Numerose
organizzazioni sociali cominciano tre giorni di
omaggio collettivo all’emblematico cantautore cileno Víctor Jara,
assassinato durante il golpe militare del 1973.
L’evento include performance di artisti
come il gruppo Inti-Illimani e terminerà sabato con un pellegrinaggio al
Cimitero Generale, dove si seppelliranno i resti di Jara, dopo che il corpo
dello stesso è stato ri-esumato nel giugno passato per essere sottoposto ad
una perizia del Servizio Medico Legale (SML).
L’entità ha confermato che il giovane fu
vittima di torture e di “multipli fratture causate da ferite di arma da
fuoco che hanno provocato shock emorragico in un contesto di tipo omicida”.
Patricio Bustos, direttore del SML, ha
affermato che le analisi – ratificate dall’Istituto Genetico di Innsbruck,
Austria – indicano che Jara fu picchiato e torturato nello stadio cileno,
usato come centro illegale di detenzione e che oggi porta il suo nome.
Gli esperti hanno scoperto nel cadavere
oltre 30 lesioni ossee prodotto di fratture provocate da ferite da arma da
fuoco, e altre causate da oggetti contundenti di differente tipo, ha
spiegato Bustos.
A 36 anni dai fatti, sono stati processati
come responsabili l’allora soldato José Paredes, che ha confessato di aver
sparato contro il musicista e che dopo ha ritrattato, e l’ex capo del centro
di detenzione, il colonnello ritirato Mario Manríquez.
Tuttavia, i famigliari di Víctor Jara così
come le organizzazioni di difesa dei diritti umani insistono nel processare
chi diede l’ordine di crivellarlo.
Gli ex-prigionieri dello stadio Cile, nel
quale furono incarcerate 5 mila persone, convergono nell’indicare un ex
colonnello conosciuto come “El Principe” e che successive indagini
giornalistiche identificarono come Edwin Dimter Bianchi, il quale, però,
nega le accuse.
Nell’ambito dell’omaggio di tre giorni,
Gloria Konig, direttrice esecutiva della Fondazione Víctor Jara, ha chiesto
verità e giustizia per l’artista e per tutti i Detenuti Scomparsi e i
Giustiziati Politici del Cile.
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Le
spoglie dell'emblematico cantautore cileno Victor Jara,
assassinato con più di 30 colpi di arma da fuoco dopo il golpe militare del
1973, saranno sepolti la prossima settimana dopo un funerale di massa di tre
giorni.
La Fondazione Victor Jara ha annunciato
l'omaggio, dopo aver ricevuto un rapporto del Servizio Medico Legale (SML),
confermando che l'artista è stato vittima di torture e di “multiple fratture
per ferite da pallottola, che hanno provocato un shock emorragico in un
contesto di tipo omicida”.
Patricio Bustos, direttore del SML, ha affermato che le analisi -ratificate
dall'Istituto Genetico di Innsbruck in Austria - indicano che Jara è stato
colpito e torturato durante il suo passaggio nello Stadio Cile, usato come
centro illegale di detenzione e che oggi porta il suo nome.
Sono stati trovati più di 30 lesioni ossee prodotto di fratture provocate da
ferite di proiettile, oltre a alcune provocate da oggetti contundenti che
non corrispondono a ferite di pallottola, ha raccontato Bustos.
I resti dell'artista sono stati esumati nel Cimitero Generale nel giugno
scorso per ordine del giudice Juan Eduardo Fuentes Belmar, che investiga il
suo assassinio.
Quest'anno, 36 anni dopo gli eventi, sono stati processati come responsabili
l'allora recluta Josè Paredes, che ha confessato di aver sparato contro il
musicista e dopo si è ritrattato, e l'ex capo del centro di detenzione,
colonnello ritirato Mario Manriquez.
Nonostante, i parenti di Victor Jara, oltre
alle organizzazioni pro diritti umani, tra gli altri settori, insistono nel
processare quello che ha dato l'ordine di crivellarlo a colpi di fucile.
Ex prigionieri dello Stadio Cile, dove sono stati imprigionati circa cinque
mila cileni, coincidono nel segnalare ad un ex colonnello, conosciuto come
“Il Principe”, che investigazioni giornalistiche hanno identificato
posteriormente come Edwin Dimter Bianchi, il quale nega l'accusa.
