|
IL DIALOGO TRA CIVILTÀ
Dal libro "Il Dialogo tra civiltà"; Fidel Castro Ruz. Introduzione dell'autore. Discorso pronunciato in Río de Janeiro alla Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, il 12 giugno 1992. Discorso pronunciato in chiusura della “Conferenza Mondiale Dialogo di Civilizzazione. América Latina nel secolo XXI: Universalità e Originalità”, La Habana, 30 marzo 2005 |
Lo scorso 3 agosto ho pubblicato, con il titolo Riflessioni sulle dure ed evidenti realtà, un commento riguardo le prerogative del potere e la sua influenza sugli esseri umani, ed ho citato i ragionamenti esposti dal colonnello generale Leonid Ivashov, Vicepresidente dell’Accademia Russa dei Problemi Geopolitici, in passato Segretario del Consiglio dei Ministri della Difesa della Comunità degli Stati Indipendenti e Capo del Dipartimento di Cooperazione Militare del Ministero della Difesa della Federazione Russa. Come ho segnalato in quella occasione, Ivashov è un uomo realmente ben informato, i cui punti di vista valevano la pena che fossero conosciuti dal nostro popolo.
L’analisi del generale Ivashov, raccolta da una nota dell’agenzia russa Ria Novosti del 24 luglio scorso, partiva dal riconoscimento che il principale strumento della politica statunitense è la dittatura economica, finanziaria, tecnologica e militare esercitata dagli Stati Uniti sullo scenario mondiale contemporaneo.
Non ripeterò il ragionamento del generale Ivashov, che lo porta alla conclusione che, per neutralizzare i piani dell’egemonia mondiale, è necessario costruire dei poli di potere alternativi, ed in questo senso desidero solamente chiamare l’attenzione su una delle sue principali affermazioni:
“All’impero potrà solamente opporsi un’alleanza tra civiltà: la russa, nella cui orbita è compresa la Comunità degli Stati Indipendenti (CEI), la cinese, la indù, l’islamica e la latinoamericana. È uno spazio immenso, nel quale potremmo creare dei mercati più equi, un nostro sistema finanziario stabile, un nostro meccanismo di sicurezza collettivo e una nostra filosofia, basata sulla priorità dello sviluppo intellettuale dell’uomo innanzi alla moderna civiltà occidentale che scommette sui beni materiali e misura il successo sulle ville, gli yacht ed i ristoranti. La nostra missione è orientare nuovamente il mondo verso la giustizia e lo sviluppo intellettuale e spirituale.”
Questo concetto di “alleanza tra civiltà”, basata sul predominio delle idee, mi ha ricordato un evento internazionale effettuato nel nostro paese nel marzo del 2005, dal titolo: “Conferenza Mondiale Dialogo tra Civiltà. L’America Latina nel Secolo XXI: Universalità ed Originalità”.
Nella citata Conferenza, convocata dal Consiglio Fondatore del Centro della Gloria Nazionale Russa, ed organizzata dal Ministero della Cultura e dall’UNEAC, parteciparono quasi 300 scienziati ed intellettuali, rappresentanti d’associazioni sociali e mezzi d’informazione, politici e personalità religiose di 29 paesi, riuniti con il proposito essenziale di rispondere alle attuali teorie sullo scontro tra civiltà, basate sul carattere emarginante della globalizzazione neoliberale, propugnatrice di un modello unico, a cui si contrappone la promozione del dialogo tra i popoli, le culture, le religioni e gli Stati, per trovare delle risposte comuni alle sfide chiave del mondo contemporaneo.
Fui invitato a dire le parole di chiusura di quella manifestazione e durante la sessione finale della Conferenza, effettuatasi nel Palazzo dei Congressi dell’Avana il 30 marzo 2005, pronunciai un discorso, o meglio, un dialogo improvvisato con gli invitati, partendo dalle dichiarazioni e dalle domande da loro fatte quel giorno. Affrontai con le mie parole alcuni temi oggetto di considerazione nelle sessioni di lavoro dell’evento, ed altri che erano in relazione con i propositi della Conferenza.
Per la loro estensione, nell’occasione quelle dichiarazioni non furono da me ricontrollate, né il testo fu consegnato alla stampa. Alla luce delle considerazioni fatta dal generale Ivashov e del suo riferimento all’alleanza tra civiltà, ho riletto quel discorso e ciò che ho fatto è stato cancellare un numero di paragrafi che non apportavano dei contenuti essenziali, controllando alcuni dettagli della struttura e della redazione del testo. Quando l’ho riletto, io stesso mi sono meravigliato dell’evoluzione già raggiunta da molte delle mie idee ed inquietudini attuali.
Per tale ragione, ho chiesto di stampare il testo di quell’intervento. La cosa più importante è ricordare che queste idee sono state pronunciate il 30 marzo 2005, quasi due anni e mezzo fa.
Se a Rio de Janeiro, più di 15 anni fa, parlai dell’essere umano come una specie in pericolo d’estinzione a causa della distruzione delle condizioni naturali di vita, oggi questo pericolo è più vicino. Nuovi ed imprevisti problemi prodotti dalla scienza, dalla tecnologia e dallo spreco congenito del neoliberalismo, moltiplicano i rischi politici, economici e militari. Le idee essenziali esposte nel “Dialogo tra Civiltà” erano già in embrione. Perciò ho chiesto che il discorso pronunciato a Rio de Janeiro sia pubblicato come prima parte di questo materiale.
Fidel Castro Ruz 25 agosto 2007
DISCORSO PRONUNCIATO A RIO DE JANEIRO DAL COMANDANTE IN CAPO DURANTE LA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE SU ECOSISTEMA E SVILUPPO, IL 12 GIUGNO 1992.
Sig. Presidente del Brasile, Fernando Collor de Mello;
Un'importante specie biologica corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione dalle sue condizioni naturali di vita: l'uomo.
Ora prendiamo coscienza di questo problema quando é quasi tardi per impedirlo.
È necessario segnalare che le società consumistiche sono le fondamentali responsabili dell'atroce distruzione dell'ecosistema. Sono nate dalle antiche metropoli coloniali e dalle politiche imperiali che, a loro volta, hanno generato il ritardo e la povertà che oggi colpiscono l'immensa maggioranza dell'umanità. Con solo il 20% della popolazione mondiale, consumano i due terzi dei metalli ed i tre quarti dell'energia prodotte nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno inquinato l'aria, hanno indebolito e perforato la cappa di ozono, hanno saturato l'atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a soffrire.
I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno ogni anno a fermare il mare. Numerose specie si estinguono. La pressione delle popolazioni e la povertà conducono a sforzi disperati per sopravvivere, anche a costo della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto.
La soluzione non può essere impedire lo sviluppo di coloro che più ne hanno bisogno. La realtà è che tutto ciò che oggi contribuisce al sottosviluppo ed alla povertà costituisce una flagrante violazione dell'ecologia. Decine di milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno nel Terzo Mondo in conseguenza di questo, più che in ognuna delle due guerre mondiali. Lo scambio disuguale, il protezionismo ed il debito estero aggrediscono l'ecologia e propiziano la distruzione dell'ecosistema.
Se si vuole salvare l'umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e le tecnologie disponibili sul pianeta. Meno lusso e meno sperpero in pochi paesi affinché si abbia meno povertà e meno fame su gran parte della Terra. Non più trasferimenti al Terzo Mondo di stili di vita ed abitudini di consumo che rovinano l'ecosistema. Rendiamo più razionale la vita umana. Applichiamo un ordine economico internazionale giusto. Utilizziamo tutta la scienza necessaria per uno sviluppo sostenuto senza inquinamento. Paghiamo il debito ecologico e non il debito estero. Scompaia la fame e non l'uomo.
Quando le supposte minacce del comunismo sono sparite e non rimangono più pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di dedicare immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del Terzo Mondo e a combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?
Cessino gli egoismi, cessino gli egemonismi, cessino l'insensibilità, l'irresponsabilità e l'inganno. Domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare molto tempo fa.
Grazie.
Discorso pronunciato dal Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, alla chiusura della Conferenza Mondiale Dialogo tra Civiltà. America Latina nel XXI secolo: Universalismo ed Originalità, Palazzo dei Congressi, 30 marzo 2005.
Cari amici:
mi riferisco a tutti gli invitati provenienti da altri paesi o da Cuba.
Devo confessare che la parola “straniero” non mi piace, è come se mi rivolgessi a voi, dicendo: “Cari strani”.
È molto probabile che poche volte qualcuno abbia avuto la possibilità – allo stesso tempo la sfida – di riunirsi con un gruppo come questo. Bisogna essere, in primo luogo, un indovino per sapere di cosa debbo parlare. Ho fama di parlare molto, a volte di dilungarmi, ma questa sera non è mia intenzione, sebbene non sempre le intenzioni coincidono con i risultati; però lo so, e non perché ho partecipato agli interventi – come mi sarebbe piaciuto molto. Ho avuto la fortuna di ricevere un riassunto delle attività e dei diversi interventi.
La prima cosa che mi viene in mente è l’idea di congratularmi con coloro che hanno avuto l’idea di creare un evento come questo e chiamarlo con un nome che lo sintetizza: “Dialogo tra Civiltà”. Chiunque non fosse stato al corrente delle riunioni o del contenuto del vostro compito, avrebbe potuto pensare che si trattava di un gruppo impegnato a scambiarsi impressioni filosofiche, oppure occupato in interessanti interscambi e riflessioni.
Per ciò che ho letto, penso che il contenuto di questo dialogo sia molto più alto e più profondo di ciò che si sarebbe potuto immaginare dal titolo.
Mi sembra che avete realmente partecipato ad un dialogo, non so se dire, tra le civiltà o per le civiltà.
Bisognerebbe riprendere i concetti di civiltà e domandarsi: che cosa sono le civiltà? Fin da quando ero ragazzo ed andavo a scuola, questo non tanto tempo fa, - mi sembra ieri che ascoltavo i primi concetti sul mondo, sulla storia -, si diceva che questo mondo era civilizzato e che gli europei erano arrivati in questo emisfero per portare la civilizzazione.
Si diceva pure che si doveva andare in Africa, a civilizzare gli africani e sono andati nel Pacifico, in quello che allora si chiamava Oceano Indico a civilizzare gli indiani e gli indonesiani; un po’ più lontano ed arrivarono in Cina, a civilizzare la Cina.
Abbiamo tutti sentito parlare tanto tempo fa, ed anch’io da ragazzo, di Marco Polo, dei suoi viaggi in Cina e si sa che esisteva già da molto tempo una civiltà cinese, e che ci furono una civiltà indiana, un’altra nell’Eufrate, diverse in Mesopotamia, e curiosamente tutto ciò accadeva prima della civiltà greca e di quella romana, e prima della civilizzazione europea.
Un giorno ero in visita in Africa, in Sudafrica, e mi invitarono in un villaggio dove vi era una statua costruita in memoria di un bambino morto durante una delle proteste contro l’apartheid ed in quel luogo ho riflettuto sul fatto che ai tempi in cui in Africa, in alcune zone dell’Africa, vi era già una civiltà, in Europa le tribù barbare vagavano da una regione all’altra.
Sappiamo che Giulio Cesare a quei tempi guadagnò la sua gloria combattendo con le sue legioni le tribù barbariche germaniche, e dopo averle soggiogate conquistò con la guerra le Gallie ed arrivò a quella che è oggi la Gran Bretagna, alle isole. Non riuscendo, a quanto pare, a dominare totalmente quelle genti, costruirono una muraglia. Quella stessa Europa – e non sono contro gli europei, al contrario, sono a favore della pace tra tutti e del rispetto della dignità di tutti, come non rispettare la dignità degli europei, conto la storia, meditavo -, a quei tempi, XV secoli dopo la conquista delle Gallie da parte di Giulio Cesare, gli spagnoli – in parte miei parenti – arrivarono in Messico e – penso – incontrarono lì una civiltà, una città molto più grande di qualsiasi città europea dell’epoca, la città del Messico, la capitale degli aztechi, Tenochtitlán, una città costruita sul lago, un’opera d’ingegneria maestra, un’agricoltura prospera, sviluppata. Aveva più abitanti ed era più grande di Parigi; probabilmente più grande di Madrid, Lisbona e tutte le altre, ed andarono a portare la civiltà, a conquistare il Messico.
Uno dei pretesti che ho letto in un libro di uno degli scrittori di quell’epoca, Bernal Díaz del Castello, era quello di doverli civilizzare perché facevano sacrifici umani. Se si dovesse civilizzare coloro che fanno sacrifici umani, allora a questo mondo bisogna civilizzare ancora molta gente.
Penso, per esempio, che bisognerebbe civilizzare quelli che bombardano le città, terrorizzano milioni di uomini, donne e bambini e dopo dicono che ci sono state perdite civili. Indipendentemente dalle perdite civili che ci sono sempre in tutti i bombardamenti, ed i russi lo sanno meglio di tutti, dato che hanno conosciuto i bombardamenti su Leningrado e gli attacchi a sorpresa. I russi ricorderanno quel 21 giugno quando le truppe d’Adolf Hitler, con le divisioni corazzate, con l’impiego di migliaia di aerei, centinaia di divisioni perfettamente armate, decine di migliaia di carri armati e cannoni, attaccarono di sorpresa e senza avviso quello oscuro angolo del mondo che si chiamava Unione Sovietica; le divisioni penetrarono a tutta velocità, alcune fino a Leningrado, altre direttamente verso Mosca, altre al sud, direttamente in direzione di Kiev.
Quelli come noi, che hanno avuto la possibilità di conoscere e d’ammirare la grande prodezza del popolo russo, sanno quale terribile sciagura ha dovuto improvvisamente affrontare, in poche ore, mentre i soldati si trovavano in quella famosa fortezza di Brest-Litovsk, che, nonostante la sorpresa, si difese tanto gagliardamente ed eroicamente. Nello studio di questi fatti abbiamo così potuto osservare qualcosa che dice molto dei valori storici del popolo russo, perché mentre in qualsiasi luogo la notizia dei carri armati nemici nella retroguardia era il segnale d’alzare le mani e la bandiera bianca, i russi invece non si arrendevano, i russi non alzavano la bandiera bianca.
A volte uno riflette su cosa sarebbe successo se quel popolo russo fosse stato mobilitato, se l’esercito russo ed i suoi alleati fossero stati messi in stato d’allarme. Noi, un paese piccolissimo, un’isoletta qui a fianco del potente vicino, quante volte abbiamo dovuto prevedere i pericoli e dichiararci in stato d’allarme? Perché ci siamo proposti che mai nessuno avrebbe potuto sorprenderci ed attaccarci impreparati. Non rovisto nella storia, ne parlo di responsabilità, però è un fatto reale che se il popolo e le sue forze armate fossero state mobilitate, so molto bene dove sarebbe finita la Seconda Guerra Mondiale: non a Berlino, ma a Lisbona. Mi prendo qui la responsabilità di dirlo, l’ho pensato tante volte perché ho letto molti libri di storia riguardanti quella guerra, scritti da una parte e dall’altra. Sappiamo tutti che sono morti milioni e milioni di uomini e donne, si è prima parlato di 15, dopo di 20 e dopo ancora di 27 milioni di cittadini di quello Stato multinazionale sovietico; allora ed anche adesso, la Russia è in gran parte uno Stato multinazionale, naturalmente; sono morte però decine di milioni di persone, gran parte in conseguenza della sorpresa.
Nel nostro paese non si sa quanti libri siano stati pubblicati sul tema, e quando grandi pericoli ci minacciavano, ricorrevamo alla letteratura eroica russa. E così si pubblicavano centinaia di migliaia di libri per ispirare il nostro popolo all’idea che se il popolo lotta e resiste può affrontare qualsiasi difficoltà.
Voglio dire che per noi l’eroismo dei russi non è qualcosa come l’eroismo di cui abbiamo letto, per esempio, di coloro che a Sagunto e Numancia, hanno lottato contro le truppe romane fino all’ultimo uomo ed allo sterminio della popolazione, ma che abbiamo vissuto insieme una parte della storia, la parte difficile. Voi l’avete vissuta prima e noi dopo, costantemente minacciati da un’invasione e non ci minacciava l’isola di Gran Caimán, che è al sud di Cuba ed è di alcuni chilometri quadrati, con forse 8.000 o 10.000 abitanti, ma ci minacciava un paese con 8, 9 o 10 milioni di chilometri quadrati, quasi 300 milioni d’abitanti ed è la potenza che, dal punto di vista tecnico, economico e militare è prevalsa negli ultimi 60 anni, la superpotenza statunitense. Un grande pericolo.
Noi c’ispiravamo alle gesta del popolo sovietico, devo dirlo, non devo avere timore a pronunciare questa parola; però sappiamo che l’anima di quella resistenza, l’asse di quella resistenza, il centro di quella resistenza, era il popolo russo, senza sminuire assolutamente l’eroismo di altri popoli che hanno lottato insieme ai russi.
Retamar parlava dell’invasione della Russia da parte delle truppe napoleoniche; Napoleone che fu un rivoluzionario, rappresentante di quella grande rivoluzione, indiscutibile genio militare, ma genio militare durante una rivoluzione; senza la Rivoluzione Francese non ci sarebbe stato il genio, il genio militare napoleonico, là in Corsica, nella sua isoletta, avrebbe vissuto ciò che gli toccava in quell’epoca e nessuno avrebbe sentito parlare di Napoleone, ma ci fu una grande rivoluzione e come tutti sanno durante questa rivoluzione, lotte, interventi, invasioni e dal popolo nascono molti capi. Dal popolo nascono i capi soprattutto duranti le grandi crisi sociali.
Non sono gli uomini che fanno la storia, è la storia che fa gli uomini, le figure, le personalità; gli uomini interpretano, in un modo o nell’altro, gli avvenimenti, ma sono figli della storia. Senza questi processi storici – vediamo qui l’ambasciatore del Venezuela, il nostro amico Adán, porta il nome del primo essere vivente che ha abitato il pianeta, ma è il rappresentante del paese di Bolivár – senza quegli avvenimenti storici non si conoscerebbe oggi il nome di Bolivár.
Fu la grande crisi, l’occupazione della Spagna da parte di Napoleone, l’imposizione di un re francese, un fratello – e credo mezzo tonto – del gran imperatore, che dette luogo ad una ribellione come atto, in primo luogo, di lealtà, non da parte di Bolivár, ma di quella società che era, tra l’altro, una società rappresentata in quel momento dai settori più ricchi, i settori dominanti.
Però senza quelle vicende storiche, senza quella rivoluzione oggi non si conoscerebbe il nome di Bolivár, se fosse nato 30 anni prima o 30 anni dopo. Non si conoscerebbe il nome di Martí, non si conoscerebbero nemmeno i nomi di molte grandi figure storiche, la cui fama, più che i meriti sono scaturiti dalle vicende storiche. Lo dico di tutte le grandi figure storiche: Martí, quando nasce è figlio di un militare spagnolo, genitori spagnoli, possiede un’enorme sensibilità, e nasce in questa terra in un momento di crisi. Le grandi vicende storiche sono frutto delle crisi.
Dico questo, perché la storia – esistono molte interpretazioni della storia – è composta da una serie di fatti ed avanza a tappe. La storia di cui parlavamo, la storia di quelle civiltà che sorsero prima della greca e della romana, ci sta insegnando molte cose.
