Le
pesanti condanne detentive inflitte recentemente a cinque agenti cubani
infiltrati, con il compito di raccogliere informazioni idonee a prevenire
attentati terroristici, in seno alle organizzazioni anticastriste a Miami
pongono vari problemi sia dal punto di vista della loro legittimità interna
e internazionale, sia per il diretto collegamento con più ampie questioni,
come la lotta al terrorismo e il rispetto dei diritti umani.
Esse meritano quindi, dato il risalto assunto da tali questioni sulla scena
internazionale, un'analisi più che attenta.
Prima di dedicarci all'esame di specifici profili di illegittimità della
sentenza sulla base di vari principi generali di diritto, dobbiamo però
evocare una problematica di carattere generale, in relazione alla quale
devono essere espresse fortissime perplessità in merito alla linea di
condotta assunta da uno Stato, gli USA, che pure ha dichiarato, a seguito
dei feroci attentati dell'11 Settembre, una guerra senza quartiere al
terrorismo.
E' proprio l'atteggiamento assunto dall'amministrazione Bush riguardo a
questo caso che fa sorgere forti sospetti in ordine alla strumentalità della
"lotta al terrorismo" proclamata da questa amministrazione, la quale sembra
servirsi della necessità di contrastare i terroristi per mascherare i propri
disegni egemonici. La vicenda dei cinque e più in generale quella del
terrorismo anticastrista inducono anzi a ritenere, che, per la realizzazione
degli stessi fini egemonici, il governo statunitense sia incline in alcune
occasioni ad utilizzare gruppi terroristici.
Non c'è infatti dubbio sulla natura terroristica delle attività svolte da
talune organizzazioni del cosiddetto dissenso cubano acquartierate a Miami,
intendendo per terrorismo ogni attività volta a provocare il terrore a fini
politici, colpendo in modo indiscriminato e provocando vittime innocenti in
modo deliberato.
Sono vari decenni che i gruppi terroristici operanti dal territorio
statunitense provocano danni umani e materiali notevoli a Cuba e al suo
popolo. L'elenco degli atti terroristici è impressionante, si va dai
ripetuti tentativi di assassinare Castro, ad attentati ad aerei e navi, a
bombe collocate nelle installazioni turistiche dell'isola. Basti ricordare
l'abbattimento di un aereo della Cubana de Aviación in volo da Caracas
all'Avana, avvenuto il 6 ottobre del 1976, nel corso del quale morirono 76
fra uomini, donne e bambini.
Proprio per porre un freno a tali attività, che provocavano varie centinaia
di morti innocenti, il governo cubano si era rivolto, in varie occasioni, a
quello statunitense, denunciando l'esistenza di tali cellule terroristiche.
La richiesta di cooperare nella repressione del terrorismo veniva inoltre
formulata dall'ambasciatore cubano presso le Nazioni Unite in seno al
Consiglio di Sicurezza. Come risultato di questi passi diplomatici si
svolgeva una riunione, nel giugno 1998, fra agenti del FBI e autorità
cubane, nel corso della quale aveva luogo uno scambio di documentazione
relativa all'operato di tali cellule.
L'avvio dell'indagine contro i cinque agenti cubani e la loro condanna
rappresentano, con piena evidenza, un brusco, improvviso ed immotivato
voltafaccia rispetto alle esigenze di una comune iniziativa contro il
terrorismo. E' infatti proprio sulla base delle informazioni raccolte, fra
gli altri, da questi cinque agenti che il governo cubano, avendo verificato
e provato l'esistenza di cellule terroristiche operanti dal territorio
statunitense, si era rivolto al governo di Washington per invocarne la
collaborazione.
2.
L'obbligo di lottare contro il
terrorismo
Se, come
taluni autori di diritto internazionale sono oggi propensi a
ritenere, specie sulla base dell'analisi dell'attività svolta dalle Nazioni
Unite, che ha subito una forte accelerazione dopo gli eventi dell'11
settembre 2001, lottare contro il terrorismo rappresenta un obbligo erga
omnes e promuovere il terrorismo costituisce invece un crimine
internazionale, dobbiamo ritenere che esistono forti indizi emergenti dalla
fattispecie in esame che proprio gli Stati Uniti, che hanno fatto della
lotta contro il terrorismo la propria bandiera, si siano resi in realtà
colpevoli della violazione di tale obbligo e del compimento di tale crimine.
