Raúl alla Presentazione dell’

antologia di canzoni di Almeida

Questa musica arricchisce il patrimonio spirituale della nazione

 

14 ottobre 2009 - Pedro de la Hoz  www.granma.cu

 

La certezza che la musica di Juan Almeida Bosque continuerà ad arricchire il patrimonio spirituale della nazione è stata confermata ieri, martedì 13, con la presentazione nella Sala Universale delle FAR di un’antologia delle sue canzoni intitolata “Con la mano extendida”, in una serata alla quale ha partecipato il Generale d’Esercito Raúl Castro, Presidente della repubblica di Cuba.

 

Durante un’ora hanno vibrato boleros, ballate, sones ed elegie concepite con la sensibilità e la vocazione artistica del combattente fermo e leale, del Comandante della Rivoluzione, salutato dal popolo nel suo transito verso l’immortalità.

 

L’inizio è stato molto toccante per la sua commovente sobrietà, con il Coro Nazionale di Cuba che ha intonato “Canción sin palabras”, vocaliste composta da Almeida, mentre i bambini e gli adolescenti della sezione infantile del gruppo ponevano fiori sul palcoscenico della Sala.

 

Frank Fernández, direttore artistico del concerto e autore del prologo del libro preparato dalla Casa Editrice Abril, ha ricreato “La Lupe”, con un’esecuzione a cui si sono sommati i partecipanti al concerto, nella quale sono risaltate le voci di Beatriz Márquez e Bárbara Llanes, del coro Entrevoces, con la Banda Nazionale dei Concerti  e il Coro Nazionale Infantile.

 

Tra il pubblico Esteban Lazo, il Comandante della Rivoluzione Ramiro Valdés e i generali di corpo dell’esercito Leopoldo Cintra Frías, primo viceministro delle FAR, e Álvaro López Miera, viceministro capo dello Stato Maggiore Generale delle  FAR, tutti membri del Burò Politico del Partito, e Julio Martínez, primo segretario della Unione dei Giovani Comunisti, l’organizzazione che ha auspicato l’omaggio.

 

 

Presentano oggi l’antologia delle
 

canzoni di Juan Almeida

 

13 ottobre 2009 - Pedro de la Hoz  www.granma.cu

 

 

Un volume che contiene i temi musicali composti da Juan Almeida Bosque, con il titolo Con la mano extendida, sarà presentati pubblicamente  oggi martedì 13, nella  Sala Universale delle FAR, le Forze Armate Rivoluzionarie.

 

Pubblicato dalla Casa Editrice Abril e splendidamente elaborato dai lavoratori grafici della Tipografia Federico Engels, il libro, che raccoglie testi e partiture di pagine antologiche scaturite dal  talento artistico di Almeida, conta con le parole d’introduzione del maestro Frank Fernández e di Redento Morejón, che per molti anni è stato vincolato all’opera musicale del Comandante della Rivoluzione.

 

La Presentazione del volume, organizzata dalla UJC, Unione dei Giovani Comunisti, avrà come ulteriore grande attrazione, un concerto nel quale noti solisti e gruppi interpreteranno parte del repertorio incluso nel libro.

 

 

Almeida è Rivoluzione

 

15 settembre 2009 - Oscar Sánchez Serra www.granma.cu

 

Cuba intera rende omaggio ad un uomo che come pochi ha reso realtà la sentenza martiana che la morte non è verità, quando è stata compiuta bene l’opera della vita. Per questo non potremo mai dire addio al Comandante della Rivoluzione Juan Almeida Bosque, perchè non si dice addio ad un esempio, ma si segue sempre al suo fianco, con questa fede eterna e rinnovata nel trionfo, che lo distingue come combattente e rivoluzionario.

 

Quando noi cubani siamo passati di fronte a lui non è stato possibile impedire che il dolore non ci stringesse il cuore, ma la sua invitta umanità ci chiama a non arrenderci.

 

Almeida, come lo chiamano tutti i cubani, non si è mai arreso, nè nella Moncada, né in prigione e nemmeno nei difficili giorni del Granma o a El Uvero, quando ferito e fedele alle sue idee, non abbandona la posizione principale di quel combattimento che marcò la maggior età dell’Esercito Ribelle.

 

Ha lottato sino a rompere l’accerchiamento di Santiago di Cuba, negli ultimi giorni di dicembre, per accendere l’alba vittoriosa del gennaio del 1959.

 

Non ha dubitato nemmeno un attimo durante le complesse ed importanti missioni che ha diretto e nelle quali ha trionfato in questi 50 anni di Rivoluzione. Tutti lo conosciamo perchè come tutti i capi di una Rivoluzione come la nostra, degli umili, con gli umili e per gli umili, non si è mai separato dal popolo, dai suoi, e per questo lo abbiamo visto nel 50º Anniversario del III Fronte, con il petto gonfio, rendere omaggio ai suoi compagni di lotta. La sua voce in quel giorno di marzo del 2008 ha mostrato quanta umanità e fedeltà c’è nell’invitto Comandante della Rivoluzione.

 

Solo oggi che non protesterà per l’evocazione, possiamo scrivere e dire di Almeida: la sua gigantesca modestia lo avrebbe impedito.

