8 ottobre 2007 - Haydée Santamaria Cuadrado* www.prensa-latina.it

 

Hasta la victoria siempre,

Che querido 

 

Lettera di Haydée Santamaria al Che Guevara, scritta dopo l'assassinio del Che in Bolivia.

 

*L'autrice è una delle eroine del Movimento 26 luglio, una delle due donne

che attaccarono la caserma Moncada il 26 luglio 1953.

 

 

 

 

Che: dove posso scriverti? Mi dirai in qualsiasi luogo, ad un minatore boliviano, ad una madre peruviana, al guerrigliero che esiste o non esiste però esisterà. Tutto questo io lo so, Che, tu stesso me lo hai insegnato, ed inoltre questa lettera non sarebbe per te. Come dirti che non avevo mai pianto tanto dalla notte in cui ammazzarono Frank, e che questa volta non lo credevo. Tutti erano sicuri, ed io dicevo: non è possibile, una pallottola non può fermare l'infinito, tu e Fidel dovete vivere, se voi non vivete, come vivere. Da quattordici anni vedo morire persone immensamente care, che oggi mi sento stanca di vivere, credo di aver vissuto già troppo, il sole non lo vedo tanto bello, la palma, non sento nessun piacere nell'ammirarla; a volte, come adesso, nonostante mi piaccia tanto la vita che solo per queste due cose vale la pena di aprire gli occhi ogni mattina, sento il desiderio di tenerli chiusi come loro, come te.

Come è certo, questo continente non merita tutto questo; coi tuoi occhi aperti, l'America Latina aveva preparato il suo cammino. Che, la sola cosa che avrebbe potuto consolarmi è il fatto di essere stata con te, ma non è stato così, sono qui accanto a Fidel, ho fatto sempre quello che lui desidera che io faccia. Ti ricordi?, tu me lo avevi promesso nella Sierra, mi dicesti: non ti mancherà il caffè, avremo il mate. Non avevi frontiere, ma mi avevi promesso che mi avresti chiamata quando saresti andato nella tua Argentina, e dal momento che lo aspettavo, sapevo bene che lo avresti fatto. Oramai non può essere più, non hai potuto, non ho potuto. Lo ha detto Fidel, deve essere vero, che tristezza. Non poteva dire "Che", prendeva forza e diceva Ernesto Guevara, così lo ha detto al popolo, al tuo popolo. Che tristezza tanto profonda, piangevo per il popolo, per Fidel, per te, perché non posso, oramai. Dopo, nella veglia funebre, questo grande popolo non sapeva quali gradi Fidel ti avrebbe attribuito. Te li ha dati: artista. Io pensavo che tutti i gradi erano poca cosa, troppo poco, e Fidel, come sempre, ha trovato quelli veri: tutto quello che hai creato è stato perfetto, ma hai fatto una creazione unica, ti sei creato tu stesso, hai dimostrato come quell'uomo nuovo è possibile, tutti abbiamo potuto vedere che quell'uomo nuovo è la realtà, perché esiste, sei tu. Cosa posso dirti di più, Che. Se sapessi, come te, dire le cose. Comunque, una volta mi hai scritto: "Vedo che ti sei trasformata in una letterata con dominio della sintesi, ma ti confesso che mi piaci di più come quel primo dell'anno, con tutti i fusibili sparati e tirando cannonate tutto intorno.

Questa immagine e quella della Sierra (perfino le nostre liti di quei giorni mi sembrano piacevoli nel ricordo) sono quelle che porterò di te per uso mio personale". Per questo motivo non potrò mai scrivere niente su di te e conserverai sempre questo ricordo.

Hasta la victoria siempre, Che querido.

Haydée
 


 

traduzione di Ida Garberi