Anche qualora non si voglia ritenere che la promozione di attività
terroristiche contro il governo e il popolo cubano costituisca, come vari
elementi inducono a ritenere, il frutto di una vera e propria scelta
consapevole dell'amministrazione Bush, bisogna ammettere che quest'ultima si
sia resa colpevole quanto meno dell'omissione dolosa a provvedere in modo
tale da mettere i terroristi anticastristi in condizione di non nuocere.
Lunga è la lista delle convenzioni internazionali e delle risoluzioni delle
Nazioni Unite, in particolare del Consiglio di sicurezza, che il governo
degli Stati Uniti ha in tal modo disatteso. Ci limiteremo in questa sede a
ricordare la risoluzione 1373 del Consiglio di sicurezza, la cui adozione fu
caldeggiata dagli stessi Stati Uniti dopo l'11 settembre, la quale, nel
preambolo, riafferma il principio secondo il quale "ogni Stato deve
astenersi dall'organizzazione, istigazione, sostegno e partecipazione ad
atti terroristici in altro Stato o dal permettere attività organizzate che
si svolgano sul suo territorio che siano dirette al compimento di tali
atti".
Fra le
pressanti richieste agli Stati da tale risoluzione vi sono del resto quelle
di adottare tutte le misure necessarie ad impedire il compimento di atti
terroristici, ivi compreso lo scambio di informazioni con altri Stati, di
negare rifugio a chiunque finanzi, pianifichi, appoggi o commetta atti
terroristici, di impedire l'uso del proprio territorio per finanziare,
pianificare, sostenere o compiere atti terroristici verso altri Stati,
assicurare alla giustizia chiunque partecipi alle attività appena enumerate.
Manca tuttora una definizione internazionalmente stabilita di attività
terroristiche, il che costituisce indubbiamente allo stesso tempo un
intralcio per la repressione e l'occasione per un pericoloso uso strumentale
della lotta al terrorismo per perseguire finalità di altra natura sul piano
interno o internazionale.
Le attività terroristiche vengono definite nel seguente modo nel diritto
statunitense 18, USC, 113B, sezione 2331:
"As used
in this chapter -
(1)
the term ''international terrorism'' means activities that -
(A)
involve violent acts or acts dangerous to human life that are a violation of
the criminal laws of the United States or of any State, or that would be a
criminal violation if committed within the jurisdiction of the United States
or of any State;
(B)
appear to be intended -
(i)
to intimidate or coerce a civilian population;
(ii)
to influence the policy of a government by intimidation or coercion; or
(iii)
to affect the conduct of a government by mass destruction, assassination, or
kidnapping; and
(C)
occur primarily outside the territorial jurisdiction of the United States,
or transcend national boundaries in terms of the means by which they are
accomplished, the persons they appear intended to intimidate or coerce, or
the locale in which their perpetrators operate or seek asylum".
In tale definizione, che può essere criticata per la sua eccessiva ampiezza,
rientrano senza dubbio le attività perpetrate dalle organizzazioni armate
anticastriste contro il governo e il popolo cubano, che risultano per giunta
caratterizzate dal carattere indiscriminato e dal fatto che ne sono state
vittime civili, cittadini cubani e turisti.
3.
Insussistenza dei reati
ascritti
Le
principali imputazioni elevate contro i cinque consistono nella cospirazione
al fine di commettere delitti contro gli Stati Uniti e cospirazione al fine
di raccogliere elementi di informazione sulla difesa nazionale degli Stati
Uniti per comunicarli al governo cubano. Uno dei cinque inoltre è accusato
di concorso in cospirazione volta a commettere un omicidio, per aver
trasmesso a Cuba informazioni in ordine al volo dell'aereo dell'associazione
"Hermanos al rescate", che venne poi abbattuto dalla difesa aerea cubana.
