I cubani patrioti ingiustamente

 

prigionieri negli USA dal 1998

 

Per i Cinque ultima chiamata a giugno

 

 28 aprile 2009 - M.R.Calderoni

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«Quello dei Cinque è uno dei pochi casi nella giurisprudenza americana che segnala l'affermarsi dell'ingiustizia dentro e fuori il paese, come avvenne nel giudizio sui documenti del Pentagono che rivelò la politica sbagliata degli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam. Con l'intenzione di raggiungere un fine politico, il sistema penale è stato manipolato dai procuratori che hanno violato inesorabilmente le disposizioni legali. I Cinque non sono stati giudicati per aver violato la legge statunitense, ma perché il loro operato ha portato alla luce coloro che veramente lo facevano. Infiltrandosi nella rete terroristica, che in Florida ha il permesso di esistere, i Cinque cubani hanno dimostrato l'ipocrisia della tanto acclamata lotta statunitense al terrorismo». Firmato Leonard Weinglass, il più noto avvocato liberal degli Stati Uniti, copresidente del National Lawyers Guild, già difensore di Angela Davis e Mumia Abu-Jamal, e oggi di Antonio Guerrero, uno dei Cinque: vale a dire il legale che ha seguito tutto l'iter processuale dei cinque patrioti prigionieri negli Usa dal 1998 e sa bene quello che dice. Processo illegale. Condanna illegale.


I Cinque. I loro nomi. Gerardo Hernandez, 2 ergastoli più 15 anni; Ramon Labatino, ergastolo; Guerriero Rodriguez, ergastolo; Fernando Gonzales Llort, 17 anni; Renè Gonzales, 15 anni. Dal giorno della condanna, 12 settembre 1998, sono rinchiusi nei penitenziari di cinque stati diversi (Pensylvania, California, Texas, Wisconsis, Colorado): all'unico vendicativo scopo di rendere più difficile, se non impossibile, il lavoro della difesa e l'incontro coi famigliari.


Una storia di detenzione dura, quella dei Cinque; alla Papillon (anzi, alla Guantanamo: puro stile yankee): per 17 mesi consecutivi furono tenuti in isolamento e per un mese intero sepolti nell' hueco , il "buco"; un buco appunto di due metri per due, dove bisogna stare senza scarpe, in mutande e maglietta, con la luce accesa ventiquattr'ore su ventiquattro e dove non si ha nessun contatto umano, nemmeno coi carcerieri. Oggi i Cinque patiscono in una cella "normale", conquista di una grande campagna internazionale (a cui ha dato un forte contributo anche Nadine Gordimer, la scrittrice sudafricana premio Nobel per la letteratura).


Volveran , torneranno. Anche quest'anno, come sempre da dieci anni, La Villetta - Comitato di solidarietà con Cuba - ha organizzato a Roma la sua ormai storica "No-Stop" di tre giorni per ricordare, discutere, denunciare la vicenda dei prigionieri cubani. Torneranno. Ma loro sono sempre là. Un maledetto lunghissimo processo. Iniziato nell'autunno del 2000, si è concluso sette mesi dopo, giugno 2001, diventando, in quel periodo, il processo più lungo degli Usa.

 

Settanta testimoni, centodiciannove tomi di trascrizioni e quindici di dichiarazioni, 800 prove, atti lunghissimi. La sentenza, dicembre 2001, emessa dal tribunale di Miami (Florida), in pieno shock 11 settembre, infligge il massimo della pena (tre ergastoli e 34 anni complessivi di carcere).


L'Appello, che si svolge il 10 marzo 2004 presso la Corte dell'Undicesimo Distretto di Atlanta (che ha giurisdizione sulla Florida), concede solo quindici minuti agli avvocati della difesa. Ci vogliono diciassette mesi, ma il 9 agosto 2005 la stessa Corte d'appello revoca la sentenza. «E' una risoluzione storica - scrive Gianni Minà nell'introduzione al libro "Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba" (Sperling & Kupfer) - che rivela il disagio morale non solo della giustizia, ma di una parte sostanziosa della società civile nordamericana. Un disagio che nasce dalla preoccupazione per la deriva illiberale che sta travolgendo i diritti civili nel paese, per le leggi presuntamente "antiterroristiche" varate dal presidente Bush dopo l'11 settembre 2001 e ribadite recentemente».


La prigionia poteva finire quel giorno, il 9 agosto di quattro anni fa. Ma la vendetta americana non si placa: il 27 settembre, poco più di un mese dopo, il procuratore federale della Florida presenta appello contro la revoca e chiede ai giudici di Atlanta di rivedere la loro decisione. Stop. Il caso è fermo là, davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Torneranno. Ma i Cinque sono ancora dentro, nei cinque penitenziari loro concessi: emblema e specchio della cattiva coscienza Usa. "Lavoro sporco" targato Washington e CIA.


Si sa come sono andati i fatti. I cinque agenti cubani si infiltrano in Florida, all'interno dei tanti gruppuscoli paramilitari anticastristi che, facendo base a Miami, sono in azione subito dopo lo Sbarco già a partire dal 1959, con infiniti atti di destabilizzazione: almeno 600 i tentativi di uccidere Castro e 4mila le vittime degli attentati (tra le quali il ragazzo italiano Fabio Di Celmo, ucciso da una bomba contras in un albergo dell'Avana). Gruppuscoli che, armati e finanziati dalla CIA con milioni di dollari, si chiamano, tanto per citare i più famigerati, Fratelli per il Riscatto, Alfa 66, Omega 7, Movimento per la democrazia. I cinque infiltrati raccolgono notizie, prove, informano l'Avana; e riescono a sventare 170 attentati contro Cuba (tutti documentati).


A questo punto, il governo cubano, nel tentativo di incastrare una volta per tutte i terroristi di Miami, nel giugno del 1998 mette a disposizione del governo USA il dossier raccolto dai Cinque; ma invece di arrestare i criminali autori di tanti atti terroristici, scattano le manette per gli informatori cubani, etichettati come "spie straniere" che hanno attentato alla sicurezza dello Stato (e correva l'era Clinton...).


La Storia Infinita dei cinque cubani continua. Sono migliaia le associazioni in 93 paesi di tutto il mondo - Europa, America, Africa e Medio Oriente - che si battono per la loro liberazione. L'ultimo atto risale al 6 marzo scorso, quando davanti alla Corte Suprema sono approdate 12 petizioni a sostegno della richiesta presentata dalla difesa dei Cinque per la riapertura dell'intera vicenda giudiziaria. Petizioni firmate dagli "Amici della Corte", un'associazione presente a livello mondiale, nella quale si riconoscono moltissimi organismi, dalla Federazione internazionale dei Diritti umani alla Associazione internazionale degli avvocati democratici, insieme a moltissime personalità della cultura e della politica, deputati e senatori del Parlamento europeo, del Cile, Messico, Brasile, Belgio, Germania, Irlanda, Giappone, Scozia, Inghilterra, USA. E sono in campo anche 10 Premi Nobel. Tra essi il presidente di Timor Est José Ramos Horta, Adolfo Perez Esquivel, Rigoberta Menchù, José Saramago, Nadine Gordimer, Dario Fo.


Il traguardo da raggiungere è pressante, ravvicinato: riuscire a imporre la revisione prima che la Corte Suprema sospenda le attività per le ferie estive. In giugno.


Volveran . E' già stato tutto troppo tardi.