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4 ottobre '08 - R.Izquierdo* www.granma.cu (PL) |
1898 L’intervento militare yankee in Cuba
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Alla metà del 1898, cent’anni fa, quando i patrioti cubani avevano già vinto la guerra contro la Spagna, avvenne l’opportunistico intervento militare degli Stati Uniti.
Dalla seconda metà del XVIII secolo, i fondatori degli Stati Uniti avevano manifestato apertamente le loro pretese d’espansione, annessione ed egemonismo verso l’America e anche verso Cuba.
Nel 1767, un decennio prima di quando le Tredici Colonie Inglesi dichiararono la loro indipendenza, Benjamín Franklin uno dei Padri fondatori, scrisse a proposito della necessità di colonizzare la valle del Mississippi: (...)per usarla contro Cuba o lo stesso Messico(...)
Il celebre politico nordamericano John Adams, vice presidente degli Stati Uniti nel 1789, rieletto nel 1792 ed eletto presidente nel periodo 1796 – 1800, nella lettera del 23 giugno del 1783, indirizzata a Robert R. Livingston, uno dei principali collaboratori di Thomas Jefferson nella redazione della Dichiarazione d’Indipendenza e firmante della Costituzione degli Stati Uniti per lo Stato di New Jersey, espose quanto segue (…) è quasi impossibile resistere alla convinzione che l’annessione di Cuba alla nostra Repubblica Federale sarà indispensabile.
Nel 1787, Alexander Hamilton, Segretario del Tesoro, un altro dei Padri fondatori di questa nazione, esortò a che il suo paese creasse un gran sistema nordamericano, superiore al dominio di tutte forza transatlantiche e per ottenerlo raccomandava “la creazione di un impero continentale americano che incorpori l’unione degli altri territori d’America, anche se sotto il dominio coloniale delle potenze europee, o le collochi almeno sotto la sua egemonia”.
Gli uomini bianchi o visi pallidi dell’ovest nordamericano, si appropriarono delle loro terre e sterminarono circa undici milioni di cheyenne, cherokeee, seminole, sioux, apaches, iroquesi e atri e resero celebre la frase che il solo indiano buono era un indiano morto.
Theodore Roosevelt, che con il grado di colonnello dell’ esercito statunitense, sbarcò nel 1898, a Santiago di Cuba, alla guida dei Roud Ridgers, e successivamente fu presidente di questo paese nel periodo del 1901 – 1909; riferendosi a questo sterminio disse:
“(…) La terra si prese a beneficio dell’umanità; questa era bianca, non di pelle rossa. È una bruta, perversa e stupida moralità quella che proibisce le pratiche di conquista che trasformano i continenti in insediamenti di poderose e fiorenti nazioni civili”.
Carlos Manuel de Céspedes, il Padre della Patria cubana, riferendosi all’atteggiamento dei governanti statunitensi, disse:
“(…) Forse mi sbaglio per ciò che riguarda gli Stati Uniti; forse mi sbaglio, ma nel mio concetto il loro governo si vuole impadronire di Cuba senza complicazioni pericolose per la loro nazione (...) questo è il segreto della loro politica e temo davvero che quanto si propongono è di far così per distrarci e far sì che noi non si vada a cercare altri amici più efficaci e disinteressati”.
Nel 1898, i governanti degli USA trasformarono in realtà un sogno di più di 130 anni: intervenire militarmente e spogliare la Spagna del territorio cubano, impadronirsi della preziosa Isola e annetterla all’Unione; avevano sempre desiderato impadronirsi di Cuba e dimostrarono chiaramente il loro disprezzo, la mancanza di stima per gli abitanti dell’Isola.
Grover Cleveland, ex presidente degli Stati Uniti, che governò questo paese dal 1893 al 1897, lo pose in evidenza in una letra che mandò al suo Segretario Richard Olney, il 26 marzo del 1900,scrivendogli:
“Temo che Cuba dovrà essere “sommersa” per un certo tempo prima che divenga un stato, territorio o colonia degli Stati Uniti del quale potremo essere dichiararci orgogliosi”.