Centrale, nell'economia dell'accusa, appare peraltro l'imputazione di
spionaggio. Si tratta di condotta incriminata da una specifica norma penale
statunitense (18 USC 794), relativa allo spionaggio federale contro la
difesa nazionale degli Stati Uniti. Tale norma è del seguente tenore:
"Sec. 794. - Gathering or delivering defense information to aid foreign
government
(a)
Whoever, with intent or reason to believe that it is to be used to the
injury of the United States or to the advantage of a foreign nation,
communicates, delivers, or transmits, or attempts to communicate, deliver,
or transmit, to any foreign government, or to any faction or party or
military or naval force within a foreign country, whether recognized or
unrecognized by the United States, or to any representative, officer, agent,
employee, subject, or citizen thereof, either directly or indirectly, any
document, writing, code book, signal book, sketch, photograph, photographic
negative, blueprint, plan, map, model, note, instrument, appliance, or
information relating to the national defense, shall be punished by death or
by imprisonment for any term of years or for life, except that the sentence
of death shall not be imposed unless the jury or, if there is no jury, the
court, further finds that the offense resulted in the identification by a
foreign power (as defined in section 101(a) of the Foreign Intelligence
Surveillance Act of 1978) of an individual acting as an agent of the United
States and consequently in the death of that individual, or directly
concerned nuclear weaponry, military spacecraft or satellites, early warning
systems, or other means of defense or retaliation against large-scale attack;
war plans; communications intelligence or cryptographic information; or any
other major weapons system or major element of defense strategy.
(b)
Whoever, in time of war, with intent that the same shall be communicated to
the enemy, collects, records, publishes, or communicates, or attempts to
elicit any information with respect to the movement, numbers, description,
condition, or disposition of any of the Armed Forces, ships, aircraft, or
war materials of the United States, or with respect to the plans or conduct,
or supposed plans or conduct of any naval or military operations, or with
respect to any works or measures undertaken for or connected with, or
intended for the fortification or defense of any place, or any other
information relating to the public defense, which might be useful to the
enemy, shall be punished by death or by imprisonment for any term of years
or for life.
(c)
If two or more persons conspire to violate this section, and one or more of
such persons do any act to effect the object of the conspiracy, each of the
parties to such conspiracy shall be subject to the punishment provided for
the offense which is the object of such conspiracy.
[...]."
E'
evidente come le informazioni trasmesse devono essere relative alla "difesa
nazionale" degli Stati Uniti. Se, quindi, l'attività degli agenti cubani era
indirizzata alla raccolta di informazioni sui gruppi terroristici
anticastristi basati a Miami ci troviamo di fronte o a un'indebita
estensione del concetto di difesa nazionale o all'ammissione che gli Stati
Uniti, per garantire la propria difesa nazionale, non rinunciano in taluni
casi a servirsi di gruppi terroristici.
Quest'ultima conclusione, per quanto clamorosamente e paradossalmente non
autorizzata, com'è ovvio, dal diritto internazionale vigente, potrebbe
peraltro non risultare in contrasto insanabile con la cosiddetta dottrina
Bush dell'autodifesa preventiva, vista l'ispirazione fortemente unilaterale
di quest'ultima, che assume a proprio supremo criterio regolatore e
ispiratore l'interesse degli Stati Uniti così come interpretato
dall'amministrazione in carica. Quest'ultima ha del resto impresso un nuovo
slancio alle attività di intelligence volte alla destabilizzazione di
governi stranieri che non risultino di suo gradimento.
Bisogna poi aggiungere che le informazioni trasmesse, per essere
suscettibili di rientrare nella fattispecie indicata, devono rivestire
carattere di segretezza o quantomeno di riservatezza, il che induce ad
assolvere dall'accusa di violazione della norma indicata le attività volte
ad acquisire dati che risultino accessibili al pubblico.
Risulta del pari assente, per quanto riguarda l'elemento psicologico della
condotta tenuta dai cinque, l'animus nocendi nei confronti degli Stati
Uniti, che costituisce un altro requisito indispensabile per l'applicazione
della norma relativa alla repressione dello spionaggio.
Quanto all'accusa di omicidio, l'abbattimento dell'aereo dell'organizzazione
anticastrista, deciso dalla Forza aerea cubana dopo aver intimato senza
successo allo stesso di non trasgredire lo spazio aereo cubano, costituisce
con ogni evidenza la manifestazione di una legittima attività sovrana,
rivestendo i caratteri dell'Act of State, insuscettibile quindi di integrare
la fattispecie di omicidio e di costituire oggetto di repressione penale.
Per dirla con l'avvocato della difesa: "Los pilotos que estaban en la misión
que derribó la aeronave de Hermanos al Rescate seguían las órdenes de su
gobierno. Su gobierno tenía el radar cubano que mostraba el avión en su
territorio soberano. Tenían derecho a defender ese territorio y, en este
caso, ejercieron ese derecho después de reiteradas advertencias. No fué mala
intención...creo que el gobierno confunde la situación. No estamos cablando
de personas individuales. Su Señoría, estamos hablando de estados. Fue un
acto de Estado y he tratado de enmarcarlo en el contexto de un órgano de
regulaciones internacionales que salió a colación en este juicio, la OACI (Organización
Internacional de Aviación Civil) para que el jurado entienda que todas las
naciones tienen derecho a proteger su territorio soberano".