Penso che la storia dell’uomo è la storia delle guerre, la storia delle conquiste, la storia della dominazione di un popolo sull’altro, di un gruppo sull’altro. In un dato momento nacquero gli imperi, ma il romano non è stato il primo, ce ne sono stati altri prima. In Cina sono esistiti degli imperi. Lì esisteva il famoso esercito di terracotta, che i cinesi hanno estratto dalla terra e riflette in modo impressionante l’evoluzione dell’arte, della cultura, della tecnica, della civiltà.
Sono esistiti imperi in Asia. L’impero persiano è stato molto prima di quello romano, anteriore anche al famoso impero d’Alessandro. Alessandro organizzò ad un certo punto l’esercito – bene, l’organizzò sua padre – e molto giovane iniziò l’invasione dell’Asia Minore e di tutti quei paesi. Stavano lottando contro un imperatore persiano, credo che distrusse Persepoli, dicono che portò la civiltà greca. È così strano ascoltare che la civiltà greca possa essere ispiratrice della distruzione di una città come Persepoli. Rimangono dei resti e senza dubbio deve essere stata una meraviglia. Anche la civiltà della Mesopotamia è stata distrutta, i famosi giardini pensili non si sa dove siano finiti, di ciò che furono rimane solo un’idea. Era un’invasione dietro l’altra. L’Europa è stata invasa ad ondata successive dalle tribù barbare. Le tribù barbare finirono per distruggere l’impero romano, soprattutto quando le legioni romane smisero di essere romane poiché costituite da soldati di quelle tribù barbare che alla fine distrussero l’impero. Nonostante ciò, naturalmente, in ognuna di queste tappe sono nati dei grandi valori, in tutte le epoche, fin da quella che ha preceduto la nostra era, come i filosofi antichi, i filosofi greci precisamente, nati prima della nostra era, come Aristotele che si dice fu il precettore d’Alessandro Magno. Come raccontano le storie scritte da veri eruditi che hanno conosciuto le abitudini di quell’epoca e spiegano che Aristotele fu il precettore del figlio di Filippo di Macedonia.
Ossia, ognuna di queste tappe ha creato dei valori e delle culture che si sommavano ad altre; però quando parliamo di civiltà non possiamo ignorare quella maya, che conosceva lo spazio, l’azteca, l’inca o quelle preincaiche.
Ho conversato con uomini eminenti come l’esploratore Heyerdahl, il famoso autore del Kon-Tiki. Si dedicava allo studio delle grandi civiltà. Lavorò molto in Perù e mi raccontava come ci fossero delle cose e delle distanze nella pianura che si potevano percepire solamente da un’altezza di 2000 o 3000 metri, costruzioni che erano opere d’ingegneria, risultato di conoscenze d’ingegneria che non esistevano in Europa ai tempi della conquista di questo emisfero. In modo tale che ci portarono quelle civiltà, e ci conquistarono fino a quando? Fino ad oggi quasi, dico quasi, perché molti siamo ancora conquistati e dominati da altre civiltà che imperano sui resti di quelle che esistevano in questo emisfero e questo senza dimenticare i grandi valori che i conquistatori ci hanno portato, perché tutte le civiltà creano dei valori, anche se sono valori che si scontrano uno con l’altro.
Quando ascolto questa frase: Dialogo tra civiltà, mi viene in mente l’idea di una somma di valori, la somma dei valori di tutte le civiltà, ed è come parlare d’alfabetizzazione: è insegnare agli ignoranti quei valori che non hanno potuto conoscere, perché non avevano un maestro, non avevano una scuola. Quando si parla d’alfabetizzare si pensa a questo, a trasmettere valori, ma dobbiamo domandarci: quali valori trasmettiamo?
Ho ascoltato con emozione le parole pronunciate sull’addio allo sciovinismo, al rigido nazionalismo, agli odi, alle intolleranze, ai pregiudizi ed è portando tutto ciò che di buono possiedono le culture, tutte le civiltà e tutte le religioni, educando ad un’etica universale, veramente necessaria in questo mondo neoliberale globalizzato, nato per globalizzare l’egoismo, i vizi, le ansie di consumo, il tentativo di accaparrasi le risorse altrui e di schiavizzare gli altri.
Si dice che è stato un gran passo in vanti, quello dalla schiavitù romana al feudalesimo prevalso in Europa, durante il Medio Evo, fino al momento in cui ci scoprirono. Dico ci scoprirono, perché sebbene abbia una parte del sangue degli scopritori, mi sento figlio di questa terra, di questa isola, ma soprattutto mi sento figlio dell’umanità. Abbiamo avuto un gran patriota, un gran filosofo che una volta disse – e non era l’epoca dell’internazionalismo, era un uomo che lottava per l’indipendenza della sua patria contro il colonialismo spagnolo, ma disse una frase degna di essere registrata per il futuro -: “Patria è umanità!” quell’uomo si chiamava, si chiama e si chiamerà sempre José Martí. Vedete: “Patria è umanità!” Qui, dove si sono riuniti rappresentanti di oltre 25 paesi, scienziati, intellettuali, leader religiosi, per sostenere questo dialogo tra civiltà, non avete per caso avuto un sentimento o un’impressione che “Patria è umanità!”?
Lo chiarisco perché odio lo sciovinismo, lo ripugno come ripugno molte cose dell’uomo nel suo lungo cammino della sua breve storia… nessuno sa se l’homo sapiens nacque 50.000 o 100.000 o centinaia di migliaia di anni fa. Gli archeologi passano la loro vita cercando crani per vedere in quale momento dell’evoluzione della specie nacque l’uomo. E lo dico senza alcun timore, anche se so che molti sono religiosi, perché lo stesso capo della Chiesa Cattolica alcuni hanno fa dichiarò, a mio giudizio con molto valore, che la teoria dell’evoluzione non è inconciliabile con la dottrina della creazione. Non conosco, concretamente, ciò che pensano su questo punto altre religioni, le rispetto tutte e rispetto tutti i criteri, ma cito un esempio di come interpreta queste conoscenze la Chiesa Cattolica. Sono cose nuove, perché le stesse chiese hanno appreso ed hanno cercato di perfezionare i loro punti di vista e le loro concezioni, partendo dalla ricerca del bene.
Ho studiato in una scuola religiosa, sono stato critico, e posso esserlo ancora, del modo in cui mi insegnavano la religione, con un senso molto dogmatico. Tutte le persone non nascono uguali ed ognuna ha il proprio carattere, la propria forma d’essere. Io sento un rifiuto per le cose che cercano d’impormi o che mi obbligano a credere senza riuscire persuadermi di ciò di cui vogliono che io creda. Cosicché ognuno ha la sua maniera di reagire.
Però dico che le stesse chiese hanno fatto degli sforzi. La Chiesa Cattolica ha criticato i crimini che sono stati commessi, la conquista col sangue e col fuoco di questo emisfero, ha criticato l’inquisizione, ha criticato la condanna di Galileo, ha condannato quei fatti orribili, come erano i roghi dove castigavano gli eretici. Il primo indio che si ribellò in questo paese, era pacifico e nemmeno cubano, veniva da Santo Domingo dove esisteva una popolazione molto combattiva, si chiamava Hatuey e lo condannarono al rogo. Lì un sacerdote cercò di persuaderlo a battezzarsi per andare in cielo e racconta la storia – sia vero o non lo sia, è una bella storia – che lo stesso domandò – come c’insegnano fin dalle elementari – se gli spagnoli andassero in cielo e quando gli risposero di sì, quell’indio ribelle disse: “Allora preferisco morire, non voglio andare in quel cielo dove vanno gli spagnoli.”
Vedete che insegnamento, come ogni uomo che passa lascia qualcosa. Quel ribelle che morì con quelle parole, che possono essere o non essere certe, almeno le ha ispirate. Vedete che bell’esempio di dignità, di eroismo.
Dicevo che tutti gli errori che abbiamo commesso dobbiamo superarli ed i valori che abbiamo creato dobbiamo unirli. Interpreto così quello che potrebbe chiamarsi un dialogo tra civiltà, il cui spirito condivido al cento per cento e mi rende felice. Magari un giorno potrò partecipare ad un dialogo completo e non alla chiusura del dialogo, conoscendolo grazie ad un riassunto di ciò che si è discusso.
Il nostro illustre ospite, che abbiamo ricevuto con molta soddisfazione e che sappiamo non ha nessuna colpa d’essere arrivato tardi, potremmo chiamarla una contraddizione di punti di vista, una contraddizione tra civiltà, parlava della soddisfazione con cui aspettava in Grecia il prossimo dialogo, dove potranno partecipare quelli che lo desiderano, e mi è venuta in mente una cosa molto recente, che io, amante da sempre dello sport, desideroso di vedere le olimpiadi, a cui non sono mai stato, anche potendoci andare. Credevo però di avere diritto di partecipare ad un olimpiade, se lo desideravo, e lì in Grecia mi avevano invitato moltissime persone, perfino della Chiesa Ortodossa greca, e mi avevano promesso di portarmi ad un famoso convento. Ho veramente la mente colma di idee, di ricordi, delle cose che mi hanno raccontato, di ciò che mi hanno raccontato della storia di quella chiesa e di ciò che avevano fatto, di ciò che avevano creato. Ero molto interessato poiché lo stesso giorno in cui fu inaugurata la chiesa di quella religione mi aveva fatto visita il Patriarca ecumenico della Chiesa Ortodossa greca, e si parlava già anche della prima pietra della Chiesa Ortodossa russa, che avrà anch’essa una cattedrale qui, per la soddisfazione di tutti noi, nello stesso modo in cui è presente nella nostra città una moschea, e sono rappresentate tutte le religioni. Abbiamo questo onore, siamo compiaciuti e ci onora che siano qui rappresentate. Credo che il nostro paese sia stato in questo, un esempio di come può esserci ecumenismo, non solo in campo religioso, ma anche nel rispetto dei sentimenti altrui.
Non potrei essere ecumenico con coloro che negano agli altri il diritto a pensare e a credere, perché per noi, che tanto accusano di violare i diritti umani, il primo diritto umano è quello di pensare, il diritto a credere, il diritto a vivere, il diritto a sapere, il diritto a conoscere la dignità, il diritto ad essere trattato come gli altri esseri umani, il diritto ad essere indipendente, il diritto alla sovranità come popolo, il diritto alla dignità come uomo.
Se parliamo di diritti umani, pensiamo che bisognerebbe realmente organizzare delle olimpiadi, riunirci noi accusati, insieme a tutti i falsi e gli ipocriti che ci sono al mondo, in una sala come questa e discutere quali sono i diritti umani e quali sono quelli che abbiamo violato e quelli che abbiamo difeso per decenni, senza abbandonare una sola volta i nostri principi. Voi, molti dei quali siete religiosi, potrete in conclusione ricordare e ci liberi Dio – non sono credente nel senso tradizionale della parola – dall’dea di paragonarci con nessun altro personaggio della storia. Io non sono io; io parlo a nome del popolo di Cuba, rappresento migliaia, centinaia di migliaia, milioni esseri umani che abitano quest’isola. Non intendo paragonarmi a nessuno, però quest’isola è stata più calunniata dei primi cristiani, è stata più calunniata di coloro che erano divorati dai leoni nel circo romano, più calunniata di coloro che vivevano nelle catacombe perché avevano un credo.
Esistono credi religiosi e credi politici. Ci sono convinzioni religiose e convinzioni politiche, nel miglior senso che si possa usare questa parola tanto manipolata e tanto disprezzata che si chiama politica. Esistono le idee politiche. Concepisco come idee politiche quelle che siano realmente degne della vita di un uomo, del sacrificio di un uomo, del sangue di un uomo, della morte di un uomo, o di molti uomini, del popolo intero se fosse necessario sacrificarsi per difendere quei valori; chi difende i valori sa che senza valori non c’è vita. E dico di più: senza valori non esiste civiltà, perché quando parliamo di civiltà – e sappiamo che sono state molte e non poche sono scomparse – potremmo anche chiederci quanto possono durare queste civiltà se non facciamo i passi necessari, come state cercando di farlo voi qui, affinché sopravvivano, non la civiltà, ma la specie, perché per la prima volta nel lungo cammino della breve storia, la sopravivenza dell’umanità è in pericolo. Inviterei qualcuno a rispondere se la sopravvivenza della specie sia mai stata in pericolo come ora.
Prima c’era l’impero romano, la civiltà greca, o la grecoromana, in altri tempi ancora l’egizia, la persiana e quella già citata della Mesopotamia. Ossia, le civiltà sono stati presenti in questo e quell’emisfero, poiché l’uomo ha portato la civiltà dappertutto. È provato che l’uomo che era da questa parte dell’Atlantico aveva lo stesso sviluppo mentale e la stessa intelligenza di quello rimasto nel Vecchio Mondo. E i geofisici, coloro che studiano la Terra, sanno che prima non vi erano due emisferi e che 350 milioni d’anni fa esisteva una sola massa terrestre. Questi emisferi sono anch’essi il prodotto delle leggi fisiche, della geologia e la massa compatta si divise, questo emisfero si divise da quella massa, si staccò l’Antartide, s’allontanò l’Australia, ed in generale tutte le altre. Si sa, inoltre, come nacque l’Himalaya, i movimenti delle placche tettoniche che sono all’origine di tutto ciò, e 300-350 milioni di anni fa gli uomini non erano ancora comparsi. Allora incominciava a formarsi il petrolio. Quel petrolio, che sembra tanto e possibilmente meraviglioso, che quest’uomo civilizzato sta distruggendo in meno di 200 anni.
Vorrei sapere quanto petrolio rimarrà sulla terra tra 91 anni – siamo nel 2005 – dato che nel 1896 si consumavano 6 milioni di tonnellate di petrolio all’anno ed oggi se ne consumano 82 milioni di barili, ossia quasi 12 milioni di tonnellate al giorno.
Ripeto, care amiche e cari amici, 109 anni fa questo homo sapiens, la cui sapienza è tutta da dimostrare, consumava 6 milioni di tonnellate all’anno ed oggi ne consuma 12 al giorno e il consumo cresce al ritmo di 2 milioni di barili giornalieri all’anno, e non basta e d è sempre più caro.
E ricordo un solo problema, quello dell’energia e ci si potrebbe domandare quanto durerà questa comoda energia, di cui i nostri civilizzati vicini – non mi riferisco al popolo - , questo tanto civilizzato governo, non voglio menzionare nessuno perché non voglio ferire nessuno, bene, chiamateli come volete - , questa politica tanto civilizzata e tanto umanitaria che s’oppone ai Protocolli di Kyoto, un semplice e limitato tentativo di contenere la contaminazione dell’atmosfera. È qualcosa degno di rifiutare.
Quel paese consuma il 25% dell’energia mondiale. Adesso vi è una crisi petrolifera, c’è e ci sarà. L’ultima più significativa è stata nel 1975 ed adesso si dice che il petrolio sia caro. No, nel 1975 era caro.
Non siamo dei petrolieri, può essere che lo siamo, ma non stiamo difendendo con questo nessuna idea, sto solo dicendo che è meglio. Infatti, se hanno intenzione di contaminare il mondo, più è caro, più alta è la speranza che duri alcuni anni ancora, prima che ci avvelenino, che ci intossichino, che finiscano di cambiare il clima e ci sia almeno una speranza che piova.
Stiamo attraversando il periodo di siccità più intenso nella storia di questo paese. L’altro giorno ho sentito un tuono e mi sembrava di trovarmi in un altro paese, come quando visitai la Russia e vidi improvvisamente la neve, che non avevo mai visto, poiché ebbi lo stesso stupore quando, diverse settimane fa, sentì tuonare. I tuoni normalmente s’accompagnano alle piogge e vidi una pioggerellina, vidi alcune nubi, mi sembrava di essere all’estero, perché è da mesi che in questo paese non piove. Recentemente ha un po’ piovuto, ma non nella zona orientale del pese, dove si sta attraversando una terribile siccità, centinaia di migliaia d’abitazioni ricevono in questo momento l’acqua con i camion e milioni d’animali con le cisterne. In questo momento stiamo costruendo numerosi acquedotti d’emergenza, con tubi plastici, in PVC, per montarli rapidamente ed installarli velocemente per portare l’acqua, in un momento in cui il combustibile ha un prezzo elevato, non dico caro, però si elevato, ed ogni giorno sono sempre di più coloro che competono per questo combustibile.
Calcolate quanti camion stanno trasferendo l’acqua. E perché? Non è necessario aspettare le calende greche – bisogna sempre menzionare i greci, veramente – c’è bisogno ora. Una siccità come questa ci obbliga a dire addio non solo alle armi, come voleva Hemingway, anche se alle armi non possiamo dire ancora totalmente addio, addio all’idea di vivere della industria dello zucchero e della canna: la canna ha bisogno d’acqua. Abbiamo riempito di bacini questo paese, ma sono vuoti; solo eccezionalmente vi è un’impresa che si trova in un’area isolata con un po’ d’acqua e non abbiamo perso la speranza che possa piovere.
Per esempio, vedo che in Venezuela piove moltissimo. Il Venezuela è l’esempio. In un posto piove molto in un altro poco. Il clima è disturbato, è il meno che si possa dire, ed è una delle conseguenze della contaminazione ambientale. Perciò dicevo che il prezzo alto può aiutarci a far in modo che i pazzi diventino un po’ più saggi, che smettano di sperperare le risorse naturali e distruggere le condizioni naturali di vita del pianeta, affinché esistano le civiltà e possano dialogare, perché per dialogare bisogna innanzitutto vivere. Non ci dimentichiamo di quel filosofo che disse. “Penso, dunque sono.” Si potrebbe anche dire: “Per pensare bisogna esistere, per dialogare bisogna sopravvivere e per sopravvivere bisogna realmente lottare.”
Non esagero e sono fermamente convinto di non esagerare quando dico che dobbiamo lottare e, ripeto, lottare molto duramente se vogliamo che le civiltà sopravvivano, ma oltre alle civiltà, sopravviva soprattutto la specie portatrice di queste civiltà, con tutti i suoi difetti ed i suoi errori. È da questa prospettiva che ho meditato sul dialogo e la riunione che avete fatto e che farete il prossimo anno in Grecia, alla quale, disgraziatamente, non potrò partecipare, perché, nonostante tutti gli inviti ricevuti, mi hanno proibito di andare alle olimpiadi. Non mi hanno detto che mi era proibito, sebbene abbia molte proibizioni in questo mondo: mi è proibito vivere, devo costantemente evitare, più o meno sopravvivendo; devo sopravvivere perché costantemente c’è chi vuole che non viva e fa tutto il possibile. Adesso mi tengono un po’ più tranquillo per gli anni che ho e pensano che ci penserà la natura, ma so quanto sono impazienti. Non vi potete distrarre, capite?
