Caro Comandante;
Generale dell’Esercito Raul Castro Ruz, presidente del Consiglio
di Stato e del consiglio dei Ministri di Cuba, probabilmente il compagno
Fidel ci sta guardando, cosicché un immenso abbraccio solidale e
latinoamericano per lui; Cari comandanti, combattenti di queste gesta
eroiche: la Rivoluzione Cubana, la liberazione cubana, la pietra miliare
più importante nella storia dell'America Latina nel secolo XX ed esempio
per il pianeta intero;
Cari funzionari del governo cubano;
Ministri e ministre e funzionari del governo ecuadoriano che mi
accompagnano in questa visita;
Sig.ri rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale;
Care sorelle e fratelli cubani, ecuadoriani, latinoamericani e planetari,
per tutti voi un immenso abbraccio:
Oggi, 8 gennaio 2009, mentre, su invito della Rivoluzione Cubana siamo
presenti in rappresentazione del popolo ecuadoriano e della sua
Rivoluzione Cittadina, vale la pena domandarsi: Quando cominciò la
Rivoluzione Cubana?
Chissà il 26 luglio 1953, quando Fidel, comandando la Generazione del
Centenario, ha tatuato per la storia la caserma Moncada?
E’ stato per caso il 25 novembre 1956, quando il Granma è salpato da
Veracruz con 82 guerriglieri?
O molto prima, all'alba dell’11 aprile 1895, quando José Martí ed il suo
gruppo di patrioti sono sbarcati sulla spiaggia di Cajobabo per iniziare
la Guerra Necessaria e finire col giogo spagnolo?
Chissà sia meglio pensare che questa Rivoluzione, speranza e destino della
Nostra America, è incominciata nelle lotte contro il colonialismo, col
riferimento più importante della nostra vocazione emancipatrice
simbolizzata dal Libertador Simon Bolivar.
Perché Manuela Saenz ed Antonio José de Sucre; perché José Martí ed
Emiliano Zapata; perché Eloy Alfaro ed Augusto Cesar Sandino; perché
Manuel Rodriguez e José Carlos Mariategui; perché Antonio Maceo e Massimo
Gomez, e perché tutti i patrioti del continente si dedichino alla
liberazione della nostra Patria Grande protetti dall'immagine e la
bandiera di Bolivar.
Dobbiamo riconoscere, allora, che la Rivoluzione incomincia quando Fidel...
Raul, il Che, Haydée, Camilo, ed i rivoluzionari cubani hanno seguito il
sentiero e le orme profonde di una lotta storica.
Seguire quelle orme significava e significa, in qualunque tempo, essere
onesti, essere trasparenti, e dire sempre la verità, come lo ha fatto il
Liberatore, quando ha detto:
Felice quello che correndo tra gli scogli della guerra, della politica e
delle disgrazie pubbliche, preserva il suo onore intatto.
Cinquanta anni fa, in questo stesso posto, protetto dal Liberatore, Fidel
ha detto:
Credo che sia questo un momento decisivo della nostra storia: la tirannia
è stata abbattuta. L'allegria è immensa. E tuttavia, rimane ancora molto
da fare. Non ci dobbiamo ingannare credendo che all’inizio tutto sarà
facile; credo che all’inizio tutto sia più difficile.
Dire la verità è il primo dovere di qualsiasi rivoluzionario –ha detto
Fidel. Ingannare il popolo, svegliarlo da ingannevoli illusioni,
provocherebbe sempre le peggiori conseguenze, e considero che il popolo
bisogna allertarlo contro l'eccesso di ottimismo.
Come ha vinto la guerra l'Esercito Ribelle? Dicendo la verità. Come ha
perso la guerra la tirannia? Ingannando i soldati.
(...) E per questo motivo io voglio incominciare -o, per meglio dire,
continuare - con lo stesso sistema: quello di dire sempre al popolo la
verità"-ha detto Fidel, in questo stesso luogo, cinquanta anni fa.
Quella torcia etica, e la maggiore devozione per le legittime aspirazioni
del popolo cubano e del popolo latinoamericano, hanno permesso che questa
Rivoluzione sia vigente, con altezzosità, con dignità, nella difesa dei
beni più pregiati che un popolo persegue: la libertà e la sovranità.
