COLPO DI STATO IN HONDURAS


HONDURAS: VERSO UN MURO

CONTRO MURO SENZA SOLUZIONE?

 

3 luglio '09 - fonte www.gennarocarotenuto.it

 

 

Resistenza popolare contro manifestazioni di appoggio al golpe, con grandi mobilitazioni dall’una e dall’altra parte. È oramai stato d’assedio in Honduras con la sospensione del “diritto all’inviolabilità del domicilio, al diritto di associazione, libertà di spostamento e di espressione” come ha comunicato senza vergogna il deputato Rolando Dubón Buezo, portavoce della giunta golpista. La diplomazia è compatta nell’isolare il dittatore Roberto Micheletti (il paisà tifoso dell’Atalanta che riscuote una scandalosa fortuna nei media di regime italiani) ma allo stesso tempo, anche per la posizione di retroguardia assunta dagli Stati Uniti, non siamo alla vigilia di una sconfitta politica del golpe.

Micheletti nelle ultime ore confonde le acque promettendo di anticipare le elezioni mentre domani il presidente deposto Mel Zelaya vorrebbe rientrare in patria sotto braccio a José Miguel Insulza (segretario dell’OSA) e Cristina Fernández de Kirchner (presidente argentina). Sarà arrestato come dichiarato da Gorilletti Micheletti, ucciso come temono molti, riprenderà il suo posto nella Casa Presidenziale, come spera la Resistenza o resterà impantanato in trattative che tradiranno i movimenti indigeni, sociali e popolari che l’appoggiano rinunciando all’Assemblea Costituente?

In ogni caso sta diventando difficilissimo orientarsi nell’evoluzione del golpe in Honduras e capire cosa può succedere nella giornata campale di domani. Da una parte si rafforza la Resistenza e atti di ribellione al governo di fatto si moltiplicano in ogni angolo del paese. A Tegucigalpa, nel pomeriggio del 2 luglio un’immensa marcia pacifica ha invaso la città senza incontrare né esercito né polizia. Contemporaneamente a San Pedro Sula, la capitale industriale ed economica, la repressione è stata fortissima, con almeno 60 arresti e molti feriti. Una manifestazione nazionale più grande è convocata per oggi nella capitale in un paese paralizzato dallo sciopero generale e sarà aperta dalle comunità indigene garifuna, quelle che hanno pagato forse il prezzo più alto con il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti che una nuova Costituzione avrebbe potuto rivedere.

E vero anche che i golpisti ogni giorno schierano in piazza le loro truppe cammellate dando oggettiva dimostrazione di forza: sono fedeli delle chiese terrorizzati dal comunismo e soprattutto dal “chavismo” (persone miti e devote che dunque preferiscono la sicurezza delle camere di tortura all'incognita del voto popolare), classe media benestante, studenti delle università per ricchi che organizzano nelle piazze penosi reading della costituzione del 1982 scritta dal dittatore Policarpo Paz, millantata come fosse la "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo".

Mentre si alza forte l’allarme delle associazioni per i diritti umani per lo stato d’assedio proclamato, nel paese sono segnalati tra l’altro reclutamenti illegali di adolescenti nelle forze armate, si profila una strategia golpista per annacquare la compattezza del fronte diplomatico internazionale. Il dittatore Roberto Micheletti, che continua a sostenere che Zelaya sarebbe arrestato al momento di rimettere piede su suolo honduregno, ha infatti aperto all’anticipo delle elezioni presidenziali previste per fine novembre. Ben poco, per non dire nulla.

Insulza intanto anticiperà Zelaya già oggi a Tegucigalpa: “Non vado a negoziare ma solo a restaurare la democrazia e lo stato di diritto ha dichiarato”. Sullo sfondo però c’è almeno l’amnistia per la giunta golpista e probabilmente il ricatto che di una nuova Costituzione in Honduras non si parli più almeno per un bel pezzo.