Ho letto su un giornale: “Castro non è stato invitato.” È falso; qualcuno su un giornale calunniatore ha scritto che Castro avrebbe assistito ai giochi olimpici ed immediatamente il portavoce del governo di lì, non so di che governo, perchè non so che partito stia governando e nemmeno m’interessa, scusatemi la mancanza di rispetto, non so se di sinistra o di destra. Però voi lo saprete meglio di me, io non so se c’è un nuovo governo, se ci sono state elezioni, se c’è stato un cambio. Per me è lo stesso perché mi dispiacerebbe non poter andare ad una di quelle conferenze se mi invitano, nonostante debba schivare molti ostacoli poiché mi stanno dando la caccia dappertutto. Mi rimangono alcuni ostacoli, mi obbligano a volare con due aerei, come voi sapete, sebbene sia uno degli uomini più “ricchi” del mondo. Sapete, questo è un giornaletto nordamericano, che ha dei conti in sospeso con me, che deve saldare, solo che in questi giorni sono molto occupato con altre cose, ma avrà la sua rispostina, perché già da qualche annetto hanno questo conticino, e mi obbligano rispondere. Cosa faremo? Parlerò, ma non ho molta fretta, ho cose molto più importanti. Domani stesso ho cose molto importanti d’affrontare e ne ho affrontate e non voglio perdere un minuto. Vi stavo dicendo che dovete sapere che sono uno degli uomini più ricchi del mondo, questo Palazzo dove siete riuniti è mio, perciò non dimenticatevi di pagare. Non so se avete dovuto pagare alle organizzazioni turistiche, ma sappiate che questo Palazzo è mio. Miei sono tutti i centri di ricerca, tutte le scuole e tutti gli ospedali che stiamo costruendo, miei le decine di migliaia di medici e le centinaia di migliaia di professionisti universitari creati dalla Rivoluzione. Secondo questo punto di vista, sono il padrone di questo paese, anche i pochi pesci che rimangono lì sono miei. Capite? Gli uccelli che vanno e vengono, che sorvolano questo paese, sono miei; dicono che perfino questo Palazzo è mio, un affare. Bisogna ridere, no? Dicono che ride bene chi ride ultimo (Applausi). A questo giornaletto gli darò un colpetto, una stoccata di cui si pentiranno. Non voglio parlare di questo adesso, non voglio distrarmi. Però lo avverto, già che stavamo parlando di ricchezza. Dato che sono uno degli uomini più ricchi. Credo d’occupare la sesta posizione; non so che posizione occupi tu, ma qui dicono che sei un uomo che hai onestamente, come imprenditore, raggiunto un gran successo. E Bill Gates? Dicono che sia uno dei più ricchi e credo che ora ci siano alcuni rivali, in una forma o nell’altra, però ciò che non è lecito è che io sia padrone di questo, non sia lecito che sia ricco, con tutta dignità, non è lecito, non ho diritto d’essere ricco. Quando ero ragazzo, mio padre possedeva un po’ di soldi e dicevano che era ricco; ricco a livello di latifondo, non un ricco come Bill Gates. Però io non sono e né ho il diritto d’esser ricco. Però sono qui e lo sto commentando con voi. Ma come ho detto devo avere due aerei, perché se con una freccia stanno aspettando il mio per abbatterlo, devo fare delle manovre per confonderli ed a volte attera il mio per primo e dopo l’altro. Ci sono delle volte che decollando ho detto:”Spegnete tutte le luci” perché m’immagino l’uomo con la freccia. Così voi che mi state invitando a recarmi là, sappiate che è a costo della mia vita ed ora l’apprezzo veramente come non mai: sapete perché? Perché il poco tempo che mi rimane lo voglio dedicare con tutta la mia forza e l’esperienza accumulata negli anni a fare ciò che stiamo ora facendo: però non ne voglio tanti, me ne bastano due o tre ancora, trarremo profitto dai quasi 50 anni di questo mestiere.
Dico che non voglio morire, non vuol dire che tremo se domani devo morire. No, sto bene, ho una capacità di rassegnazione e di pazienza tremenda, ma possiedo un grande entusiasmo di ciò che stiamo facendo in questo momento e se volete, se avete pazienza e sempre che sia prima, diciamo, delle 8:00, vi racconto di alcuni temi che possono interessarvi. Non sono venuto a dire le cose che interessano a me, ho cercato d’indovinare ciò che possa interessarvi, ho cercato di prendere alcune delle vostre idee, però credo che avete fatto delle domande ed avete discusso di argomenti diversi da questi. Mi sonno messo a filosofeggiare un po’ sulle civiltà e sono arrivato a ciò che vi sto dicendo. Mi sembra che la cosa più importante da dire è che sono convinto che la sopravvivenza della specie corre dei rischi e sono rischi reali. Se avete fatto un viaggio tanto lungo ed avete avuto la pazienza super di aspettare che vi dicessi alcune parole, vi dirò la cosa più importante cioè che condivido questo sentimento e sono convinto che l’umanità stia correndo un rischio, non basandomi sulla fantasia, ma sui fatti, sui calcoli, sulla matematica e che bisogna salvare la pace, la specie e credo che si possa. Non parlerei di questo se fossi un pessimista, se pensassi che il problema non tenesse soluzione, credo che la tenga e sono abituato ad affrontare problemi difficili, poiché non è l’immaginazione di qualcuno. Credo che ci sia la soluzione ed è la cosa più importante, ma posso parlarvi di alcuni altri temi.
Ciò che volevo alla fine dirvi è che a lui non lo lasciavano viaggiare perché veniva a Cuba, l’hanno fermato lì ed allora ha espresso la sua buona volontà. Io ne approfitto, calcolo e riscuoto. No, non sarei andato alle olimpiadi, perché abbiamo veramente dei compiti impegnativi. Non sono andato nemmeno a quella di Mosca e sono andato a quella di Barcellona perché si stava svolgendo un evento internazionale e ci portarono lì a vedere l’inaugurazione. Quello che so è il numero di medaglie vinte dagli atleti cubani e Cuba ha nello sport il maggior numero di medaglie d’oro pro capite, medaglie olimpiche di tutti i tipi. Chiaro, non lo dico per sciovinismo, sebbene alle volte siamo sciovinisti sportivi. Non lo sono nemmeno nello sport ed è vero che mi emoziono per la mia squadra, è logico, ma sono sempre capace di riconosce i meriti e le capacità dell’avversario che ci sconfigge in una buona competenza sportiva, non nella boxe, dove ci hanno rubato una quantità industriale di medaglie d’oro, perché ciò che è prevalso nel pugilato è la mafia. Ci sono sport dove non prevale lo spirito olimpico, bensì la mafia.
Voglio dirvi che apprezzo le olimpiadi, sebbene siano per i paesi ricchi, deve essere New York, gli Stati Uniti o il Giappone. Alla Grecia hanno dato il diritto di celebrarle per miracolo, perché sono stati gli inventori delle olimpiadi oltre 2000 anni fa. Quell’uomo che era arrivato di corsa per annunciare il risultato della battaglia… Quale, delle tante guerre? Una delle tante battaglie, delle mille battaglie, visto che l’uomo si è dedicato quasi interamente a questo. (Qualcuno gli dice: “La battaglia di Maratona”.) Venne chiamata così.
Un altra volta, alle Termopili, un contadino disse all’uomo dei due milioni di soldati. Non possono essere stati realmente due milioni. Quando alle elementari ho letto la storia, credevo fosse vero e che di lì erano passati così tanti uomini. Un giorno in visita in Turchia per un evento internazionale, attraversai il Bosforo, dove dicono furono poste le navi al passaggio dei due milioni di Serse, mentre gli spartani li aspettavano alle Termopili solamente in 300. Domandate alla Stato Maggiore degli Stati Uniti come si possono rifornire 2 milioni di persone. È necessaria tutta la flotta mercantile e tutta l’aviazione per rifornire 2 milioni di uomini, soprattutto se vanno con Coca Cola, gelati, bibite e mangiare di prima scelta. Non so che tipo d’alimentazione avevano quei soldati persiani.
Ma ci fu un’altra battaglia, delle molte dei greci e nacque quindi quella maratona. Siccome siete stati i fondatori delle olimpiadi, con il sostegno di tutti, tra cui il nostro, siccome abbiamo difeso il diritto dei greci alla loro olimpiade. Però la Grecia è l’unico paese non multimilionario con un’olimpiade, perché 2000 anni fa ha avuto la fortuna di ricevere la buona notizia di aver vinto una battaglia contro uno degli imperi di quell’epoca. Che peccato! Perché alla Baia dei Porci potevamo mandare anche noi un messaggero che a tutta velocità portasse in Oriente la notizia che le forze mercenarie erano state sconfitte in meno di 72 ore; una piccola battaglia vinta dalla Rivoluzione contro le truppe mercenarie scortate dalle navi degli Stati Uniti. Continua ad essere un piccolo merito, ma non ci abbiamo pensato. È che esistevano i telefoni, la radio ecc. e nessuno dovette correre, perché anche qui s’incontrò un impero tanto potente come quello. Ci fu una piccola battaglia, la battaglia di Girón, Maratona/Girón, si potrebbe fare perfino un verso, più o meno, una rima, in un paese così pieno di poeti come questo.
Perciò gli hanno dato l’olimpiade. Adesso si stanno già contendendo i grandi investimenti. Bisogna essere multimilionari. I cinesi hanno ottenuto di organizzare un olimpiade lottando molto duramente e dopo essere quasi diventati il più importante motore dell’economia mondiale. Hanno ottenuto i Giochi Olimpici del 2008 e non so chi può battere i cinesi nell’organizzare uno spettacolo come le olimpiadi.
Scusatemi la mia brutta abitudine di dire sempre ciò che penso, ciò che credo sia vero.
Mi sono dilungato sul tema per spiegarvi le mie valutazioni, l’importanza che do a questa riunione, ossia, esortarvi a continuare a lottare e a fare ciò che avete fatto.
Ci sono dei temi molto importanti qui affrontati: temi regionali, internazionali, temi associati alla pace. Spero che gli interventi siano pubblicati con delle memorie e siano divulgati, per non rimanere solamente nell’ambito di un ridotto numero di persone. Le discussioni mi sembrano molto valide e molto libere. Ognuno ha esposto la sua opinione senza alcun timore; ognuno ha detto le proprie verità e credo che ne valga la pena, offrendovi tutto il nostro appoggio e tutta la nostra cooperazione, sempre che sia nelle nostre disponibilità.
È una valutazione. Non ha parlato il sentimento. Qui il sentimento ha parlato quando ha parlato Retamar ed ha espresso, tra l’altro, l’allegria dei cubani per la presenza a questo evento di tanti rappresentanti russi.
Ho ricordato la storia vissuta in comune per 30 anni. La collaborazione russa è stata per noi molto preziosa, in quel momento la collaborazione sovietica, perché esisteva uno Stato sovietico ed oggi esiste uno Stato russo. In realtà lo Stato russo ha praticamente ereditato tutte le funzioni e le responsabilità fondamentali dello Stato sovietico, il suo posto alle Nazioni Unite, la sua prerogativa come paese potente ed oggi ha il compito di difenderlo perché corre il rischio, senza dubbio, di prevalere una politica egoista, una politica irresponsabile ed una politica bellicista. Tutti corriamo dei rischi, non solo i cubani, anche i coreani, i russi, i cinesi ed il resto del mondo. Nessuno pensi che gli europei siano esenti da rischi e molto meno quando la concorrenza economica e commerciale, la concorrenza nella lotta per assicurarsi le materie prime, l’energia e le risorse naturali, è ogni giorno più forte, tra coloro che vogliono possedere tutto. Non parlo del popolo nordamericano, verso il quale sentiamo una sincera ammirazione, e non sono parole semplicemente diplomatiche. Non abbiamo mai coltivato l’odio, non abbiamo mai promosso alcun tipo di sciovinismo o fanatismo, né di fondamentalismo. Sono loro i fondamentalisti della guerra e della violenza.
Quando ho parlato di quel primo giugno in cui attaccarono di sorpresa e preventivamente l’Unione Sovietica, ho pensato che quelle stesse parole le ho ascoltate poco tempo fa in un’accademia militare degli Stati Uniti, quando il principale leader di quell’altro potente paese disse ad un ufficiale che dovevano essere pronti ad attaccare di sorpresa e preventivamente qualsiasi oscuro angolo del mondo ed in un dato momento parlò di oltre 60 paesi e noi, che l’ascoltavamo, sappiamo che siamo uno dei più oscuri angoli del mondo, in base all’avversione, al fondamentalismo, alla tecnologia, alla concezione ed alla ignoranza, perché, diciamolo, bisogna menzionare la parola ignoranza.
Ignoranza significa non conoscere niente di nulla di ciò che è il mondo, dei problemi che ha il mondo, delle realtà del mondo. Ripeto, ignoranza. L’ignoranza a cui mi riferisco è non sapere niente di nulla, ed il mondo va male quando la superpotenza più forte che sia mai esistita, con la capacità di distruggere dieci o venti volte il pianeta, è guidata da persone che non sanno niente di niente. È da infarto prematuro, se non fosse che abbiamo un cuore e delle coscienze forti.
Vi dicevo che l’umanità deve essere salvata. Penso che solamente la coscienza sia l’arma con cui questa umanità può essere salvata.
Sto esprimendo un pensiero che segue un criterio logico. Parlavo dell’uomo, della lunga ed a volte breve storia della specie che fino a 200 anni fa era costituita da un miliardo d’abitanti, che impiegò decine di migliaia di anni a raggiungere quel miliardo e che 130 anni dopo arrivò a 2 miliardi e che in soli 30 è giunta a 3, passando successivamente da 5 a 6 in 10 anni. Non ci dimentichiamo di questo. Ci sono in questo momento oltre 6 miliardi e mezzo d’abitanti. Chi conosce la povertà, il ritardo, la fame, le malattie, la scarsità di cibo, d’igiene, di salute, esistenti in questo mondo, dove ci sono paesi dell’Africa in cui le prospettive di vita sono di 36 anni e che in 10 anni potranno essere di 30, si meraviglia. Parlo di questa umanità che affronta problemi mai visti.
Vi ho parlato delle guerre. Potrei dirvi, come ho detto a molti compagni, che questa specie è evoluta, ha creato l’uomo e l’uomo è realmente una meraviglia degna di sopravvivere.
Ho una grande fiducia nell’uomo, nella sua capacità.
Perché per noi l’educazione è fondamentale? Perché l’uomo nasce colmo d’istinti. L’educazione è il processo per inculcare dei valori in questo essere pieno d’istinti. Non lo educate, lasciatelo solo in un’incubatrice, una macchina che lo curi e lo alimenti e vedrete che educazione avrà, se da lì può uscire ciò che l’immaginazione dei cineasti nordamericani ha creato: Tarzan, l’uomo scimmia, quello dei nostri film dell’infanzia, che non si sa come sia nato in Africa. Così ci hanno educato con Tarzan: l’uomo intelligente, circondato da tribù col pentolone pronte a mangiarsi l’uno con l’altro.
Perché questa ideologia ce la inculcarono da piccoli: gli africani erano cannibali e si mangiavano tra di loro. Di tutto ciò abbiamo visto un sacco di film e dovremmo essere tutti dei razzisti e dei super reazionari, perché erano i film che vedevamo, capite? Abbiamo ricevuto dosi letali di barbarie, abbiamo ricevuto dosi letali d’incultura, dosi letali di bugie e ciò nonostante nel nostro paese non sono potute distruggere l’idee.
Perciò vi dico: l’educazione è inculcare dei valori positivi creati dall’essere umano; quei valori che ho detto era necessario unire.
Per noi questo è stata una questione fondamentale, la creazione e la somma dei valori.
Cosa prevarrà, la menzogna o aver seminato dei valori? Sarà capace l’uomo di fare in modo che prevalgano i veri valori o la menzogna? È necessario essere i padroni delle grandi catene televisive? È imprescindibile? No, dobbiamo essere padroni della conoscenza, anche se si trattasse di una minoranza, padroni dell’informazione, comunichiamoci attraverso gli stessi mezzi tecnici, perché di fronte alle catene della menzogna, ci sono le catene che possono essere costituite dai computer, con cui un uomo può comunicare con qualcuno che vive in Australia, negli Stati Uniti, in qualsiasi angolo del mondo e scambiarsi le idee.
Penso che l’uomo abbia creato anche la tecnologia con cui può riuscire a far prevalere le verità.
Noi, per esempio, abbiamo usato la televisione. Nel nostro paese avevamo fino a poco tempo fa due canali ed ora sono quattro; il 62% delle ore di programmazione trasmesse a Cuba sono educative, ossia, di divulgazione educativa, culturale, informativa; di una cultura sana. Possono essere ricreative, ma cerchiamo anche che la cultura sia uno strumento d’educazione, facciamo in modo che semini dei valori, cerchiamo di far conoscere un buon film, proveniente da qualsiasi parte del mondo, e che si conoscano i suoi valori e chi l’ha creato.
Non alfabetizziamo più per televisione, non è necessario. Con la televisione impartiamo conoscenze superiori, conoscenze universitarie, conoscenze linguistiche. Questi mezzi, la radio e la televisione, se ben usati, potrebbero porre fine alla piaga dell’analfabetismo nel mondo.
Perché ci sono ancora 800 milioni d’analfabeti e miliardi di semianalfabeti? Se esistono la radio e la televisione, perché miliardi d’analfabeti e semianalfabeti? È una domanda da farsi. Esistono i mezzi per sradicare l’analfabetismo in pochi anni. Non è necessario che l’UNESCO parli da mezzo secolo di eliminare l’analfabetismo, perché?, se è provato che può essere eliminato perfino per radio.
Cuba aveva ad Haiti un programma d’alfabetizzazione alla radio, che si è interrotto dopo l’ultima invasione. Al suo posto, circa 500 medici cubani prestano il loro servizio in quel paese, che tutti sanno invadere, ma a cui nessuno manda un medico. Cuba non ha mai inviato un solo soldato ad Haiti, però ogni anno ha lì centinaia di medici. Inoltre, ci sono già centinaia di giovani medici haitiani laureatisi a Cuba, che lavorano lì con i nostri medici.
Prima dell’ultima invasione da parte delle forze ONU spinte dagli Stati Uniti, a cui mi riferivo, centinaia di migliaia di haitiani stavano imparando la propria lingua. Ora il programma si è interrotto ed i medici sono ancora lì, affrontando i rischi. La loro lingua, il créole, la imparano alla radio.
Qui oltre un milione di cubani ha imparato l’inglese per televisione e ci sono stati corsi di francese, portoghese ed altri. Alla televisione abbiamo questi ed altri programmi educativi, usando esaurientemente i mezzi di comunicazione.
Ora bisogna realizzare non solo l’alfabetizzazione scolastica, bisogna coltivare e realizzare l’alfabetizzazione politica. Voi parlate di un dialogo tra civiltà, come volete che lo capiscano? Mi domando se gli analfabeti capiranno il vostro messaggio, i milioni d’analfabeti del Terzo Mondo ed i milioni d’analfabeti e semianalfabeti del mondo sviluppato. Negli Stati Uniti, per esempio, c’è un gran numero di analfabeti ed un gran numero d’analfabeti funzionali. Questa è la realtà: paesi sviluppati con analfabetismo funzionale, compreso l’analfabetismo totale, più negli stessi Stati Uniti che in Europa. Come volete che capiscano il messaggio analfabeti scolastici ed analfabeti politici? Credete che questa gente, che sente tutti i giorni le storie che gli fanno vedere i mezzi d’informazione di massa capiranno il messaggio? Nonostante ciò, si deve fare in modo che il messaggio arrivi.
Però il messaggio non arriva semplicemente perché lo elaborate e lo spedite. Torno all’dea delle crisi, che faranno in modo che il messaggio sia trasmesso e si capisca.
Questa effervescenza latinoamericana, di cui hanno parlato qui alcuni latinoamericani, di cui ha parlato l’ambasciatore del Venezuela, di cui ha parlato Villegas – non l’ho visto, è da quelle parti.
Vladimir Villegas.- Sono qui.
Comandante.- È che alla televisione ti si vede in un modo e qui in un’altra.
Vladimir Villegas.- Più giovane.
