Miguel Ángel Moratinos, Ministro degli
Esteri spagnolo, parte domani per una visita di Stato a Caracas che poi
proseguirà a Brasilia. Si incontrerà con il presidente Hugo Chávez e sarà
accompagnato da uno stuolo di imprenditori e alti dirigenti delle maggiori
imprese spagnole, tra le quali Repsol, Banco Santander, BBVA, Telefónica,
Navantia, Casa, Mapfre, CAF, Alstom, Iberdrola, Técnicas Reunidas, Telvent,
Mapfre, Iberia e Rodman Polyships.
Un viaggio del genere smentisce il mantra neoliberale (cantilenato da anni
dai media mainstream) che nei paesi integrazionisti non esista la
“sicurezza giuridica per fare affari” dovuta alla politica di
nazionalizzazioni di imprese strategiche (sempre dietro compensazioni
economiche). La realtà è esattamente opposta: anche laddove il
neoliberismo non è più il signore assoluto, l’America latina continua ad
essere una fantastica opportunità per l’economia mondo.
La processione a Caracas, né la prima né l’ultima, dei vari Repsol,
Santander (di recente nazionalizzato in Venezuela), Telefónica, rende
evidente per la millesima volta che, al di là dei ragli d’asino
neoliberali che periodicamente si levano ma non arrivano al cielo contro i
paesi integrazionisti latinoamericani e in particolare contro il
Venezuela, alle imprese continui a convenire investire anche in un’America
latina dove per la prima volta si pone loro qualche limite.
Limite ambientale, sindacale, sociale, nonostante si potrebbe e dovrebbe
fare molto di più. Eppure anche tali limiti rappresentano una rivoluzione
in un contesto politico-culturale dove le imprese multinazionali hanno da
sempre fatto e disfatto governi, imposto regimi e dittature e alimentato
campagne diffamatorie.
Fino a ieri mettere il naso in quello che facevano le multinazionali (Arbenz,
Allende?) portava a morte certa come testimonia la storia del continente e
la partecipazione dello stesso governo spagnolo di José María Aznar al
golpe in Venezuela dell’11 aprile 2002. O purtroppo testimonia anche il
presente in quelle regioni dove ancora non soffia il vento
integrazionista. Il presente di un governo come quello della Colombia di
Álvaro Uribe dove le multinazionali fanno ancora quello che vogliono e
contribuiscono con i loro squadroni della morte privati ad assassinare i
due terzi dei sindacalisti al mondo.
Oggi le cose vanno un po’ diversamente. Per esempio si ha la pretesa
(assurda e suicida fino a ieri) che le multinazionali paghino le tasse
(non il 3 o il 7% defiscalizzato oppure lasciato evadere) e non solo le
tangenti e si condizioni la loro presenza ad un prima inesistente idea di
interesse nazionale e non solo a quella di interesse castale delle élite
creole.
Vengono lo stesso e faranno profitti lo stesso, ma non più da padrone, che
piaccia o no al sistema disinformativo mondiale.
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