 

Le chiediamo il permesso Comandante, per mostrare la qualità di un vero rivoluzionario, ricordando l’energico, affettuoso e stimolante reclamo al nostro giornale quando, volendo risaltare la sua figura, tagliammo la sua sola immagine da una foto in cui appariva con diversi guerriglieri. Fu enfatico rimproverandoci come lo potevamo ritagliare da quelli che erano suoi fratelli!

 

Almeida ha detto che Fidel ha reso tutti degni e lui è l’espressione maiuscola di questa dignità e semplicità.

 

Porto con me il grato ricordo d’avere condiviso i miei studi di scuola media nella scuola Batalla de Jigüe, a San Antonio de los Baños, con sua figlia Belinda, che si presentò con credenziali orgogliose, perchè in lei era presente la grandezza dalla Rivoluzione, e anche se lei era figlia del Comandante ed io figlio di operai, e condividevamo la stessa aula e lo stesso pranzo, lavoravamo insieme nell’agricoltura.

 

E con il passare degli anni, Belinda ha scritto una delle più belle pagine della Rivoluzione come dottoressa internazionalista in Honduras ed io in questo altro bastione rivoluzionario che è il quotidiano Granma. Suo papà ha lottato per questo e per questo non si è mai arreso.

 

Comandante, il suo cuore non si è mai fermato e continua a battere perchè i cuori dei cubani battono e batteranno con il suo esempio. Non le parleremo mai al passato, perchè il motore sempre creatore della sua Rivoluzione ed il suo popolo non la lasceremo morire.

 

Questa è la ragione per cui ogni cubano, dopo aver fatto l’infinita fila per renderle omaggio in tutta Cuba, si è fermato di fronte a lei con contenuta emozione e credo che tutti pensiamo che, per quanto siano ripide le salite, per difficili che siano le circostanze, per poderoso che sia il nemico, sapremo esclamare assieme a lei: "Qui non si arrende nessuno, cazzo!".

 

Un Mausoleo nel cuore
 

delle montagne

 

15 settembre 2009 - José Antonio Torres www.granma.cu

 

 

Il Mausoleo che perpetua la memoria degli Eroi e martiri del Terzo Fronte Orientale, dottor Mario Muñoz Monroy, s’innalza sulla cima della collina La Esperanza, ed è un simbolo per gli abitanti della Sierra Maestra.

 

In questo luogo emblematico che corona la località di Cruce de los Baños, capoluogo municipale dell’attuale municipio del Terzo Fronte, si è innalzata per la prima volta la Bandiera del 26 di Luglio, una notte del 1957, quando un gruppo di rivoluzionari del paese di Maffo la legò ad un palo e la fece ondeggiare sino all’alba. Da allora il simbolismo del suo nome si mescola con la nostra storia patria.

 

Qui la vita si rinnova e testimonia una parte importante della gloria combattiva dell’Esercito Ribelle e la storia della formazione di uno dei fronti guerriglieri; qui riposano i resti di un gruppo importante di agguerriti combattenti, tra loro, Oniria Gutiérrez, una delle due donne di questa guerriglia e  Apolinaria Bicet (Zurita), che diede la sua casa per farne il Quartier Generale del leggendario insediamento di La Lata.

 

Giacciono qui Juan Bautista Almeida e Rosario Bosque, genitori del capo e fondatore del distaccamento.

 

Il messaggio artistico del complesso storico del Terzo Fronte, ubicato in pieno cuore delle Sierra, rivela l’epopea degli uomini che superarono Puerto Arturo assieme al Comandante della  rivoluzione  Juan Almeida Bosque.

 

Il Mausoleo ispira solennità, costruito con marmi di diversi colori, dispone di 217 nicchie, cinque blocchi ed una piazza centrare al pianterreno. 

 

Sulla cima arde la Fiamma Eterna, accesa il 6 marzo del 2009, durante la cerimonia d’inumazione di 40 dei 54 combattenti che con Almeida fecero la traversata e fondarono il III Fronte.

 

Vicino alla fiamma c’è il blocco femminile scortato dalle palme, che simbolizzano il numero dei combattimenti. 

 

Una scultura che si vede de molto lontano ricorda l’epopea liberatrice dei ribelli. Pensieri di Martí incisi in targhe dorate  sostentano le patrie convinzioni  che portarono il Comandante Almeida — capo del distaccamento guerrigliero del Terzo Fronte, nato dall’esperienza combattiva dell’Esercito Ribelle - a compiere con onore la missione assegnata da Fidel e a divenire una punta di lancia per la vittoria del Primo Gennaio del 1959.

 

Fiori rossi e gli accordi della musica composta da Juan Almeida completano lo scenario solenne dell’installazione. Tra la fiamma e la scultura del complesso c’è la nicchia principale dove oggi, 15 settembre, sono stati inumati con onori militari i resti del Comandante della Rivoluzione Juan Almeida Bosque.

 

Ancora una volta la Loma de La Esperanza farà valere il suo nome e la sua feconda storia e sommerà un altro simbolo per le battaglie presenti e future, accoglierà nel suo seno l’uomo, il cui grido di: “Qui non si arrende nessuno...” continua ad udirsi nella Sierra, marcando la resistenza ed il senso del valore dei cubani.