Comandante. – questo lo credi tu, giovane sono io.
Anch’io credo di essere più giovane, ma tu lo sei veramente, obbiettivamente, e sono felice per te, ti rimane molto tempo davanti, impiegalo bene, è ciò che ti posso chiedere.
Però non crediate che questa effervescenza sia casuale, è figlia delle crisi nel paese con più risorse in America Latina, nel paese che possiede probabilmente le maggiori riserve di combustibile del mondo, che valevano tra le dieci o quindici volte di più di ciò che valgono ora. Se fate il calcolo a partire dal 1959, quando arrivò al governo quell’oligarchia ipocrita, mascherata da democratica, mascherata da progressista, fino ad oggi, sono trascorsi 40 anni ed i soldi trafugati sono l’equivalente del potere acquisitivo di oltre 2 miliardi di dollari. Questo è il valore sottratto da un solo paese. Sommate, se volete, con l’immaginazione, dato che è l’unica forma di sommarlo, dato che nemmeno i computer potrebbero offrire i numeri precisi, perché sono così tanti zero che gli individui già li tolgono tutti come usualmente si fa per moltiplicare mentalmente.
Quanto si saranno portati via dal Brasile? Quanti dal Messico? Dall’Argentina? Dalla Colombia, dal Perù, dagli altri paesi latinoamericani?
Bisogna fare i conti. Noi abbiamo gente nella nostra Banca Centrale facendo i conti, cercando di scoprire il mistero, scrutando dentro le cifre abissali di milioni di milioni, per vedere quanto si è svalutato il sucre in Ecuador o il peso messicano in una data epoca o il bolivar in un’altra, sebbene si sa che i venezuelani hanno ricevuto l’eredità di un bolivar svalutato, o della moneta brasiliana, quando il dollaro equivaleva a un 1 e più di cinque zero a destra. È incredibile e questo fenomeno lo conosce il Terzo mondo, già che è il meccanismo semplicissimo mediante il quale si portano via i soldi; perché i soldi di nessun paese del Terzo Mondo sono sicuri.
Così hanno fatto anche con la Russia. I soldi posseduti nel bene o nel male, se li portano via, perché non è già più l’oro che si sotterra in una bottiglia, è carta e questa carta si svaluta ogni giorno e per assicurarlo, si deve cambiarlo in valuta; deve essere ciò che ho fatto io per mantenere la famosa fortuna personale che ridicolamente mi attribuiscono. Cambiarlo in valuta convertibile e depositarli in qualche banca. No, veramente io so dove l’ho custodisco. L’ho mandato su Marte, è su Marte, lo potete trovare lì, la CIA li può trovare lì se vuole; vi rivelerò un segreto, è che non mi ricordo bene dove li ho messi, veramente, o li ho divisi tra Marte e la Luna, perché fossero lì al sicuro ed alla quarta, quinta o decima reincarnazione affittare un aeroplanino per andare a cercarli.
Parlando di moneta e di soldi, che siano posseduti nel bene o nel male, se li portano via, e sono obbligati a portarseli via, perché esiste un ordine economico mondiale, il cui gendarme è un’istituzione chiamata Fondo Monetario Internazionale, che obbliga gli Stati a depositare le loro riserve in banche straniere. E questo succede quando qualcuno arriva con i soldi e dice: “Me le porto via”. Non facendolo, lo condannano, non gli danno un centesimo. Sono stati i metodi che esistevano quando erano superpotenti. È visibile la crescente debolezza del sistema ad evitare le recessioni e la crescente debolezza dei meccanismi finanziari che lo sostengono. Questo ordine si può sostenere solamente sulla base delle armi nucleari, dei missili telecomandati, dei bombardieri invisibili, di armi che possono attaccare da 5000 chilometri e cadere in un campo da baseball, o meglio sulla terza base del campo di baseball. Tutto ciò è quello che sostiene quest’ordine, questo saccheggio, questo tentativo di impossessarsi di tutta la ricchezza del pianeta in qualsiasi posto si trovi, non solamente sottraendolo alla natura, come in Alaska, dove può arrivare il giorno in cui non ci sia più ghiaccio, come può arrivare il giorno che non ce ne sia più in Antartide, e milioni di chilometri quadrati di ghiaccio si sciolgano e molte isole sprofondino sott’acqua. Forse è meglio costruire prudentemente un molo qui vicino per quando si sciolga. Coloro che sono stati lì sanno che si sta sciogliendo velocemente e sapete che è una realtà, come la calotta sulla Groenlandia non è una fantasia, non è una bugia.
Alla natura stanno strappando l’equilibro ed alle nazioni le loro risorse naturali, in primo luogo le risorse energetiche. E quest’ordine si può sostenere solamente con le armi: però le armi servono sempre di meno di fronte alla crescita delle coscienze e grazie a quella straordinaria qualità dell’uomo di pensare, di riflettere, d’adattarsi alle condizioni concrete in qualsiasi determinata epoca storica.
Così voi russi, cosa avete fatto quando i nazisti v’invasero e quando le loro colonne corazzate penetrarono in profondità? Poiché i russi non si arrendevano, lottavano, combattevano per cercare di riunirsi al loro esercito oppure lottavano nelle foreste. Non è stato: “Mi arrendo”, lo ripeto, si sono adattati, sono andati in Siberia portandosi con loro i torni. So di fabbriche che cominciarono a funzionare senza tetti, in Siberia, sotto la neve, per produrre armi, quando la parte industriale del paese era stata occupata e distrutta.
Avete dovuto ripiegare, ripiegarvi fino a quando è stato necessario, finché avete trovato il punto d’equilibrio. Tutti sanno ciò che è successo dopo. Ho pensato molto a quelle vicende storiche, siamo stati in pericolo, ma non ci hanno mai sorpreso con attacchi improvvisi, siamo stati sempre stati allerta sopra e sotto terra.
Vi posso assicurare che questo paese non lo può occupare nessuno. Speriamo che non arrivi mai la circostanza di doverlo dimostrare, perché sappiamo quello che costa; però vi dico che questa città non può essere occupata. Questa è una città di centinaia di migliaia di combattenti che sanno difenderla, dove vi avverto non c’è un’analfabeta; qui, quello che sa di meno ha frequentato le superiori, chiunque sa usare un mortaio, un cannone o un arma simile.
Mi domando che livello scolastico avranno avuto i soldati iracheni che a Fallujah per diversi giorni hanno resistito ai carri armati ed all’armamento più sofisticato degli invasori? So solamente che sono stati settimane combattendo, dopodichè l’esercito americano ha occupato delle posizioni dove non potevano né rimanere né andarsene; non potevano rimanere perché servivano da altre parti, né andarsene perché gli avversari tornavano.
Realmente vi dico che l’uomo s’adatta, l’uomo può resistere. Gli imperialisti non hanno mai dovuto affrontare una nazione nelle condizioni in cui dovrebbero farlo oggi contro Cuba, abbiamo armi a sufficienza e continueremo armandoci. Ne abbiamo accumulate tante che credo che l’isola sia sprofondata di mezzo pollice negli ultimi anni, per la quantità di carri armati, cannoni ed armi arrivate nella nostra patria.
L’aggressore sa che qui c’è un popolo disposto a combattere e a difendere la patria. Questo è molto più potente di un’arma nucleare, di 1.000 armi chimiche. Perchè armi nucleari? Non ci è mai venuto in mente, come paese piccolo, questa scemenza, significherebbe rovinarsi, disporre di un’arma che servirebbe solamente a suicidarsi, come si trasporta? Non facciamo il giochetto che conviene all’imperialismo.
Siccome siete interessatati a conoscere le cose di Cuba, vi racconto.
Per difenderci non abbiamo bisogno di armi di distruzione di massa, ciò che abbiamo modernizzato sono le tattiche, il ruolo dell’uomo, del combattente individuale, dei combattenti coordinati, in che modo, con quali tattiche, con quali armi neutralizzare la cosa più potente che possa avere un avversario.
Voglio dirvi che il nostro paese ha conquistato ciò che potrebbe chiamarsi l’invulnerabilità militare ed in questo momento si sta dedicando, insieme al dovere di rafforzarsi, alla ricerca della invulnerabilità economica, due concetti. Era più facile raggiungere l’ invulnerabilità militare che invulnerabilità economica.
L’umanità può salvarsi, perché l’impero sta soffrendo una profonda crisi; senza crisi non ci sono cambi, senza crisi non si formano le coscienze; un giorno di crisi crea più coscienza di 10 anni del trascorrere del tempo, di 10 anni senza crisi.
Guardate il Venezuela, dicevo che dal paese si sono portati via miliardi di dollari, da questo paese così ricco, il paese dove più grande è la differenza tra ricchi e poveri, dove ci sono 17 milioni di cittadini vivendo in quartieri poveri, emarginati: senza questo non è possibile spiegarsi il processo rivoluzionario bolivariano. Né l’Ambasciatore e nemmeno il giornalista potrebbero spiegarlo bene, e sicuramente lo sanno fare: è l’ingiustizia accumulata. Senza l’ingiustizia accumulata non si può spiegare il trionfo della sinistra in Brasile, il trionfo di Lula, so che ne avete discusso, con tesi ed opinioni. Qui ci sono stati degli eventi in cui si è discusso, abbiamo espresso il nostro criterio, il presidente Chávez il suo, e non siamo pessimisti riguardo il processo brasiliano.
Oggi ha parlato un capo di stato europeo, del governo spagnolo, innanzi all’Assemblea Nazionale venezuelana. Ieri si sono incontrati in Guyana il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, il presidente del Brasile, Lula da Silva, i presidenti della Colombia e della Spagna.
È molto buono che ci sia il Presidente colombiano perché c’è chi vuole promuovere una guerra tra Colombia e Venezuela e siamo molto coscienti che è la cosa meno conveniente per questo emisfero, per i due popoli ed i due paesi e sappiamo che c’è chi vuole promuovere questi conflitti, ma entrambi i governi hanno fatto uno sforzo, hanno superato l’incidente. Ieri erano lì riuniti, alla luce pubblica, in un dibattito pubblico insieme al presidente spagnolo e il Presidente del vicino del Nord, credo che abbia fatto una dichiarazione…Ah! Si era già arrabbiato prima, ecco le dichiarazioni: “Cosa va a fare Zapatero in Venezuela?” Manca poco che dicano: Calzolaio alle tue scarpe, un detto casigliano. Per poco quelli del nord gli dicono: “Calzolaio alle tue scarpe.” Dato che gli dissero: cosa fa lì in Venezuela, se lì non c’è nessuna democrazia, se sono contro la libertà d’espressione e contro tutto?
Oggi stavo camminando in fretta, ma sono tornato indietro e con un altoparlante ho ascoltato il discorso di Zapatero al Parlamento venezuelano e mi ha attirato l’attenzione, mi è sembrato un buon discorso. Questa è la mia opinione.
Lo voglio rileggere, perché mi sono perso un pezzettino, ma ha fatto un discorso di pace, un discorso di valore.
Adesso lo stanno accusando quasi di essere un guerrafondaio, perché ha venduto delle navi al Venezuela per pattugliare le coste contro il contrabbando ed il traffico di droga. Non vogliono che il Venezuela abbia motoscafi, guardacoste ed equipaggiamento.
A parte che hanno il diritto di difendersi, o per caso quelli del Nord chiedono permesso a qualcuno quando fabbricano una superarma nucleare o una bomba che penetra 30 metri in profondità nel terreno, per distruggere un posto di comando? Non chiedono permesso a nessuno; o per costruire scudi antimissili e impiantarli in qualsiasi posto, oppure per installare armi nello spazio: no, non chiedono permesso a nessuno.
Ah! Però il Venezuela, da loro minacciato –mi riferisco a questo governo - non può comprare nemmeno un fucilino. No, non stanno comprando armi nucleari, né corazzate, né portaerei, stanno comprando qualcosa di semplice come i fucili.
Allora dicono che i fucili sono molti: 100.000. In realtà sono pochissimi per difendere un paese come quello, che ha 26 milioni d’abitanti, un paese grande, patriottico, con le tradizioni del Venezuela. A mio giudizio, ciò di cui ha bisogno, sono milioni di fucili.
Hanno comprato in Russia degli elicotteri. La cosa più necessaria in caso d’inondazione, di un ciclone, di un terremoto sono gli elicotteri; servono inoltre per vigilare i 2.400 chilometri di frontiera ed evitare il contrabbando di droga e merci. No, 30 o 40 elicotteri non sono nulla per questi compiti.
In Venezuela – e non lo dico perché ci vadano come turisti, ma se volete andateci -, l’acqua è molto più cara della benzina. Un litro d’acqua può costare un dollaro ed un litro di benzina vale 9 centesimi. Credo che all’ultimo cambio un dollaro valga 2.150 bolivar e con un po’ di bolivar vi potete riempire il serbatoio di benzina. Se volete andare come turistici, andate pure, perché noi non abbiamo nessuna rivalità con i venezuelani in materia di turismo. Così molta gente compra la benzina a basso costo e la porta in Colombia dove la vende cara e ci sono molte situazioni di questo tipo.
Il nemico dice: “Il Venezuela è un pericolo per l’America latina, dovete unirvi alla OEA per frenare il processo bolivariano, di quei pazzi che costituiscono un pericolo per l’emisfero.” Questa è la situazione contro quel paese, da dove si sono portati via 300 miliardi di dollari.
Nessuno di loro si è mai occupato di verificare quanti malati morivano in Venezuela e quali erano le prospettiva di vita, quale era la mortalità infantile e quanti rimanevano ciechi.
Sapete quanti venezuelani s’opereranno alla vista quest’anno, in base agli accordi tra i due paesi? Centomila.
Abbiamo 24 centri oculistici con le attrezzature più moderne, 600 chirurghi che curano tutte le patologie della vista: glaucoma, retinopatia, diabetica e molte altre che non diagnosticate in tempo conducono alla cecità. Sto parlando di un paese ricco come il Venezuela. Coloro che avevano i soldi non avevano problemi, andavano negli Stati Uniti, in Europa; stiamo parlando dell’umile Barrio Adentro, dove vive chi non poteva andare in un paese sviluppato per una operazione di questa natura.
Dovete sapere che un calcolo per difetto indica che ogni anno 4 milioni, dei 550 milioni di cittadini latinoamericani e dei Caraibi, hanno bisogno di queste cure mediche, e non ricevendole rimarrebbero ciechi, ciechi! Non sto parlando delle bombe su Bagdad che uccidono donne e bambini e distruggono musei millenari, distruggono valori irreparabili, insostituibili, sto parlando di bombe che traumatizzano, perché dicono: “No, non sono morti civili”. Ma i milioni di bambini, di donne, d’anziani di persone che hanno ascoltato, di notte e di giorno, il tuono dei bombardamenti e le deflagrazioni, molti di loro non rimarranno per caso traumatizzati per tutta la vita, oppure il cervello non importa, né l’equilibrio mentale, né la salute mentale e neppure i nervi, non sono nella Carta dei Diritti Umani la calma della gente, il senno, la salute mentale, che li sostiene e li alimenta? Questi non si trovano tra le vittime fisiche, ma sono perdite, fanno quasi più danni, perché rimangono inutili, malati senza cure mediche per tutta la vita.
Un momento fa parlavo delle persone cieche in America Latina, quelle il cui ordine mondiale stabilito ha condotto alla cecità per sempre e parlo di 4 milioni. Da dove partiamo? Da Cuba. A Cuba devono essere operati di cataratta circa 30.000 all’anno. Chiaro non s’accumula, l’uomo non cade nella cecità totale, perché colpisce prima un occhio e dopo può colpire l’altro, ma bisogna operarne 30.000 ed anche di retinopatia diabetica, una malattia terribile. Il diabete è un flagello; nel nostro paese i diabetici non muoiono, semplicemente perché sono diagnosticati e sono curati: si calcola che circa 50.000 devono essere esaminati e curati contro i rischi della retinopatia diabetica.
Ieri stavo per caso conversando con un compagno e mi racconta: “La mia signora era contentissima, molto felice, perché era andata all’ospedale” – per un controllo – “a farsi vedere perché forse c’era il rischio di un glaucoma. ”E cosa le hanno detto, l’hanno visitata?” Mi risponde: “Non c’è pericolo, però se ci fosse stato un rischio, basta l’applicazione di un raggio laser ed hai la garanzia che in tutta la vita non soffrirai più di glaucoma.” Così, testualmente, questa è l’importanza della diagnosi, se non lo diagnosticano e già tardi; può essere una macchia, dovuta all’età, un’ombra che cresce e viene curata con il raggio laser.
Alla fine di quest’anno il nostro paese avrà la capacità di operare non meno di 5.000 o 6.000 pazienti al giorno, in 24 centri che possiedono già la loro completa e più moderna attrezzatura. Siamo ancora nella fase di preparazione. Se un paese bloccato come Cuba può prestare questo servizio perché non lo prestano altri paesi? È la domanda da farsi. Perché milioni rimangono ciechi e nessuno li cura. Chi rimane cieco a Cuba ha per lo meno l’assistenza previdenziale. È ciò che discuterò questa sera alle 9.00 con il Consiglio di Stato, il Consiglio dei Ministri, la direzione del nostro Partito, la direzione del nostro paese, le organizzazioni di massa, le commissioni dell’Assemblea Nazionale, dove affronteremo la questione di domani, delle pensioni basse ed incrementeremo le più basse di 1.800.000 persone.
Da qualche giorno abbiamo rivalutato la nostra moneta ed abbiamo svalutato il dollaro. Per i superprivilegi che possiede, e se volete lo riassumo in un solo esempio.
Sapete che l’elettricità è indispensabile, questa che si è spenta qui, e che un kilowatt sono 1.000 watt, – spero che lo sappiate tutti, lo sanno quasi tutti, perché si deve pagare – produrre oggi un kilowatt costa non meno di 10 centesimi; il combustibile per produrre un kilowatt vale 9 centesimi. Bene, in virtù del fenomeno della svalutazione delle monete, fino a poco tempo fa si comprava con un dollaro 27 pesos e quando circa due settimane fa abbiamo valorizzato il nostro peso del 7%, il cambio si è ridotto a 1 per 25.
Domani sarà una settimana da quando abbiamo rivalutato il peso convertibile e siccome il peso convertibile ha un tasso di cambio… il peso cubano è tornato a rivalutarsi di un 8%; in totale si è rivalutato del 15%. Con questo peso rivalutato domani alzeremo le pensioni di tutti i pensionati che ricevono meno di 300 pesos e per categoria: di più, a chi meno guadagna. Sono generazioni di lavoratori che hanno sofferto i rigori del blocco e che hanno passato sacrifici. Ah! I salari sono aumentati, ma le pensioni si mantenevano uguali, non vi erano risorse. Ritoccheremo anche i salari più bassi.
Voglio dire che chi rimane cieco almeno non rimane senza aiuto; chi ha avuto un accidente, chi rimane invalido o chi è nato con un’incapacità, o chi ne è stato colpito successivamente, perché a volte si nasce con una determinata predisposizione e poi si soffre di un handicap totale, tutti ricevono un aiuto. Non solo la continueranno a ricevere, ma la riceveranno sempre di più.
Domani ci sarà un aumento generale di oltre il 80% delle pensioni, da domani, con una moneta rivalutata e che continuerà a rivalutarsi, è qualcosa, no?
Da altre parti rimangono ciechi e quale Stato li aiuta? Quale organizzazione? Unicamente le organizzazioni caritative delle chiese? Quanti ciechi sono per strada, quanti bambini ciechi o invalidi, pulendo i parabrezza, chiedendo elemosina?