Questo popolo meraviglioso, il popolo cubano, popolo eroico, ha insegnato
al mondo che la rivoluzione ha un destino. Che è un processo dello spirito
che forgia la volontà umana e che, una volta in marcia, non esiste nessun
potere capace di fermarlo, per poderoso che si creda.
Oggi, cinquanta anni dopo, quel lontano 1° gennaio 1959, o quell’ 8
gennaio di mezzo secolo fa, sono già date gloriose per tutti i movimenti
rivoluzionari del mondo. Ma non lo sarebbero, se il movimento che ha
sboccato in lei, se fosse concepito semplicemente, come il momento
culminante dell'insurrezione contro l'ingiustizia, il dispotismo e la
corruzione.
Il combattimento contro quell'ingiustizia, contro quel dispotismo e contro
la corruzione è eterno, e non finisce mai.
È per questo che il 1° ed l’8 gennaio di cinquanta anni fa sono
gloriosi... E sono maestosi, perché da allora, il popolo cubano ha
insegnato al mondo che una rivoluzione si costruisce in ogni alba, ed
anche, a partire dall'insegnamento che ci lascia ogni equivoco.
Questo processo è esemplare perché è stato capace di conquistare la vera
indipendenza nazionale, la libertà, la sovranità, e la libera
determinazione del popolo cubano.
Questo processo è straordinario perché ha ottenuto il ristabilimento dei
diritti umani per tutti i cubani e cubane. È come il riconoscimento del
rispetto alla dignità piena dell'essere umano, primo diritto
costituzionale.
La Rivoluzione Cubana ha reso realtà la predica dei suoi leader: i cubani
e cubane sanno che nessun compatriota sarà abbandonato alla sua sorte, in
nessun caso.
La Rivoluzione Cubana non ha morti nascosti nell’armadio della sua storia,
e non ha mai attuato né con torture né con sparizioni.
La Rivoluzione Cubana ha eliminato la discriminazione razziale e quella
della donna, mentre ha esercitato la difesa dei diritti dell'infanzia e
l'ampia protezione dei diritti della famiglia cubana.
La dichiarazione di Cuba come Primo Territorio Libero dall’analfabetismo
in America, nel 1961, continua ad essere un esempio per i nostri paesi, e
quella stessa convinzione ha trasformato le caserme in scuole, ed ha detto
ai cubani: leggano, non credano, democratizzando così l'accesso al mondo
del libro ed ai suoi fantasmi.
Cuba
ha moltiplicato più di 11 volte il numero dei medici. Da 6 286 che erano
nel 1958, il paese è passato a 72 416 medici nel 2007, cioè, 1 medico per
ogni 155 abitanti. Cuba è il paese col maggiore tasso di medici per
abitante del pianeta, e l'America Latina è stata beneficiaria di una
politica responsabile, attecchita nell'umanesimo e nella solidarietà.
Abbiamo assistito, con orgoglio latinoamericano, alla pratica di una
politica estera di principi, basata sui pilastri del diritto
internazionale: l'uguaglianza tra le nazioni, la libera determinazione ed
il rispetto mutuo, come nella difesa della giustizia sociale e la dignità
di tutti gli esseri umani del pianeta, specialmente, i diritti dei paesi
del Terzo Mondo.
Da questa terra latinoamericana veniamo per esprimere la nostra più
profonda solidarietà col processo rivoluzionario cubano.
Dalla linea equatoriale, di quel territorio che ha ospitato le lotte
bolivariane, siamo arrivati fino alla Città Libertà per esprimere il
nostro giubilo per questi cinquanta anni. E lo facciamo con la stessa
convinzione che ci ha portato a consacrare, nella nostra propria terra,
una delle Costituzioni più avanzate dell'America Latina.
Veniamo da questo continente sostenuto e rinvigorito dalla memoria sociale
che ci permette un regolamento di conti con la storia.
Questo regolamento di conti incomincia dall'autentica rivendicazione del
popolo indigeno, depredato, sfruttato, vilipeso, offeso, e, come
paradosso, anche usato e manipolato. Per questo motivo oggi, lo Stato
ecuadoriano è plurinazionale, è interculturale, e persegue l'uguaglianza
nella diversità, cioè, il più autentico esercizio della vera democrazia...
