La prima e forte richiesta al presidente Obama è quella dell'immediata
liberazione dei Cinque eroi cubani ed il pieno rispetto, quindi, delle
norme del diritto internazionale. A fare questo invito sono stati gli
oltre 145 giovani in rappresentanza di 42 paesi, ed 82 associazioni ed
organizzazioni giovanili, impegnati in tutto il mondo nella battaglia di
solidarietà con i Cinque. L'Avana ha infatti ospitato, la settimana
scorsa, un evento di solidarietà internazionale, con diverse iniziative ed
eventi, culminati con il II incontro internazionale della gioventù, in
solidarietà con i cinque cubani prigionieri nelle carceri degli Stati
Uniti.
In Italia, media e giornali non solo non hanno parlato dell'evento (benché
la delegazione italiana giunta all'Avana fosse tra le più numerose), ma
non hanno mai fornito adeguata spiegazione per inquadrare il caso che,
oltre a caratterizzarsi per la totale violazione dei diritti dell'uomo, si
configura come una evidente violazione del diritto internazionale,
ascrivibile alle continue provocazioni ed ingiustizie che Washington
riserva a Cuba da oramai cinquant'anni. Si sa poco, per esempio, del fatto
che le attività dei gruppi terroristi e paramilitari Cubano-Americani di
base a Miami sono stati negli anni creati, addestrati e finanziati dalla
Cia e decisi ad alti livelli. A partire dal documento ideato da Richard
Nixon ed emblematicamente intitolato "Programma di azioni sotto copertura
per rovesciare il regime di Castro". Ma ancora meno noto è il fatto che i
cinque cubani non possono essere annoverati nella categoria degli agenti
segreti operanti, senza autorizzazione, su territorio straniero proprio
perché la loro azione investigativa non aveva nulla a che fare con la
ricerca di informazioni sensibili sul governo o lo stato nordamericano.
Tutt'altro: la loro attività aveva come obiettivo l'individuazione delle
organizzazioni terroristiche che, una volta identificate, sono state non a
caso denunciate proprio alle autorità giudiziarie statunitensi. Le quali,
piuttosto che sgominare i nuclei terroristi operanti sul loro territorio,
hanno arrestato proprio i 5 cubani che avevano fornito loro tutte le prove
per arrestarli. Correva l'anno 1998 e la recente visita di Giovanni Paolo
II veniva vista da molti come l'avvio di un processo di destabilizzazione
dell'isola e di caduta di un paese che, in nome del socialismo, si era
affrancato dal giogo Usa e continuava a rappresentare un modello per
interi popoli e paesi del continente latinoamericano, ma non solo. Ogni
qual volta Cuba rompeva l'isolamento politico e diplomatico, un attentato
cercava di creare una reazione ed un casus che "giustificasse" ulteriori e
gravi ingerenze. Del resto le date parlano da sole: novembre ‘96 Fidel
visita il Papa a Roma; settembre ‘97 l'italiano Fabio Di Celmo rimane
ucciso a seguito di un attentato all'hotel Copacabana a L'Avana ideato dal
noto terrorista Posada Carriles, legato a doppio filo con la Cia; gennaio
‘98 il Papa si reca in visita a Cuba; settembre ‘98 vengono arrestati
ingiustamente i 5 cubani scopritori delle trame eversive nei confronti del
loro Paese. E l'elenco potrebbe continuare a lungo.
È dalla cacciata del dittatore Batista nel 1959 che il governo degli Stati
Uniti ha cominciato a promuovere azioni per rovesciare la nascente
rivoluzione cubana con atti di terrorismo, sabotaggi, attacchi con bombe
incendiarie ed armi chimiche, oltre al blocco economico ed al tentativo di
isolamento diplomatico e politico a livello internazionale. Per non
parlare degli attentati diretti contro Fidel Castro o la popolazione
civile, che hanno provocato la morte di oltre 3480 persone ed il
ferimento, con danni permanenti, a 2099.
Per questo la battaglia per la liberazione dei Cinque assume una doppia
valenza. Da un lato si tratta di ripristinare le norme violate del Diritto
Internazionale: un gruppo di lavoro delle Nazioni Unite ha infatti
dichiarato la detenzione dei 5 arbitraria ed in violazione dell'art. 14
della Convenzione internazionale per i diritti politici e civili. E
dall'altro lato diventa lo strumento concreto per denunciare la politica
di terrorismo permanente che il governo Usa perpetua nei confronti di
quello cubano. Gli Usa vogliono screditare il ruolo e la funzione del
Diritto e degli organismi internazionali per imporre un sistema di
relazioni bilaterali tra Paesi, basato sui rapporti di forza economici e,
soprattutto, militari. Accusare i 5 (e con essi il governo ed il popolo
cubano) di terrorismo è l'esempio più evidente dell'ipocrisia che
caratterizza il Governo statunitense, che ha fatto della guerra e dell'uso
del terrorismo la cifra caratterizzante la sua politica estera. Non è
forse un atto di terrorismo organizzare gruppi paramilitari, attaccare un
aereo civile, impedire l'uso e l'acquisto di medicine o usare armi
batteriologiche contro la popolazione civile? E non è forse terrorismo
mantenere Guntanamo dove avvengono torture, o tenere interi popoli sotto
embargo o blocco, impedendone lo sviluppo dell'economia?
Contro questa violenza è importante riprendere la mobilitazione e la
condanna a livello internazionale. Obama, oltre ai roboanti discorsi da
nuovo sogno americano, dovrebbe cominciare a fare atti concreti di
distensione ed apertura nei confronti di Cuba. Del resto solo la settimana
scorsa il Dipartimento di Giustizia, su suo mandato, ha liberato due
esponenti di una associazione di amicizia con Israele, incolpati delle
stesse condanne inflitte ai 5 (ma che a differenza loro avevano raccolto
dati sensibili sul Governo Usa e trasmessi a stato terzo). Non si capisce
perché la stessa iniziativa non venga presa nei confronti dei 5 ai quali
viene addirittura limitata la visita dei familiari.
In Italia abbiamo il compito di organizzare mobilitazione unitarie in
solidarietà coi 5, con Cuba e per il rispetto della democrazia e del
diritto internazionale, perché questa battaglia parla al mondo intero e a
chi ha ancora sete di giustizia.