Nato ad Amburgo da padre indiano e madre
tedesca, Rashid è partito per l’India per incontrare una parte di famiglia che
non ha mai conosciuto e per ritrovare le sue radici. Si ritrova, però, nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Arrestato dalla polizia pakistana e consegnato
agli americani, viene trasferito a Guantanamo dove inizia la sua vita di
prigioniero. Realtà e allucinazione, dolore paura e incubo: tutto si fonde in
questo romanzo coraggioso che senza inutile pathos racconta di un’esperienza
inumana e assurda.
Sembra che a Guantanamo ci abbia passato degli anni. Non è una ex-detenuta, né
una donna-soldato, è solo una scrittrice tedesca. Dorothea Dieckmann, nel suo
libro “Guantanamo”, racconta la detenzione di Rashid tra incubo e realtà, una
sorta di flusso di coscienza in cui la veglia si confonde con sogno, ricordo e
speranza. La scrittrice si basa su dati reali descritti nei minimi dettagli:
immagini e reportage di giornalisti, militari, ex detenuti della base cubana. I
dati, però, sono accessibili a chiunque, ma solo l'immaginazione è in grado di
guardare dentro la mente di un uomo, simbolo di molti altri, il cui corpo è
stato svuotato, umiliato, ridotto ai minimi termini.
Nel sesto anniversario dell'apertura “di uno dei centri di detenzione più
tristemente famosi del mondo”, la pubblicazione di questo libro rinnova il
ricordo degli orrori e delle violenze sui detenuti, mentre Amnesty International
rilancia la denuncia per le violazioni dei diritti umani perpetrate a
Guantanamo.
La baia di Guantanamo divenne base navale americana durante la guerra
ispano-americana del 1898. Gli Usa dopo aver conquistato l’isola nel 1901 hanno
stabilito misure forzate per codificare il controllo di Cuba tra cui la
possibilità di intervenire militarmente in qualunque momento. Con il
Cuban-American Treaty del 23 febbraio 1903, gli Usa si sono impossessati della
base di Guantanamo in cambio dell'affitto annuale di duemila dollari in oro, in
base al principio per cui una potenza ricca ha il privilegio morale di comprare
qualunque cosa, compresa la parte di un altro paese. Dal 1959, Cuba si rifiuta
di riscuotere l'affitto.
Dopo la guerra in Afghanistan, il governo degli Stati Uniti ha aperto un campo
di concentramento all'interno della base. Nonostante il rilascio di circa 500
persone, secondo stime attendibili, resterebbero ancora in carcere 277 detenuti
di 30 nazionalità diverse che il governo americano riterrebbe collegate ad
attività terroristiche. Ma solo per 10 detenuti è stato formalizzato un capo
d'imputazione con conseguente rinvio a giudizio. Per molti dei prigionieri di
Guantanamo, dunque, si protrae una situazione di detenzione illegittima, in una
zona esclusa dalla tutela del diritto internazionale e senza alcun contatto con
il mondo esterno.
Secondo
il rapporto di Amnesty International “Guantanamo: vite fatte a pezzi”, i reclusi
non sarebbero classificati dal governo Usa come prigionieri di guerra, né come
imputati di reati ordinari (il che potrebbe garantire i loro processi e garanzie
ordinarie), ma sarebbero invece ristretti come detainees (detenuti) senza
dichiarato titolo. Amnesty International ha riferito anche che circa l'80% di
loro sono stati detenuti in isolamento nei Campi 5, 6 e nel Campo “Echo”. Un
isolamento di 22 ore al giorno in celle individuali, prive di finestre che
assomigliano pericolosamente a gabbie per animali. Le vessazioni sui detenuti
andrebbero dall'isolamento prolungato all'esposizione al freddo fino alle
violenze fisiche. Nel centro di detenzione denominato “X-Ray” (campo provvisorio
utilizzato dal 2002 al 2006), le celle misuravano due metri per due e si
trovavano praticamente all'aria aperta. Avevano un tetto di compensato e
pavimento di cemento, ma invece di pareti erano avvolte da fil di ferro. Poiché
prive di pareti, le guardie avevano una visione completa di ciò che facevano i
detenuti, come se si trattasse, per l'appunto, di una macchina a raggi X. “Le
guardie devono avere una visione totale e assoluta di quello che fanno i
detenuti”, aveva dichiarato il colonnello Terry Caricco, capo dell'accampamento.
La trasformazione di Guantanamo da prigione provvisoria a centro di detenzione
dall'aspetto permanente, è stata completata lo scorso dicembre con l'apertura di
Camp 6. Oggi ci sono più di 500 celle, una baracca per la polizia militare che
controlla i detenuti, quattro torri di controllo, una piccola infermeria da
campo, circa 30 latrine portatili e due recinzioni attorno a tutto il perimetro.
La sera, vengono accese 16 potenti fasci di luce che non vengono mai spenti
durante tutta la notte. Tanto forti da dare l'idea che il sole non tramonti mai.
