Il
prolungamento della crisi in Honduras non ha un effetto neutro, perché gioca
a beneficio dei golpisti. Il ripudio e l'isolamento universali non
commuovono gli usurpatori. Tutto il contrario: confermano la loro visione
paranoica di un mondo dominato da comunisti, sovversivi e rivoluzionari, che
cospirano senza cessare per distruggere la loro impresa patriottica. Sia i
militari che i civili honduregni condividono giorno per giorno questo
delirio che continua ad essere alimentato, dal Pentagono, dalla CIA e da
buona parte dell'establishment politico dell'impero, per loro la guerra non
è finita né finirà mai. Guerra soprattutto contro tutto questo immenso ed
inaspettato movimento sociale che si è messo in moto a partire dal golpe e
che oltrepassa, forse in modo irreversibile ed ampio, gli stretti confini
della mal chiamata “democrazia rappresentativa” in Honduras.
Bastò che il movimento pretendesse di onorare questa formula affinché la
sacra alleanza abbandonasse, in accozzaglia, le caverne ed uscisse a dare
battaglia: lì si unirono, per mettere insieme delle forze, i rappresentanti
militari e politici dell'impero con la corrotta oligarchia locale, la
perversa gerarchia della Chiesa Cattolica, le diverse frazioni del patronato
ed il potere mediatico che il conglomerato della ricchezza e del privilegio
controlla a suo capriccio, facendo della libertà di stampa uno scherzo
sanguinante. Non è un caso che il sito web della benemerita Società
Interamericana di Stampa, sempre tanto attenta innanzitutto su quello che
succede coi mezzi di comunicazione in Cuba, in Venezuela, in Bolivia ed in
Ecuador, abbia occultato astutamente quello che sta accadendo in Honduras.
La risoluzione più importante sul tema dei mezzi di comunicazione, adottata
il 24 luglio, è una condanna... al presidente Rafael Correa per incoraggiare
“l’incessante clima di confronto ed epiteti contro i giornalisti,
proprietari di mezzi di comunicazione e le loro imprese!”
Né una parola su Gabriel Fino Noriega, giornalista honduregno
di Radio Stellare, assassinato dalle forze paramilitari, della quale informa
la missione dell'ONU inviata ad investigare la situazione dei diritti umani
in Honduras. La stessa delegazione comprovò che a Tegucigalpa, Canale 36,
Radio TV Maya e Radio Globo sono state militarizzate, constatando inoltre
l'assalto a diversi mezzi locali di comunicazione e minacce di morte contro
i giornalisti, il blocco delle loro trasmissioni o l'intercettazione
telefonica e blocco del loro accesso ad internet. Inoltre, la missione
corroborò come il mitragliamento della cabina di trasmissione di Radio
Juticalpa in Olancho, e le minacce di morte prodotte contro i giornalisti ed
il direttore del quotidiano El Libertador, Johnny J. Lagos Enriquez, come
contro il giornalista Luis Galdanes. Nella città di Progreso, i militari
hanno fatto tacere le trasmissioni di Radio Progreso, essendo perseguito il
suo direttore, il sacerdote gesuita Ismaele Moreno, fermato temporaneamente
uno dei suoi giornalisti, mentre altri ricevevano minacce di morte. Un altro
caso è quello di Canale 26, TV Atlantico, il cui dirigente dichiarò davanti
alla missione dell'ONU che i militari hanno orientato i mezzi di
comunicazione del dipartimento che dovevano astenersi da trasmettere altre
versioni o informazioni che non derivassero dal governo de facto.
Davanti all'aggressione provocata contro i giornalisti di Telesur e la
Televisione Venezuelana, senza il cui coraggioso lavoro il mondo non sarebbe
venuto a sapere mai quello che succedeva in Honduras, la SIP si limitò ad
emettere un tiepido comunicato dispiacendosi dei fatti; la risoluzione dura,
invece, si prese contro Correa.
Sarebbe molto lungo enumerare tutte le violazioni alla libertà di stampa ed
i diritti umani, a parte l'assassinio di Noriega che passarono inosservate
davanti agli attenti censori della SIP e dei suoi impertinenti, Mario Vargas
Llosa e la combriccola dei “pluscuamperfecti idioti latinoamericani”. Il
Suo silenzio complice rivela la decomposizione morale dell'impero, le sue
permanenti bugie e l'impunità con la quale si muovono questi falsi difensori
della “libertà di stampa”. E di fronte a questo scenario, la segretaria di
Stato Hillary Clinton osa qualificare come imprudente il gesto di Zelaya di
viaggiare alla frontiera del suo paese!!, mentre il suo portavoce, Philip
Crowley, optava contro “qualunque azione che possa condurre alla violenza”
in Honduras.
Ci manca già molto poco affinché Washington cominci a dichiarare che il vero
golpista è Zelaya e che lui è stato e non un altro che ha gettato il suo
paese in un caos di violenza e morte. La promessa di nuove mediazioni a
carico della Casa Bianca servirà solo per distruggere ancora di più la
verità ed inclinare l’ago della bilancia a beneficio dei golpisti e dei suoi
mandanti.
* Politologo argentino
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