Sfidiamo chi vuole venire a vedere se nel nostro paese ci sono bambini che non vanno a scuola, che sono in strada invece che a scuola, chiedendo elemosina. Siamo stati poveri e ci sono stati tempi difficili e ci sono stati genitori irresponsabili che li mandavano a chiedere ai turisti; queste possibilità saranno sempre di meno, perché abbiamo calcolato tutto matematicamente, merce, prezzo, costo, costo internazionale, entrate, pensioni, necessità dell’essere umano.
È per ciò che ho detto che la nostra Rivoluzione ha già accumulato un livello d’esperienza ed ha creato le condizioni necessarie per fare ciò che stiamo facendo. I prodotti alimentari sono stati razionati e questo non sarà in eterno, ma è stato indispensabile.
Abbiamo vissuto una guerra durata 46 anni difendendoci dagli attacchi dell’impero. Abbiamo dovuto affrontare crisi, periodi molto difficili e siamo ancora in armi.
Non c’è dubbio che dopo questa situazione estrema e le crisi a cui ci ha portato il blocco, non ci siamo dimenticati del popolo americano. Lo stesso popolo nordamericano reagirà, perché all’interno di quel popolo ci sono milioni di persone colte, intelligenti, che ricevono notizie attraverso Internet che possono essere ingannate dall’impatto di un fatto drammatico come la distruzione delle Torre Gemelli di New York, da uno stato emotivo di questa natura, ma non può essere ingannato tutto il popolo tutto il tempo, come diceva Lincoln.
Nel caso degli Stati Uniti, possiamo dire: tutto il popolo tutti i giorni; hanno potuto ingannare tutti per un periodo, però riprenderanno coscienza. I propri errori li stanno portando alle crisi, da cui verrà la presa di coscienza del popolo nordamericano.
Quel popolo è preoccupato per la natura, non gli piace che distruggano l’Alaska, che si rinunci al Protocollo di Kyoto, che i parchi nazionali siano distrutti e siano sottoposti all’esplorazione mineraria o petrolifera.
Esistono valori che il popolo nordamericano stima, tra questi la salute e la pace, come tutti i popoli.
Fino a che punto il popolo nordamericano ha avuto diritto ad un’informazione obbiettiva? Non è questa una brutale violazione dei diritti umani, proibire a tutta una nazione un’informazione obbiettiva?
Oggi stesso il governo degli Stati Uniti vuole distruggere la poco apertura che si è prodotta nei confronti di Cuba quando furono autorizzate le vendite di prodotti alimentari in base ad una legge del Congresso, dove la maggioranza dei senatori e dei rappresentanti si opposero chiedendo la fine del blocco; una legge che aveva aspirazioni più grandi e fu sabotata, riempiendola di emendamenti, un procedimento applicabile quando vogliono, vincolando un emendamento ad una legge fondamentale che non può essere rinviata e tutti i rappresentanti sono obbligati a votare, però la maggioranza sta già contro questa legge e gli agricoltori s’oppongono. Stanno inventando, avevano inventato che si pagasse in anticipo. Consideravano che pagare in anticipo, senza ritardare un secondo, fosse un merito, ma non lo è. Bisognava pagare in anticipo, questo era ciò che ci chiedevano. Perché? Per confiscarci i fondi e distruggere la vendita di alimenti.
Chiaro, abbiamo tutti imparato un po’ e sappiamo il danno che ciò occasiona, misuriamo, calcoliamo da dove viene la merce, quanto vale il trasporto, quanto costa, eccetera. Realmente ci siamo resi immuni da quello che possono inventare ed è successo che tutto ciò che inventano gli va storto. È così, non sto esagerando.
Adesso stanno verificando quali risorse possiede Cuba. Non s’immaginano come abbiamo imparato a risparmiare, non s’immaginano come abbiamo appreso ad utilizzare beni i fondi, il lordo di queste risorse e a risparmiare. Vi erano troppe persone che decidevano in cosa investire la valuta e, naturalmente, le nuove risorse: esistono nuove risorse, ma sono fondamentalmente risparmi e questo già nessuno lo può fermare. Questo lo ferma solo una guerra fatta per distruggerci.
Abbiamo ottenuto dei vantaggi dalla nuova situazione e dai rapporti con i paesi dell’emisfero. Sappiamo molto bene quanto vale una libbra di fagioli neri, di fagioli colorati, il maisI il prezzo fissato dalla borsa; quanto costa il trasporto, se decidiamo di spendere in uno di questi settori; sappiamo quello che dobbiamo fare e stiamo facendo delle spese, ma di ciò non voglio parlare.
Abbiamo preso delle misure. Posso dirvi per esempio che il 50% della produzione di latte in polvere dell’Uruguay la stiamo comprando noi – e già dovrebbe essere in arrivo. Un governo con il quale abbiamo appena stabilito relazioni, un governo progressista, giusto, veramente democratico, cosa difficile in questo sistema, perché parlano di democrazia riferendosi al sistema. È quasi impossibile essere democratico all’interno di questo sistema, solamente in virtù di un miracolo e quando bombardano i candidati con tutti i mezzi d’informazione di massa – e lui lo sa, Vladimir lo sa, ti chiami Vladimir, vero? Questo mi suggerisce un nome storico, credo molto conosciuto dai russi, sicuro tu l’hai preso da lì. Ci sono abbastanza russi che si chiamano Vladimir; però, lui lo sa, bombardando, bombardando, creando riflessi. Una cosa però è trasmettere opinioni ed un’altra è creare riflessi. Il meccanismo attraverso il quale si mantengono ingannate milioni di persone è mediante la creazione di riflessi.
C’è stato un eminente russo che ha studiato i riflessi, Pavlov, che sapeva come far ballare un orso e quasi come far parlare le scimmie, per mezzo dei riflessi ed è per mezzo dei riflessi che trattano le masse, con le moderne tecniche della pubblicità commerciale, trasmettendo le idee politiche mediante le tecniche della pubblicità commerciale, creando riflessi.
Se volete creare una coscienza, dovete lottare contro i riflessi ed il nostro paese ha imparato a lottare contro i riflessi, perché quando è trionfata la Rivoluzione, a Cuba molti cittadini avevano dei riflessi che erano stato creati per mezzo della pubblicità, in modo che le battaglie non sono facili, come con il presidente Chávez di cui dicono ancora che non è democratico; dicano che non siamo democratici, saluti, non perderemo il sonno per questo. Noi sappiamo di esserlo, eccome, se sappiamo quello che siamo, ciò che sentiamo, ciò che abbiamo fatto tutta la vita ed i principi che hanno retto la nostra condotta. Che cosa è la bassa politica? I depliant elettorali, la compravendita di voti. Tutti sanno che per essere presidente degli Stati Uniti si deve avere non meno di 300 milioni, per sostenere un incarico si misura la ricchezza e chi non può riunire 200 milioni rinuncia già nel pieno della campagna e chiamano democrazia questa immondizia. Almeno nel nostro paese vota oltre il 95% delle persone e non c’è pubblicità commerciale, né i depliant elettorali che sporcano le strade, cosa che è contro l’igiene mentale ed il paesaggio: “Vota per Caio o Sempronio, è un santo, andrà in cielo. Non ha mai rubato un centesimo, né mai lo ruberà” – cose di questo genere – “possiede tutte le virtù del mondo”. Per un miracolo non è sul calendario dei santi. Così sono tutte le menzogne inventate nel mondo, sono i metodi della pubblicità con cui si sviluppa questa ipotetica democrazia. Non voglio discutere questo argomento, ma voglio però dire che so bene quante bugie si nascondino dietro. Però in mezzo a tutto questo, Chávez ha stravinto con un plebiscito e secondo i media non è democratico.
Ho trascorso ore guardando la televisione, come amico, come fratello dei venezuelani, come studioso, inoltre, dei metodi e delle procedure delle forze nemiche della pace e del progresso, ed ho visto come lavorano, è incredibile, e il tempo che si perde.
Nel nostro paese non c’è pubblicità commerciale, perciò tutto quello che produce la televisione non produce nulla per il PIL, a Cuba i servizi educativi, sanitari e ricreativi rappresentano quasi lo zero del PIL, perché sono gratuiti, non si conteggiano; in quel modo una tonnellata di cemento può valere più di una vita. Si può salvare una vita, perché magari un medico ha fatto in modo che il cuore riprenda a battere e c’è stato il tempo d’arrivare in ospedale, ma vale meno di una tonnellata di cemento perché non apporta nulla al PIL.
Bisogna analizzare anche il metro di valore con cui si misurano la letteratura, l’arte, la ricchezza, la qualità della vita. La qualità della vita non appare in nessun PIL, l’uomo può entrare in un manicomio, può vivere 10 anni di meno perché lo convincono a fumare e si fuma tre pacchetti al giorno e morire dopo di cancro o d’infarto. Non insegnano qual è l’igiene che si deve seguire se vuole vivere un po’ di più, cosa bisogna mangiare, che esercizi fare.
Visto che ho dovuto affrontare il tema e siccome siamo i grandi trasgressori, i più grandi esistiti sulla terra, allora vi spiego questo, come ho raccontato dei ciechi. So che volete sapere cose dell’emisfero, so che avete domandato del suo futuro e so che avete visto con chiarezza che questo emisfero è il futuro.
Non è il futuro, ma è chiamato a giocare un ruolo molto importante in un mondo di pace, di dialogo, in un mondo civilizzato, qui c’è il potenziale e questo lo sanno in molti, lo sanno gli europei, altrimenti che ci faceva Zapatero alla riunione, che ci faceva Zapatero parlando all’assemblea e pronunciando un discorso costruttivo? E cosa ci faceva un Commissario Europeo in visita a Cuba, in un paese così diabolico? Sonno venuti, li abbiamo ricevuti ed abbiamo conversato con loro e gli ho detto: non temiamo nessuna discussione, ciò che meno temiamo al mondo è discutere, parlare, perché realmente sappiamo che abbiamo un arsenale molto grande d’argomenti, di fatti, di storia, non di racconti, di promesse, ma di realizzazioni, di cose fatte, che non divulghiamo molto e nemmeno ci interessa: cosa ci importa di divulgare ciò che facciamo?
Sono stato a 20 riunioni e non ho parlato, però qui, in concreto, vi ho spiegato come stanno le cose in questo emisfero di cui volete sapere e di cui avete discusso. Dico che fate molto bene, perché l’Europa vuole essere presente e sa che questo emisfero è decisivo, questo emisfero da cui la vogliono allontanare, e lo sanno anche i cinesi, con la loro saggezza millenaria, la loro esperienza.
Non molto tempo fa è stato qui il Presidente cinese ed ha visitato anche altre paesi dell’America Latina, come il Brasile e l’Argentina, ed il Vicepresidente ha visitato Il Venezuela ed i Caraibi. Allora dico: per caso i russi hanno intenzione di non essere presenti in questo emisfero? Questo emisfero decisivo per il futuro, che l’imperialismo vuole controllare indefinitamente, ma che potrà farlo sempre meno, perché con lo spirito di conquista e saccheggio non si guadagna il cuore dei popoli di questo emisfero. Bisogno venire a dare e a ricevere, o se si vuole, a ricevere ed a dare. Non lo rappresento, però ho il diritto di pensare che oggi si può venire in questo emisfero solamente per interscambi, per unire, per aiutare ed essere aiutato, assistere ed essere assistito, condividere ed unirsi non solo nella ricerca di benefici materiali o economici, ma anche alla ricerca della pace, delle forze che facciano prevalere la saggezza e la pace nel mondo, che aiutino a salvare la civiltà di cui parlate. Questo lo so bene e quando ho letto i riassunti, so che alcuni di voi hanno sollevato il problema. Non vedo altro percorso.
So che in Europa non molto tempo fa il Presidente russo si è riunito con quello francese, il Primo Ministro germanico ed un altro Presidente che ora non ricordo, e quelli che dirigono il vicino paese del Nord non erano molto contenti.
Però osservate: si riuniscono a Parigi quattro presidenti – per puro miracolo non c’era il Presidente cinese che c’è sempre - ; si riuniscono in Venezuela, nella patria di Bolívar, i Presidenti dell’Argentina, della Colombia, del Venezuela e della Spagna: vedete come si comunicano gli spiriti, le correnti; il pensiero viaggia e vola ed è l’unico che viaggia più veloce della luce e dell’elettricità. Il pensiero vola ed ognuno può osservare ciò che succede nel mondo. Creare conflitti, creare divisioni, promuovere guerre, perché in un momento in cui un paese come la Cina si erge con questa forza, l’ideale per l’imperialismo è promuovere lì delle secessioni, dei conflitti che interrompano quello straordinario sviluppo.
Tutti sanno che la concorrenza economica ha dato luogo alle guerre, questi colossali deficit commerciali e preventivi, dovuti, fondamentalmente a delle corse agli armamenti senza imposte, a guerre senza imposte, agli sprechi, possono condurre alla tentazione di promuovere dei conflitti che mettano fuori gioco dei paesi con un grande potenziale di sviluppo.
Mi domando se nel colossale impero nordamericano ci siano leader politici – mi riferisco tra i fondamentalisti - che vogliono lo sviluppo della Russia, la sua prosperità, che l’economia russa prosperi, che il rublo valga, che le produzioni russe abbiano un mercato, che il combustibile russo, il gas ed il petrolio abbiano valore, oppure il legno della Siberia o il nichel di Norilsk, o altre cose che noi sappiamo producono i russi.
Sappiamo dove c’era qualità e dove non c’era, come in Occidente, sappiamo ciò che serve oppure no, lo sappiamo molto bene, il valore e le possibilità che possiede ciascun paese, non possiamo ignorarlo, non possiamo darci il lusso d’ignorarlo.
Mi domando: quale spazio rimane, se tutto è conquistato, se tutto è occupato, se l’Iraq è invaso, se l’Iran è minacciato per avere armi nucleari? In realtà ci sono paesi alleati degli Stati Uniti che possiedono centinaia d’armi nucleari e viceversa è gli permesso e nessuno discute. È la verità, lo sappiamo tutti, sapete a cosa mi sto riferendo. Non voglio nominare dei paesi, non ho nulla contro nessun paese, ma ho un dovere nei confronti della verità e sappiamo come stanno le cose, la legge dell’imbuto: largo per uno, stretto per l’altro. Così va il mondo e sapete che questo mondo porta ad un vicolo cieco e non lo si può nascondere a nessuno.
Queste realtà stanno però svegliando le coscienze.
Questa stessa crisi petrolifera sveglierà la coscienza. Là al Nord, chi dirige ha recentemente dichiarato: “A cercare tutte le energie”. La nucleare, dall’accidente di Chernobil, ha creato nel mondo un giustificato timore. Ora negli Stati Uniti non è facile mettersi a costruire una serie d’impianti nucleari. Tornare al carbone non è facile, con i suoi effetti contaminanti.
Si è parlato dell’idrogeno, il presidente degli Stati Uniti ha parlato d’idrogeno, non ha detto ancora se lo prenderà dai gas, dall’energia fossile o dall’acqua, perché se lo prende dall’acqua sicuramente gli invieremo tutti i complimenti e perfino io gli mando un caloroso complimento e sarei disposto a proporlo come Premio Nobel, chiedendo addirittura alla gente di firmare, ed iniziando una raccolta di firme per la canonizzazione, se avesse la felice idea di risolvere il problema estraendo l’idrogeno dall’acqua con cui far funzionare le automobili.
Lo so bene, perché qui avevamo tre o quattro compagni fanatici che volevano estrarre l’idrogeno dall’acqua ed hanno lavorato circa 30 anni. Mi ricordo d’averli visitati e so che una volta esplose, perché erano realmente riusciti ad ottenere un po’ d’idrogeno e ciò che ebbero fu un’esplosione. Però da molto tempo non so nulla di loro.
So bene che tutti stanno fabbricando una macchinetta all’idrogeno: in Giappone, in Europa, negli Stati Uniti, ma ciò che non si è detto è da dove verrà fuori l’idrogeno, perché se è dal petrolio, allora è uguale a tutti questi materiali, come questa bottiglia, questo tappo, e credo che anche questo telefono venga fuori dal petrolio, non dall’acciaio, né dal ferro, tutto viene fuori dal petrolio, non c’è nulla che non venga fuori dal petrolio, credo che pure noi siamo venuti fuori dal petrolio, questa è la realtà.
Una domanda: che succederà quando finisce? E tutti sappiamo che finirà, questo non lo ignora nessuno, bisogna essere un analfabeta totale, assoluto o irresponsabile per credere che il petrolio durerà 100 anni ancora a questo stesso ritmo di consumo. Sì, ci sono tecniche più moderne, lo trovano prima e prima lo trovano in fondo al mare, prima lo buttano, prima lo dissipano. La lotta deve essere perché le automobili risparmino. Una delle cose che ha fatto quel governo fu sopprimere alcune misure che esigevano dalle automobili consumi sempre minori, ed allora che si è fatto? A conquistare il mondo con i cannoni, minacciarlo con tutte le armi, tutte le navi, tutte le portaerei, tutti i missili da crociera e tutte le armi nucleari affinché siano ubbidienti, disciplinati, producano materie prime, producano petrolio, per continuare a consumare il 25% dell’energia.
Noi stiamo facendo alcuni piccoli sforzi interessanti, in materia d’energia e di risparmio energetico, arrivando però minuziosamente all’essenza dei problemi. Daremo un modesto contributo al mondo, semplicemente risparmiando forse il 50% dell’energia elettrica che consumiamo, risparmiando centinaia di milioni di dollari in energia ed una parte di questi si trasformeranno nei programmi di cui vi ho parlato, mentre l’altra in investimenti di grande beneficio, e direi altamente redditizi, partendo dalle materie prime che si chiamano sapere ed educazione. Partendo da una materia prima di grande valore che si chiama capitale umano ed è ciò che fondamentalmente possediamo, capitale umano.
Come abbiamo detto ai nostri compatrioti: perfetto? No, saremo gli ultimi a dire che siamo soddisfatti. Ciò che abbiamo appreso nel tempo, con gli errori, abbiamo acquisito esperienza. Questo è un privilegio, nemmeno un merito.
Nel mio caso, se ho vissuto un certo numero d’anni non posso dire che sia un merito, è fortuna, soprattutto con tanti tentativi di mettermi fuori combattimento prematuramente. Se la natura mi aveva dato una certa capacità di vita, perché togliermela. Però ho vissuto, ho imparato qualcosa e non solo io, c’è un contingente di persone che ha imparato in 46 anni, un popolo cosciente delle sue qualità e cosciente delle sue debolezze e suoi difetti. Siamo molto coscienti dei nostri difetti e siamo critici, molto critici, e non ho alcun timore a dirvi tutti gli errori che abbiamo commesso.
Non viviamo nascondendo gli errori, viviamo dicendo la verità, essendo onesti, correggendo incessantemente, facendo l’esame di coscienza della nostra condotta e non dormendo sugli allori e perciò potrà dare l’impressione di una fenice che resuscita dalle sue ceneri. Sì, questa è l’impressione che avranno molti nel mondo: una piccola fenice, una rondine che resuscita dalle sue ceneri. Questa è Cuba volando e volando alto, per definirlo con alcune parole.