 

 

Rivoluzione, musica

ed internazionalismo

 

14 settembre 2009 - Gioia Minuti www.granma.cu

 

Vieques

Che se ne vadano da Vieques

quelli che devastano il suo suolo,

quelli che distruggono i suoi fiori,

con le mitraglie e con le bombe al napalm,

che se ne vadano gli yankee,

il gringo americano

che provoca la morte

di questo eroico popolo 

e di tutto il suo habitat

Che vadano via subito è quello

che chiediamo portoricani e viequensi.

e che lascino le nostre isole in pace.

Noi vogliamo l’indipendenza

noi vogliamo la pace!

 

“Questa canzone la sto scrivendo per Vieques... la musica è già tutta

 

Raúl: il primo a rendere
omaggio ad Almeida

 

AIN - Il Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, presidente della Repubblica di Cuba, è stato il primo a rendere omaggio, come ha poi fatto tutto il popolo cubano in tutte le città dell’Isola, al Comandante della Rivoluzione Juan Almeida Bosque nel Memoriale José Martí di Plaza de la Revolución, che è deceduto la notte di venerdì 11.

Membri del Burò Politico del Partito Comunista di Cuba, del suo Comitato Centrale, altri alti dirigenti cubani, tutti visibilmente commossi, hanno posto dei fiori davanti ad una foto dell’Eroe della Repubblica di Cuba, circondata da offerte di fiori e davanti alla quale erano esposte le numerose decorazioni ricevute nella sua intensa vita di Rivoluzionario.

La prima Guardia d’Onore è stata resa dai più alti capi militari, i Generali di Corpo dell’Esercito Julio Casas Regueiro, Abelardo Colomé Ibarra, Leopoldo Cintra Frías e Álvaro López Miera,ai quali sono seguiti altri ufficiali delle Forze Armate Rivoluzionarie.

 

 

Santiago: la folla accompagnerà
i resti di Almeida

 

Migliaia di cittadini di Santiago di Cuba riempiranno le strade della Città eroe per rendere omaggio al Comandante della Rivoluzione Juan Almeida

Bosque, durante il tragitto sino al Mausoleo dello storico III Fronte Orientale dell’ Esercito Ribelle, dove si realizzerà la cerimonia militare d’inumazione dei suoi resti.

Lázaro Expósito, primo segretario del Partito nella provincia, ha informato che il corteo funebre partirà alle 7.00 dall’aeroporto militare della città e al suo passaggio il popolo renderà il suo affettuoso e rispettoso e ammirato omaggio.

Il percorso includerà il municipi della Città Eroe, dove il 1º gennaio del 1959 il Comandante in Capo Fidel Castro annuncio al mondo il trionfo della Rivoluzione.

Poi, prima di continuare verso altri municipi, il corteo transiterà per le aree della Garitta tre della ex caserma Moncada, oggi Città-Scuola 26 di Luglio, e poi partirà per Cruce de los Baños.

Dopo questo omaggio del popolo, si realizzerà in maniera intima la cerimonia d’inumazione nella cuspide della collina de La Esperanza, dove si trova il Mausoleo. Questa collina conserva i resti di 40 combattenti del distaccamento guerrigliero del III Fronte, fondato il 6 marzo del 1958.

qui, è nella mia mente e oggi, quando avrò un poco di tempo, verrà fuori...”

 

Me lo disse in una tarda mattinata di giugno di otto anni fa.

 

Mi aveva concesso un’intervista  con tutto il da fare che aveva, con le enormi responsabilità che doveva svolgere. Tra le tante si occupava di seguire i lavori di ristrutturazione della sede dell’Associazione dei Combattenti che presiedeva, e che ha un ascensore.

 

Volle andare a veder fino al tetto come avanzavano i lavori e lì conobbe l’ingegnere responsabile del montaggio dell’ascensore: il mio compagno, che gli chiese un’intervista per me, conoscendo la mia grande ammirazione per Almeida, che dopo un breve periodo, fece sapere che sì era possibile, e così mi ritrovai nel suo ufficio.

 

Almeida era un mito, era un Comandante, grado mitico, molto più sfolgorante di generale o ammiraglio.

 

Il popolo amava e amerà sempre  Juan Almeida Bosque per la sua storia personale, per la sua dedizione alla Patria, alla Rivoluzione, a Fidel e a Raúl; lo ama anche perchè  è un musicista  “un trovador”, o come gli piace sentirsi chiamare “un autore di canzoni”.  E i cubani apprezzano la buona musica.

 

La sua “canción ranchera” La Lupe, si ascolta sempre  aspettando l’inizio delle manifestazioni del Iº maggio e molti si chiedono: “Ma perchè mettono questo valzer?”, che non è un valzer...

 

 

UNA VITA PER LA RIVOLUZIONE

E L’INTERNAZIONALISMO

 

 

Era nato rivoluzionario, internazionalista e artista e la sua prima canzone la scrisse a 14 anni, quando si era innamorato di una “muchacha del barrio”, del suo quartiere. 

 

“Sufro”, s’intitolava, perchè soffriva per amore della chica a cui aveva dedicato la canzone. “Proprio allora cominciavo a farmi crescere i baffi, ma erano baffetti sottili, piccoli, a quei tempi”, sorrise.

