Il traduttore si scusa per gli errori |
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Asilo politico di giocatori cubani: propaganda
mediatica del business sportivo
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16 settembre '09 - José Manzaneda Coordinatore di www.cubainformacion.tv |
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Il 17 agosto 2009, dopo la partita di basket Spagna-Cuba, giocata nelle isole Canarie, quattro giocatori della squadra nazionale cubana hanno deciso di non tornare al loro paese e hanno chiesto asilo politico al governo spagnolo(3).
Nessuno di loro ha mai sofferto persecuzione politica a Cuba, e salta subito
agli occhi che la loro motivazione è economica: ottenere un buon contratto
in una squadra professionistica. L'uso dell'asilo politico come una
sotterfugio legale per raggiungere un obiettivo di ambizione personale può
sembrare poco etico se si confronta la situazione di queste persone con
quella di altri realmente minacciati o perseguitati a cui si nega tanto il
diritto d'asilo come l'attenzione informativa. E' il caso, per esempio, di
molte persone della Colombia, vittime di crimini di Stato che vengono
taciuti dai media spagnoli con forti interessi economici forti in Colombia(4).
I media hanno, di nuovo, ingannato il pubblico in questo caso, tentando
di addolcire la poco presentabile farsa dei giocatori cubani con argomenti
per nulla credibili come la loro supposta ricerca di libertà o la loro
nausea del sistema politico cubano. Curiosamente, queste persone, presentate
in quasi tutti i media come vittime, sono giunte in Europa in un comodo volo
commerciale, pagato dal sistema che ipoteticamente li perseguita(5).
Ma per spiegare questo trattamento informativo non possiamo dimenticare che i media sono i beneficiari diretti del gigantesco business dello sport professionistico. Il desiderio di passare al professionismo di pochi giocatori provenienti da un sistema dilettantistico come quello di Cuba serve ai media per dispiegare la loro macchina propagandistica in difesa dello sport spettacolo e del business. Al margine dei contratti miliardari e le ossessive campagne pubblicitarie, ogni possibile alternativa è una rarità fuori dal tempo.
Questo pensiero unico imposto dai media, inoltre censura le migliaia di
persone che criticano l'attuale mercificazione dello sport, che denunciano
il furto, da parte di club milionari, di talenti sportivi formati con un
enorme sforzo economico da nazioni del Terzo Mondo, come Cuba; o che hanno
il coraggio di qualificare il comportamento dei citati atleti cubani citato
come individualista e non solidale. Ma alcuni media raggiungono il più sfacciato cinismo quando si tentano di far passare per solidarietà il business di club sportivi. Il quotidiano spagnolo ABC, in una notizia dal titolo "Il basket spagnolo solidarizza con i giocatori cubani" elogiava Manuel Rincon, titolare della società Clínicas Rincón e presidente della società di pallacanestro omonima per aver aiutato con 300 € i citati giocatori cubani (6).
L'impresario non ha nascosto, al quotidiano, la sua intenzione di
contrattare , alcuni di loro, per il suo club, che equivale a convertire la
sua "solidale" donazione di 300 euro in un redditizio investimento se si
considera che la sua squadra gioca in seconda divisione e i cubani sono
giocatori d'elite internazionale. In un altro quotidiano, "La Opinion
de Malaga ", l'impresario adorna la sua operazione, senza neppure
arrossire, affermando che il caso "trascende puramente il basket e si
converte (...) in qualcosa di umanitario"(7).
Note:
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