Accordo Venezuela-Russia su nucleare,
petrolio e banca comune
L'intesa apre nuovi scenari
economici e politici per l'intera America Latina
Un’alleanza
strategica è stata raggiunta da due protagonisti della scena mondiale,
Hugo Chavez e Dmitri Medvedev. Due potenze del calibro del Venezuela e
della Russia, sfidando il monopolio monetario americano, pianificano la
fondazione di una «banca comune» finalizzata a supportare gli investimenti
nei due Paesi e ad imporre una valuta di scambio alternativa al dollaro sul
mercato.
Un atto di delegittimazione del dollaro in linea con la
politica latino-americana e con gli
La Russia e l’ALBA
1 dicembre RHC
- Il presidente
russo, Dmitri Medvedev, ha assicurato durante il suo viaggio in
America Latina e nei Caraibi che sta osservando lo sviluppo
dell'Alternativa Bolivariana per i popoli di Nuestra America (ALBA) ed
ha espresso la sua eventuale disposizione ad associarsi.
Durante una
conferenza stampa congiunta col suo omologo Hugo Chavez, il visitatore
ha detto che la Russia ha seguito con interesse lo sviluppo dell'ALBA,
iniziativa creata dal Venezuela e da Cuba nel 2004 e di cui fanno
parte Bolivia, Honduras, Nicaragua e Dominica.
Saremo disposti ad
aderire in qualità di soci se l'organizzazione continua a svilupparsi
con l'idea del mondo multipolare che noi propugniamo, ha affermato
Medvedev che è stato il primo Capo di Stato della Federazione della
Russia, a visitare il Venezuela.
i due presidenti
hanno coinciso sul fatto che la cooperazione militare tra Mosca e
Caracas è avviata alla costruzione di un mondo multipolare e che non è
indirizzata contro un paese terzo.
Chavez e Medvedev
hanno presenziato la firma di sette accordi nei settori della
cooperazione nucleare, l’industria petrolifera, la protezione
reciproca degli investimenti e l’esenzione dei visti, la costruzione e
la riparazione della grandi imbarcazioni. |
interessi russi, un attacco sferrato
nel momento di maggiore crisi del sistema finanziario-economico Usa,
proprio mentre deve fronteggiare la dipendenza dall’altro grande
concorrente internazionale, la Cina, che detiene una quota consistente del
suo debito pubblico. Un triangolo delle Bermuda per gli Stati Uniti,
stretti in una morsa mortale da Cina, Russia e America Latina. Un
continente, quest’ultimo, che si sta emancipando dal giogo americano, che
ne ha minato l’autonomia nazionale e lo sviluppo democratico, relegandola
a teatro di sudditanza ideologica ed economica attraverso il saccheggio
delle sue risorse e la complicità con regimi dittatoriali favoriti e
collusi con i governi e i servizi militari Usa. È finita l’era in cui
l’America Latina, come amava dire Henry Kissinger, era il «backyard»,
cortile di casa, degli Stati Uniti.
Questo «potenziale campione» delle future relazioni di collaborazione tra
Mosca e Caracas, come ha definito Chavez il futuro istituto bancario,
dovrebbe venire alla luce rapidamente, si parla addirittura di dicembre,
anche se rimane ancora da definire l’apporto di capitale che ognuno dei
due Paesi dovrà metterci. Che una fitta trama di interessi economici - e
non solo - si stesse tessendo era noto ormai da tempo, la novità è che
questa rete di relazioni ed interdipendenze viene definitivamente
ufficializzata con la prima visita di un presidente russo nel Paese
sudamericano. Ora si parla dello sviluppo di alleanze in settori chiave
con tutti i Paesi del continente. Non è un caso la partecipazione di
Medvedev all’Alternativa Bolivariana per le Americhe (Alba), in cui i
leader dei Paesi membri e il presidente ecuadoriano Rafael Correa si sono
impegnati per la realizzazione di una «zona monetaria» che permetta
l’indipendenza commerciale per la regione.
Tra gli accordi firmati a Caracas da Chavez e Medvedev uno spicca per il
valore monopolizzante che assume all’interno degli equilibri
internazionali nel delicato campo energetico: «la cooperazione in materia
nucleare per scopi pacifici». Nel merito, si tratta di promuovere
«progetti bilaterali» finalizzati a soddisfare il fabbisogno energetico
nazionale e a contribuire alla diversificazione delle stesse fonti. Anche
in nome dell’autosufficienza energetica dal Medioriente filoamericano. Da
sfondo alla cerimonia a Palazzo Miraflores, sede del governo venezuelano,
l'arrivo al porto di La Guaira, a trenta km dalla capitale, del tanto
discusso incrociatore nucleare russo Pietro il Grande, accolto dalla
fanteria venezuelana con 21 cannonate in segno di benvenuto.
Nelle prossime ore il presidente russo si recherà a Cuba dopo otto anni di
assenza. L’ultimo incontro ufficiale risale al 2000, poi i rapporti si
sono raffreddati per la decisione di Vladimir Putin di chiudere la base di
Lourdes, epicentro di spionaggio ed intercettazioni durante la Guerra
Fredda. Sarà una tappa veloce, di un solo giorno, che fa seguito alla
visita dello scorso ottobre del ministro degli Esteri cubano Felipe Pérez
Roque a Mosca, in cui è stato annunciato pubblicamente «il superamento
della pausa intercorsa nel decennio passato». Se a margine si tratterà il
credito di 20 milioni di dollari destinato all’Avana per l’acquisto di
equipaggiamenti russi nei settori del petrolio e dei trasporti, di fatto
in gioco c’è l’opzione russa sui giacimenti di petrolio al largo
dell’isola. Ben 21 miliardi di barili già nel mirino di prospezioni di
imprese da Brasile, Canada, Spagna e Venezuela, una partita da cui non
vuole rimanere fuori Medvedev. Anche alla luce di un accordo di massima
che Cuba ha già con investitori russi per la modernizzazione dei gasdotti
di tecnologia sovietica sul suo territorio.
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