Allo stesso modo col popolo afro-ecuadoriano che come il cubano è tamburo
e bandiera della nostra Patria.
Tanti anni fa, due democratici del mio paese, Eloy Alfaro e Federico
Proaño, sono stati i destinatari dell'omaggio di José Martí.
Alfaro, secondo l'Apostolo, era uno dei pochi americani di creazione, e, i
suoi combattenti del litorale, i montoneros, fratelli dei mambises, hanno
fondato questa terra sull’equatore che oggi emerge e si alza.
Sul nostro lottatore insorto, Federico Proaño, Martí ha detto:
Per i nemici dell'arbitrio dell'uomo, e del suo sincero impiego in
America, Proaño non aveva altro che unghie e denti. E la sua penna, fine e
forte, abbozzava in un secondo, illuminava con uno svolazzo, inchiodava
con una puntura, si apriva, su due ali, davanti alle maestà dell'uomo e
della Natura.
E la storia segue. La Rivoluzione Cubana ha contato, con un martire
ecuadoriano, il giornalista e patriota Carlos Bastidas Argüello,
assassinato in maggio del 1958 per i sicari di Batista.
A Carlos Bastidas rendiamo oggi tributo, per essere degno rappresentante
dell'altezzosità e sacrificio dei nostri paesi.
E, in omaggio a questa Rivoluzione, fondata sui più nobili principi
celebrati durante la storia dell'umanità: solidarietà, universalità,
unità, indipendenza e, soprattutto, dignità, oggi chiediamo ed esigiamo la
fine del criminale blocco, etnocidio premeditato dai poteri di sempre,
quegli stessi poteri che hanno sottomesso alla più perversa ingiustizia
René Gonzalez, Gerardo Hernandez, Ramon Labañino, Antonio Guerrero e
Fernando Gonzalez, patrioti che, chissà come consolazione, e come ha detto
Silvio Rodriguez: dobbiamo comprendere che quello che soffrono, sono le
unghiate di una bestia, contro una luce insopportabile.
Fortunatamente, l'America Latina non appartiene oggi a nessun impero.
Gli eredi di José Artigas, José de San Martin, Rosa Campuzano, Miguel de
Hidalgo, ed anche di Rigoberta Menchú, Camilo Torres, Leonidas Proaño,
Hebe de Bonafini e Chico Mendes, non crediamo nel pensiero unico, perché
la nostra identità ha il viso di tutti e di tutte.
Noi onoriamo l'essenza della Rivoluzione Cubana per considerarla
trascendentale per l'evoluzione dell'Umanità.
Perché consideriamo che i suoi principi sono fondamentali per raggiungere
il benessere dei nostri popoli.
Onorando questa rivoluzione, ripetiamo le parole pronunciate cinquanta
anni fa dal Comandante Fidel Castro, parole che oggi facciamo nostre:
“D'ora in poi, sono già finite le feste e le ovazioni; d'ora in poi
dobbiamo lavorare, domani sarà un giorno come un altro, e tutti gli altri
uguali, e c'abitueremo alla libertà”.
Noi, dal nostro Ecuador andino, dal Guayas ed il Chimborazo, dalla patria
di Alfaro e Manuelita, ci sommiamo a questi festeggiamenti per la
giustizia e per la dignità.
Noi, nel maggiore esercizio della sovranità, denunciamo, come voi, un
debito estero illegittimo, illegale ed immorale.
Per noi, socialisti di mente e nel cuore, la rivoluzione non sarà mai
triste, sarà sempre una festa, perché sarà il festeggiamento
dell'uguaglianza tra uomini e donne; perché sarà l'esercizio della
solidarietà tra gli esseri umani e la terra.
E così, noi festeggiamo la Rivoluzione Cubana con le parole del poeta
Fayad Jamis:
“Per questa libertà
di canzone sotto la pioggia,
bisognerà darlo tutto,
perfino l'ombra
e non sarà mai sufficiente”.
Con le ombre protettive di Bolivar e Martì
Con questa entrata rinascente di Fidel a Città Libertà
E con la memoria del Che, diciamo, con dignità e cuore
Hasta la victoria siempre!
Che viva Cuba!
Che viva Ecuador!
Che viva America Latina!
Traduzione di Ida Garberi
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