Resistenza popolare contro manifestazioni di appoggio al golpe, con grandi
mobilitazioni dall’una e dall’altra parte. È oramai stato d’assedio in
Honduras con la sospensione del “diritto all’inviolabilità del domicilio, al
diritto di associazione, libertà di spostamento e di espressione” come ha
comunicato senza vergogna il deputato Rolando Dubón Buezo, portavoce della
giunta golpista. La diplomazia è compatta nell’isolare il dittatore Roberto
Micheletti (il paisà tifoso dell’Atalanta che riscuote una scandalosa
fortuna nei
media di regime italiani) ma allo stesso tempo, anche per la posizione
di retroguardia assunta dagli Stati Uniti, non siamo alla vigilia di una
sconfitta politica del golpe.
Micheletti nelle ultime ore confonde le acque promettendo di anticipare le
elezioni mentre domani il presidente deposto Mel Zelaya vorrebbe rientrare
in patria sotto braccio a José Miguel Insulza (segretario dell’OSA) e
Cristina Fernández de Kirchner (presidente argentina). Sarà arrestato come
dichiarato da Gorilletti Micheletti, ucciso come temono molti, riprenderà il
suo posto nella Casa Presidenziale, come spera la Resistenza o resterà
impantanato in trattative che tradiranno i movimenti indigeni, sociali e
popolari che l’appoggiano rinunciando all’Assemblea Costituente?
In ogni caso sta diventando difficilissimo orientarsi nell’evoluzione del
golpe in Honduras e capire cosa può succedere nella giornata campale di
domani. Da una parte si rafforza la Resistenza e atti di ribellione al
governo di fatto si moltiplicano in ogni angolo del paese. A Tegucigalpa,
nel pomeriggio del 2 luglio un’immensa marcia pacifica ha invaso la città
senza incontrare né esercito né polizia. Contemporaneamente a San Pedro Sula,
la capitale industriale ed economica, la repressione è stata fortissima, con
almeno 60 arresti e molti feriti. Una manifestazione nazionale più grande è
convocata per oggi nella capitale in un paese paralizzato dallo sciopero
generale e sarà aperta dalle comunità indigene garifuna, quelle che hanno
pagato forse il prezzo più alto con il Trattato di libero commercio con gli
Stati Uniti che una nuova Costituzione avrebbe potuto rivedere.
E vero anche che i golpisti ogni giorno schierano in piazza le loro truppe
cammellate dando oggettiva dimostrazione di forza: sono fedeli delle chiese
terrorizzati dal comunismo e soprattutto dal “chavismo” (persone miti e
devote che dunque preferiscono la sicurezza delle camere di tortura
all'incognita del voto popolare), classe media benestante, studenti delle
università per ricchi che organizzano nelle piazze penosi reading della
costituzione del 1982 scritta dal dittatore Policarpo Paz, millantata come
fosse la "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo".
Mentre si alza forte l’allarme delle associazioni per i diritti umani per lo
stato d’assedio proclamato, nel paese sono segnalati tra l’altro
reclutamenti illegali di adolescenti nelle forze armate, si profila una
strategia golpista per annacquare la compattezza del fronte diplomatico
internazionale. Il dittatore Roberto Micheletti, che continua a sostenere
che Zelaya sarebbe arrestato al momento di rimettere piede su suolo
honduregno, ha infatti aperto all’anticipo delle elezioni presidenziali
previste per fine novembre. Ben poco, per non dire nulla.
Insulza intanto anticiperà Zelaya già oggi a Tegucigalpa: “Non vado a
negoziare ma solo a restaurare la democrazia e lo stato di diritto ha
dichiarato”. Sullo sfondo però c’è almeno l’amnistia per la giunta golpista
e probabilmente il ricatto che di una nuova Costituzione in Honduras non si
parli più almeno per un bel pezzo.
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