Enrique Collazo, generale di brigata dell’Esercito Liberatore di Cuba, che fece parte della Commissione che andò negli Stati Uniti a discutere con i rappresentanti statunitensi, all’inizio dell’intervento militare delle truppe di questa nazione nel conflitto ispano-cubano, nel 1905, scrisse :
“ (…) Il governo americano è stato sempre un nemico dell’indipendenza cubana. La sua politica è sempre stata ostile ai cubani e inoltre è sempre stato un agente poderoso che ha ucciso i tentativi – in momenti precisi in cui la sua interferenza sarebbe stata necessaria - per sviluppare in cuba lo spirito d’indipendenza a profitto del governo spagnolo”.
La guerra d’indipendenza di Cuba del 1895 – 1898 a differenza delle precedenti, si estese da un estremo all’altro dell’Isola; i suoi effetti furono devastanti e i rigori derivati danneggiarono tutti i territori.
Nella parte occidentale, che comprendeva le province di Las Villas, Matanzas, L’Avana e Pinar del Río, se concentrava il 74 per cento della popolazione e l’80 per cento delle ricchezze del paese.
L’impatto della guerra e la “riconcentrazione” della popolazione furono terribili per l’economia. Più di 300000 persone, in maggioranza bambini, donne e anziani morirono per la miseria assoluta.
La base economica che sostentava il mantenimento del regime coloniale, si disarticolò, la produzione dello zucchero, del tabacco e di altri prodotti agricoli fu distrutta.
L’Isola era rovinata e piena di debiti il costo materiale e umano era insostenibile per la metropoli spagnola che non aveva più né uomini né denaro.
La Spagna capitolò il 12 agosto del 1898 e il 10 dicembre si firmò il Trattato di Parigi. Il primo gennaio del 1899 fu abbassata la bandiera spagnola e issata quella nordamericana e iniziò l’occupazione militare dell’Isola da parte delle truppe straniere.
Il Maggiore Generale e Generale in Capo dell’Esercito Liberatore di Cuba scrisse alcune profetiche parole nel suo Diario di Campagna:
“(…) Loro se ne sono andati abbattuti e abbattuti siamo rimasti noi... perchè un potere straniero li ha sostituiti. Io sognavo la pace con la Spagna e speravo di salutare con rispetto i coraggiosi soldati spagnoli con i quali ci siamo scontrati fronte a fronte nei campi di battaglia (…) Ma gli americani hanno amareggiato con la loro tutela imposta a forza l’allegria dei cubani vincitori e non hanno saputo addolcire la pena dei vinti. Inoltre la situazione che sta vivendo questo popolo, di miseria materiale e di mestizia, umiliato in tutti suoi atti di sovranità, lo affligge sempre più e il giorno in cui questa strana situazione terminerà è possibile che gli americani non lasceranno qui nemmeno una briciola di simpatia(…)”
Il generale Enrique Collazo, riflettendo su quei fatti scrisse:
(…)Coscienti o incoscienti, gli uomini del governo e la nostra Rappresentazione all’estero appariranno di fronte alla storia come strumenti del governo americano, che ingannò l’esercito di Cuba per ottenere la sua cooperazione, che ingannò il mondo mostrando un eccesso di disinteresse e umanitarismo per venirci poi a sorprendere con una tutela odiosa e inutile e strapparci non due pezzetti di terra, ma grandi estensioni, in modo sufficiente da far ricordare al popolo cubano, sino a quando la bandiera americana sventolerà, l’inganno del quale è stato vittima e la mancanza di onestà politica che hanno usato come alleati, trattando i cubani come nemici e spogliandoli di parte del loro territorio e dell’indipendenza”.
Nulla giustificava l’intervento militare yankee, salvo il fatto successivamente confermato dalla storia della sua pretesa di impadronirsi di Cuba, come avvenne con Porto Rico.
L’Esercito Liberatore, che aveva combattuto 30 anni per conquistare l’indipendenza dalla Spagna, fu disarmato e licenziato; i suoi soldati ricevettero alcune misere monete come pagamento del servizio dato alla Patria.
I patrioti cubani di quella generazione dovettero inghiottire il boccone amaro di quell’intervento, sopportare l’umiliante occupazione militare del paese per il quale avevano tanto lottato e versato tanto sangue e gli scarponi della prepotente soldataglia yankee sostituirono quelli spagnoli.