 

“No, non esiste un libro di poesie mie, ma hanno inserito vari testi miei in varie pubblicazioni, io ho pubblicato libri sulla storia della nostra guerriglia. Ho scritto diverse elegie: quella per José Martì, per esempio, o quella dedicata al Maggiore Generale Antonio Maceo y Grajales; l’elegia per il Maggiore Generale Ignacio Agramonte y Loynaz,  la marcia “Hasta pronto”, dedicata al Comandante Ernesto Che Guevara, che venne suonata quando i resti del Guerrigliero Eroico e dei suoi compagni  vennero portati a Cuba dalla Bolivia.    Una poesia che mi è molto cara s’intitola “Odio”, e descrive il mio odio contro l’imperialismo. Ho scritto un brano sulla battaglia di Playa Girón tra i tanti. Una volta io suonavo la chitarra, ma poi ho perso in un incidente la prima falange dell’anulare sinistro e così ho dovuto rinunciare a suonare, ma la mia produzione musicale non si è arrestata di sicuro per questo”.

 

Al momento dell’intervista aveva 74 anni, molto ben portati, ed era pieno d’energia fisica e mentale. 

 

“Io scrivo le mie canzoni con parole e musica nello stesso tempo. Mi escono già pronte direi”, scherzava Juan Almeida Bosque, cubano più mai, e sorrideva molto, rideva  piacevolmente, era un uomo semplice con una grande educazione e rispetto per i suoi simili. 

 

Mi disse: “Lo so che “La Lupe” e “Cantinerito” sono le mie canzoni più note. La storia di “La Lupe” “fa parte” della storia della leggendaria spedizione dello yacht Granma, perchè lui l’aveva scritta in Messico,  durante l’esilio di Fidel, Raúl e di tanti altri compagni che si preparavano, usciti dalla prigione del Presidio Modelo dell’Isola della Gioventù (allora Isola de Pinos), per combattere la guerriglie contro il tiranno Batista e conquistare libertà e indipendenza per Cuba.

 

“La canzone La Lupe era dedicata ad una ragazza con questo nome, alla Vergine della Guadalupa e a tutte le donne messicane, ma devo confessare che forse il mio brano più amato è quello che s’intitola “Qualsiasi luogo è la mia terra”.

 

E furono “la sua terra l’Angola e l’Africa del sud così come l’America, come per tutti coloro che lottarono e lottano, seppur in modi differenti, per la libertà, l’indipendenza, la giustizia; tutti coloro che amano Fidel,   che seguono e sostengono le sue idee, che mettono in pratica la solidarietà internazionalista.

 

“Io non canto generalmente, canticchio le canzoni mentre le scrivo e non canto neanche sotto la doccia. Certo magari a qualche festa o in qualche incontro con i miei compagni  canto anch’io. Il tempo che ho per questo però non è molto. Il mio autore preferito è sempre stato Cindo Garay, un grande musicista, un mito della trova cubana. Poi Ñico Saquito, per esempio. Ho avuto la fortuna di conoscere Cindo, così com’ero amico di Nicólas Guillen e di tanti altri grandi artisti.

 

Stimo moltissimo Silvio, Pablo e tanti altri cantautori cubani ed ho conosciuto anche Renzo Arbore, italiano, che mi è molto simpatico. Tra i cantanti italiani mi piace molto Andrea Baccelli, ma tutta la musica mi piace, anche se indubbiamente preferisco il son, il bolero  e il danzón. Ascolto volentieri anche il rap. I primi che sentono le mie canzoni sono i miei collaboratori - rise – e la mia segretaria... e loro - indicò i compagni che lo aiutano nel suo lavoro d’alto dirigente -  ascoltano e mi possono fare tutte le critiche, che però devono essere giuste e serene, perchè altrimenti non le accetto”, e rideva assieme a tutti noi.

 

“A me piace scrivere canzoni che piacciano prima di tutto proprio a me, che siano piacevoli per me stesso e che contengano un messaggio. Un pianista si occupa di trascrivere le note e le parole che si fissano in uno spartito. Un giorno io e lui, indicò uno dei suoi collaboratori, siamo andati a vedere la statua di John Lennon nel parco del Vedado, e devo dire che ci ha impressionato, perchè sembra proprio che stia lì a guardarsi attorno e, per non sentirci a disagio ci siamo fermati a parlare con tre ragazze di Camagaüey e ci siamo fatti delle fotografie con loro”, ridacchia.

 

“Io, al tempo del grande successo dei Beatles ero molto impegnato in cose differenti e non ho ricordi particolari, così come non ho mai avuto problemi musicali di generazione con i miei figli. Ho avuto poco tempo  per stare con loro quando erano piccoli e adesso mi godo di più i nipotini, anche se ho un figlio, il più giovane, che ha 14 anni, è un ragazzo. Ogni tanto sento che ascolta la registrazione d’una mia canzone e confesso che mi fa molto piacere. A proposito di parchi, tra poco -  era il 2001 – s’inaugurerà una statua di Benny Moré a Vera Cruz in Messico. Il parco è bello, con una bella fontana. Credo che andrò là per l’inaugurazione perchè vogliamo promuovere il giusto valore all’immagine di questo rappresentante della musica cubana, com’è avvenuto l’anno scorso alle Capannelle, a Roma. Tra le tante iniziative c’è anche l’inaugurazione di un parco nel Vedado, dedicato a Saka Sankofa, il negro statunitense assassinato sulla sedia elettrica  negli Stati Uniti, ucciso solo perchè era negro.

