Mentre
Berlusconi e il papa accolgono a braccia aperte George W. Bush, arriva una
notizia che getta l'ennesimo cono d'ombra sulla sua figura e, indirettamente,
sui suoi alleati. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto ai detenuti
nel campo-Lager di Guantanamo il diritto costituzionale di ricorrere ai
tribunali ordinari contro la loro detenzione. Si tratta della terza sconfitta
del presidente Bush sulla legittimità costituzionale dell'apparato giudiziario
messo in piedi dalla sua amministrazione dopo l'11 settembre 2001. Questo
apparato, in nome della guerra contro il terrorismo, viola nel modo più palese i
diritti elementari dei presunti terroristi, fatti prigionieri in particolare in
Afghanistan e nei paesi islamici.
Contro la lettera della Quarta Convenzione di Ginevra, ai «terroristi» è stata
persino negata la qualità di prigionieri di guerra, attribuendo loro,
arbitrariamente, lo stigma infamante di «illegittimi nemici combattenti». Lo
stratagemma persecutorio ha consentito di negare alle vittime di Guantánamo
qualsiasi diritto di habeas corpus: essi possono essere detenuti per un tempo
imprecisato, senza essere oggetto di alcuna accusa specifica, né essere
sottoposti a un regolare processo. L'amministrazione Bush ha inoltre dato vita a
Tribunali speciali con facoltà di processare e di condannare anche alla pena
capitale i presunti terroristi, ignorando i normali Tribunali militari. Nella
scia delle norme liberticide del Patriot Act, l'intera civiltà giuridica e
giudiziaria del rule of law è stata brutalmente violata nei suoi valori più alti
e nelle sue pratiche più consolidate all'origine della dottrina dei diritti
dell'uomo e dell'intera esperienza dello «Stato di diritto» europeo e
occidentale.
La sentenza della Corte Suprema potrebbe avere effetti sui processi in corso a
Guantanamo, tra cui quello ai presunti responsabili dell'11 settembre, e sul
futuro dei circa 270 detenuti della base. E offre nuove armi a chi negli Usa si
oppone all'infamia di Guantanamo e delle altre prigioni create in Iraq e in
Afghanistan - da Abu Ghraib a Polj-Charki, a Bagram - dove la tortura resta
all'ordine del giorno. Ed è auspicabile che la decisione della Corte suprema
incoraggi i due candidati alla Casa Bianca, John McCain e Barack Obama, a tenere
fede all'impegno elettorale di chiudere Guantanamo.
Quali aspettative politiche da questa vicenda giudiziaria?
In Italia sarebbe auspicabile che la decisione
del governo Berlusconi di alterare le regole d'ingaggio delle truppe italiane in
Afghanistan venisse denunciata e sanzionata dalle autorità giudiziarie
competenti come una gravissima lesione dell'art. 11 della Costituzione. Sul
piano internazionale dovrebbe diffondersi la convinzione che nessuno strumento
giudiziario o poliziesco sarà in grado di fermare il terrorismo internazionale.
Nessuna violazione delle libertà fondamentali avrà l'effetto taumaturgico di
riportare la pace in Europa, in Occidente e nel mondo.
Anzi, questa strategia avrà molto probabilmente
effetti perversi, comprimendo il valore della libertà delle persone, della loro
integrità fisica e intellettuale, della loro vita. Non è negando se stesso che
l'Occidente si salverà. L'Occidente non si libererà dal terrorismo
internazionale se non avrà anzitutto liberato se stesso dalla pretesa di
dominare il mondo con il suo strapotere economico e con l'uso illegale della
forza militare.
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La sentenza è stata pronunciata
con maggioranza minima, 5-4, indice di spaccatura. E' la terza sconfitta per
l'amministrazione Bush sul tema della legittimità costituzionale
Washington - I detenuti di Guantanamo possono
appellarsi al diritto costituzionale e ricorrere nei tribunali ordinari
americani contro la loro detenzione. Lo ha stabilito la Corte Suprema degli
Stati Uniti, al suo terzo intervento sulla spinosa questione della base
militare americana a Cuba.
La Corte si è pronunciata con una maggioranza minima, un 5-4 che indicando
ancora una volta la spaccatura all'interno del massimo organo giudiziario
americano nel valutare la legalità di Guantanamo. E' la terza sconfitta dal
2004 per l'amministrazione Bush sul tema della legittimità costituzionale
dell'apparato giudiziario militare messo in piedi dopo l'11 settembre 2001,
per tenere in stato di detenzione e processare presunti terroristi. La Corte
Suprema ha ribaltato la decisione con cui la Corte federale d'appello aveva
confermato la legittimità di una legge che nel 2006 aveva definito le modalità
dei processi militari.
La decisione potrebbe avere effetti immediati sui processi in programma, tra
cui quello ai presunti
responsabili degli attacchi a New York e Washington dell'11 settembre 2001, e
sul futuro dei circa 270 detenuti ancora presenti nella base. La scelta dei
giudici di Washington offrirà nuove armi agli oppositori di Guantanamo e anche
ai due candidati alla Casa Bianca, John McCain e Barack Obama, che sono
entrambi favorevoli alla chiusura della prigione nella base militare a Cuba.
In vista dei probabili ricorsi la corte federale di Washington, che ha gestito
in questi anni i casi dei presunti terroristi, è entrata in stato di
emergenza: i giudici hanno convocato riunioni immediate per decidere cosa fare
di vari casi sospesi in attesa della pronuncia della Corte Suprema. I
magistrati si aspettano una raffica di ricorsi da parte dei legali dei
detenuti e stanno valutando come procedere. La decisione del massimo organo
giudiziario, in tutto 70 pagine, crea una sorta di limbo legale caratterizzato
dall'incertezza. Anche la Casa Bianca e il Pentagono hanno reagito
sottolineando soltanto di aver bisogno di "studiare il provvedimento", per
capirne le conseguenze.
Uno degli effetti più immediati sembra essere
lo stop a un primo processo di fronte alle commissioni militari che era in
programma a Guantanamo nelle prossime settimane. Si tratta del procedimento
contro Salim Hamdan, uno yemenita che è stato in passato autista di Osama Bin
Laden. Il suo avvocato militare, il comandante di Marina Brian Mizer, ha
annunciato che presenterà un ricorso per far cadere le accuse contro Hamdan,
sostenendo che l'intera procedura è ora da ritenere non costituzionale.

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