In realtà mi sembra di aver parlato abbastanza, e voi siete d’accordo. So che siete d’accordo, per lo meno è la verità, non diranno che non sono stato sincero, non direte che ho avuto timore di parlare con chiarezza e con franchezza, con rispetto, dicendo la verità. Ho parlato come un fratello, come una persona che apprezza la vita.
Anch’io ho dentro dei sentimenti forti, non ho lasciato parlare il sentimento, ho cercato di far parlare la ragione, perché lo diceva il nostro poeta parlando della letteratura. Quando parlava di letteratura e parlava di ciò che leggeva là, mi ricordai della prigione all’Isola dei Pini, l’attuale Isola della Gioventù, la prigione solitaria. Leggevo anche libri di Tolstoi e di Dostoievski, l’ho letti tutti, ed in prigione sembravo un masochista leggendo un libro di Dostoievski, sì, l’uomo con la stessa pietra avanti ed indietro, e L’idiota, Delitto e Castigo, Memoria dalla casa dei morti, tutti. Ed i libri di Tolstoi. L’eccellente letteratura russa.
Devo dire la verità, ero già marxista leninista quando inizia la lotta armata, lo sono stato, lo sono e lo sarò e nessuno si meravigli di questo, perché non sono un dogmatico, analizzo i meriti che possono avere le persone nella storia, non rinnego mai le mie idee e sono capace di essere critico. Però non ho nulla da criticare a Marx né a Lenin, lo dico onestamente – potrei fare altre critiche – e nemmeno critico Engels, è stato il primo che mi ha insegnato che perfino le stelle si spengono quando l’energia finisce e ci sono stelle spente da tempo, mentre altre si allontano dal presunto luogo dell’esplosione.
Lenin non era ancora nato quando Marx pubblico il Manifesto Comunista.
Il mondo attuale è molto diverso da quello conosciuto da Marx e Lenin, nessuno ha potuto conoscerlo, nessuno ha potuto immaginarsi le comunicazioni in questioni di secondi. Videro la globalizzazione, videro a cosa portava un sistema dove le forze produttive si sviluppavano, videro che lo sviluppo di quelle forze produttive avrebbe raggiunto tali livelli da produrre nel mondo nuove situazioni, grandi cambi. Siamo arrivati ad una globalizzazione, questa globalizzazione creata in condizioni inimmaginabili. Le contraddizioni e le concorrenze si risolvevano con le guerre. Oggi nessuna guerra può risolvere un problema. Le guerre sono per se stesse proibite, perché una guerra moderna non avrebbe né vincitori né vinti. Voi russi lo sapete, come superpotenza che siete stati e come grande e forte potenza che siete tuttora.
Siamo stati testimoni di quando esisteva un certo equilibrio. Prima l’arma nucleare l’hanno avuto loro, dopo c’è stato un certo equilibrio in cui le due parti fabbricavano altre armi ancora ed allora la differenza consisteva nel fatto che una poteva distruggere l’altra quindici volte e l’altra dieci: la questione era il numero di volte che una poteva distruggere l’altra. Voi russi avete smesso d’essere una superpotenza e nonostante ciò tutti sanno che ognuna può distruggere l’altra cinque volte.
Come potere reale, dal punto di vista tecnico-militare, lo Stato russo è superiore di quattro volte; siccome ne basterebbe uno solo per distruggere l’altro, ed a quelli ne rimarrebbero di più per niente. Un giorno il popolo nordamericano lo capirà, c’è speranza.
Posso dirvi che mi sento felice di vedere questa riunione, di vedervi parlare come avete fatto qui; mi fa felice, mi rallegra, perché questo paese, con tanti meriti, con tanta storia, con tanto eroismo, vedo un potenziale per contribuire alla pace del mondo, alla civiltà, alla preservazione della specie. Non siamo troppi, e molti di meno coloro che possono fare tanto per preservare la specie, come la Russia come la Cina, L’Europa, l’America latina. Tutti insieme possiamo fare qualcosa, alcuni più degli altri, vedo il Venezuela, vedo il Brasile, vedo che possono fare molto.
Vedo che cosa è riuscita a fare l’Argentina, come ha affrontato il problema del debito. Oggi mi sono meravigliato quando, credo il Ministro Presidente della Banca Centrale, che richiamerò, mi ha detto che Bush aveva fatto una dichiarazione molto elogiativa sull’Argentina.
Glielo richiederò, perché veramente ancora non ci credo. Però elogiava Kirchner per attaccare Chávez, per attaccare la riunione di ieri che non le era piaciuta. Naturalmente non neutralizzeranno Kirchner con i complimenti né qualcosa di simile, se Kirchner ciò che gli ha tirato è un jab, più di jab, un colpo duro. Non ha mandato knockout il Fondo Monetario Internazionale, però l’ha lasciato mezzo barcollante con il modo in cui ha affrontato il debito. È la prima volta che un paese adotta quella posizione decisa, come l’Argentina.
Il Fondo Monetario Internazionale vivrà ancora del tempo, non credo molto, e quando non dico molto non credo che vivrà ancora per più di due decenni. Ho inoltre dei dubbi che questo Fondo vivrà per più di un decennio, perché i conti non quadrano. Prelievo, sommo, sottraggo, moltiplico, divido e non dà, non sopporta la crisi. Già non è una crisi, è una somma di crisi: la somma delle crisi, la somma dei problemi non permette a quest’ordine di durare più di due decadi. Hanno sempre inventato qualcosa: una tal formula, o il metodo keynesiano, spargendo soldi, evitando la crisi stampando banconote, aumentando la liquidità, eccetera.
Sono in debito con voi solo di una cosa, ho parlato velocemente, sono di sposto a rispondere a qualsiasi domanda mi facciate, qualsiasi, quelle che volete fare, e non una, due, tre, il tempo che lui mi dia.
Sono arrivato con sette minuti di ritardo, era da molto tempo che non arrivavo in ritardo di un minuto. Però stavo parlando con il Ministro dell’Agricoltura del Canada, stavamo parlando d’agricoltura, dei prezzi dei prodotti, di quale prezzo aveva il grano, il mais, i fagioli, le lenticchie, i ceci, le mucche, molti dati, com’era la produzione, di tutto.
Stavo parlandogli delle cose che compreremo al Canada nel 2005. a me non piace fare promesse, però gli ho assicurato che quest’anno avremmo comprato tre volte quello che avevamo comprato l’anno scorso: abbiamo alcuni piani. Sono elaborati anche se non divulgati.
Allora, mi perdonerete che sia arrivato in ritardo di sette minuti perché parlavo con il Ministro e con un gruppo di agricoltori canadesi.
Dovevano andare ad una riunione ed io volevo venire qui. Ho saputo che se ne andavano alle 4:00, all’ora che avevo programmato di riunirmi con voi. Sono arrivato qualche minuto in ritardo e so che i miei compagni saranno d’accordo se vi spiego rispondendo ad alcune domande.
Non ti preoccupare che dopo vi vanno a dare la cena, a tutti.
Bene, mi sottometto a qualsiasi domanda che desiderate farmi su qualsiasi tema.
Venga la dominicana che mi dicono sia una grande scrittrice.
Luisa Zheresada Vizioso.- In questo dialogo tra civilizzazioni, mi piacerebbe sapere che ci dicesse dove posiziona i Caraibi.
Lei sa che noi, come regione, abbiamo prodotto straordinari teorici, non solo per noi, ma per il mondo, Frantz Fanon, per incominciare, e la sua figura in Africa e a favore degli oppressi del mondo.
Comandante.- Cosa credi che non sono caraibico e non sento come un caraibico?
Luisa Zheresada Vizioso.- Lo so.
Comandante.- Lo sai che, ai tempi di Trujillo ero uno studente di Diritto del secondo anno, Presidente del Comitato per la Democrazia Dominicana, e quando nel 1947 si organizzò una spedizione per liberare il popolo dominicano da Trujillo, mi arruolai in quella spedizione? Sono stato l’unico del Comitato ad arruolarmi e, nonostante quelli che erano lì erano miei nemici, ci andai.
Non so se lo sai , rimasi fino alla fine, molti disertarono. Si presentò ad un certo punto un problema e la nave sulla quale mi trovavo la fermarono in prossimità delle coste haitiane. Non ero il capo, ero un tenente di un plotone, perché sapevo qualcosa e mi piacevano le avventure, non lo nego. Se volete chiamarmi avventuriero, accetto con onore il titolo d’avventuriero nella geografia, nelle escursioni ed in qualsiasi altra cosa, non in politica. In politica accetterei la qualifica di audace e colui che non lo sia, non inizi questo mestiere, è meglio che lo lasci ad un altro, capite?
Però andai prima di finire il secondo anno di laurea. Ho compiuto 21 anni su un cayo, dove si organizzava la spedizione, diretta da gente imbecille e presuntuosa, cubani che aiutavano i dominicani e pretendevano di fare tutto loro.
Lì ho conosciuto Juan Bosh e d’allora l’ho stimato per il suo valore intellettuale ed il suo sentimento. Lì ho conosciuto Pichirilo, che venne sul Granma, ed era il capitano della nave dove mi trovavo, che si chiamava Aurora. Qualcuno tradì, era su una nave più veloce. Le navi erano quattro, due per lo sbarco e dalla baia di Nipe si ricevette l’ordine dell'altra nave che diceva di aspettarla vicino a Moa, nei pressi del Canale Sopravento. Lì trovammo una fregata grandissima, non mi erano mai sembrati così lunghi i cannoni di una fregata, perché li sguainò, li mostrò e disse: “Indietro!”, ed ai responsabili della spedizione non rimase nient’altro da fare.
Come ho già detto, con me sulla nave c’era Pichirilo, un dominicano. Anni dopo è stato il nostro timoniere sul Granma. Diventammo fratelli, perché quel giorno mi ribellai alla spedizione, della compagnia dove ero capo del plotone e dissi :”Mi oppongo a tornare in quel porto, con la situazione che c’è a Cuba ci fanno tutti prigionieri e non l’accetto”.
Volevo salvare le armi nella regione montagnosa e le raccolsi, ed avevo molti che mi appoggiavano, tra cui il capitano della nave. Nell’occasione ne sono diventato amico, diventò mio complice in quella complicata situazione quando mi ribellai ai capi cubani e dominicani. Ribellione, feci ciò che ha fatto Hugo Chávez. Mi ribellai perché rifiutavo di ritornare in un porto dove si sarebbero perse le armi e saremmo stati fatti tutti prigionieri.
Al principio pensai che la fregata che ci aveva fermato era dominicana, ma subito mi accorsi che era cubana.
La complicità con Pichirilo continuò. Non fu possibile fare quel movimento perché la fregata ci seguiva da vicino. Aspettammo la notte. Con la complicità del capitano, si ridusse la velocità a meno della metà. Non valse niente perché era estate e faceva scuro più tardi. Continuai ribelle finché abbandonai la nave su una scialuppa e me ne andai con altri tre, gli unici quattro di oltre mille che non caddero prigionieri. Il capitano disse alla fregata che non conosceva l’entrata ed aveva paura d’incagliarsi. Ero un avventuriero, l’ammetto. Tutti credevano che mi avessero mangiato gli squali ed un giorno sorpresi tutti, resuscitai. Sono resuscitato molte volte, più di una volta.
Così che conosco la causa, l’amo e sono caraibico. Sai già dei nostri rapporti con i rivoluzionari dominicani e con Caamaño, che venne qui dopo la sua eroica resistenza. Dopo il nostro trionfo rivoluzionario, decine di rivoluzionari cubani atterrarono nelle vicinanze del massiccio montagnoso e lottarono contro Trujillo. Ossia, sono stato un militante della causa caraibica. Sono un caraibico, vivo orgoglioso delle nostre relazioni nei Caraibi.
Ho delle grandi simpatie per i Caraibi di lingua inglese.
Non crediate che sia un fanatico dei latinoamericani, sono un critico, come lo sono di me stesso e posso esserlo dei cubani.
Sono stati i caraibici coloro che aiutarono a rompere il blocco dell’America latina, quando tutti ruppero con noi, accetto il Messico. I caraibici, che non erano indipendenti nemmeno quando trionfa la Rivoluzione, sono stati quelli che promossero il movimento insieme a Torrijos ed ad un venezuelano che svolse in seguito vari ruoli nelle diverse tappe della sua vita, in quell’epoca non fu delle peggiori, però c’era una corrente e l’appoggiarono.
Sono stati i caraibici i migliori amici che abbiamo avuto in questo emisfero, non sono stati i latini. Sono stati i caraibici e con loro abbiamo dei legami molto forti e tutti loro hanno diritto a studiare nelle nostre università senza restrizioni, con le borse di studio che desiderano, gratuitamente.
Qui c’è una scuola latinoamericana di medicina che ha 10.000 studenti latinoamericani e caraibici.
Chissà avrei dovuto dire che l’esistenza del processo rivoluzionario venezuelano e gli accordi con la Cina sono stati dei fattori molto importanti. Gli accordi con il Venezuela basti sull’ALBA, sottoscritti il 14 dicembre, 10 anni dopo la prima visita di Chávez, li abbiamo sottoscritti con un accordo molto vantaggioso per entrambi i paesi. Siamo semi-integrati. Il sentimento, l’idea, la volontà d’integrazione sono le stesse.
Prima di essere marxista, sono stato comunista, comunista utopico! Dove l’ho imparato? Dalla vita, dalla riflessione. Studiando economia sono arrivato a questa conclusione.
Sono nato e vissuto in un latifondo di 10.000 ettari, mio padre era il padrone del latifondo e di tutte le altre cose, meno della scuola e del telegrafo. Era padrone persino del recinto del gallo, della macelleria, del bestiame, dei trattori, dei camion, del negozio, del magazzino. Quando Carl Marx diceva che la proprietà privata esiste proprio per il fatto che per nove decimi della popolazione non esiste, io lo potevo capire, perché sono nato in un posto dove mio padre era padrone di tutto.
Ho studiato in scuole religiose. Così che non sono nato in una culla proletaria. Ancor di più, se non fossi stato il figlio del proprietario terriero non avrei potuto studiare e se non avessi potuto studiare non avrei potuto né avere un’idea, non avrei potuto avere una causa da difendere. Devo ringraziare questa circostanza di avere imparato qualcosa, di non essere un analfabeta politico. L’analfabetismo politico me lo sono tolto io stesso, perché ero alfabetizzato nelle idee. Nemmeno tanto, perché ero figlio e non nipote di un proprietario terriero, non arrivai a vivere la vita borghese di un quartiere aristocratico dove avrebbero fatto di me il reazionario più grande che fosse esistito in questo paese, perché in un senso o nell’altro non mi sarei fermato a metà strada.
Per temperamento ci sono persone che non si fermano a metà strada, sono troppo entusiaste, in un senso o nell’altro. Così ho dovuto fare un po’ di autobiografia per dimostrare che sono stato caraibico, ma sono anche latinoamericano, africano, russo, cinese, giapponese, vietnamita. Il Vietnam durante la sua guerra sapeva che poteva contare sulla nostra forza ed i sudafricani sapevano che potevano contare sul nostro sangue e lo fecero, quando lì disponevano di sette armi nucleari. Così che non dovrei sollevare molte argomentazioni per dimostrare che il nostro non è un cuore sciovinista, ne escluderà i caraibici: avrete una posizione molto importante.
Se volete cercare dei governi seri, cercate tra i governi dei Carabi che sono stati colonie inglesi fino a pochi anni fa. Sono tra i governi più seri, gente fedele, di quelli che avevano meno analfabetismo. Hanno meno analfabeti di quelli come noi che si sono liberati dalla Spagna – o voi, che vi siete liberati dalla Spagna; noi eravamo in ritardo di un secolo, eravamo uno Stato schiavista –, ci sono meno analfabeti nei Caraibi che in America Latina. Ci sono migliori servizi medici, migliori livelli di salute che in America Latina, a parte Haiti, perché Haiti è il primo paese che si ribella e dove tutti sono intervenuti.
Nessuna di queste potenze è capace di mandargli un medico.
Alcuni si chiamano Medici senza frontiera, molto bene, li saluto, decorateli, dategli il Premio Nobel, però sono quattro gatti non di più. Il problema è che tutta l’Europa insieme non può inviare i medici che ha Cuba ad Haiti. Perdonate che debba dirlo, ma è la verità: non hanno 500 medici. Tutta l’Europa e gli Stati Uniti non hanno i medici che Cuba ha in America Centrale, prestando servizio gratuitamente. Non è la situazione con il Venezuela dove abbiamo già degli accordi d’interscambio di beni e servizi. So che qui si fermano tutti i benefici. Ci vogliono criticare perché abbiamo centralizzato. Se non centralizzavamo non potevamo fare ciò che stiamo facendo. Come in guerra, le decisioni che prende lo stato maggiore sono decisioni da prendere velocemente, dove non ci può mettere a deliberare troppo.
Qui discutiamo, qui nessuno nessun può impegnare il paese.
Chi sono stati a contrarre i debiti dell’America Latina? I ministri dell’Economia, neanche il Parlamento, con il popolo non hanno mai discusso quei debiti colossali che contraevano i governi; il Ministro dell’Economia decideva se il paese si doveva o no indebitare di 40 miliardi. Per l’aumento delle pensioni ho riunito tutto lo Stato; ne ho la facoltà, perché la Costituzione mi da la facoltà di un Ministro dell’Economia d’America Latina e sono Presidente del Consiglio di Stato e Presidente del Consiglio dei Ministri, eletto dall’Assemblea Nazionale, posso riunire il Consiglio di Stato. Sono riuniti anche i presidenti dei Poteri Popolari di ogni provincia, i dirigenti delle organizzazioni di massa, il Presidente della Banca centrale e tutti i presidenti delle principali banche, che sono dello Stato, non private ed a tutti ho chiesto: “Datemi un’indicazione, si può o non si può?” Perché sono cose pensate, ben calcolate e lì abbiamo deciso che fare. Come Primo Segretario del Partito ho convocato i principali quadri del Partito.
In America Latina, tanto democratica, i ministri dell’Economia decisero i debiti e questo governo imperiale non disse che erano paesi antidemocratici, niente di simile, erano superdemocratici quelli che contrassero i debiti. Nel 1985 combattemmo per 350 miliardi ed oggi ne devono 750. vedete voi quanto democrazia regnava in questo emisfero.
Ed in America Centrale ed altrove, che succede in Costa Rica, questa culla, questa vetta del pensiero democratico? Attualmente a Cuba abbiamo 70.000 medici ed oltre 50.000 specialisti, lottiamo duramente contro il furto dei cervelli ed in Costa Rica ci sono oltre ottocento medici d’origine cubana che anni addietro hanno rubato al paese.
Un giorno, in una riunione internazionale, il presidente del Costa Rica mi raccontò dei molti che passano senza gloria a quel paese: “Abbiamo 800 medici cubani.” Gli dico: “Ah sì, avete 800 medici” , però non hanno pagato un solo centesimo per gli 800 medici che abbiamo creato qui. Gli Stati Uniti vollero fabbricare una vetrinetta per dimostrare che con la”democrazia” si poteva fare ciò che tanto “antidemocraticamente” faceva Cuba, cioè salvare vite di bambini, madri e tutte queste cose. Una vetrinetta e Costa Rica ha 800 medici cubani esercitando la medicina a pagamento. Questo vale molto quando si discute del perché si devono spendere 25 dollari in valuta convertibile per produrre 300 kilowatt, quando si potrebbero pagare un dollaro.
