27 novembre '08 - www.larinascita.org

 

Accordo Venezuela-Russia su nucleare,

petrolio e banca comune

L'intesa apre nuovi scenari economici e politici per l'intera America Latina

 

 

Un’alleanza strategica è stata raggiunta da due protagonisti della scena mondiale, Hugo Chavez e Dmitri Medvedev. Due potenze del calibro del Venezuela e della Russia, sfidando il monopolio monetario americano, pianificano la fondazione di una «banca comune» finalizzata a supportare gli investimenti nei due Paesi e ad imporre una valuta di scambio alternativa al dollaro sul mercato.

Un  atto  di   delegittimazione  del   dollaro in  linea  con la politica   latino-americana  e  con   gli

 

 

La Russia e l’ALBA

 

1 dicembre RHC -  Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha assicurato durante il suo viaggio in America Latina e nei Caraibi che sta osservando lo sviluppo dell'Alternativa Bolivariana per i popoli di Nuestra America (ALBA) ed ha espresso la sua eventuale disposizione ad associarsi.

Durante una conferenza stampa congiunta col suo omologo Hugo Chavez, il visitatore ha detto che la Russia ha seguito con interesse lo sviluppo dell'ALBA, iniziativa creata dal Venezuela e da Cuba nel 2004 e di cui fanno parte Bolivia, Honduras, Nicaragua e Dominica.

Saremo disposti ad aderire in qualità di soci se l'organizzazione continua a  svilupparsi con l'idea del mondo multipolare che noi propugniamo, ha affermato Medvedev che è stato il primo Capo di Stato della Federazione della Russia, a visitare il Venezuela.

i due presidenti hanno coinciso sul fatto che la cooperazione militare tra Mosca e Caracas è avviata alla costruzione di un mondo multipolare e che non è indirizzata contro un paese terzo.

Chavez e Medvedev hanno presenziato la firma di sette accordi nei settori della cooperazione nucleare, l’industria petrolifera, la protezione reciproca degli investimenti e l’esenzione dei visti, la costruzione e la riparazione della grandi imbarcazioni.

interessi russi, un attacco sferrato nel momento di maggiore crisi del sistema finanziario-economico Usa, proprio mentre deve fronteggiare la dipendenza dall’altro grande concorrente internazionale, la Cina, che detiene una quota consistente del suo debito pubblico. Un triangolo delle Bermuda per gli Stati Uniti, stretti in una morsa mortale da Cina, Russia e America Latina. Un continente, quest’ultimo, che si sta emancipando dal giogo americano, che ne ha minato l’autonomia nazionale e lo sviluppo democratico, relegandola a teatro di sudditanza ideologica ed economica attraverso il saccheggio delle sue risorse e la complicità con regimi dittatoriali favoriti e collusi con i governi e i servizi militari Usa. È finita l’era in cui l’America Latina, come amava dire Henry Kissinger, era il «backyard», cortile di casa, degli Stati Uniti.

Questo «potenziale campione» delle future relazioni di collaborazione tra Mosca e Caracas, come ha definito Chavez il futuro istituto bancario, dovrebbe venire alla luce rapidamente, si parla addirittura di dicembre, anche se rimane ancora da definire l’apporto di capitale che ognuno dei due Paesi dovrà metterci. Che una fitta trama di interessi economici - e non solo - si stesse tessendo era noto ormai da tempo, la novità è che questa rete di relazioni ed interdipendenze viene definitivamente ufficializzata con la prima visita di un presidente russo nel Paese sudamericano. Ora si parla dello sviluppo di alleanze in settori chiave con tutti i Paesi del continente. Non è un caso la partecipazione di Medvedev all’Alternativa Bolivariana per le Americhe (Alba), in cui i leader dei Paesi membri e il presidente ecuadoriano Rafael Correa si sono impegnati per la realizzazione di una «zona monetaria» che permetta l’indipendenza commerciale per la regione.

Tra gli accordi firmati a Caracas da Chavez e Medvedev uno spicca per il valore monopolizzante che assume all’interno degli equilibri internazionali nel delicato campo energetico: «la cooperazione in materia nucleare per scopi pacifici». Nel merito, si tratta di promuovere «progetti bilaterali» finalizzati a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale e a contribuire alla diversificazione delle stesse fonti. Anche in nome dell’autosufficienza energetica dal Medioriente filoamericano. Da sfondo alla cerimonia a Palazzo Miraflores, sede del governo venezuelano, l'arrivo al porto di La Guaira, a trenta km dalla capitale, del tanto discusso incrociatore nucleare russo Pietro il Grande, accolto dalla fanteria venezuelana con 21 cannonate in segno di benvenuto.

Nelle prossime ore il presidente russo si recherà a Cuba dopo otto anni di assenza. L’ultimo incontro ufficiale risale al 2000, poi i rapporti si sono raffreddati per la decisione di Vladimir Putin di chiudere la base di Lourdes, epicentro di spionaggio ed intercettazioni durante la Guerra Fredda. Sarà una tappa veloce, di un solo giorno, che fa seguito alla visita dello scorso ottobre del ministro degli Esteri cubano Felipe Pérez Roque a Mosca, in cui è stato annunciato pubblicamente «il superamento della pausa intercorsa nel decennio passato». Se a margine si tratterà il credito di 20 milioni di dollari destinato all’Avana per l’acquisto di equipaggiamenti russi nei settori del petrolio e dei trasporti, di fatto in gioco c’è l’opzione russa sui giacimenti di petrolio al largo dell’isola. Ben 21 miliardi di barili già nel mirino di prospezioni di imprese da Brasile, Canada, Spagna e Venezuela, una partita da cui non vuole rimanere fuori Medvedev. Anche alla luce di un accordo di massima che Cuba ha già con investitori russi per la modernizzazione dei gasdotti di tecnologia sovietica sul suo territorio.