 

Io ho nove figli, in tre matrimoni diversi e mi piace dedicare le mie canzoni alle donne, perchè credo che per un uomo vero, un gentiluomo, la donna sia l’elemento più importante della vita, come moglie, amante, amica, madre, sorella. Dedico le mie canzoni anche all’amore, perchè è un sentimento bellissimo”.

 

Gli chiesi se il Comandante Fidel apprezzava la sua musica.    “Fidel non ha mai criticato la mie canzoni, che io sappia, ma nei primi mesi dopo il trionfo della Rivoluzione mi disse di studiare musica...”

 

Le canzoni di Juan Almeida Bosque vengono interpretate da decine di cantanti famosi ( Silvio Rodríguez, Raquel Marquéz, per esempio), a Cuba, in Messico ed in altri paesi dell’America Latina dove vengono trasmesse dalle radio quasi quotidianamente. 

 

Quest’uomo, che era un grande rivoluzionario, un eroico combattente, un infaticabile internazionalista,  all’epoca partecipava con Raúl a tutte le Tribune Aperte  che si svolgevano tutti i sabati in tutta l’Isola,  denunciando le ingiustizie e le infamie perpetrate dagli Stati Uniti per la loro vergogna nel mondo intero. 

 

Le edizioni strumentali o vocali delle opere di Almeida  sono molto belle e interessanti. Mi regalò i suoi dischi ed anche l’originale del testo di una canzone.  Il CD  del maestro russo  Igor Frolov,  una versione libera per violino e pianoforte di alcuni dei suoi brani, è appassionante,  così come il CD “Lo cubano sempre” e “Ricordi del Messico”.  Il Cd delle elegie è del 1998 e non dovrebbe mancare tra i dischi degli amici di Cuba, perchè contiene brani speciali sulla storia dell’indipendenza dell’Isola.

 

Se qualcuno non lo avesse ancora capito, specifico che questo Juan Almeida Bosque, musicista prezioso, era lo stesso vero e autentico Comandante della Rivoluzione cubana, il ragazzo che smise di fare il muratore e che seguí Fidel per andare a combattere per un mondo migliore, il leader del III Fronte Guerrigliero sulla Sierra Maestra,  dove andranno a riposare i suoi resti.

 

Un giorno di lutto e la folla che gli rende omaggio resteranno  marcati nei nostri cuori. Era un uomo molto degno, era un grande, e lascia un vuoto incolmabile...

 

Il compagno Almeida era nato nella capitale il 17 febbraio  del 1927.

 

Tra le molte privazioni di una famiglia e umile e numerosa, con i suoi genitori come guide, si formò con alti valori patriottici ed apprese dalla vita stessa che la lotta è il solo cammino dei poveri per conquistare i propri diritti calpestati. Quando avvenne il colpo di Stato del 1952, si unì alla lotta contro la tirannia, vincolandosi al compagno Fidel. Era un muratore sino all’assalto alla caserma Moncada nel 1953, il secondo di dodici fratelli, che aiutò il padre a mantenere la numerosa famiglia. Nei 57 anni trascorsi da allora, il Comandante Almeida è stato sempre in prima linea di combattimento assieme al Capo della Rivoluzione, coraggioso, deciso e fedele sino alle ultime conseguenze.

 

Quello che ti voglio dire, se tu lo vuoi sapere, col fucile che mi spetta, quando e dove sarà, quello che io vorrei, se tu lo vuoi sapere e sarai al mio fianco e mi vedrai morire, è che tu mi apra la mano, e legga quel che c’è scritto, quello che ti voglio dire, se lo vuoi sapere: sempre internazionalista  e che viva Fidel, che viva Fidel!.

 

Hasta siempre, Comandante Almeida

 

14 settembre 2009 - Manuel E. Yepe

 

La nota emessa dalla Direzione del Partito e dal Governo in merito al decesso del Comandante della Rivoluzione Juan Almeida sottolinea che “la sua speciale sensibilità umana e artistica hanno reso possibile la difficile sfida di rendere simultanea la sua intensa, responsabile e feconda attività lavorale come dirigente rivoluzionario, con una coraggiosa e prolifica opera artistica, che include oltre 300 canzoni ed una dozzina di libri che costituiscono un apporto alla conoscenza della nostra storia senza valore”.

 

Quest’aspetto che ai Cubani sembra tanto naturale, non è facile da comprendere fuori dal nostro Paese.

 

Nel 1960 mi toccò di accompagnare, essendo io il Direttore del Protocollo del Ministro degli Esteri cubano, il da poco nominato Ambasciatore di un Paese dell’Europa dell’Est in una sua visita di cortesia all’allora capo dell’Esercito Ribelle, il comandante Juan Almeida Bosque.

 

Si trattava di uno dei primi incontri del diplomatico con autorità del più alto livello del Governo cubano. Era un uomo che parlava il castellano quasi perfettamente. Lo aveva imparato come combattente nelle brigate internazionali che difesero la Repubblica spagnola contro il fascismo.

 

Durante il tragitto in automobile dal Ministero delle Relazioni Estere fino alla sede dello Stato Maggiore dell’Esercito, l’inviato europeo sollecitò, e da me ottenne, informazioni circa la traiettoria militare e rivoluzionaria dell’attaccante del Quartiere Moncada, partecipante alla spedizione del Granma, nonché fondatore e capo del Terzo Fronte Orientale dell’Esercito Ribelle nella Sierra Maestra.