Nell’annunciare l'omaggio di tre giorni, Gloria Konig, direttrice esecutiva
della Fondazione Victor Jara, ha richiesto verità e giustizia per l'artista
e per tutti i “detenuti scomparsi e giustiziati politici del Cile”.
I resti del popolare artista cileno rimarranno i prossimi 3, 4 e 5 dicembre
presso la sede della Fondazione affinché la popolazione possa dargli
l'addio. “Domenica 6 partirà un corteo funebre a piedi fino al Cimitero
Generale”, ha confermato la Konig, che ha risaltato che il funerale sarà
differente da quello del 1973, quando la sua vedova, la coreografa
britannica Joan Turner, ha dovuto seppellirlo “ in modo praticamente
clandestino”. |
“Canto, che sapore cattivo quando devo
cantare lo spavento.
Spavento come quello che vivo, come quello che muoio, spavento.
Vedendomi tra tanti e tanti, momenti di infinito, nei quali il silenzio e il
grido
Sono le mete di questo canto.”
Victor Jara. Io avevo solo otto anni quando accadde tutto, quell’11
settembre 1973, e non ricordo bene le sensazioni di tristezza e sgomento,
mentre la televisione riproponeva l’attacco a La Moneda, i carri armati per
le vie di Santiago del Cile, il sogno di una vera democrazia schiantarsi
contro la brutalità fascista.
Sono passati 36 anni da allora, i tempi sono fortunatamente cambiati ed una
meravigliosa Nuestra America di Josè Martì, “come il verso di una colomba,
che cerca di fare il nido, spicca il volo ed apre le sue ali, per volare e
volare”….come cantava proprio Victor Jara.
Lui però, tristemente, non può vederla, gli anno tolto la luce dagli occhi,
gli hanno schiacciato le mani perché non potesse più denunciare le atrocità
cantando ed utilizzando il suo fucile (che era la sua chitarra) e non
potesse più dare coraggio ai prigionieri nello Stadio Cile.
Ma riusciremo mai a sapere veramente cosa è accaduto quel lontano 15
settembre 1973, nei sotterranei dello Stadio Cile?
Pochi giorni fa, 4 giugno 2009, è stato riesumato il suo corpo, per poter
fare una vera autopsia ed investigare la versione di Josè Paredes Marquez,
una giovane recluta militare, che all’epoca aveva solo 18 anni, e che sembra
che abbia assistito all’atroce delitto ed abbia in seguito crivellato il
corpo esamine di Victor con 44 colpi di fucile, per ordine dei superiori.
D’accordo con la confessione iniziale di Paredes, un sottotenente ancora non
identificato, probabilmente il pluriomicida detto “il Principe”, in presenza
dell'allora tenente Nelson Haase e di altri soldati, giocò alla roulette
russa con la tempia di Jara fino a che l'ammazzò con uno sparo alla testa.
E’ la prima volta, dopo ben 36 anni, che finalmente si riesce a sapere
qualcosa sull’accaduto, nonostante la vedova del cantante, Joan Turner, già
nel 1978 ed in seguito nel 1998 aveva presentato delle denunce per ricercare
i colpevoli di questa atrocità.
Ma come è possibile che questo accada?
Dopo la tremenda beffa che un dittatore assassino come Augusto Pinochet,
“l’innominabile” come veniva giustamente appellato, sia riuscito a morire
nel suo letto senza una sola parola di sentenza accusatoria approvata,
ritorno a dire, come è possibile che l’impunità continui per tutto il branco
di assassini che appoggiarono il suo regime?
Quel tetro 11 settembre 1973 doveva essere un inno alla vita nell’Università
Tecnica di Santiago del Cile, avrebbe dovuto esserci un’esposizione,
inaugurata da Salvador Allende, che sarebbe stato accompagnato dalla voce
calda di Victor. Il manifesto che pubblicizzava l’evento era un monito molto
chiaro: una madre allattando la sua creatura, mentre le loro ombre erano
macchiate di sangue. Era un appello silenzioso ma molto espressivo, che
incitava a scegliere la vita contro il fascismo: purtroppo Cile, invece, si
piegò al mostro.
