“Falsità, menzogne ed ingiurie”. Caracas
risponde così al recente rapporto annuale del direttore dell’Agenzia di
intelligence statunitense che di fronte ai senatori di Washington ha
sostenuto la pericolosità di Paesi come Venezuela e Cuba le cui politiche
sarebbero alla base di una crescente instabilità per le democrazie della
regione sudamericana. Un rapporto presuntuoso ed arrogante che il
direttore Mike McConnell (foto) ha stilato come fosse un compitino dettato
dalle lobby di potere che si avvicendano alla Casa Bianca e che hanno
bisogno del solito condimento di “sicurezza nazionale”, “male assoluto”,
“scontro di civiltà”, “stabilità democratica” per giustificare
l’ingiustificabile. Carlos Escarrá, vicepresidente della commissione
parlamentare per la Politica estera del Venezuela, ha ricordato come gli
Stati Uniti non siano nuovi a questi attacchi contro la Rivoluzione
Bolivariana: “L’unico governo che ha tentato di destabilizzare i Paesi
dell’America Latina è stato sempre quello degli Stati Uniti”, ha
dichiarato in un’intervista raccolta dall’agenzia venezuelana ABN.
Nella sua relazione il vice ammiraglio McConnell ha dato fondo al meglio
del repertorio ultradecennale della politica statunitense nell’ex cortile
di casa. L’allarme lanciato riguarda soprattutto il ruolo della presidenza
di Hugo Chávez che negli ultimi anni è riuscita a mettere a segno colpi
non indifferenti a danno dell’influenza politica ed economica degli Usa
sul continente sudamericano. Caracas – con l’immancabile L’Avana –
“inspirano e sostengono i leader di Bolivia, Nicaragua ed Ecuador le cui
agende prevedono un potenziamento dei poteri presidenziali, ne allungano i
termini dei mandati, indeboliscono i media e le libertà civili ed
enfatizzano il nazionalismo economico a scapito di un approccio
liberista”. Per il direttore dell’intelligence statunitense Chávez dirige
“un piccolo gruppo di governi populisti” che stanno facendo della
“retorica anti Usa” – cui si aggiunge anche io fresco alleato iraniano -
il cavallo di battaglia di una strategia di destabilizzazione contro non
meglio specificate “democrazie”, ovvero contro Paesi latinoamericani come
la Colombia le cui politiche sono più che funzionali alle mire di
Washington sul continente. L’intervento di McConnell, le linee guida su
cui si muove e si muoverà l’impero a stelle e strisce con la solita scusa
della “sicurezza nazionale”, è degno erede della retorica già elargita a
piene mani dal suo predecessore, John Negroponte. Come il famigerato “ambassador”,
anche il vice ammiraglio rappresenta una garanzia, soprattutto per gli
interessi delle grandi compagnie private che si ingozzano con le politiche
di supposta sicurezza che negli Stati Uniti sovrabbondano. Difficile non
leggere qualche interesse di parte nella relazione di McConnell, che prima
della sua nomina all’intelligence, avvenuta esattamente un anno fa, era
vice direttore senior della “Booz Allen Hamilton”, compagnia di consulenze
nel settore della sicurezza nazionale; contemporaneamente, meglio
ricordarlo, è stato direttore del consiglio di amministrazione della
“Intelligence and National Security Alliance”, il colosso statunitense che
si occupa di servizi per l’intelligence, dalle analisi geopolitiche alle
strategie di intervento, alle tecnologie, alla logistica in senso puro.
Tutto al servizio delle potenti lobbies dell’imperialismo. Tutto al
servizio degli Stati Uniti.
È su queste basi che il rapporto McConnell non può che essere letto come
l’ennesimo strumento di pressione propagandistica il cui obbiettivo è
mettere nuova carne al fuoco per le compagnie che nella Rivoluzione
Bolivariana e nel presidente Chávez hanno trovato un impedimento
all’espansione dei loro interessi in America Latina. La vera retorica,
viene da obbiettare, sta proprio in quel di Washington. Ma stavolta a
Caracas – ma anche a La Paz, a Quito, a Managua, per non parlare di Buenos
Aires o di L’Avana – non siedono fantocci stipendiati a dollari. “Gli
Stati Uniti sono dietro tutti quei lacchè dell’opposizione che distorcono
quanto sta accadendo in Venezuela”, ha sottolineato Escarrá in riferimento
a quanto sostenuto da McConnell sul presunto ruolo “democratizzatore” di
alcuni settori venezuelani, Chiesa cattolica e universitari di atenei
privati in prima fila. Gli stessi prelati che hanno sostenuto il tentativo
di colpo di Stato contro Chávez nel 2002 e gli stessi studenti che – come
ormai emerso – sono finanziati dalle stesse strutture di propaganda USA
che hanno favorito il rovesciamento di amministrazioni non gradite in
Serbia, in Georgia, in Ucraina. Perché la Casa Bianca, stavolta per bocca
dell’erede di Negroponte, si ostina lanciare attacchi mediatici e a
foraggiare la propaganda anti bolivariana, in un crescendo di accuse che
quasi sempre, di fronte l’evidenza dei fatti, sfiora il ridicolo?
Washington, assicura il deputato venezuelano, “è il grande manovratore di
settori economici e politici in America Latina con l’obiettivo di
mantenere un’egemonia che a poco a poco sta andando perduta”. Il suo
nemico naturale non può che essere Caracas con le sue politiche di
sovranità territoriale ed economica fatte proprie da larga parte del
continente grazie ad iniziative alternative all’imperialismo Usa come il
Banco del Sur, PetroSur, Petrocaribe e la Unión de países del Sur. Alla
politica unipolare di Washington, la Rivoluzione Bolivariana ha opposto
una visione del mondo “multipolare”.
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