Vedete che modo d’abusare del dollaro che inviavano a Cuba. Un frigorifero vecchio con il termostato rotto costa mensilmente allo Stato cubano sette dollari. Uno dei nostri risparmi sarà che spariranno i frigoriferi senza termostato, non perché li porteremo via e li manderemo alla demolizione, ma perchè gli metteremo il termostato e le guarnizioni perché non perda il freddo, siccome abbiamo scoperto che consumano tra i 7 e gli 8 milioni al giorno di kilowatt e non sappiamo nemmeno i milioni che risparmieremo con 10 milioni d’investimenti in termostati. Cosa che non sappiamo ed abbiamo discusso nella misura in cui diventa più caro il combustibile e più caro produrre un kilowatt. Allora, che succede con l’elettricità?
Forse qualcuno avrà più termostati di noi, ma non hanno vissuto il blocco che abbiamo vissuto noi cubani. Il blocco che vivono loro è un altro più terribile, un blocco che produce analfabeti, un blocco che produce denutriti, affamati, mortalità infantile, mortalità materna, riduzione delle prospettive di vita, la democrazia che gli hanno portato lì. È un blocco peggiore di quello economico, perché quel blocco non esiste qui da tempo, ed è per questo che possiamo persino svalutare il dollaro. Guardate che meraviglia! E non possono protestare, perché chi può esigere da noi il dovere di pare 25 dollari i kilowatt d’elettricità che si comprano con un dollaro inviatoci da là? E chi lo inviano? Braccianti analfabeti? No, non hanno ricevuto analfabeti da Cuba. L’emigrazione giunta da Cuba era di laureati, diplomati e molti vecchi proprietari terrieri e borghesi che sapevano d’affari.
L’emigrazione che possiede più entrate negli Stati Uniti è la cubana, molto di più della dominicana, dell’haitiana e di qualsiasi altro paese latinoamericano.
Ah, abbiamo una moneta nostra.
Abbiamo eliminato dalla circolazione il dollaro, l’abbiamo sostituito con il peso convertibile. Ora andiamo verso la rivalutazione del nostro peso e di quello convertibile, delle due monete. In modo che ora il dollaro è svalutato nei confronti del peso convertibile e non hanno argomenti.
Cosa vuol dire ora questa svalutazione? Prima compravano 27 pesos con 1 dollaro ed ora solo 25. È una misura che possiamo effettuare quante volte sia necessario. Che colpo possiamo dare al povero dollaro. Là negli Stati Uniti pagano 12 e fino a 15 centesimi per kilowatt. Qui si paga meno di un centesimo. Come si compra? Se realmente consumate meno di 300, oggi con un centesimo si comprano 3 kilowatt.
Che crimine abbiamo commesso contro il dollaro! Che terribile lamento! Che atto vandalico abbiamo commesso, chiedendogli che con un dollaro paghino di più! Non l’abbiamo quasi toccato, lo abbiamo appena sfiorato con il petalo di una rosa. Adesso possiamo sfiorarlo con il petalo di una rosa, però se vogliamo con una lima, accarezzare i dollari o limarli.
Che meraviglia cosa è non appartenere al Fondo Monetario! Che meravigliosa cosa non avere bisogno di chiedere aiuto a questa istituzione in questo mondo in cambiamento!
Tra 4 anni si compirà il 50. Anniversario del trionfo della Rivoluzione. Si sono già compiuti i 50 anni dall’inizio della nostra lotta armata, il 26 luglio 1953. Sono oltre 50 anni di lotta, oltre 50 anni d’esperienza.
Parlo in nome di questo e solo a nome di questo mi azzardo a parlarvi. E non sempre parlo così, lo faccio oggi perché stiamo definendo cose molto importanti.
Concepisco tutte le forme di socialismo come aventi lo stesso obbiettivo ed una via differente per raggiungerlo, uno stile differente, nato dalle radici, dalle circostanze storiche e dalle circostanze concrete di ciascun paese. Noi abbiamo costruito questo e vi ho già spiegato come abbiamo fatto. Adesso incominciamo a raccogliere i frutti, ora che non dipendiamo altro che dalla nostra stessa coscienza, dal nostro capitale umano, dalla nostra esperienza e dalla nostra volontà di correggere tutti gli errori che abbiamo commesso in quantità industriale, errori tattici ed altri grandi, ma non strategici. In realtà, abbiamo cercato d’evitare a tutti costi gli errori strategici che per definizione sono irreversibili.
Desidero che voi sappiate che alcune cose che ci sono successe sono state in conseguenza di teorie e di libri scritti in altri tempi e da altre parti.
Ciò che posso dire a mia discolpa come avvocato – mi sono dovuto difendere così una volta – è che sono stato sempre antidogmatico, sono sempre stato contro i dogmi, schemi, libretti che parlano di una cosa. Penso inoltre – ed Osvaldo lo sa bene – che l’economia, come la politica, non sia una scienza, bensì un’arte. Gli artisti non possono dire che dominano una scienza, hanno bisogno di una scienza, hanno bisogno di tutti i calcoli. Se non si sottrae, si somma, si moltiplica, non si fa la radice quadrata, non si può sommare nulla, ma il poeta mescola le parole, le idee, le immagini, gli stili. Lo scrittore fa lo stesso. Il politico mescola cose, mescola fattori; l’economista mescola anche lui elementi, economie. Il monopolio è sempre esistito, il libero commercio non è esistito quasi mai, non sono altro che teorie alle quali si opponevano quasi tutte le nazioni industriali. Adesso che dominano il mondo dicono agli altri in via di sviluppo: libero commercio, zero dazi, zero di questo e dell’altro.
È una cosa molto chiara: per me l’economia è un’arte ed una scienza, e la politica è un’arte e non una scienza. Sostenetevi con la politica, con la scienza ed a tutti gli elementi.
Possiedo il miglior concetto dell’economia e della politica, le vedo come un arte.
Qualcuno vuole parlare? Senti, presiedi.
Dai la parola a tutti quelli che la vogliono.
Rispondo a tutti i giornalisti, quelli che vogliono.
Vescovo Feofán.- Compagno Castro…
Comandante.- Non mi traduce nessuno? L’unico che sento è un russo.
Vescovo Feofán.- Compagno Fidel Castro, mi permetta innanzitutto di esprimerle la mia gratitudine per la possibilità di contare su una chiesa ortodossa russa.
Purtroppo le fabbriche invecchiano, perdendo anche significato, sebbene siano state costruite sulla base della fratellanza; viceversa una chiesa più è antica e più ha valore, e la chiesa che ci state aiutando a costruire per l’ortodossia russa, tra un secolo sarà fedele testimone delle nostre buone relazioni. Mi interessa però un’altra questione: sono vescovo di una regione del nord del Caucaso e, personalmente, sono testimone della tragedia dei terroristi che attaccarono una scuola. Dopo 20 minuti mi recai nella scuola e rimasi lì fino alla fine. Fu qualcosa di terribile.
Vorrei sapere la sua opinione, visto che spesso i terroristi speculano dicendo che fanno missione di redenzione; ciò che però ho visto fu qualcosa di terribile. Vorrei conoscere la sua opinione in merito. Grazie.
Comandante.- Nel più profondo dei miei sentimenti e delle mie convinzioni ripudio la morte di persone innocenti.
Ricordo i combattimenti durante la guerra nelle Sierra Maestra, c’erano dei combattimenti ed a volte veniva qualcuno a darci delle informazioni – nostri compagni, che avevano familiari molto vicini all’obbiettivo -, attaccavamo paesi occupati dall’esercito e non furono pochi quelli che prendemmo. Alcuni furono dei combattimenti duri e non ricordo un solo civile morto. Vedete come sia possibile evitare la morte d’innocenti, nonostante in guerra è necessario combattere ed attaccare una caserma che si trova in una località, anche se è meglio obbligarli ad uscire, perché sono più vulnerabili di quando stanno in posizione. Non ricordo un solo civile morto in nessuno dei combattimenti dei 25 mesi di guerra sostenuti.
Avevo una colonna dalla quale si formarono tutte le altre e la gente imparava a combattere combattendo, non andavano ad accademie, non ce n’erano a quei tempi. Ciò che vi dico non sono parole che vi racconto qui, c’è tutta una storia che conferma queste parole.
Non posso uccidere un bambino per distruggere il blocco, andare coscientemente ed uccidere un bambino, non lo posso fare. Uno ha un’etica, ha dei principi, uno può sacrificare la sua vita quando vuole, però non la vita di un innocente. Così lo penso e così l’ho sempre detto ed il nostro paese è stato in missioni internazionaliste – non una, ma tante -: quando i razzisti sudafricani invasero l’Angola; o quando la invasero dal nord le forze di Mobuto – quello si che aveva soldi e tanti, e nessuno sa dove sono custoditi, né in quale banca li hanno spostati, capite? – e non solo lì, abbiamo compiuto missioni in diversi posti. Domandate nel mondo se c’è mai stato un prigioniero fucilato, dove sono state le nostre truppe e dove sono morti dei compagni. Perché era una dottrina e l’hanno rispettata non solo qui; perché il nostro esercito non ha mai fucilato un prigioniero di guerra. È per noi un orgoglio. Diamo tutto ciò che abbiamo e ciò che ci prestino, diciamo, se qualcuno può dimostrare che nella nostra guerra contro l’apartheid ed altri alleati dell’imperialismo in Africa, abbiamo fucilato un prigioniero, tanto che molte volte i soldati dell’apartheid preferivano cadere prigionieri in mano nostra, perché avevano la vita assicurata. Non dico altro.
Vescovo Feofán.- Molte grazie, Comandante Castro. Era quello che desideravo sentire da Lei.
Natalia Chopin.- Mi chiamo Natalia Chopin, sono giornalista dell’ECO di Mosca.
Una domanda molto corta e molto semplice.
Mi dica, per favore, se pensa di visitare in un immediato futuro la federazione Russa. Grazie.
Comandante.- …come posso pianificare una visita nella Federazione Russa. Se mi domandi i miei sentimenti, la mia volontà, sì, in estate ed in inverno, con neve e senza neve, chiunque stia governando, ed a maggior ragione oggi, quando le relazioni tra Cuba e Russia migliorano. A maggior ragione oggi che è appena terminata una riunione del Comitato di Collaborazione tra Russia e Cuba, con risultati molto buoni, in un ottimo momento delle relazioni tra i due popoli, sulla base di un immenso affetto, l’affetto espresso dal poeta. Quell’affetto che volevo esprimere ricordando quando una volta sul lago Baikal, in mezzo alla neve, dei pescatori rudi e forti, della Siberia, stavano arrostendo un pesciolino e noi, con ancora alcune difficoltà nelle relazioni, una certa amarezza per la forma, a nostro giudizio non corretta, una cosa del passato, di come si era risolta la Crisi di Ottobre, vedendo quegli uomini parlare, ho avuto la possibilità di conoscere il popolo russo, di cui posso dire che è il popolo più amante della pace, e lo è perché è stato quello che più ha conosciuto la guerra.
Nessun popolo ha sofferto tanto, né è stato tanto distrutto come il popolo russo durante la Seconda Guerra Mondiale. Quel popolo ha conosciuto la guerra e la tragedia della guerra, perciò amava più di chiunque la pace. Posso dire anche che era il popolo più disinteressato. Questo uomo che ha conosciuto la guerra era capace di dare tutto e tornare a combattere. Quel siberiano sapeva che ero un cittadino di un’isoletta che si trovava qua, alla fine del mondo, parlava con me e mi esprimeva i suoi sentimenti, perché era un popolo che, conoscendo la guerra ed odiandola più di nessun altro, possedeva la generosità d’essere capace di morire per un altro. Noi cubani abbiamo imparato anche questo, non saremmo solamente morti per la nostra patria e la nostra terra; non sono pochi i cubani morti combattendo o partecipando a missioni internazionaliste.
Si corrono dei rischi in guerra, in pace in qualsiasi circostanza. In realtà mi ha interessato molto raccontare ciò che ho fatto a 21 anni. Potrei dirvi che non trascorse tanto tempo ed ero a Bogotà durante una riunione della OEA quando assassinarono un autorevole dirigente ed ho visto sollevarsi un’intera città e mi arruolai con il popolo, con gli studenti, mi procurai anche un fucile, sequestrandolo in una stazione di polizia, mi armai. Credo che arrivai ad avere sette pallottole, un berretto senza visiera, che sembrava un basco, delle scarpe per niente adatte al combattimento. Ed in quella città sono stato fino all’ultimo giorno, finché mi mandarono via, finché ci fu un negoziato ed una pace, lasciando tutti quanti per strada. Non me lo sto inventando, sta scritto.
Ebbi un momento d’incertezza una notte, alle 2:00 o alle 3:00, mentre eravamo in un commissariato, perché anche la polizia si era ribellata. Quando scoppiò la violenza ed il saccheggio, lo stesso esercito stava vacillando. In quel momento Gaitán era un leader molto amato, stava difendendo un tenente da una calunnia e tutti lo ascoltavano, ma quel saccheggio condusse alla forza, all’ordine. Ero con gli insorti, no?, con gli studenti, con il popolo.
Il popolo distrusse tutto ciò perché si mise a saccheggiare. Il livello culturale e di preparazione non permetteva altro, sembravano formiche caricando pianoforti, frigoriferi di due metri cubici: Vidi tutto quello, quegli uomini dentro il commissariato insorto erano persi e me ne rendevo conto, per la nostra storia, perché avevo pensato e, nonostante l’età, avevo riflettuto su molte di quelle cose, e stavo con quella guarnigione perduta. Passava un carro armato, gli sparavano alcuni colpi.
Vidi come stavano abusando di un poliziotto, m’indignava. Era un poliziotto godo come dicevano loro, reazionario; però mi indignai perché lo maltrattarono. Ero alla finestra in una di quelle camerate, nella posizione che mi toccava e sentì repulsione. Lo maltrattarono, lo insultarono e gli dissero non so quante cose. Parlai due o tre volte con il capo e gli dissi: “Guardi che questa truppa è persa.”
Chiunque avesse letto i libri della Rivoluzione Francese e sapesse come erano i tumulti, sapeva che la truppa che non si muove è perduta, qualsiasi truppa in una circostanza come quella deve prendere l’iniziativa. Così succedeva durante la Rivoluzione Francese, l’abbiamo letto nei libri di tutti gli autori…Chi si mette in un posto è perduto. Gli dissi: “Mandi questa truppa in strada, attacchi.” Stavo cercando di persuaderlo, ma non capiva. Bene, però ero lì ed in un momento mi ricordai della mia famiglia, perfino della mia ragazza, cosa vi sembra? Mi ricordai di tutto. Allora, ho avuto un dubbio di un momento, nessuno lo sapeva, sarei morto lì anonimamente ed io stesso dovevo spiegarmi perché continuavo a stare lì e mi spiegai subito il perché, mi diedi una risposta: questo popolo è uguale agli altri, al mio, la sua causa è giusta, le ingiustizie sono le stesse di là. Sapevo di avere ragione, il mio disaccordo era che la truppa era mal impiegata. Mi dicevo: devo sacrificarmi? E cosa decisi? Rimanere, sacrificarmi con quella gente. Ebbi fortuna perché non attaccarono e quelli avevano i carri armati.
Il giorno dopo gli dico: “Mi dia una pattuglia.” Tutte le colline erano vuote, doveva solo arrivare un contingente per prendere quel punto, quelle colline. Dico: “Mi dia una pattuglia.” E me la dettero e andai a difendere quelle colline.
Ho vissuto un’esperienza tremenda, quel giorno vidi la città bruciando ed alla sera tornai e non ne ho approfittato del pretesto per salvarmi la vita. Tornai in quella caserma perché mi dissero che stavano attaccando il commissariato, per fortuna gli insorti stavano attaccando un edificio nelle vicinanze. Cosicché sopravissi per caso, rimasi lì ed il giorno dopo non mi lasciarono portare via nemmeno una sciaboletta che volevo per ricordo. Avevano già fatto la pace e tutti applaudivano “Il cubano!”, tutti parlavano con il cubano, perché a tutti chiamava l’attenzione che uno studente cubano fosse rimasto lì. Ero lì durante l’organizzazione di un congresso e mi arruolai e quel giorno ebbi i miei dubbi. Ciò che vi racconto, non l’ho mai raccontato, perché era una questione di coscienza rimanere e decidere di sacrificarmi per un popolo che non era il mio, in un’operazione persa, con una truppa vinta, ma rimasi lì, perché era una questione di coscienza.
Ho detto che era molto presto, perché è stato durante il passaggio dal secondo al terzo anno di laurea. Avevo molte idee, ero antimperialista o anticolonialista, per la democrazia di Porto Rico la restituzione del Canale di Panama ai panamensi, le Malvine all’Argentina, la fine delle colonie europee in America Latina, queste erano le bandiere. Bene, non era ancora la bandiera socialista.
Nel momento di cui vi racconto non avevo letto Marx. Vi ho già raccontato due episodi, vedete come la penso, realmente esprimo già il mio pensiero e non è una risposta. Posso rispondere a qualsiasi domanda mi facciate, perciò ho la sicurezza di poter rispondere, perché ho cercato di essere coerente alle mie idee, mantenermi fermo ed è ciò che consiglierei a qualsiasi giovane. E come tutti i giovani devo avere avuto la mia dose di vanità; non devo, sicuramente l’avevo. Ho avuto di tutto ed anche vanità piccolo borghesi, orgoglio, sciocchezze di questo tipo. Però la mia scala di valori non l’ho mai abbandonata e la vita mi ha insegnato, tra l’altro, ad essere più modesto, più umile. Credo di essere più umile di quando iniziai da giovane. Il giovane è molto critico con gli altri, credi di sapere tutto ed ha molta ragione, però non tutta la ragione e naturalmente mi ricordo com’ero.
La vita è una lotta continua fino all’ultimo momento, penso di lottare contro me stesso fino al momento in cui morirò, al secondo esatto in cui morirò, perché analizzo ancora ciò che faccio e quando commetto un errore, anche se piccolo, correggo il dettaglio.
Chissà se dopo mi metto a pensare ciò che ho detto qui, ma spero di no, perché sono stato fedele nel parlare con voi, perché apprezzo la vostra riunione. Non pronuncerò qui un discorso, non ne ho avuto il tempo, perché sono coinvolto in tutte queste cose. Ho avuto poca informazione, l’ho avuta, minima, subito dopo pranzo, per leggere, vedere altre cose, correndo a vedere il Ministro, tornando, mentre mi aspettavano. Domani ho un’importante appuntamento alle 6:00 della sera e si suppone che mi stia riprendendo ancora da un incidente avuto il 20 ottobre dell’anno scorso.
È per questo che forse mi esaminerò e mi domanderò: di cosa ho parlato con russi? Però sono sicuro che non mi pentirò di ciò che ho parlato con voi, perché vi ho parlato da fratello, con affetto, con sentimento. Così, ciò che sentiamo per voi è quello che dicevo, perché ho conosciuto uomini come quelli, ho conosciuto guardaboschi, ho conosciuto russi che sono patrioti e dei veri rivoluzionari, quelli che ho sempre visto come i combattenti, quelli che hanno combattuto a Stalingrado, a Leningrado, a Kerch, dappertutto, a Smolenk, quelli che non si arrendevano, che continuavano la resistenza, quelli che lottavano. Quelli che sono stati là a lottare contro i giapponesi, quando senza dire niente a nessuno, gli Stati Uniti lanciarono la famosa bomba, com un atto di terrore.
