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La Casa de las americas ha compiuto largamente la sua missione, superando anche gli ambiziosi obiettivi che si era inizialmente proposta
Ricardo Alarcon de Quesada, membro del Burò Politico del Partito e Presidente dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular, durante la manifestazione per il 50° Anniversario della costituzione della Casa de las Americas |
28 aprile 2009
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Compagno Raul, Compagne e compagni,
“(Lei) non percorre più con i suoi passi da uccellino allegro, i cammini che ha aiutato a costruire con la fiamma dei suoi occhi ed il fuoco del suo sogno. Anima di questa Casa, bandiera del suo popolo, la sua vita e la sua opera perdurano e la sua luminosa speranza permane intatta. Voglio che le mie prime parole siano per lei, per la mia amica Haydée Santamaria”.
Con queste parole di Thiago di Mello, il compagno Roberto Fernandez Retamar, lo scorso 2 febbraio, ha iniziato le sue. Voglio unirmi all’omaggio di entrambi ad una donna unica, che ha dato tanto amore a tutto ciò che ha fatto ed ha lasciato qui la sua opera più bella. Questa sarà sempre la sua Casa, alla quale ha dedicato la sua inesauribile capacità di amare, la sua ribellione generosa e pura. Perché Yeyé non l’ha mai abbandonata, la Casa oggi compie i suoi primi cinquanta anni.
Julio Cortazar affermò nel 1980 che “il lavoro della Casa de las Americas assume un significato che nessuno può circoscriverlo e che supera di molto la sua breve vita istituzionale”. Come cercare di circoscriverlo oggi, quasi trenta anni dopo, se questo lavoro non smette di crescere e si estende ad altre aree con una creatività sempre rinnovata?
La Casa de las Americas è stata una delle prime istituzioni fondate dalla Rivoluzione nel 1959. La sua creazione in una data così immediata al Trionfo è la prova sicura del genio previdente e dell’imbattibile ottimismo di Fidel. L’Impero già s’impegnava ad isolare Cuba per preservare il suo dominio continentale, e qui si disegnava un progetto di dimensione utopica per cercare di unire le manifestazioni culturali di tutti i popoli americani. Sembrava, allora, un sogno irrealizzabile.
Per realizzarlo Haydée convocò il meglio degli intellettuali cubani e attrasse amici dell’America Latina ed oltre. Non mancarono coloro che osarono a sognare, in tempi difficili, carichi per molti di rischi e minacce. Chi potrebbe parlare di questa Casa senza rendere un omaggio emozionato a Roque Dalton, a Victor Jara ed ad altri, che l’accompagnarono dalla clandestinità, dalla guerriglia o dall’esilio?
Celebrando quest’anniversario comproviamo che quei sognatori erano, in realtà, messaggeri del mondo che sarebbe venuto. Oggi l’America Latina ed i Caraibi vivono un’epoca nuova che si avvicina all’utopia fondatrice.
Verso questa avanziamo con passo sicuro, animati dal lavoro dei nostri popoli, nel quale non è stato poco il contributo di questa Casa.
Il suo premio letterario ha un potere di convocazione che aumenta ogni anno ed è una ricompensa particolarmente apprezzata per il suo incensurabile percorso di stimolo al vero merito, abbondante tra i giurati ed i concorrenti. La lista delle due categorie sarebbe troppo lunga. Menziono Rigoberta Menchú che si fece conoscere qui con la sua commovente testimonianza.
In questo momento, un altro amico, Eduardo Galeano, è scoperto da milioni per un libro dal valore eccezionale che gli è stato riconosciuto qui e solo qui nel 1971.
La Rivista Casa de las Americas, comprensiva, includente, continua fedele alla sua sorprendente fecondità. Quante riviste culturali nella Nuestra America raggiungono il mezzo secolo di vita? Quale altra è sopravvissuta alle penurie materiali ed all’ostilità e l’odio che hanno perseguitato sempre questo piccolo paese assediato?
Il Premio e la Rivista si moltiplicano in altre pubblicazioni ed in un Fondo Editoriale che ci ha già offerto migliaia di titoli. Tutti questi e molti altri sono a disposizione dei lettori della Biblioteca José Antonio Echeverria che conserva circa centomila titoli ed oltre ottomila pubblicazioni periodiche.
Si avvicinano alla Casa, ogni giorno, migliaia visitanti attraverso le sue pagine digitali. Chi ha la fortuna di vivere qui può ammirare le eccellenti collezioni delle sue tre gallerie d’arte es i notevoli esempi d’arte popolare americana, come quest’Alberto della Vita che ci copre sempre in questa che è la Sala Che Guevara.