 

Quando parlai della temerarietà, la disciplina e la modestia che facevano di Almeida uno dei più amati eroi della Rivoluzione, menzionai anche, è importante farlo per carpire la sua personalità sensibile, la sua condizione di compositore musicale.

 

Dopo le presentazioni di rigore e dopo il benvenuto offerto all’Ambasciatore, questi parlò per esprimere sentimenti di solidarietà con la Rivoluzione cubana e di gratitudine per l’opportunità di entrare in contatto con una delle sue figure storiche.

Grazie alle informazioni appena ricevuta, l’Ambasciatore diede mostra di conoscenza circa la storia politica-rivoluzionaria di Almeida, però, per terminare, con evidente desiderio di enfatizzare la sua dimostrazione di simpatia, affermò di sentire una grande ammirazione per “gli inni di guerra che lei compone”.

 

Il comandante Almeida rispose prontamente manifestando il suo riconoscimento per la dichiarazione di solidarietà con la Rivoluzione cubana del diplomatico e, a continuazione, con un sorriso che denotava un sentimento di comprensione disegnato sul suo viso, gli chiarificò che anche se lui aveva fatto la guerra, le canzoni che componeva erano d’amore.

 

Il diplomatico arrossì.

 

Senza tornare sul tema, continuò una copiosa conversazione intorno alle prospettive dei vincoli tra la Nazione che lui rappresentava e Cuba, che concluse mezz’ora dopo, con un cordiale saluto.

 

Appena entrammo nell’automobile per il viaggio di ritorno, l’Ambasciatore europeo disse “Lei non è stato onesto nel suo elogio. È un uomo straordinario, per questo compone canzoni d’amore”.

 

Condoglianze per

la morte di Almeida

 

Mentre il popolo cubano sta rendendo tributo in tutto il Paese al Comandante della Rivoluzione Juan Almeida Bosque, morto lo scorso venerdì a causa di un arresto cardio-respiratorio, si ricevono messaggi di condoglianze da diverse parti del mondo.

 

In una nota di condoglianza, il Presidente venezuelano Hugo Chávez, a nome del Governo e popolo venezuelano, comunica a Fidel a Raúl e a tutti i cubani, l’abbraccio solidario e la vicinanza in questo momento di dolore per Almeida, “che – dice il comunicato – vivrà per sempre nelle nostre lotte e vittorie”.

 

Il mandatario di Nicaragua Daniel Ortega Saavedra ha reso omaggio a Almeida alla chiusura dell’atto per l’anniversario 30 della Fondazione dell’Esercito Nazionale della nazione Centro Americana.

Alla conclusione di questa ricorrenza, Ortega ha affermato: “Ci uniamo al dolore del popolo di Cuba”.

 

Dalla Spagna, il Partito Comunista e la Coordinatrice dell’Associazione di Residenti Cubani nel Paese europeo hanno qualificato Almeida come esempio di compromesso per tutti quelli che combattono l’imperialismo in qualsiasi luogo del Pianeta.

 

Il Partito Comunista di Cile, attraverso un messaggio firmato dai suoi leader, ha segnalato che lo scomparso dirigente rappresenta i più profondi valori della Rivoluzione Cubana.

 

Nel frattempo, in Guatemala, i delegati al primo incontro nazionale di solidarietà con Cuba hanno reso omaggio a Almeida, osservando un minuto di silenzio in sua memoria.

 

Con una missiva, la Società di Amicizia Cuba-Angola ha espresso che Almeida, insieme a Fidel e a Raúl Castro, hanno portato avanti il processo rivoluzionario che è stato solidario con i popoli africani nei campi della salute, dell’istruzione e altri settori.

 

A Timor Est, il collettivo dei diplomatici e collaboratori cubani che compiono missioni in queste Paese del sud-est asiatico, hanno evocato l’instancabile rivoluzionario, la cui storia ed il cui fermo coraggio e fedeltà senza limiti a Fidel, Raúl e alla Rivoluzione costituirà per sempre un’immensa eredità per le generazioni presenti e future.

 

 

Yo quiero que triunfe la Revolución para

que sea el pueblo el que dé las órdenes

Juan Almeida en el juicio del Moncada (Sala del Pleno de la Audiencia de Oriente, septiembre de 1953)

 

 

14 settembre 2009 - M.Rojas www.granma.cubaweb.cu

 

—¡Otro! —pidió el presidente.

 

La sesión transcurría muy activa, esa mañana iban a declarar casi todos los participantes.

—Juan Almeida Bosque —llamaron, y Almeida, sereno y hasta sonriente, se dispuso a responder el interrogatorio.

 

—Alguien tuvo que convencerlo a usted a que viniera a asaltar el cuartel— fue la pregunta afirmativa del fiscal.

 

—No, señor, nadie tuvo que convencerme, vine solito, inspirado en mis propias ideas —contestó, y agregó para afirmar sus anteriores palabras:

 

—¡Yo declaro bajo juramento que sí participé en el asalto al cuartel Moncada y que nadie me indujo!... a no ser mis propias ideas que coinciden con las del compañero Fidel Castro y en el caso mío provienen de las lecturas de obras de Martí y de las historias de nuestros mambises, y creo que en el caso de Fidel también, aunque él tuvo la oportunidad de ir a la Universidad y tiene mayores conocimientos de todas estas cosas.

