Nel
mese di maggio scorso ho partecipato ad una serie di tre incontri in Sardegna
sul tema dei Cinque Cubani – a Cagliari, Nuoro e Sassari – organizzati dai
circoli Italia-Cuba sardi.
Agli incontri ha partecipato Silvia Baraldini,
anch’essa
perseguitata dalla “giustizia nordamericana” e condannata a 43 anni di carcere
non avendo commesso alcun reato di sangue, ma soltanto una serie di azioni o
addirittura tentate azioni, indubbiamente qualificabili come reati, legate alla
lotta politica di un’altra minoranza oppressa, quella degli afroamericani.
Le analogie del caso della Baraldini con quello dei Cinque sono indubbie e le
nostre conversazioni con un pubblico decisamente consapevole ed interessato,
oltre che numeroso al di là delle aspettative e composto anche di giovani e di
giovanissimi le hanno ripercorse da due punti di vista – quello di chi ha
vissuto l’esperienza in prima persona sulla propria pelle e quello di chi vi
ravvisa la deliberata violazione di regole giuridiche – indubbiamente diversi,
ma, proprio per questo, straordinariamente adatti a rappresentare ed a rendere
evidente la medesima realtà.
La realtà machiavellica – o kafkiana - di uno Stato che decide di fare politica
– e di fare la guerra – anche dalle aule dei Tribunali, distorcendo a proprio
piacimento le regole che esso stesso si è posto ed ha posto a fondamento del
sistema democratico, dando loro il rango massimo nel sistema delle leggi: quello
costituzionale.
Nessuno si nasconde che la Storia - non solo americana e non soltanto meno
recente - ha visto spesso vicende simili che hanno privilegiato, in modo più o
meno grave, interessi politici e imperialistici di parte rispetto ai diritti
delle persone e all’applicazione delle stesse leggi che si sono dati gli Stati
moderni e per così dire “democratici”.
Ma quanto questo sia ingiusto deve essere affermato, se occorre spiegato, e
ribadito, se si vuole reagire all’ingiustizia, se, come diceva Martì, la
conoscenza è l’unica strada che porta alla libertà, anche portando ad una
solidarietà che contribuisca a smuovere gli ostacoli che si parano davanti al
fine ultimo della giustizia.
E sulla importanza fondamentale della solidarietà dei popoli e di chi crede e
vuole l’affermazione della giustizia, in ogni sua accezione, ha parlato Silvia
Baraldini che ha ottenuto di poter scontare la pena in Italia, come giusto,
soltanto dopo che il suo caso ha sfondato muri prima resi invalicabili dagli
ambienti della politica e dei media che avevano steso sulla vicenda un velo di
voluto silenzio.
Troppo tempo è passato dall’inizio della
vicenda giudiziaria di Silvia Baraldini al suo ritorno in Italia – diciotto anni
di tempo e di vita, che nessuno risarcirà alla vittima, come nessuno risarcirà
ai Cinque cubani gli ormai quasi dieci anni trascorsi in prigione negli USA.
Ma vogliamo credere e pensare che la conoscenza e il coinvolgimento delle
persone - che crescono e sono cresciuti sempre di più in tutto il mondo –
aiutino una battaglia che, alla fine, è quella di affermare la giustizia che lo
stesso sistema americano ha voluto per sé come garanzia per i suoi cittadini.
Perchè i Cinque Cubani, secondo la stessa giustizia americana, devono essere
considerati innocenti, non essendovi alcuna prova della commissione dei reati
più gravi che sono stati loro addebitati ed essendo stata, tra l’altro, in
questo momento almeno, annullata la sentenza di primo grado che li ha
condannati.
Di questo si è parlato nel corso dei tre affollatissimi incontri, organizzati
con calore e affettuoso coinvolgimento - oltre con estrema serietà, efficienza,
intelligenza e chiarezza di vedute - dai circoli sardi e questo aspetto mi ha
ricordato i convegni ai quali ho avuto la fortuna ed il privilegio di
partecipare a Cuba.
Due piccole isole, due “piccoli” popoli che hanno vissuto nei secoli dominazioni
e influenze straniere ma che sono ancora tenacemente legati alle loro tradizioni
ed alle loro specificità culturali, due popolazioni entrambe spesso vittime
dell’imperialismo.
Anche la Sardegna soffre infatti, in qualche modo, dei medesimi mali, visto che
gran parte delle basi NATO si trovano in terra sarda, deturpandone bellezze
naturali e pregiudicando il legittimo godimento del territorio da parte dei suoi
abitanti.
Due popoli fieri, pieni di voglia di vivere e di calda umanità, che non
sopportano l’ingiustizia e hanno dimostrato nella loro storia di essere disposti
a combattere ed a mettersi in gioco per affermarla.
Per
questo forse la solidarietà dei sardi nei confronti dei Cinque
Cubani è così profonda ed assoluta:
è quella di un popolo che capisce prima, sulla propria pelle prima ancora che
nella mente , l’importanza della battaglia per la liberazione dei Cinque Cubani
e per l’affermazione della giustizia.
*l’autrice è un’avvocata membro
dell’Associazione dei Giuristi Democratici |