La verità non sta

cercando dei saluti

 

19 gennaio '09 - Adys Cupull e Froilan Gonzalez* www.prensa-latina.cu

 

 

“Muoio per la Rivoluzione!” ha detto Julio Antonio Mella in via Abraham Gonzalez della capitale messicana, quella fredda notte del 10 gennaio 1929, mentre cadeva ferito a morte a causa dell'attentato perpetrato dai sicari inviati dal dittatore cubano Gerardo Machado y Morales.  Sul tavolo operatorio ha dichiarato, con molta difficoltà, “Sono sicuro che sono stati gli emissari del Governo di Cuba quelli che sono venuti ad ammazzarmi a causa dei miei ideali comunisti”.  

All’1:45 del 11 gennaio è deceduto, senza aver compiuto i 26 anni. Al suo fianco la fotografa italiana Tina Modotti, lottatrice comunista ed antifascista, che l'accompagnava nel momento degli spari. Lei, che l'aveva fotografato in vita, ha fatto l'ultima foto al suo viso, in cui, neanche il pallore della morte è riuscito a cancellare la sua serenità e la sua ribellione.  

All'alba, i principali giornali del Messico e le agenzie internazionali hanno fatto conoscere la tragica notizia. Essendo stato assassinato, lasciava sua figlia Natasha, di un anno e tre mesi di età, che si trovava a Cuba, insieme a sua madre, la cubana Oliva Zaldivar Freyre.  

Il pittore di murales messicano Diego Rivera ha dichiarato: ...La colpa di questo orrendo assassinio è del governo e dell'ambasciata di Cuba, loro, sono quelli che ordirono le macchinazioni per uccidere Mella, con la particolarità che dietro il governo cubano si trovano gli Stati Uniti, che nel loro affanno di imporre la loro politica al mondo intero, stanno zittendo le poche voci di protesta che si alzano, come quella di Mella.  

Dopo il crimine, i cuori onesti e sensibili della sua patria, del Messico e di altre latitudini, sono rimasti distrutti dal dolore della sua morte e dall'impunità degli assassini che, protetti dai funzionari di Machado e dalla complicità del Capo della Polizia in Messico, Valente Quintana, hanno eluso la giustizia.  

Nel 1931 è stato processato nella capitale messicana il cubano che ha sparato contro Mella, Josè Agustin Lopez Valiñas, accusato da sua moglie, la messicana Maria Guadalupe Gil Oceguera. Celebrato il giudizio e comprovato il crimine, è stato condannato ed ha scontato la prigione.   


Nel libro si pubblicano le dichiarazioni dei complici e dei testimoni. Si racconta il destino finale di ognuno. Il 12 agosto 1933, il dittatore Gerardo Machado è stato destituito; è fuggito senza che si potesse processarlo per i suoi crimini. Quello stesso anno Josè Magriñat, capo del piano criminale in Messico, è stato giustiziato nella città de L'Avana.   

L'imperialismo nordamericano e Machado sono stati accusati pubblicamente, ma non si sono consegnate le prove documentali, che solo la storia ed il tempo hanno reso possibili.  

Nel nostro libro “Julio Antonio Mella in mezzo al fuoco”, pubblicato in Messico dalla casa Editrice “El Caballito” nel 2002 e da Abril a Cuba nel 2006, si rivelano note cifrate, documenti confidenziali, dossier dell'ambasciata del Messico a L'Avana diretti alla Segreteria degli Affari Esteri, le risposte di questa, le relazioni dell'ambasciatore cubano in Messico, la risposta della cancelleria cubana, dossier da Washington, e si spiega la forma in cui si è creato uno stato di opinione contro il giovane comunista cubano ed i suoi compagni.  

L'assassinio di Mella, il 10 gennaio 1929, ha causato l’indignazione tra gli intellettuali, gli studenti, gli operai ed i contadini, che hanno esatto al governo messicano la rottura delle relazioni con quello di Cuba.   

Attraverso i documenti incontrati si è provato che Tina Modotti, non ha avuto nessuna relazione col crimine, come si è cercato di fare credere in un principio.    