Se calcolo ciò che hanno perso gli alleati, i russi e gli altri popoli sovietici che lottarono insieme alla Russia, hanno sacrificato più vite loro di tutti gli altri che hanno partecipato a quella guerra; è la verità. Sono stato in alcuni cimiteri, sono stato in quello di Leningrado e conosco la storia, i 1.000 giorni d’assedio ed ho letto un lungo libro che ricorda tutti i sacrifici affrontati da quelli di Leningrado, simili a quelli che affrontò dappertutto il popolo russo. Cosicché i miei sentimenti hanno una solida base, so come sono i russi e li ammiro.
Come ho detto, le nostre relazioni con lo Stato e con il governo russi vanno bene e mi rallegro, perché ci dobbiamo unire tutti, un dialogo tra difensori della civiltà. È ciò che intendevo dire.
Alfonso Bauer.- La mia domanda è: in Guatemala dicono che Lei ha vissuto nella città di Jalapa e sono stato tra coloro che hanno sostenuto che non è sicuro, sebbene per la mia patria sarebbe una gloria se Lei fosse stato in Guatemala in quel periodo.
Comandante.- Magari avessi potuto esserci, mi sarebbe piaciuto, veramente. Quanti sono stati i desaparecidos? So che ci sono stati oltre 100.000 morti ed oltre 100.000 desaparecidos dopo l’intervento degli Stati Uniti contro la rivoluzione guatemalteca.
Era ciò che ci sarebbe successo se vincevano a Girón.
Quante vite costò la spedizione mercenaria in Guatemala per abbattere il governo di Arbenz?
Alfonso Bauer.- Circa 200.000.
Comandante.- Ah, esatto, 100.000 morti e 100.000 desaparecidos. Qual è la ragione allora perché ci siano delle proteste per alcuni mercenari detenuti? Ah, però qui ci sono detenuti, non ci sono desaparecidos, non ci sono assassinati. Ah, quelli che si meritano una grande medaglia, olimpica, la benedizione dell’impero, sono coloro che ammazzano nei paesi dove gli analfabeti ed i semianalfabeti possono essere il 30%, il 40% ed oltre, dove la mortalità infantile è elevatissima, e ci sono tutte quelle disgrazie a cui mi riferivo. Quella è “democrazia”, signori, e ciò che facciamo noi è una porcheria, una “sistematica e permanete violazione dei diritti umani”.
Credo che se non fossimo stati capaci di applicare misure dure, avremmo cooperato con coloro che volevano distruggere la nostra Rivoluzione ed il nostro popolo.
Ci piace applicare la pena capitale? Per niente, ci ripugna; qualcosa di più di non piacere, ci ripugna. Quando si è cercato di difenderci dal più potente degli imperi della storia, l’abbiamo applicata. In nessun altro posto al mondo come in Texas hanno giustiziato tanta gente, hanno giustiziato innocenti, bambini, persone che hanno commesso il reato quanto erano bambini. Qui non è mai successo. Hanno giustiziato dei dementi, qui non è mai successo.
Allora mi domando: perché non portano il signorino che presiede gli Stati Uniti davanti alla Commissione dei Diritti Umani di Ginevra? Ah, no! Deve venire a Cuba e tutti gli anni. A dire il vero, non voglio parlare con disprezzo, ma quello che sentiamo per tutta questa ipocrisia è disprezzo. Non ho altro da dire: disprezzo! Perché non abbiamo bisogno che nessuno ci giudichi, perché i primi che dobbiamo giudicarci siamo noi stessi.
Delegato russo.- Innanzitutto, molte grazie per il suo brillante discorso. Ci dica per favore, dall’inizio della sua lotta rivoluzionaria quale è stata la tappa più difficile?
Comandante.- La più difficile è adesso, dove devo rispondere alla Sua domanda.
Abbiamo ancora tempo. Se voi resistete, resisto ancora.
Mijail Chernov.- Stimato compagno Fidel Castro, molte grazie per il suo intervento. Mi chiamo Mijail Chernov, sono un giornalista russo, sovietico, della rivista Export. Non è la prima volta che mi trovo a Cuba, mi piace molto il suo paese, mi piace l’esperienza cubana che ho potuto vedere qui. La mia domanda è la seguente: considero che dobbiamo imparare molto da Cuba, ci dica, per favore, come ci può aiutare?
Comandante.- Secondo momento molto difficile. Non posso aiutarvi in nulla, al contrario, siete voi che potete aiutarci. Le parlo qui con tutta franchezza, scambiando impressioni. Posso aiutare te ed il tuo popolo, tanto come voi potete aiutarci. Facendo queste cose voi stessi vi aiutate e ci aiutate.
Il dovere è l’unica cosa con voi, che avete avuto fiducia in noi, che ci avete creduto degni di celebrare qui questa riunione, di avere questo interscambio e d’invitarci.
Non posso pensare che vi sto aiutando, né che ci sia una forma d’aiutarvi; penso che siate voi che ci state aiutando e che state aiutando il mondo.
Questa è la nostra funzione. Qui ci sono molti religiosi, loro sanno qual è il loro dovere, quale è la loro funzione; sono presenti medici, professionisti ed ognuno sa qual è il proprio compito, tutti sappiamo qual è il nostro compito.
Realmente, posso solo promuovere l’interscambio e dire: aiutiamoci reciprocamente, questo è ciò che possiamo fare.
Tutti coloro che desiderano domandare, stampa, membri della delegazione, possono fare qualsiasi domanda.
Delegato russo.- Stimato signor Fidel Castro, vorremmo, se possibile, conoscere la sua opinione su fino a quando durerà l’occupazione in Iraq?
Cinque minuti fa Lei ha detto che a volte commette degli errori. Possiamo conoscere quali errori a commesso governando Cuba? Comandante.- Questa riunione e sottomettermi al vostro interrogatorio. Questo è uno, tra i molti.
Mi domanda quanto durerà l’occupazione in Iraq. L’occupazione in Iraq? Credo sia una domanda non corretta. L’Iraq è stato invaso, ma non occupato.
Puoi domandare quando se ne andranno. È quello che credo.
Vuoi chiarire la domanda? Credi che sia occupato? Non hanno già un governo lì, non hanno un assemblea? Perché non se ne vanno? Quando se ne andranno è ciò che vuoi sapere?
Quando se ne andranno veramente? Quando potranno andarsene, si ritireranno quando potranno ritirarsi. Il fatto è che adesso stanno come quello che è appena arrivato: non possano andarsene, né possono restare, sono in gioco gli sciiti , i sunniti, se c’è un governo; se ne andranno quando potranno, perché gli invasori non se ne vanno quando vogliono, ma quando possono. Sanno in quale momento possono invadere, ma non sanno quando possono ritirarsi.
In Vietnam hanno saputo quando sono entrati, ma dopo gli è costato parecchio, molto tempo e 50.000 vite. Il numero di vite che allora la società americana gli permise era di 50.000. Mi chiedo se oggi la società americana concederà agli invasori una quota di 5.000 vite. Forse 5.000 vite sono ormai il massimo tollerabile, ed ogni volta la quota per delle avventure basate sulle menzogne, su degli inganni, sarà minore.
Il problema è che ormai hanno bisogno di ritirarsi, ma non possono. Adesso stanno vedendo cosa inventarsi, cosa fanno, per potersi ritirare.
Quindi la domanda è: quando potranno ritirarsi? Allora, questo dipenderà dal popolo americano e dalla crisi economica, dal deficit del preventivo di circa 500 miliardi e dal deficit commerciale di altri 500 miliardi, mille miliardi. Per quanti anni possono sopportare questo deficit di mille miliardi e come usciranno da lì? Credono che elimineranno la cultura? Stanno approfittando delle contraddizioni religiose, delle contraddizioni nazionali, della situazione complicata: curdi al nord, sunniti al centro, sciiti a sud, cristiani ortodossi d'altra parte; un Iran che vogliono distruggere oppure vogliono invadere e delle cui risorse si vogliono impadronire. Non è un Iran disprezzato dagli sciiti del sud dell’Iraq, che in passato erano stati repressi.
È una storia conosciuta, conosciamo a sufficienza questa storia, perché quando iniziò la guerra tra l’Iraq e l’Iran avevamo la Presidenza del Movimento dei Non Allineati e ci diedero il compito di cercare la pace tra i due paesi. Sappiamo tutto ciò che lì accadde. L’Iraq era un paese che sosteneva relazioni con molte nazioni, investiva bene i soldi del petrolio, finché iniziò quella sfortunata guerra con l’Iran.
Fin qui su questo tema. Ho un’opinione chiara di tutto ciò. Era un paese influente, che successivamente commise gravi errori. Anche noi eravamo contrari all’occupazione del Kuwait e l’abbiamo condannato alle Nazioni Unite, però abbiamo fatto grandi sforzi perfino per persuadere il governo a rinunciare, che il coraggio consisteva nel rinunciare e correggere quell’errore, che avrebbe dato l'opportunità al degli Stati Uniti di fare una grande coalizione arabo, musulmana, europea, Nato e Stati Uniti. Siamo arrivati a dire: “Correggete l’errore.”
Una copia di questi documenti si trova negli archivi russi e naturalmente anche negli Stati Uniti, perchè in un determinato momento dalla Russia hanno informato gli Stati Uniti. In entrambi i luoghi, sia al Dipartimento di Stato che là, si trova ciò che scrissi e sto dicendo qui. Però non pubblicai gli argomenti ed i ragionamenti che feci nel mio tentativo, perché avevamo delle responsabilità con il movimento internazionale. Sostenevamo relazioni con l'Iraq, comprese delle collaborazioni in campo medico e lì era impegnato un contingente di medici cubani. Perciò alcune delle cose che hanno preceduto questa tragica pagina sono successe prima, e le loro conseguenze sono stati osservate ed addirittura previste, come dimostrabile sulla carta. Ciò aiutò, come l’abbattimento delle Torre Gemelle, la politica guerrafondaia, inopportuna, anacronistica dell’imperialismo.
Ricordo quando in Malesia, durante la riunione dei Non Allineati, parlai con il Vicepresidente dell’Iraq. In quel momento le relazioni non erano molto buone con il governo iracheno, perché noi non siamo mai stati d’accordo con l'occupazione del Kuwait, e quindi loro non erano molto contenti del fatto che c'era stata una riunione interparlamentare ed io mi ero incontrato con la delegazione del Kuwait ed anche con quella irachena. Parlavano molto della quantità di bambini che morivano e dissi: "Perchè non facciamo qualcosa per evitare la morte dei bambini? Diteci di quanti medici avete bisogno. Si può fare un piano perché non muoiano.“ Ed è vero che i bambini morivano.
Noi qui abbiamo avuto un periodo speciale, il blocco, tante cose, ma i bambini non sono morti; prima muoiono gli adulti, muoiono prima i genitori piuttosto che muoiano prima i bambini.
Allora il mio argomento fu questo: “Non si giustifica. Perchè non fate la pace con il Kuwait?”. Dissi ai rappresentanti iracheni intervenuti a quella riunione: "Cercate la pace."
C’era molta gente, compresi i paesi arabi che erano intervenuti nella guerra, che volevano una rettifica, che volevano cercare la pace e loro insistevano in quella posizione intransigente. In Malesia dissi al Vicepresidente: “Il governo degli Stati Uniti vuole la guerra contro di voi; è evidente che faranno una guerra, non possono nasconderlo; non dategli né il più piccolo pretesto, non aiutateli nel fare una guerra." Gli dissi: "Guardate, non vi mettete ora a pensare se dicono che quei razzi fanno 50 chilometri in più e che non possono passare i 500, ponete il limite a 499. Il vostro diritto è indiscutibile, ma non dategli un pretesto. Esponetelo, ditelo pubblicamente, invitate una commissione dei Non Allineati a visitare l’Iraq per dimostrare che non avete armi chimiche." Gli dissi: "Penso che non le abbiate, e se in un’occasione le avete fabbricate, distruggetele.” Gli dissi di comunicarlo per favore alla dirigenza irachena. Ormai sembrava imminente che si sarebbe scatenato l’attacco, ma azzardai e lo dissi al Vicepresidente, che mi ringraziò moltissimo. L’altra volta, ai tempi del Kuwait, il governo iracheno aveva detto: “Sarà la madre di tutte le guerre." Gli dissi: “Succederà questo e questo. Ormai non è il Vietnam. Il Vietnam contava sul sostegno, la giungla, non i deserti, un tipo di guerra irregolare, il sostegno della Cina che era accanto, della Unione Sovietica che inviava le armi via mare ed in altre forme. Voi non riceverete nemmeno un proiettile, non avete modo in una situazione come questa". Questo è ciò gli dissi quando parlai di correggere per non aiutare l'impero. È passato il tempo e adesso il paese è occupato. Gli è sembrata una cosa semplice, adesso hanno una bella gatta da pelare, si vanno a rompere i denti. Molti americani se ne rendono conto e certo ora non è come appena arrivati.
Lì ci sono molti che pensano. Non è questione di premere il grilletto o un pulsante. Per premere un pulsante ci devono essere circa 200 o 300 persone, non si sa quanta gente, decisa a premerlo. Gli stessi militari lo sanno, sono dei professionisti, e conoscono il costo in vite umane ed in prestigio. Si è trattato di un discredito incredibile. Le vicende hanno sorpreso pure a me. Guardate quanto siamo ingenui, se io che li conosco, che so che non hanno nessuno scrupolo, non mi sarai mai immaginato il governo degli Stati Uniti torturando dei prigionieri. Credevo che almeno questo non l’avrebbero fatto, che non fossero così stupidi. Usare queste sadiche procedure, con torture fisiche e morali. È una vergogna, uno schifo e non è accaduto in un solo posto. Non avrei mai immaginato che un giorno la Base Navale di Guantánamo, un territorio cubano che occupano con la forza, sarebbe diventato un centro di tortura, di torture sadiche. Non lo immaginavo. Io veramente non credevo... Io credevo che quella civiltà incivile, questo governo che poteva lanciare armi nucleari, bombardare tutto, non avrebbe commesso l’imbecillità di torturare degli esseri umani, chiunque fossero. Oppure noi non abbiamo mai avuto a che fare con criminali che hanno ammazzato dei nostri compagni? Chiunque siano, non sono mai stati toccati nemmeno con un dito. Potremmo dare tutto il denaro del paese – non è tanto, ma qualcosa possiede, sapete? – a colui che dimostri che qui si è mai toccato con un dito un prigioniero della peggiore specie, gli autori dei peggior crimini, dei più grandi atti di terrore contro il nostro paese.
Abbiamo avuto dei prigionieri, quelli di Girón, mercenari che ci hanno invaso, quelli che sono arrivati e sono sbarcati preceduti da bombardamenti, che hanno ucciso donne e bambini. Dopo quello spietato combattimento, in cui si lottò per 68 ore consecutive. Senza tregua, né giorno né notte, perché avevamo lì le navi americane con i marine pronti a sbarcare. E non lo sta raccontando uno che l’ha sentito dire, ve lo sta raccontando uno che era lì, tra altre cose, perché è stata la mia abitudine tutta la vita. Non mi sono mai messo in un rifugio o in un posto simile. Non è mio costume, né la mia mentalità, né la mia abitudine. Mi trovavo lì quell’alba, quando la Marina americana simulò uno sbarco nel nord della provincia di Pinar del Río, nelle vicinanze del capoluogo. Ci siamo detti: “Ma come uno sbarco?” “Si, uno sbarco.” “Accertato lo sbarco a Cabañas”, esattamente come mi dissero solo 24 ore prima, quando mi svegliarono: sbarco a Playa Larga dove una squadra si era scontrata con il nemico.
Successivamente, quando lanciarono i paracadutisti, ho avuto la totale convinzione che era l’obbiettivo principale. Ci trovavamo lì ed avevano respinto un attacco con i carri armati, organizzammo un'altra offensiva, li avremmo presi dalla retroguardia, sia a Playa Larga che a Girón. Ero lì ad aspettare un battaglione di carri armati. La nostra artiglieria colpendo forte. Siamo arrivati a Playa Girón probabilmente prima dell’alba. Gli yankee fecero una manovra, non esisteva nemmeno l’attuale autostrada. Non avevamo delle buoni comunicazioni, organizzati come battaglioni, non come esercito, né corpo d’armata, né divisioni, nemmeno come brigate. Durante la guerriglia, non avevamo né battaglioni, né battaglioni di carri armati, né battaglioni d’artiglieria, né batterie antiaeree, né batterie di cannoni 130, oppure batterie con obici 122. Erano batterie, ma sulle montagne non avevamo niente del genere.
Così, e di fronte la marina americana. Lì nessuno è stato fucilato, lì non c’è stato nemmeno un colpo con il calcio del fucile. Cosa dimostrava? Che le idee erano diventate coscienza, che l’etica era coscienza, e quei soldati che erano indignati non avevano aggredito nessuno. La squadra americana a tre miglia, non a dodici. Quando siamo entrati a Girón avevano le luci spente; portaerei, i marine sulle navi, sperando di costituire un governo.
È ciò che ti voglio dire: conosco bene quella gente. Non immaginavo fossero capaci di torturare dei prigionieri né a Guantánamo, né ad Abu Ghraib. Li consideravo un po’ più equilibrati, sufficientemente equilibrati da non fare una cosa del genere, e ti ho detto perchè. Non lo possono giustificare con l’odio o l’indignazione, e per ciò ti ho detto che abbiamo avuto diverse volte dei terroristi in prigione, mercenari, traditori, ma non li abbiamo mai toccati nemmeno con un dito, e loro lo hanno fatto.
Perciò ti dico allora che si ritireranno quando potranno, quando il costo morale e politico sarà il minore possibile. Però nessuno lo sa. Forse un giorno il popolo americano deciderà che devono ritirarsi da quel paese, qualunque sia il presidente degli Stati Uniti.
Bene, queste sono cose che possono accadere, sono imponderabili.
Dà la parola ad un altro.
Non terminare questa sessione che altrimenti ti ritroverai impopolare.
Veloce, altri due o tre.
Cercherò d’essere breve, dobbiamo cercare di spiegare.
Vladimir I. Yakunin.- ... Penso che qualsiasi legge o regola sul lavoro, l’abbiamo trasgredita. Chiedo ai partecipanti alla conferenza d’abbassare le mani. Esiste un modo dire molto bello: “Bisogna saper riconoscere l’ora uscire di scena.” Penso che dobbiamo ringraziare il Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri del tempo che ci ha dedicato. Dobbiamo esprimergli la nostra gratitudine.
Comandante.- Probabilmente ci vedremo là, ma non mi hanno nemmeno invitato alla riunione, non so nemmeno se mi daranno il visto. Quand’è la riunione, in che mese?
Vladimir I. Yakunin.- Dal 3 al 7 ottobre.
Comandante.- Di quest’anno?
Vladimir I. Yakunin.- Sì signore.
Comandante.- Dov’è?
Vladimir I. Yakunin.- A Rodi, in Grecia
Comandante.- Ci sono degli invitati?
Vladimir I. Yakunin.- Sì signore, certo.
Comandante.- Quale sono i requisiti per...?
Vladimir I. Yakunin.- Soltanto la sua presenza.
Comandante.- No, io non voglio compromettermi, perchè non so in quale pasticcio sono cascato, e non voglio che la mia parola...
Vladimir I. Yakunin.- Lo penserà, forse.
Comandante.- Lo penserò, sì, lo penserò, sicuro.
Tante grazie per la vostra pazienza.
Viva la pace!
Viva il dialogo tra le civiltà!
|