 

—¿No se ha arrepentido usted al comprobar que era un sueño eso de tomar el cuartel con tan pocas armas que traían, como declaró el doctor Fidel Castro? —preguntó otra vez el fiscal.

 

—No, señor, si tuviera que volver a hacerlo lo haría, ¡que no le quepa la menor duda a este tribunal! —fue la firme respuesta de Almeida.

 

—¿Usted daba órdenes o las recibía? —inquirió el fiscal.

 

—Las recibía, no tuve el honor de darlas —contestó el acusado.

 

—Pero seguramente hubiera querido que triunfara esa Revolución para dar órdenes —continuó el doctor Mendieta Hechavarría.

 

—Esa no era ni es mi aspiración, yo quería, o quiero que triunfe la Revolución para que sea el pueblo el que dé las órdenes, porque, hasta ahora, otras personas han dado las órdenes y las cosas no han marchado bien, así que tiene que llegar el momento en que sea el pueblo el que dé las órdenes, el que mande —afirmó Almeida.

 

Almeida estaba extremadamente delgado y rasurado el rostro, vestía un pantalón beige y una camisa de mangas largas del mismo color, llevaba la camisa por fuera, haciéndolo parecer más delgado aún; pero la serenidad con que hablaba y el tono irónico y cáustico de sus respuestas hicieron que la generalidad de las personas en la Sala lo observara con atención; a veces parecía que se burlaba del tribunal, pero se dirigía a ellos con tanto respeto que no podían sentirse ofendidos.

 

—¿Traían ustedes o algunos de sus compañeros armas blancas o instrumentos pérforo cortantes? —interesó el magistrado Mejías.

 

—¿Usted quiere decir, cuchillos y punzones...? —preguntó Almeida, y luego respondió:

 

—No trajimos ninguno de esos instrumentos, ni tampoco guantes, ni granadas.

 

Quien habría de ser uno de los más firmes puntales de la Revolución y fue un héroe en la guerra de guerrillas en la Sierra Maestra: Juan Almeida Bosque, desde los inicios de la gesta dio ejemplo de firmeza y convicción en los ideales por los cuales luchaba al lado de Fidel y Raúl.

 

Almeida había conocido al doctor Fidel Castro en el balneario de la Universidad de La Habana, cuando Fidel estudiaba. Por aquellos días Almeida trabajaba en el balneario como taquillero, mozo de limpieza y albañil; hacía cualquier trabajo por duro que fuera, el caso era tener para ayudar a su numerosa familia —once hermanos, la madre trabajaba en quehaceres de su casa atendiendo a los hijos y el padre como periodista honrado devengaba un sueldo modesto que no alcanzaba para el sostén del hogar—, antes de trabajar en el balneario había sido peón de Obras Públicas en construcción y reparación de calles.

 

Como conocimientos poseía los de la escuela, hasta octavo grado, y algunos cursos de academias, que por su precaria economía no pudo concluir; sin embargo, siempre le gustó leer y se interesaba vivamente por el acontecer político del país. Fue cuando comenzó a trabajar en el Balneario Universitario que, por el trato diario con estudiantes, pudo tener un mayor contacto con las actividades culturales. Desde los primeros momentos de conocer a Fidel entabló una franca amistad con él y pronto este le comunicó sus inquietudes revolucionarias, las cuales coincidieron con una íntima convicción que poseía Almeida, quien fue estimulado por las frecuentes charlas con el doctor Fidel Castro.

 

En la célula clandestina que integraba Almeida había otros jóvenes obreros de la construcción: los hermanos Wilfredo y Horacio Matheu, quienes eran masilleros, al igual que Remberto Abad Alemán Rodríguez.

 

Después de Almeida fue examinado el acusado Armando Mestre Martínez, quien llamaba la atención en el juicio por su perenne gesto de meditacion: el pulgar y el índice sosteniendo la barbilla; era negro como el ébano, de facciones afiladas y cara redonda con mentón fino; complexión musculosa, de mediana estatura, de movimientos reposados, pero mirada alerta.

 

Armando Mestre era estudiante de bachillerato y obrero de la construcción, fue uno de los constructores del hotel Habana Hilton, hoy Habana Libre. Compañero de oficio de Juan Almeida y vecino de él en el reparto Poey, en La Habana. Mestre fue el primer enlace de Almeida con el Movimiento.

 

 

(Del Libro de la autora, El juicio del Moncada. Ed. Ciencias Sociales. Edición 50 aniversario)

 

 

iAquí no se rinde nadie,c…!

(Fragmentos del relato del Comandante de la Revolución Juan Almeida Bosque sobre los primeros acontecimientos de la sorpresa de Alegría de Pío, el 5 de diciembre de 1956, donde ofreció esta respuesta al reclamo de rendición)

 

 

Al amanecer del día 5 hago un recorrido. Cuando exploro, encuentro que el terreno tiene arriba lajas de piedras; abajo, diente de perro y tierra colorada. En el lugar donde hemos acampado, que nos indicó el guajiro, tenemos la protección del montecito, que ahora parece más amplio, más grande, y el cañaveral delante. El terreno asciende poco a poco hacia otro monte tupido, hasta elevarse más abruptamente. Estamos acampados dentro del montecito y el cañaveral. En un montecito más discreto está el Estado Mayor. En otro más pequeño acampé con mi gente.