“Mi ascolta la cloaca marxista? Mi ascoltano i mangia merda? Adesso sono
finiti i discorsi, per la figa di tua madre! Adesso dovrete lavorare. Quelli
che non vorranno lavorare li fucileremo. Mi state ascoltando, vendi patria?
Ho la voce di un principe.....” Quasi sicuramente la voce che gridava
sguaiata queste frasi offensive nei corridoi dello Stadio Cile era quella
dell’assassino Edwin Dimter Bianchi, biondo, occhi chiari, di origine
tedesca.
Non è mai stata provata la sua colpevolezza, nonostante le multiple accuse
delle associazioni dei famigliari dei desaparesidos (e di chi li appoggia,
cioè gli uomini di buona volontà e con uno straccio di coscienza) e le loro
proteste pubbliche, la cosiddetta “funa” che consiste nel denunciare e
manifestare con le foto delle vittime sul luogo di lavoro del presunto
assassino o sotto casa sua.
La FUNA nasce come una risposta necessaria, opportuna e decisa di fronte
all'impunità che si impone, mediante leggi dettate durante la Dittatura, e
che lascia senza un giudizio ed una punizione giusta i responsabili dei
crimini commessi da militari ed agenti civili della repressione e che conta
sull'appoggio incondizionato e l'atteggiamento ossequente del Potere
Giudiziario, il quale, salvo rispettabili eccezioni, si è rifiutato di
compiere i doveri per i quali è stato istituito, permettendo le detenzioni
arbitrarie, sequestri, torture ed assassini di migliaia di compatrioti,
uomini e donne, che avevano appoggiato il progetto politico diretto dal
Presidente Allende, DEMOCRATICAMENTE ELETTO.
Come dimostrazione del tacito appoggio all’impunità è il fatto che questo
sinistro individuo, il cosiddetto “Principe” non si sia mai nascosto, non ha
cambiato il suo nome o la sua fisionomia e…..(mantenetevi forte): lavora
come funzionario del ministero del lavoro, è il capo del dipartimento del
controllo di istituzione della sovrintendenza dell’Amministrazione dei Fondi
Pensionistici.
Come è possibile? Ci sono decine di testimonianze oculari e accuse di
torturati, ma non succede assolutamente nulla.
E’ proprio per questa ragione che chi partecipa alla FUNA esige giudizio e
punizione per i responsabili ed i complici delle gravi violazioni dei
diritti umani, successe non solo durante la Dittatura Militare, ma anche
quelle accadute durante il chiamato “periodo di transizione alla
democrazia”. Nel campo giudiziario, optiamo (sì, il verbo alla seconda
persona plurale è voluto, anche io appoggio con tutto il mio cuore questo
movimento della FUNA) per lottare per l'Annullamento della Legge di Amnistia
ed i suoi adeguamenti e modificazioni posteriori, fatte sulla difesa della
Costituzione di Pinochet e che hanno permesso a molti criminali, rimanere
nel tranquillo spazio dell'impunità.
Per tutti loro esigiamo giudizio e punizione e non concederemo né perdono né
oblio.
Io mi sento in dovere di appoggiare questa difesa dei diritti umani perché
come ha detto un giorno il Che Guevara “sono capace di tremare di
indignazione ogni volta che si commette un’ingiustizia” e perché ripudio
ogni manipolazione del passato, è necessaria una ricostruzione della memoria
storica, non ci si può rassegnare né al silenzio né alla passività. La
stessa cosa viene fatta oggi dallo stato italiano, Berlusconi sta
manipolando la storia della Resistenza partigiana: non si può accettare lo
studio del passato tergiversato, scritto e trasmesso come vero dai diversi
sistemi che dipendono dal potere (mezzi di comunicazione, sistema educativo,
forme di cultura, etc.) e che sono al servizio dei genocidi e dei suoi
complici. Il nostro dovere, di noi, cittadini del mondo, è di smascherare,
in Cile e in tutta l’America Latina, che è stata vittima della dittatura e
dell’Operazione Condor, i visi di tutti i criminali che sostentarono il
Terrorismo di Stato che imperò in questi paesi, non possiamo permettere di
farci reprimere e zittire, per dimenticare tutti quelli che osarono alzarsi
e lottare per recuperare il progetto storico incompiuto, come conseguenza
dei vari colpi di stato.
