«Francesco Rutelli ha condannato a morte i gay cubani.
Cuba no». La risolve con una battuta in un largo sorriso Mariela Castro figlia
di Raul, capo provvisorio dello stato di Cuba. Ma l'arrabbiatura è forte
davvero.
Qualche giorno fa il vicepresidente del consiglio si è lasciato andare a un'esternazione
in cui ha abbinato Cuba e Iran in merito alle condanne a morte contro i gay. «Ho
letto di questo afflato missionario per liberare dal rischio della pena capitale
i gay iraniani e cubani. Mi sono sorpresa perché un uomo che ha una tale
responsabilità pubblica dovrebbe informarsi prima di parlare pubblicamente.
Informarsi bene. Forse non sa, non solo che a Cuba l'omosessualità non viene
punita dalla legge, ma che in parlamento giace una proposta di "unione legale"
che darà agli omosessuali gli stessi identici diritti che hanno gli
eterosessuali quando vi è un'unione consensuale fuori dal matrimonio. A sentire
le vostre associazioni gay, mi pare di capire che in Italia c'è molto dibattito
e proteste proprio su questo argomento. Insomma mi pare che da voi ci sia molta
insoddisfazione tra gay, lesbiche e transessuali. Forse il signor Rutelli
dovrebbe occuparsi degli italiani. Dei cubani già ci stiamo occupando noi».
Mariela Castro è la direttrice del Cenesex il Centro cubano di educazione
sessuale che da diversi anni (era diretto da sua madre) si batte per far
avanzare la battaglia sui diritti. L'occasione per parlarne è un incontro
ospitato dalla provincia di Firenze e organizzato dal Programma per lo sviluppo
dell' Onu (Undp) che ha per oggetto il «rispetto delle differenze».
Una battaglia che non incontra difficoltà?
Certo che ne incontra come ovunque e soprattutto in società contrassegnate da
«machismo» e da scarso rispetto delle diversità. Così a Cuba e così mi pare in
Italia. Ma i successi ci sono. Ereditammo il codice spagnolo che puniva gli
omosessuali, che «davano scandalo» pubblico, ma che comunque non prevedeva per
loro la pena capitale: con la Rivoluzione il movimento femminile negli anni
Ottanta cominciò una vera e propria lotta che ha cambiato la cultura cubana. Già
dal '79, ad esempio, i transessuali sono in carico al sistema sanitario
nazionale. C'è ancora molto da fare certo ma stiamo lavorando: adesso è in corso
una campagna di educazione sessuale attraverso la stampa e facciamo pressione
sui parlamentari con la nostra rivista e le nostre raccomandazioni (a marzo la
Giunti pubblicherà una guida per adolescenti del Cenesex dove si parla
apertamente di omosessualità ndr).
Ad esempio?
Miriamo a una cultura sempre più aperta verso omosessuali, bisessuali
transessuali. È già stato approvato che le operazioni chirurgiche richieste dai
trans siano a carico dello stato.
Le reazioni?
Positive secondo i sondaggi anche tra leader religiosi, intellettuali, la gente
in generale. Prima della rivoluzione Cuba era una società razzista e maschilista
ma le leggi sono andate verso l'affermazione delle pari opportunità.
La nuova legge sui diritti delle coppie omosessuali?
Alcuni pensano che potrebbe passare per decreto ed essere poi approvata dal
Consiglio di stato. Altri che se ne debba occupare il parlamento. Preferirei
questa seconda opzione. Cambiamenti come questo devono essere oggetto di
condivisione.
Torno alla pena capitale. A Cuba è in vigore.
L'ultimo caso è di diverso tempo fa e riguardava un attentato alla sicurezza
dello stato. Ma se mi chiede la mia opinione personale, ritengo che dovrebbe
sparire dalla legislazione dell'intero pianeta. Ma tante altre cose devono
cambiare. Deve essere condannato anche il terrorismo di stato e i paesi che ne
invadono altri.
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