“(…) L’esercito dovette soffrire di tutto: il disprezzo degli americani che ci avevano ingannato, l’odio latente dello “spagnolizzato” che considerandosi diminuito, guardava con gelosia il soldato cubano di cui invidiava la gloria e che temeva”.
“(…) L’esercito cubano cominciava ad essere un eccesso, un pericolo: quel gruppo di uomini male armati, mal nutriti e mal vestiti, che per il malessere potevano rifugiarsi sui monti, doveva sparire ed era indispensabile disarmarli tutti. L’esercito yankees d’occupazione umiliò la dignità del cubano, macchiò il suo onore e il suolo patrio; disprezzò i soldati cubani, che furono chiamati fannulloni, ladri, parassiti e incapaci. Lacerò i più puri ideali indipendentisti dei precursori della nostra indipendenza: Céspedes, Agramonte, Gómez, Maceo y Martí”.
Il governatore militare statunitense John R. Brooke, sino al dicembre del 1899 e il generale Leonard Wood, sino a maggio del 1902, applicarono la politica tracciata dal repubblicano William Mac Kinley, presidente degli Stati Uniti, dirigendo mediante ordini militari il popolo cubano che disperatamente si riprendeva da una devastante e sanguinosa guerra.
Con la supervisione del Governo Interventista e delle autorità statunitensi, si organizzarono le prime elezioni per la Costituente, e fu eletto presidente della Repubblica Tomás Estrada Palma, che per questo aveva rinunciato alla cittadinanza statunitense. Inoltre fu approvata la Costituzione della Repubblica con l’Emendamento Platt che attentava la sovranità dell’Isola.
Il presidente Tomás Estrada Palma, firmò accordi preferenziali con le autorità statunitensi che lesionarono la sovranità nazionale con la vendita e la consegna di parte del territorio cubano a Caimanera per lo stabilimento di depositi di carbone e di una base navale a tempo indefinito; il Trattato Permanente de Reciprocità Commerciale e altro, che propiziarono la penetrazione accelerata del capitale finanziario nordamericano, compromisero e impegnarono il futuro sviluppo della nazione cubana.
La divisione dei cubani, il sorgere e proliferare di molteplici partiti politici: Nazionale, Liberale, Moderato, Conservatore; Autonomista, Costituzionale e altri; le aspirazioni e le ambizioni politiche de Tomás Estrada Palma, José Miguel Gómez, Alfredo Zayas e altri, propiziarono lotte e contraddizioni che si manifestarono in forma violenta. Estrada Palma tentò di farsi eleggere nuovamente come presidente della Repubblica e dopo votazioni fraudolente, provocò la cruenta guerriglia nella quale entrò anche un gruppo di generali veterani della Guerra d’Indipendenza contro il colonialismo spagnolo nel XIX secolo.
Quei disturbi diedero a Estrada Palma il motivo per sollecitare un secondo intervento militare statunitense.
Enrique Collazo, nella dedica del suo libro ai cubani, affermò : (…) Un popolo debole che affida la difesa della sua libertà e il suo diritto a un popolo vicino, poderoso e forte, merita d’essere schiavo e lo sarà. Abbiamo appreso dalla nostra storia a diffidare dei nostri umanitari protettori, cercando di sviluppare la nostra ricchezza nella pace per poter divenire forti, se vogliamo conservare l’indipendenza assoluta e la liberta per le quali abbiamo combattuto mezzo secolo”.
Sagge parole, che sono state confermate dalla stessa storia cubana e che costituiscono oggi un allarme permanente per il nostro popolo, che già da cinquant’anni ha conquistato la piena libertà, l’indipendenza assoluta e la totale sovranità costate molto sangue, sudore e lacrime di molte centinaia di migliaia dei migliori figli del popolo di Cuba che si sono sacrificati per ottenere tutto questo.
Non tradiremo mai e non dimenticheremo mai i loro ideali, i loro principi e loro stessi.
(* Dottore in
Scienze e Investigatore Titolare, Presidente dell’Istituto di Storia e
dell’Unione Nazionale degli Storiografi di Cuba.)
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