricognizione avevano sorvolato
tutta la Sierra Maestra senza trovare tracce dei ribelli "a meno che stiano
sotto terra come talpe, lì non c'è nessuno". Così può riassumersi il
bollettino militare emesso.
E precisamente in quei momenti, dopo lunghe marce di addestramento fisico, di
prova di volontà e decisione, nelle condizioni più dure di sopravvivenza, in
un ambiente ostile, circondato da un esercito dotato di tutti i mezzi, Fidel
Castro, Comandante dell'Esercito Ribelle, arrivava alla vetta con Raúl ed
altri componenti della guerriglia rivoluzionaria.
In una certa forma, nella salita al Turquino si laurearono tutti i combattenti
imbattibili.
Simultaneamente si consolidava il potere di organizzazione del movimento
clandestino del 26 Luglio che era stato capace di portare dalla Sierra fino a
scalare la montagna più alta di Cuba due giornalisti nordamericani. Bisogna
tenere conto che le attrezzature filmiche dell'epoca erano grandi, pesanti,
difficili da trasportare e da nascondere.
Allora gli autori del documentario non potevano immaginare che le immagini
catturate vicino al busto di José Martí sul Plan Turquino, nella quale tanto
l'espressione dei visi come la nobiltà dei combattenti coi fucili in alto,
cantando l'Inno Nazionale di Cuba, si sarebbero trasformati in qualcosa di più
del sensazionale reportage trasmesso, negli Stati Uniti, il 19 maggio di
quell'anno.
Sebbene fu il documentario sugli inizi della lotta armata nella Sierra
Maestra, il più divulgato negli Stati Uniti e nel mondo, ed ancora più il
fotogramma che illustra questa pagina, il suo valore simbolico oltrepassa
questa verità indiscutibile. Dal punto di vista estetico, come poesia di
combattimento, il fotogramma è eccezionale; ma lo è più nel suo significato.
Di allora fino ad oggi e dovrebbe essere per sempre, denota la forza stessa
della Rivoluzione.
Erano trascorsi appena quattro anni dall'assalto al Moncada e di
quell'immagine di Fidel detenuto nel Vivac di Santiago di Cuba, dove la magia
del destino fece che, nello stesso centro di detenzione, come fondo della
fotografia, ci fosse José Martí . Un'altra bella coincidenza della storia è
che il busto di Martí nel Turquino fu portato da Celia Sánchez Manduley, la
più vigorosa organizzatrice di contadini per l'Esercito Ribelle, tra altri
grandi meriti, tra cui, non secondario, la sua indispensabile partecipazione
nella rete clandestina per la salita dei giornalisti al Turquino.
Animati da quella sicurezza nella vittoria che plasma l'immagine di Fidel,
Raúl e dei suoi compagni nel Plan Turquino, il Capo della Rivoluzione ha fatto
ogni passo nell'itinerario rivoluzionario che si concluse, con la vittoria, il
1 gennaio 1959 e che oggi, a 50 anni da quella fisica scalata, carica di
ideologia, il giuramento esplicito di lotta e trionfo che trasmette il
fotogramma, é ancora vigente, con l'avallo favorevole che mezzo secolo fa non
c'era un popolo unito, come ora, pronto ad ottenere quello che sembrava a
tanti, impossibile.
|