23 febbraio '08 - P.A.Telletxiki da Rebelion www.granma.cubaweb.cu

 

 

 

 

Il comunista manifesto

 

 


Il compagno Fidel ha appena annunciato che non aspirerà né accetterà l'incarico di Presidente del Consiglio di Stato e Comandante in Capo, e già gli impresentabili di turno hanno cominciato a pronunciare in maniera piuttosto nauseante la parola magica "transizione". Non esprimerò nulla circa questa prostituita parola né di ciò che penso sull'interessato utilizzo della stessa da parte di tanto miserabili individui. Su ciò ho già scritto un articolo che, titolato "Cuba sarà un eterno Baraguá", Alai-amlatina pubblicò sul suo web il 24 agosto 2006. Il motivo di queste righe forse sarà lo stesso, ma non è uguale.

Che Fidel sia un tipo intelligente é evidente. E' che, nonostante l'avesse insinuato in varie delle sue riflessioni anteriori, ha lasciato spiazzati i suoi più acerrimi nemici. Se Fidel avesse accettato di continuare come capo della Rivoluzione — e non ho il minore dubbio che, all'unanimità, la sua rielezione era assicurata — questi avrebbero aumentato le loro critiche accusando il Comandante di aggrapparsi al potere; argomento ora inesistente che non possono, che non dovrebbero brandire.

Sono cosciente tuttavia che, cinici come sono, benché la verità si sia incaricata di diminuire le loro munizioni, continueranno a mirare e sparare con le loro armi cariche di odio e sfacciataggine.

Per il popolo di Cuba la notizia è stata di gran impatto, ma non è gli arrivata intrisa di sorpresa. Nell'Isola tutto è tranquillo, la normalità è assoluta. Per contro, nel resto del mondo — che significativo paradosso — è dove si è formato un tremendo tumulto: i mezzi di comunicazione quasi non parlano d'altro, e gli "artiglieri" del gran capitale non cessano di bombardare disperatamente, giorno e notte, una Rivoluzione che né si arrende né si distrugge.

L'immensa maggioranza della popolazione cubana — protagonista attiva di tutto il processo rivoluzionario, nessuno dovrebbe ovviare un tanto importante dettaglio — ha piena fiducia nella persona che li ha diretto durante quasi 50 anni. E non è per nulla. La sua lunga ed abnegata stora non permette loro altre letture.

In modo che quando il Comandante ha espresso, nel suo messaggio, che all'ancora esistente vecchia guardia segue un'altra generazione di dirigenti che "contano sull'autorità e l'esperienza per garantire la sostituzione", e che questa, inoltre, precede un'altra "generazione intermedia che imparò, insieme a noi, gli elementi del complesso e quasi inaccessibile arte di organizzare e dirigere una rivoluzione", il popolo non può fare altra cosa che credergli, perché sa che ciò che dice è rigorosamente certo.

Sono completamente d'accordo con Haydée Santamaría quando, il 13 luglio 1967, espresse nella Scuola di Scienze Politiche dell'Università di L'Avana: "per me essere comunista non è militare in un partito: per me essere comunista è avere un atteggiamento davanti alla vita".

Fidel è comunista di atteggiamento, non solo per tessera. Fidel è il comunista manifesto che oggi tanto scarseggia e necessita per portare a buon fine le cause giuste di tutto il mondo.

Nella decade dell'80 commentò che se un giorno l'URSS fosse sparita, perfino sola, Cuba sarebbe continuata ad essere socialista. Arrivò il 1991, e le brutte abitudini ed errori della dirigenza sovietica finirono per abbattere il loro progetto.

Quando questo avvenne, molti "amici" di Cuba smisero di esserlo. La nuova e complicata situazione stinse tutti i rossi artificiali. Alcuni stinsero a poco a poco; altri, sprovvisti di vergogna, lo fecero più rapidamente. Si stinsero fino a rimanere incolori, trasparenti; allora si vide il vero colore che sempre avevano avuto sotto la fragile cappa di tintura rossa che li camuffava.

Non senza difficoltà, Fidel e la sua Rivoluzione continuarono a camminare per lo stesso sentiero ideologico di sempre, inalberando la stessa bandiera; con successo, nonostante gli innumerabili e duri attacchi ricevuti.

Ora Cuba, accompagnata da più amici sinceri che mai, affronta la sostituzione nella Direzione — sostituire non è sinonimo di transizione, non si confondano —. Pienamente cosciente delle sue limitazioni fisiche, Fidel cambia trincea, ma non abbandona la lotta. Come il buon soldato che è, in una maniera o nell'altra sarà sempre in prima linea, mai nella retroguardia.

Cuba deve molto al Comandante, l'America... il mondo intero. La sua visione internazionalista non è stata vana, non é vana.

Nonostante tutto, e come non poteva essere altrimenti, i ricettatori di turno l'hanno tacciato sempre come totalitario — sarà perché durante quasi 50 anni ha contato sull'appoggio della totalità dei cubani? — ma chi ha seguito la sua storia, più o meno da vicino, si sarà reso conto che probabilmente é uno dei Capi di Stato che più ha contato sulla partecipazione di suoi governati, che più ha esercitato la salutare autocritica, ed inoltre senza occultarla.

Gabriel García Márquez ha detto che "la spiegazione di Cuba è che Fidel è contemporaneamente il Capo del Governo ed il leader dell'opposizione" e Felipe Pérez Roque insiste che "è il principale critico della sua opera".

Alcuni nemici, esauriti i loro ridicoli argomenti, continuano ad aprire la bocca, ma ora con una certa svogliatezza. Dicono che Fidel non è perfetto. Indubbiamente non lo è. Personalmente non voglio che lo sia. Il perfetto non esiste. E se Fidel lo fosse, ovviamente smetterebbe di esistere; qualcosa che io e moltissima gente non desideriamo; semplicemente perché lo vogliamo vivo, perfino dopo la sua morte.

Per questo motivo dalla mia modesta trincea, oggi più che mai ripeto il mio appoggio e impegno:

Con Cuba e con Fidel, fino alla vittoria sempre!