Ogni prigioniero, in base, evidentemente, alla sua “pericolosità” risulta
“classificato” in una di quattro possibili categorie: “Unrestricted access” (può
essere visitato dagli inviati dell'organizzazione umanitaria senza restrizioni),
“restricted access” (i rappresentanti della Croce Rossa possono solo rivolgergli
domande sulla sua salute); “visual access” (possono solo visitarlo dal punto di
vista medico ma senza parlargli), “no access” (il prigioniero non può essere
visitato). Nel “Camp Delta standard operating procedures”, il regolamento
segreto di Guantanamo pubblicato qualche giorno fa da un utente anonimo su
Wikileaks, si legge che i prigionieri sono assegnati a diversi “blocchi” in base
al livello più o meno grave e “punitivo” di detenzione. I livelli sono 5 e due
minuziosissime tabelle prevedono cosa può avere (in termini di generi di
conforto) e cosa può fare (in termini di attività autorizzate o meno) chi è
assegnato a ciascuno di questi livelli: il numero 1 è il più “leggero”. Qualche
esempio può essere illuminante di una quasi maniacalità nel determinare “premi”
e punizioni. Ai primi due livelli si possono avere due coperte, a tutti gli
altri, solo una. Solo al primo livello si può avere della carta igienica
“addizionale”, si possono avere gli scacchi, giocare a carte (anche al secondo)
e una bottiglia d'acqua con il tappo. Al primo livello sono concessi cinque
pacchetti di sale (quattro al secondo, tre al terzo e nessuno al quarto e al
quinto). Al primo livello si possono tenere sei libri religiosi o riviste dalla
biblioteca dei detenuti; quattro testi al secondo, due al terzo e nessuno negli
ultimi due. Carta e matita sono concessi solo al primo livello mentre tutti i
detenuti, qualunque sia il grado di restrizione cui sono sottoposti, possono
pregare, mangiare i pasti autorizzati, leggere il Corano, parlare con i detenuti
della cella adiacente senza gridare, lavarsi in cella, stendere i vestiti ad
asciugare. Chissà perché, però, il berretto da preghiera è permesso solo nei
primi tre livelli. Al primo livello sono concesse tre docce alla settimana (due
a tutti gli altri) e tre periodi giornalieri di ricreazione all'aperto (nei
cortili chiusi da cancellate) ciascuno di 20 minuti. Nessuno, però, può stendere
una coperta o un lenzuolo davanti all'ingresso della cella per proteggersi dal
sole o dalla luce.
Almeno quattro detenuti si sarebbero suicidati e molti altri avrebbero tentato
di togliersi la vita. I militari autorizzano la stampa ad avvicinarsi a circa
200 metri dal posto e controllano costantemente i loro movimenti all'interno
della base. L'uso di binocoli è indispensabile per intravedere i detenuti. Le
regole per i giornalisti sono così severe che ai fotografi è vietato usare
obiettivi che superino i 200 millimetri. I prigionieri che giungono a Guantanamo
possono appena vedere, sentire o annusare l'ambiente nel quale si trovano: occhi
bendati, tappi nelle orecchie, una maschera che copre loro il naso e la bocca e
quello che sembra essere un pesante cappotto di colore blu sopra la solita tuta
arancione dei prigionieri negli Stati Uniti. Calzano pesanti guanti e semplici
scarpe di tela con suola di plastica, anche queste di colore arancione. Sono
tutti ammanettati piedi e mani alla cintura.
Quando arrivano all'accampamento, i prigionieri sono sottomessi a un controllo
che dura circa due ore, durante le quali restano rannicchiati come sono
arrivati, vale a dire ammanettati, con gli occhi bendati e le orecchie tappate.
Rapido controllo medico, lo scatto di una foto, la rilevazione delle impronte
digitali e la consegna degli unici oggetti personali che i detenuti hanno il
permesso di tenere con sé. Da lì in poi tre pasti al giorno, di cui almeno uno
caldo, confezionati secondo i precetti religiosi musulmani. Passano la giornata
quasi sempre sdraiati, quando vogliono recarsi alle latrine o alle docce devono
chiedere il permesso e sono scortati da due soldati.
La legislazione approvata a dicembre 2005 (legge sul trattamento dei detenuti
del 2005) ha revocato il diritto dei detenuti di Guantanamo di presentare
istanze di habeas corpus presso corti federali statunitensi contro la loro
detenzione o trattamento, permettendo soltanto limitati appelli contro le
decisioni dei Tribunali di revisione dello status di "combattente" e delle
commissioni militari. È così stato messo in discussione il futuro di circa 200
casi in corso in cui i detenuti avevano presentato ricorso contro la loro
detenzione in seguito a una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del
2004 che aveva decretato il loro diritto a presentare tali ricorsi.
Esiste on line il sito www.chiudereguantanamo.it, con testimonianze e
approfondimenti sulla sorte degli ex prigionieri, la situazione dei detenuti
“autorizzati per il rilascio”, ma ancora bloccati a Guantanamo, il conflitto in
corso per la sua chiusura tra l'amministrazione Bush e la Corte suprema federale
Usa. Attraverso il sito sarà possibile anche inviare messaggi di solidarietà ai
detenuti.
*l'autrice è una studentessa della
scuola di giornalismo dell'
Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano
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