Quello che non riesco a comprendere è il ruolo dell’attuale presidentessa
del Cile, Michele Bachelet, donna colpita lei stessa e la sua famiglia dalla
dittatura, incapace di dare una soluzione al problema: il fatto di concedere
la cittadinanza cilena alla moglie di Victor, Joan Turner, mi sembra un
fatto meraviglioso e doveroso, per questa donna inglese che è rimasta a
vivere nel paese del suo defunto sposo nonostante la dittatura, per
continuare a cercare giustizia per lui, per i 5000 arrestati dello Stadio
Cile e le decine di migliaia di desaparecidos, ma… NON E’ ASSOLUTAMENTE
ABBASTANZA!!!!
Quello che abbiamo bisogno, presidente Bachelet, è la condanna dell’orrendo
“Principe” e di quelli che come lui hanno violato ogni decenza umana, per
permettere a Victor Jara e ai suoi compagni di riposare in pace e che sia
fatta giustizia.
Per concludere questo mio grido di rabbia e di diritto, voglio utilizzare le
parole di un altro cantautore cileno, Galo Espinoza, meno conosciuto di
Victor, ma più fortunato, perché è riuscito a salvarsi dalla tortura
esiliandosi in Svezia, dove tutt’ora risiede e canta con il gruppo Cristal
Andino; nella sua canzone “No all’impunità” afferma:
“I “Pilati” continuano ancora lavandosi bene le mani,
come se gli “N.N.” fossero dei racconti inventati.
No, no, no, no, io non lo accetto!
Che si prendano gioco dei popoli, con questioni e concetti…
Loro gridano amnistia, per confondere i popoli,
Per salvare assassini di tanti crimini orrendi.
No, no, no, no, io non l'accetto!...
Ancora oggi si ascolta in Cile, “il principe” con le sue pallottole,
Il dolore di cinque mila, e la voce di Victor Jara.
In un giorno non lontano, coi popoli lotterà
Il sangue di tanti fratelli che oggi pretendono dimenticare”.
No, no, no, no, io non l'accetto!
* l’autrice è la responsabile della
pagina in italiano del sito web di Prensa Latina
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La chiusura a forza del “Galpon Victor Jara”,
dedicato a promuovere la cultura popolare cilena, costituisce un danno alla
figura del cantautore assassinato, ha denunciato Guillermo Teillier,
presidente del Partito Comunista del Cile.
“È grave che un organismo municipale decida
di chiudere un Centro Culturale che porta il nome di Victor Jara”, ha
sottolineato il dirigente politico, dopo che il sindaco Hugo Zalaquett ha
ordinato lo sgombero e la chiusura del locale.
Teillier ha considerato come una vera
aberrazione una simile azione nei giorni in cui si sta concludendo
l'investigazione sul modo in cui è stato ucciso Victor Jara, poco dopo il
colpo militare di Augusto Pinochet, nel 1973.
“È un doppio affronto, alla memoria di
Victor Jara ed alle persone che cercano un spazio di libertà e riunione che
non trovano in altri posti. Mi oppongo a questa chiusura e farò tutto il
possibile per far cancellare questa misura antidemocratica”, ha dichiarato.
Vari intellettuali, come gli amministratori
del Galpon Victor Jara, sede di numerose attuazioni di artisti cileni e
stranieri, si sono concentrati davanti al locale, in difesa dello spazio di
creazione.
Gli amministratori hanno condannato in
forma categorica questo genere d’azioni che attentano la cultura, la libera
espressione e la creazione artistica” ed hanno reclamato l'immediata
riapertura del Galpon Victor Jara.
I lavoratori del locale hanno anche
denunciato che i carabinieri hanno agito con eccessiva violenza, al punto
che hanno espulso con la forza Eugenia Arrieta, di 84 anni, che è la
bibliotecaria del luogo ed è stata la migliore amica di Victor.
Il Centro Culturale è diretto dall'artista
d’origine britannica Joan Turner, vedova del cantautore massacrato dai
golpisti, che ha ricevuto recentemente dalle mani della presidentessa
Michelle Bachelet la nazionalità cilena come merito, in virtù dei suoi
apporti alla cultura nazionale.
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