Tra quelli che hanno pianificato ed hanno eseguito l'omicidio si trovavano:  Gerardo Machado, Santiago Trujillo, Guillermo Fernandez Mascarò, Josè Magriñat Escarrà, Miguel Francisco Sanabria Nodarse, Josè Agustin Lopez Valiñas. Nel libro si pubblicano le dichiarazioni dei complici e dei testimoni ed il destino finale di ognuno.   

“In mezzo al fuoco” non tratta solo delle pallottole che hanno provocato la fine della vita piena e promettente del famoso leader, fondatore della Federazione degli Studenti Universitari, dell'Università Popolare Josè Martì, della Lega Antimperialista e del primo Partito Comunista Cubano. Tratta anche del fuoco che svilisce le menti e l'anima degli uomini perché questo giovane di chiara intelligenza, trasparenza, fermezza, ideali profondi e nobili, in difesa dei diseredati del mondo, è stato vittima degli intrighi, delle calunnie, dei pregiudizi razziali, dell'invidia, e dell'odio viscerale e malsano di quelli che invece di amare e costruire, sanno solo distruggere ed odiare.  

La verità bisogna dirla benché porti a delle rettifiche nei concetti storici investigati durante un'epoca. L'assassinio di Julio Antonio Mella si presenta nel libro con tutte le sue implicazioni e dettagli.  

Questo 10 gennaio 2009, si compiono 80 anni dai fatti, la storia che non si può fermare, processa ed accusa. Si riconoscono i valori di quelli che conseguenti coi principi elementari di onestà e giustizia hanno affrontato gli ordini criminali di Machado e dell'imperialismo nordamericano ed ogni anno mettono garofani e rose rosse dove è stato assassinato e frecce di dignità per combattere le tergiversazioni, le dimenticanze e le manipolazioni.  

Per ciò in questo gennaio, ci fermiamo per riconoscere i messicani che hanno apportato i dati, documenti e nuovi elementi che hanno permesso di fare luce irrefutabilmente su tutta la trama della cospirazione criminale.  

Tra loro il professore Alberto Hijar, la critica d’arte Raquel Tibol, l'archeologa Lourdes Patiño, l'economista e professore Antonio Gazol, l'avvocato René Ortiz, lo storiografo e scrittore Manuel Lopez Gallo, il dottore Alfonso Herrera Franyutti, la scrittrice Elena Poniatowska, la laureata Berta Zapata Vela, Edna Aldama, Eugenia ed Andrea Huerta, Antonio Bolivar, Roberto Marin, Leonor Hernandez, Maria Eugenia Conchola, Raul Gonzalez, Roberto Beristain e Rocio Romero.  

Merita un riconoscimento speciale la direzione ed il personale specializzato dell'Archivio Generale della Nazione, quello del Patrimonio Storico della Segreteria degli Affari Esteri, dell'Emeroteca dell'Università Nazionale Autonoma del Messico ed il personale diplomatico delle Ambasciate di Cuba in Messico e del Messico a L'Avana.  

Il prezioso aiuto ha permesso che messicani e cubani potessero ricostruire i fatti e dimostrare con alcuni documenti i colpevoli del crimine e descrivere la vita immorale, corrotta, negligente e mercenaria degli assassini.  

La verità, come ha scritto l'Eroe Nazionale cubano Josè Martì, non deve rimanere nascosta, e la verità non sta cercando dei saluti, né sta salutando. Ha segnalato anche che esagerarla sarebbe debilitarla e che odiava le falsità della vita, e amava solo chi avesse il valore di vivere nella gratitudine e nella verità, ed il merito è della verità e non di chi la dice.  

Nel Saggio “Nuestra America”, José Martí ha scritto: ...perché quello che nasconde, per volontà o dimenticanza, una parte della verità, cade alla fine per colpa della verità che gli è mancata, che cresce nella negligenza, ed abbatte quello che si alza senza di lei.”  

 
 


* i due autori sono una coppia di famosi ricercatori cubani, che si occupano principalmente della vita di Julio Antonio Mella, Tina Modotti e il Che Guevara

 

traduzione di Ida Garberi