La decisione di abbattere l'aereo, che resta discutibile dal punto di vista
della sua opportunità politica, va peraltro valutata nel contesto drammatico
della lotta al terrorismo. Torniamo a dare la parola all'avvocato difensore:
"Fue una decisión militar del gobierno cubano para proteger sus fronteras de
alguien que percibieron como un terrorista. Me atrevo a decir que si Osama
bin Laden tratara de sobrevolar el Congreso de los Estados Unidos, en
Washington DC, no titubearíamos en derribarlo, aun cuando le hubiéramos
advertido que no viniera y lo haya hecho, y quisiera expresar ante el
tribunal que no se puede esperar que alguien que haya dicho en otro país que
dio la información de que Osama bin Laden viene, se responsabilice por una
decisión militar que se tome aquí, en los Estados Unidos, relacionada con la
protección del gobierno".
4.
L'invocazione dello stato di necessità
Su di un
piano più generale, inoltre, una delle ragioni a difesa
dell'operato degli agenti cubani risiede nell'inadempienza da parte degli
Stati Uniti del proprio fondamentale obbligo di attivarsi per bloccare le
attività terroristiche contro Cuba organizzate a partire dal territorio
statunitense.
In questo senso la difesa ha invocato lo stato di necessità, in quanto, se
pure determinati reati o anche illeciti internazionali sono stati commessi
da parte del governo cubano e dei suoi agenti, essi devono ritenersi
giustificati dall'intento di risparmiare danni ben peggiori. E' il caso ad
esempio di alcune imputazioni minori, quale quella di attività di agenti di
governo straniero in mancanza di registrazione presso le autorità
statunitensi.
Degno di nota il fatto che lo stato di necessità opera come esimente sia sul
piano del diritto penale che su quello del diritto internazionale. Per
quanto riguarda il secondo, esso è stato codificato nei termini seguenti
nell'ultima stesura del Progetto sulla responsabilità degli Stati, contenuta
nel Rapporto della Commissione di diritto internazionale del 23 aprile - 1°
giugno, 2 luglio - 10 agosto 2001 : "article 25, 'Necessity', 1. Necessity
may not be invoked by a State as a ground for precluding the wrongfulness of
an act not in conformity with an international obligation of that State
unless the act :
(a) Is the only way for the State to safeguard an essential interest against
a grave and imminent peril ; and
(b) Does not seriously impair an essential interest of the State or States
towards which the obligation exists, or of the international community as a
whole".
Il progetto richiede inoltre che l'obbligo violato non sia tale da
precludere l'invocazione dello stato di necessità e che lo Stato che lo
invoca non abbia a sua volta contribuito alla nascita dello stato di
necessità.
Pare che tutte le condizioni richieste dalla norma appena citata ricorrano
nel caso in esame. Non vi è infatti dubbio che le attività terroristiche
costituiscano un pericolo grave e imminente per Cuba, che non vi sia altro
modo per porvi fine che infiltrare propri agenti nelle organizzazioni
terroristiche, data anche l'assenza di collaborazione da parte delle
autorità statunitensi, che tale infiltrazioni non pregiudichi alcun
interesse essenziale né degli Stati Uniti, né tanto meno della comunità
internazionale nel suo complesso, che l'obbligo violato sia per sua natura
incompatibile con l'esimente invocata e che Cuba abbia in qualche modo dato
origine allo stato di necessità, data fra l'altro la sua ferma e costante
richiesta di collaborazione alle autorità statunitensi.
In termini analoghi lo stato di necessità come esimente penale è del resto
riconosciuto da molti ordinamenti, fra i quali anche quello statunitense.
5.
Il problema dell'imparzialità della
Corte
Per le
circostanze in cui è stata resa, inoltre, la sentenza della Corte di Miami
urta palesemente contro un principio generale di diritto contenuto nel VI
emendamento della Costituzione statunitense, ma anche nell'art. 14 del Patto
sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, e nell'art. 6, comma 1,
della Convenzione europea sui diritti umani, che è quello dell'imparzialità
della giurisdizione.