 

 

Voy donde está el Estado Mayor, mientras dejo relacionando las armas y secando las balas. Hablo con los allí presentes. Che y Faustino [Pérez] atienden a todo el que va a verlos, la mayoría con ampollas sangrantes en los pies. Veo a [José] Smith, y converso con él. Me informa que no se va a caminar, permaneceremos allí hasta el amanecer. A las cuatro se repartirá una ración de galletas con chorizo, y mientras tanto, ¡a comer caña! Aparece con más frecuencia la aviación, amaga y se va. Vuelvo a donde estoy acampado.

 

Pongo postas cerca y no sitúo protección el pelotón, pues esto lo hace la vanguardia y la retaguardia, que tienen la misión de cuidar las entradas. Me pongo junto a un tronco talado. Recuesto mi fusil y la mochila cerca, todo a mano. Me quito las botas y las medias, las pongo al sol. Consigo un pedazo de caña nueva. Advierto que tengan cuidado, que no se dejen ver y ojo con los aviones. Me quedo medio dormido.

 

A las tres me pongo las medias y las botas. Están agradables, pues el sol les ha impregnado su calor. Limpio el fusil por fuera, sin desarmarlo, en el momento que pasa una avioneta.

 

Ahora viene Ramirito repartiendo las dos galletas con un pedacito de chorizo. Miro el reloj: son las cuatro y veinte. Regresa la avioneta, pica casi arriba de nosotros. Me entretengo viendo su maniobra, suena un disparo de fusil, y ya, se generaliza el fuego por donde quiera. Envío a [Norberto] Godoy al Estado Mayor a buscar instrucciones. Como tarda o me lo parece en medio de aquel tiroteo, decido ir.

 

—Manténganse firmes aquí, voy hasta el Estado Mayor —les digo.

 

No me puedo parar, acostado cojo el fusil, la canana y la pistola-ametralladora, dejo la mochila. Salgo entre arrastrándome y agachado. En medio de aquel tiroteo, a veces tengo que tirarme al suelo y apoyar la cara contra la tierra y las piedras, para no ser tocado por las balas que pican alrededor y poder llegar, lo que no resulta fácil bajo aquel fuego graneado.

 

Las balas parten las ramas de los árboles y arrancan astillas de los troncos, silban los proyectiles y los que dan en el suelo hacen saltar la tierra y las piedras. Me arrastro, me agacho, avanzo, me detengo, continúo. Voy jadeante como el sediento. Espero que disminuya la balacera y avanzo de nuevo. No sé cuánto tiempo tardo en llegar, pero lo voy logrando a pesar de las dificultades.

 

Por el camino me encuentro con [Emilio] Albentosa, lleva un fusil en la mano y otro colgado en bandolera. Me enseña que está herido en el cuello y sangra por la nariz. Le quito el fusil que lleva colgado, lo empujo para que se tire al suelo no vaya a ser herido de nuevo, y grito:

 

—iAdelante, compañeros, adelante!

 

Juntos llegamos al montecito del Estado Mayor. Aquí vemos a [José] Ponce recostado a un árbol, está embarrado de sangre y me hace señas para mostrarme el lugar donde está herido. Más adelante otros, boca abajo en el suelo, avanzan tratando de salir.

 

Miro a un lado y encuentro a Che herido en el cuello. Está sentado, recostado a un árbol de tronco fino. Junto a él, su fusil, una mochila grande con los medicamentos e instrumental médico y una caja metálica de balas. Me tercio el fusil en bandolera, saco la pistola-ametralladora, le pongo el culatín y comienzo a disparar hacia el lugar donde veo cómo se mueven los guardias de la tiranía y desde el cual nos tiran.

 

Uno de ellos grita:

 

—¡Ríndanse! ¡Ríndanse! —a lo que respondo:

 

—i Aquí no se rinde nadie, c... !

 

Durante la lucha contra bandidos en El Escambray.

 

—Y disparo en la misma dirección de donde sale la voz, un rafagazo primero, tiro a tiro después. En respuesta concentran el fuego hacia donde nos encontramos, me tengo que tirar al suelo. Se escuchan también explosiones de granadas, parece que las tiran de muy lejos, pues nada más se escucha la explosión. Cuando amaina el fuego, les digo a los que se encuentran allí:

 

—i Vamos!

 

Le indico a Che:

 

—Recoge tu fusil, deja la mochila, coge la caja de balas y lo que más puedas, pues no podemos cargar tanto. Ponte algo en el cuello, que estás sangrando mucho, y vámonos.

 

Se acerca [Raúl] Suárez y nos muestra un tiro en la mano, sangra. Le digo a [Enrique] Cámara que le ponga un torniquete y a Faustino que lo cure. Nos agachamos, mientras a Suárez le hacen una ligadura en el brazo con un pañuelo, un pedazo de trapo, no sé, no recuerdo. En aquella confusión, el que se separa un poquito ya no lo vemos más, es como si lo halaran y lo ocultaran. Mando que le tiren a la avioneta para hacer volumen de fuego y ver si liquidan al hombre que dispara desde ella con parte del cuerpo fuera.

 

Continuamos caminando agachados. Ahora voy solo con Che, a los otros los he perdido de vista...

 

 

(Tomado del libro ¡Atención! ¡Recuento!)