Questa è anche la Casa della Musica con i suoi concerti ed i suoi Premi di Musicologia e di Composizione ed è quella del teatro che, dagli anni sessanta, con influenza di Manuel Galich, riunisce nei suoi festival le compagnie di tutto il continente ed un pubblico che aspetta ansioso il ritorno di maggio. È quella che con il Premio di Fotografia e quello della Giovane Stampa promuove queste manifestazioni tra gli artisti novelli. Quella che con il Programma di Studi della Donna ed i suoi colloqui internazionali annuali e le sue pubblicazioni anticipa gli studi di genere nell'ambito della cultura. Quella che incorpora alle sue attività le comunità ispanofe stabilite al nord del fiume Bravo, quaranta milioni di fratelli secolarmente discriminati e vessati.
Qui è nata la nuova canzone latinoamericana. Quella di Silvio e dei suoi compagni che hanno rinnovato la nostra trova e quella degli altri che hanno alzato inni di speranza per tutto il Continente.
Lo fa anche chi ancora non esisteva, uomini e donne di quest’epoca nuova che ha illuminato lo sguardo ed il sorriso di Yeyé.
La Casa de las Americas ha compiuto largamente la sua missione, superando anche gli ambiziosi obiettivi che si era proposta inizialmente. E’ stato il veicolo insostituibile per la comunicazione tra gli intellettuali e gli artisti che si esprimono in spagnolo, portoghese, inglese e francese, nel Continente, e tra loro, e quelli che da altre latitudini s’interessano alle nostre realtà. Ha contribuito decisivamente ad arricchire la nostra cultura, aprendo spazi per molti mancavano, aiutando a salvare manifestazioni culturali in pericolo d’estinzione, come quelle delle popolazioni originarie e dei popoli delle Antille, organizzando concorsi speciali e pubblicando testi in creolo e nelle dimenticate lingue precolombiane.
Merita una speciale menzione il Centro Studi dei Caraibi, diretto da Nancy Morejon, assente oggi perché partecipa in Canada ad un importante incontro di poesia e resistenza.
Specialmente questa Casa ci ha aiutato a resistere. E’ stata insostituibile per sconfiggere l’isolamento e la segregazione, la banalità ed il mercantilismo che impone una cosiddetta industria culturale promotrice della mediocrità per “manipolare le emozioni e controllare la ragione” de “l’individuo isolato” (questa era la sua funzione come ha ammesso qualcuno così autorizzato come Brzezinski, quaranta anni fa, in un testo rivelatore).
Una delle missioni che la Casa porta avanti con maggiore accuratezza è il riscatto, la preservazione e la diffusione della memoria dei nostri popoli. È un compito d’importanza decisiva, specialmente quando alcuni propongono una curiosa etica dell’oblio, preferendo ignorare l'avvertimento di Faulkner: “il passato non muore mai, nemmeno è passato”.
Mi rifiuto di dimenticare Carlos Muñiz Varela, assassinato, precisamente, il 28 aprile 1979, in pieno giorno, a San Juan di Puerto Rico. Chissà, qualcuno osa dire che i fatti accaddero mille anni fa. Ma il crimine è continuato, si è ripetuto tutti i giorni, durante trenta anni fino ad oggi. Gli assassini hanno contato con la protezione complice di governanti democratici e repubblicani.
Yamaira Muñiz Pérez aveva appena un mese quando gli strapparono Carlos. Lei ha appena detto: “Ogni giorno mio padre è più vivo nella gente che lo vuole bene e lo ricorda”.
Un giorno come oggi, quando insieme all’Albero della Vita abbiamo celebrato questa festa perenne della creazione che è la Casa de las Americas, dobbiamo condannare il terrorismo e la morte, reclamare giustizia per le sue vittime ed esigere la libertà per Gerardo Hernández Nordelo ed i suoi quattro fratelli che per noi soffrono un’ingiusta prigionia.
Compagne e compagni,
giunga la nostra profonda gratitudine a coloro che hanno reso possibile l’allegria di oggi. A Mariano Rodriguez, pittore eccezionale, maestro e promotore instancabile, sempre leale alla causa degli umili, che ha saputo compiere l’ingrata e difficile responsabilità di occupare il posto di Yeyé.
A Roberto Fernandez Retamar che oltre ad essere uno dei nostri migliori poeti ha dato contributi sostanziali, con saggi e conferenze memorabili, alla teoria dell’emancipazione americana e che dirige la Casa con saggezza ed entusiasmo. Il Consiglio di Stato sapeva quello che faceva quando all’unanimità gli ha concesso l’Ordine José Martí, a lui, esempio fedele dell’integrità intellettuale e del patriottismo, discepolo fedele del Maestro di tutti i cubani.
Non voglio concludere senza salutare tutti coloro che hanno reso e rendono possibile l’opera di questa istituzione. Molti non erano nati quando cominciava a muovere i primi passi. Ma la Casa è stata concepita per loro. Fatela ogni giorno migliore, proponetevi nuovi e più ambiziosi sogni, conquistate il futuro, fate che qui continui a vivere la sua indimenticabile fondatrice “hasta la victoria siempre”.
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