Data infatti la particolare composizione della popolazione residente a
Miami, e in particolare in alcune località come la contea di Dade, nonché il
ruolo preponderante svolto in città dalla comunità cubana anticastrista, un
giudizio svolto in tale luogo su un tema del genere appare gravemente
inficiato ab origine dalla mancanza di elementari requisiti di imparzialità
da parte del tribunale, sia per considerazioni attinenti alla composizione
della giuria popolare sia per il metus indiscutibile esercitato su tutto il
tribunale dall'ambiente circostante, per l'esistenza di gruppi organizzati
ed armati ostili a Cuba che svolgono in modo indisturbato le proprie
attività più o meno lecite.
Che non si tratti di una mera presunzione, ma di un fatto innegabile, è
dimostrato dal sondaggio effettuato, per conto della difesa dei cinque, da
parte dello psicologo dottor Gary Moran, secondo il quale il 69% dei
residenti della contea di Dade, nutriva preconcetti giudizi di ostilità nei
confronti degli imputati. L'esistenza di un clima politico fortemente e
violentemente contrario al governo cubano è del resto stata ripetutamente
confermata da vari episodi svoltisi durante il processo, come l'impedimento
del concerto del gruppo musicale Los Van Van.
Quanto
alle vere e proprie intimidazioni, basti infine ricordare che dagli stessi
atti del processo risulta come i giurati e le targhe delle loro automobili
venissero filmate da talune televisioni e che si fosse creata una situazione
di timore fra di essi indubbiamente atta a pregiudicare quell'imparzialità
di giudizio che è richiesta dalle norme, sia statunitensi che
internazionali.
Questi elementi inducono insomma a ritenere che ci si trova di fronte a un
caso da manuale di legittima suspicione e che il processo andrebbe
nuovamente celebrato in località idonea.
6.
Lotta al terrorismo e diritti umani
Quella
della lotta al terrorismo costituisce senza dubbio, dal punto di
vista politico, una delle principali urgenze cui la comunità internazionale
si trova oggi di fronte e rappresenta altresì, da quello giuridico, oggetto
di un obbligo erga omnes se non addirittura di una norma imperativa, che si
impone quindi con forza cogente a tutti gli Stati.
Il terrorismo è fonte, dal canto suo, di gravi violazioni dei diritti umani.
Per combatterlo è tuttavia necessario definirlo con precisione, sottraendo
il potere di includere nella lista dei terroristi questa o quella
organizzazione alla discrezionalità degli Stati che approfittano della scusa
per colpire i propri avversari politici. E' quindi necessario tracciare una
forte linea divisoria tra organizzazioni terroristiche e movimenti di
liberazione, che conducono una lotta, che può assumere anche forme violente,
per la realizzazione di un fondamentale principio contenuto nella Carta
delle Nazioni Unite.
Non bisogna del resto dimenticare che proprio lo Stato si rende colpevole,
in varie occasioni, di terrorismo, come dimostrato dalle stragi di civili
compiute dagli Stati Uniti durante le recenti guerre dell'Afghanistan e
dell'Iraq.
Un altro tema che si pone è quello della compatibilità fra lotta al
terrorismo e libertà civili. E' noto come negli Stati Uniti e in altri Paesi
occidentali, specie dopo l'11 settembre, si siano prodotte preoccupanti
violazioni di standard che si pensavano oramai definitivamente consolidati.
Il governo cubano è stato a sua volta criticato per aver applicato la pena
di morte nei confronti dei dirottatori di un traghetto, scelta inquadrabile
nel più generale "giro di vite" deciso per far fronte all'ulteriore
indurimento dell'atteggiamento del governo statunitense.
Se la lotta al terrorismo, non può certo motivare il ricorso alla forza
contro altri Stati né la violazione delle libertà fondamentali, occorre
tuttavia pretendere che nessuno Stato si sottragga all'obbligo fondamentale
di prestare la sua cooperazione alla repressione delle attività
terroristiche.
Il processo, per certi versi addirittura farsesco, condotto contro i cinque
agenti cubani, dimostra quanto ancora, nonostante fiumi di inchiostro e
numerosissime convenzioni e risoluzioni, si sia lontani da tale elementare
traguardo.
E' quindi compito di ogni democratico e di ogni persona che abbia a cuore i
più elementari principi dello Stato di diritto e la sconfitta di ogni
ipotesi terroristica, reclamarne oggi con forza la liberazione.
Fabio
Marcelli